Il principio di buona fede nell’interpretazione del bando di gara.
È ormai pacifica l’applicazione del principio di buona fede così come individuato dall’art. 1362 c.c. per l’interpretazione dei contratti anche con riferimento agli atti amministrativi che debbono essere interpretati in base a quanto il destinatario può ragionevolmente intendere. In tale ottica viene in considerazione il principio di buon andamento in virtù del quale la P.A. deve operare in modo chiaro e lineare fornendo ai cittadini regole di condotta certe anche e soprattutto laddove da esse possano derivare conseguenze negative.
La pronuncia di cui si tratta è basata sul ricorso di una stazione appaltante avverso una pronuncia di primo grado che aveva annullato l’esclusione di una ditta da una gara avente ad oggetto l’affidamento del servizio di ristorazione alle aziende sanitarie ed ospedaliere della Regione Calabria. La ditta aveva eccepito che, dalla lettura del disciplinare di gara e del capitolato speciale d’appalto, l’importo del lotto di riferimento era determinato nei limiti massimi dei prezzi di cui all’Osservatorio dei contratti pubblici. Il calcolo effettuato sulla base di tali parametri portava ad un presunto importo a base di gara. Sulla base di tale calcolo la ditta aveva presentato un’offerta economica considerata dalla S.A. superiore all’importo a base di gara e pertanto inammissibile.
Il T.A.R. si era espresso nel senso che gli atti di gara erano connotati da contraddittorietà tanto da ingenerare incertezze nella formulazione dell’offerta e che, nel contrasto tra gli atti di gara si sarebbe dovuta assegnare prevalenza al bando ma, prima di procedere ad un’esclusione occorreva disporre il soccorso istruttorio.
Il Collegio richiama le osservazioni del T.A.R. tra le quali il fatto che il bando, il disciplinare di gara ed il capitolato speciale d’appalto costituiscono, insieme, la lex specialis di gara e sono vincolanti sia per i concorrenti che per l’amministrazione appaltante. In caso di eventuali contrasti interni tra le singole previsioni, così come la giurisprudenza ha sottolineato in maniera uniforme, prevale il contenuto del bando in quanto le previsioni di cui al capitolato ed al disciplinare possono solo integrare ma non modificare i contenuti di cui al bando.
Il Collegio, nel sottolineare che gli atti della gara oggetto di ricorso contengono precisazioni diverse tra loro e respingendo il ricorso, mette in luce che“ sussiste in capo all’amministrazione che indice la gara l’obbligo di chiarezza (espressione del più generale principio di buona fede) la cui violazione comporta, in applicazione del principio di auto responsabilità, che le conseguenze derivanti dalla presenza di clausole contraddittorie nella lex specialis di gara non possono ricadere sul concorrente che, in modo incolpevole, abbia fatto affidamento su di esse”.
Di Barbara Bellettini
N. 02497/2016REG.PROV.COLL.
N. 10564/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10564 del 2015, proposto dalla Regione Calabria, in persona del Presidente della G.R. in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Naimo, con domicilio eletto presso l’avvocato Giuseppe Morabito in Roma, via Matteo Boiardo n. 12;
contro
la s.r.l. Cascina Global Service, in proprio ed in qualità di mandataria del R.T.I. con la s.r.l. Cardamone Group; la s.r.l. Cardamone Group, in proprio e come mandante del raggruppamento con la s.r.l. La Cascina Global Service, rappresentate e difese dall’avvocato Michele Perrone, con domicilio eletto presso il signor Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, n. 2;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
la s.p.a. S.I.A.R.C., rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco Izzo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Calabria, Sezione II di Catanzaro n. 1730/2015, resa tra le parti, concernente l’affidamento del servizio di ristorazione per le aziende sanitarie ed ospedaliere della regione Calabria;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della s.r.l. Cascina Global Service;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 aprile 2016 il Cons. Stefania Santoleri e uditi per le parti l’avvocato Graziano Pungì su delega dell’avvocato Giuseppe Naimo, gli avvocati Michele Perrone e Sara Di Cunzolo, su delega dell’avvocato Francesco Izzo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. – Le s.r.l. La Cascina Global Service e la s.r.l. Cardamone Group hanno partecipato in un costituendo R.T.I. alla gara indetta con decreto del 8 novembre 2013, n. 15575, del direttore generale della Stazione unica appaltante della regione Calabria (in seguito SUA), avente ad oggetto l’affidamento del «servizio di ristorazione alle aziende sanitarie ed ospedaliere della regione Calabria», suddivisa in sette lotti per un importo globale di euro 62.910.604,94, oltre IVA.
Tali società hanno partecipato alla gara relativa al lotto n. 4, oggetto della presente controversia, per il quale il bando di gara, concernente il servizio di ristorazione dell’azienda sanitaria provinciale di Cosenza (in seguito ASP), indicava come valore della gara l’importo di € 18.927.347,40 e la durata di 36 (trentasei) mesi dall’aggiudicazione dell’appalto (pag. 2 del bando di gara).
All’esito della disamina della documentazione (busta A), sono state ammesse soltanto il raggruppamento La Cascina – Cardamone Group, il RTI Innova s.p.a. – LADISA e la società SIARC spa.
Dopo la disamina della documentazione tecnