Cass. civ. Sez. Unite Sent., 06-02-2019, n. 3517
di Francesco Lillo
In materia di espropriazione per pubblica utilità, la cd. acquisizione sanante di cui all’art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001 ha natura di procedimento espropriativo semplificato di carattere eccezionale, volto a ripristinare la legalità amministrativa con effetto non retroattivo, il cui scopo non è quello di sanatoria di un precedente illecito perpetrato dall’Amministrazione, bensì quello, autonomo, di soddisfare attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico, redimibili esclusivamente attraverso il mantenimento e la gestione delle opere già realizzate “sine titulo”; ne consegue che l’adozione di tale provvedimento presuppone una valutazione discrezionale degli interessi in conflitto qualitativamente diversa da quella tipicamente effettuata nel normale procedimento espropriativo, non limitata genericamente alla eccessiva difficoltà od onerosità delle possibili soluzioni ma volta ad accertare l’assenza di ragionevoli alternative all’acquisizione – prima fra tutte la restituzione del bene – in relazione alle quali il proprietario deve essere posto in grado di svolgere il proprio ruolo partecipativo secondo le regole generali sulla partecipazione del privato al procedimento amministrativo.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Primo Presidente f.f. –
Dott. MANNA Felice – Presidente di Sez. –
Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 11796/2017 proposto da:
S.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato MARIO CONTALDI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE GALLENCA;
– ricorrente –
contro
RAPELLINI S.R.L. (già RAPELLINI COSTRUZIONI S.P.A.) quale mandataria dell’A.T.I,. tra le stessa, DE VILLA GROUP COSTRUZIONI S.R.L. e G.M. S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 11, presso lo studio dell’avvocato SARA TESTA MARCELLI, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIO VENTIMIGLIA;
– controricorrente –
COMUNE DI VENTIMIGLIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIODORO 9, presso lo studio dell’avvocato MARIO NUZZO, rappresentato e difeso dagli avvocati SERGIO BLASI ed ANDREA DURANTI;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e contro
RIPARTIZIONE TECNICA DEL COMUNE DI VENTIMIGLIA, AIGA S.P.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 31/2017 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 17/02/2017.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/01/2019 dal Consigliere Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per l’accoglimento, p.q.r., del ricorso principale ed assorbimento di quello incidentale;
uditi gli avvocati Gianluca Contaldi per delega orale ed Andrea Duranti.
Svolgimento del processo
S.C. proponeva innanzi al Tribunale Superiore delle acque pubbliche due distinti ricorsi.
Con il primo – recante il numero R.G. n. 81/2012 -, premesso di avere occasionalmente appreso che su un fondo di sua proprietà erano in corso dei lavori per la realizzazione di una condotta d’acqua in alta quota in forza di una delibera del Comune di Ventimiglia alla stessa mai comunicata, deduceva l’illegittimità sotto diversi profili dell’atto del comune, il quale si costituiva in giudizio.
Con successivo ricorso – recante il numero R.G. n. 155/2014-, la S. impugnava la determinazione del Dirigente la Ripartizione tecnica del Comune di Ventimiglia, adottata il 28 febbraio 2014, con la quale era stato emesso decreto di asservimento coattivo per pubblica utilità dell’area medesima, deducendone l’illegittimità.
In tale giudizio si costituivano il Comune di Ventimiglia e la società Rapellini Costruzioni s.r.l. (quale mandataria dell’A.T.I. tra la stessa, De Villa Group Costruzioni s.r.l. e G.M. s.r.l.).
Il TSAP, all’udienza del 25 febbraio 2015, disponeva la riunione dei due procedimenti e, con sentenza n. 31/2017, depositata in data 17.2.2017, dichiarava improcedibile il ricorso n. R.G. 81/2012 e rigettava il ricorso n. R.G. 155/2014. Osservava, per quel che qui rileva, che l’adozione del decreto di asservimento adottato in sanatoria aveva fatto venire meno l’interesse a coltivare il ricorso originariamente proposto avverso la delibera comunale che aveva approvato i lavori di realizzazione della condotta d’acqua. Riteneva, poi, quanto al decreto di acquisizione sanante del D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 42 bis, che lo stesso fosse stato legittimamente adottato. Non ravvisava, in particolare, alcuna violazione della L. n. 241 del 1990, art. 7, non occorrendo alcun coinvolgimento del proprietario rispetto ad un atto volto a sanare l’intervenuto comportamento dell’Amministrazione, sostanzialmente espropriativo, e risultando l’utilizzazione del provvedimento di sanatoria vincolata in relazione alla necessità di regolarizzare l’attività espropriativa illecita. Aggiungeva che non poteva dubitarsi della competenza del comune di Ventimiglia ad emettere il provvedimento di asservimento poichè l’opera pubblica, consistente nella realizzazione di serbatoi d’acqua in alta quota e delle relative condotte di adduzione, aveva riguardato un progetto approvato in via definitiva dalla stessa amministrazione, risultando la questione della proprietà francese dell’acqua un prius estraneo alla materia del contendere incentrata, invece, sul corretto svolgimento di un procedimento di asservimento coattivo di area ricadente nella zona di rispetto, nemmeno risultando che fosse mancato il necessario assenso del detto Stato.
La S. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
Si è costituito con controricorso e ricorso incidentale, affidato ad un motivo, il Comune di Ventimiglia.
Non si è costituita la Rapelli Costruzioni s.r.l..
Il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis, rilevando che il TSAP non si era uniformato ai principi espressi dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 71/2015 a proposito dei criteri ai quali doveva agganciarsi il provvedimento in sanatoria reso dall’autorità espropriante – extrema ratio, ponderazione di altre opzioni compresa la cessione volontaria, impossibilità di restituzione, totale o parziale -, essendosi invece limitato ad affermare l’esistenza di un pubblico interesse alla realizzazione in breve tempo dell’opera pubblica deliberata dal Consiglio comunale.
2. Con il secondo motivo si prospetta la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 7 e del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis. Il TSAP avrebbe errato nel ritenere che il provvedimento di sanatoria ex art. 42 bis D.P.R. cit. non sia soggetto alle regole di partecipazione del privato al procedimento amministrativo, risultando tale statuizione in palese contrasto con quanto ritenuto dalla sentenza n. 71/2015 della Corte costituzionale.
3. Con il terzo motivo si deduce la violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 6 e 7, art. 115 c.p.c., art. 2697 c.c. e art. 64 codice del processo amministrativo. Il TSAP non avrebbe considerato che la competenza in materia espropriativa non deriva dall’avere realizzato un’opera pubblica, la stessa trovando causa “a priori dalla legge in relazione a chi debba realizzare l’opera”. In relazione alla natura delle acque appartenenti ad uno Stato estero, non sarebbe stato possibile riconoscere alcuna competenza gestoria del Comune di Ventimiglia, non valendo nemmeno l’affermazione del TSAP sul mancato assenso dello Stato francese, poichè in giudizio non era emerso che lo stesso fosse mai stato provato.
4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto improcedibile il ricorso numero R.G. 81/2012. Secondo la ricorrente, l’illegittimità del provvedimento di asservimento coattivo sanante adottato ai sensi dell’art. 42 bis D.P.R. cit., non sarebbe stata in grado di elidere l’interesse della proprietaria ad una decisione sul ricorso concernente l’atto precedentemente adottato dal Comune ed impugnato dalla stessa proprietaria.
5. Il primo ed il secondo motivo di ricorso, che meritano un esame congiunto, attenendo ai prospettati vizi del provvedimento di asservimento coattivo in sanatoria adottato dal Comune di Ventimiglia, sono entrambi fondati.
5.1 Conviene premettere, per maggiore chiarezza dell’esposizione, il testo del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis, commi 1 e 4, introdotto dal D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 34, conv., con modif., nella L. 15 luglio 2011, n. 111:
“1. Valutati gli interessi in conflitto, l’autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, può disporre che esso sia acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, quest’ultimo forfetariamente liquidato nella misura del dieci per cento del valore venale del bene. (…). 4. Il provvedimento di acquisizione, recante l’indicazione delle circostante che hanno condotto alla indebita utilizzazione dell’area e se possibile la data dalla quale essa ha avuto inizio, è specificamente motivato in riferimento alle attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che ne giustificano l’emanazione, valutate comparativamente con i contrapposti interessi privati ed evidenziando l’assenza di ragionevoli alternative alla sua adozione…”.
5.2 Orbene, giova ricordare che questa Corte, a Sezioni Unite, ha già avuto modo di ritenere che il provvedimento di acquisizione sanante, disciplinato dall’art. 42 bis ed introdotto in epoca successiva alla declaratoria di incostituzionalità dell’art. 43 del Testo Unico espropriazioni (D.P.R. n. 327 del 2001) per eccesso di delega (Corte Cost. n. 293/2010), costituisce l’esercizio di uno speciale, autonomo ed eccezionale potere espropriativo, teso a sostituire il regolare procedimento ablativo prefigurato dal detto, in quanto contiene uno actu sia la dichiarazione di pubblica utilità, sia il decreto di esproprio (Cass. S.U., 25 luglio 2016 n. 15283).
5.3 L’atto di acquisizione sanante è, dunque, volto a ripristinare la legalità amministrativa con effetto non retroattivo, attraverso “una sorta di procedimento espropriativo semplificato”, di carattere eccezionale, innestato su un precedente procedimento espropriativo irrimediabilmente viziato o, comunque, fondato su titolo astrattamente annullabile sub judice (Cass., S.U., n. 29 ottobre 2015, n. 22096, Cass., S.U., 9 maggio 2018 n. 11180, Cass., S.U., 31 maggio 2016 n. 11258, Cass., S.U., 11 gennaio 2019, n. 539).
5.3 Nell’affermare la natura discrezionale del provvedimento di acquisizione sanante ed i tratti di siffatto potere eccezionale conferito all’amministrazione, queste Sezioni Unite si sono espresse in piena sintonia con i principi espressi dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato la quale, anche a proposito della rilevanza del momento partecipativo del privato al procedimento di cui si discute, ha avuto modo di affermare che: a) l’art. 42 bis, configura un procedimento ablatorio sui generis, caratterizzato da una precisa base legale, semplificato nella struttura, complesso negli effetti, il cui scopo non è quello di sanatoria di un precedente illecito perpetrato dall’Amministrazione, bensì quello autonomo, rispetto alle ragioni che hanno ispirato la pregressa occupazione contra ius, consistente nella soddisfazione di imperiose esigenze pubbliche, redimibili esclusivamente attraverso il mantenimento e la gestione di qualsiasi opera dell’infrastruttura realizzata sine titulo; b) tale obbiettivo istituzionale deve emergere necessariamente da un percorso motivazionale – rafforzato, stringente e assistito da garanzie partecipative rigorose – basato sull’emersione di ragioni attuali ed eccezionali che dimostrino in modo chiaro che l’apprensione coattiva si pone come extrema ratio (perchè non sono ragionevolmente praticabili soluzioni alternative e che tale assenza di alternative non può mai consistere nella generica “…eccessiva difficoltà ed onerosità dell’alternativa a disposizione dell’amministrazione..”), per la tutela di siffatte imperiose esigenze pubbliche; c) la scelta che l’amministrazione è tenuta ad esprimere nell’ipotesi in cui si verifichi una delle situazioni contemplate dai primi due commi dell’art. 42 bis, non concerne l’alternativa fra l’acquisizione autoritativa e la concreta restituzione del bene, ma quella fra la sua acquisizione e la non acquisizione – Cons. Stato, Ad. Plen., n. 2/2016 -.
5.4 A proposito della centralità del momento partecipativo del privato al procedimento, la posizione del massimo consesso del Giudice amministrativo, è, peraltro, pienamente in linea con quanto espresso dalla Corte costituzionale. Quest’ultima, chiamata da queste stesse Sezioni Unite a verificare la compatibilità del nuovo istituto in riferimento a molteplici parametri, ha infatti ritenuto, per quel che qui importa, che “L’adozione del provvedimento acquisitivo presuppone, appunto, una valutazione comparata degli interessi in conflitto, qualitativamente diversa da quella tipicamente effettuata nel normale procedimento espropriativo. E l’assenza di ragionevoli alternative all’adozione del provvedimento acquisitivo va intesa in senso pregnante, in stretta correlazione con le eccezionali ragioni di interesse pubblico richiamate dalla disposizione in esame, da considerare in comparazione con gli interessi del privato proprietario. Non si tratta, soltanto, di valutare genericamente una eccessiva difficoltà od onerosità delle alternative a disposizione dell’amministrazione, secondo un principio già previsto in generale dall’art. 2058 c.c.. Per risultare conforme a Costituzione, l’ampiezza della discrezionalità amministrativa va delimitata alla luce dell’obbligo giuridico di far venir meno l’occupazione sine titulo e di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto, la quale ultima non risulta mutata neppure a seguito di trasformazione irreversibile del fondo. (…) Dunque, solo quando siano state escluse, all’esito di una effettiva comparazione con i contrapposti interessi privati altre opzioni, compresa la cessione volontaria mediante atto di compravendita, e non sia ragionevolmente possibile la restituzione, totale o parziale, del bene, previa riduzione in pristino, al privato illecitamente inciso nel suo diritto di proprietà.”(Corte cost. n. 71/2015).
5.5 Da ciò consegue che il provvedimento disciplinato dall’art. 42 bis, non può sottrarsi all’applicazione delle generali regole di partecipazione del privato al procedimento amministrativo sicchè, per garantire l’effettiva comparazione degli interessi contrapposti richiesta dalla norma in questione, il privato deve essere sempre posto in grado di accentuare il proprio ruolo partecipativo, eventualmente facendo valere l’esistenza delle “ragionevoli alternative” all’adozione dell’annunciato provvedimento acquisitivo, prima fra tutte la restituzione del bene – cfr. p. 6.8 Corte cost. n. 71/2015, cit.-.
5.6 Orbene, non può revocarsi in dubbio che la sentenza impugnata non risulta essersi conformata ai ricordati principi in ordine alla necessità di una stringente valutazione, da parte dell’Amministrazione, dei presupposti giustificativi dell’atto di acquisizione sanante all’interno di un procedimento in ogni caso orientato a garantire la piena partecipazione del proprietario alle scelte della p.a..
5.7 Ed invero, il TSAP, ritenendo che il procedimento di sanatoria disciplinato dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis, fosse a contenuto vincolato e non richiedesse alcuna garanzia partecipativa secondo quanto previsto dalla L. n. 241 del 1990, art. 7, ha tralasciato di considerare la natura discrezionale del provvedimento e la necessità del momento partecipativo di cui si è detto, muovendo dall’erroneo presupposto che l’esistenza di un interesse pubblico alla pronta realizzazione dell’opera già approvata dal Comune di Ventimiglia potesse ex se giustificare la legittimità dell’atto.
6. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
6.1 Ed invero, la ricorrente non censura la parte della motivazione che ha considerato irrilevante, ai fini dell’individuazione della competenza del Comune Ventimiglia ad adottare l’atto di asservimento coattivo in sanatoria, bensì la motivazione del TSAP circa il rilievo assunto dal fatto che l’opera pubblica progettata attenesse alla raccolta delle acque ed alla realizzazione delle condotte di adduzione e non già la gestione dell’acqua, per modo che era irrilevante la questione relativa alla proprietà delle acque stesse da parte dello Stato francese.
6.2 Tanto rende inammissibile il motivo che non ha colto la ratio della decisione, laddove essa ha considerato irrilevante, ai fini della verifica della competenza dell’autorità espropriante procedente, la proprietà delle acque, valorizzando, invece, la circostanza che il progetto riguardava aree ricadenti nella zona di rispetto dei pozzi dove si trovavano le acque emunte e non la gestione delle acque stesse, considerate estranee al corretto svolgimento del procedimento di asservimento coattivo dell’area.
6.3 Il quarto motivo di ricorso è fondato.
6.4 Ed invero, risultando ancora controversa la legittimità dell’atto di asservimento in sanatoria in relazione all’accoglimento dei primi due motivi di ricorso, risulta ancora persistente l’interesse alla definizione del primo giudizio promosso dalla S. che il TSAP aveva ritenuto improcedibile in relazione alla ritenuta legittimità dell’atto di acquisizione sanante.
6.7 L’esame dell’unico motivo di ricorso incidentale proposto dal Comune di Ventimiglia, con il quale si contesta l’omessa pronunzia del TSAP su alcune eccezioni proposte dall’amministrazione comunale rispetto al ricorso ritenuto (erroneamente) improcedibile dal TSAP, resta assorbito in relazione all’accoglimento del quarto motivo del ricorso principale.
7. Sulla base di tali considerazioni, in accoglimento del primo, secondo e quarto motivo di ricorso principale, inammissibile il terzo, assorbito il ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo, secondo e quarto motivo del ricorso principale, inammissibile il terzo, assorbito il ricorso incidentale.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale superiore delle acque pubbliche, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, dalle Sezioni Unite, il 15 gennaio 2019.
Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2019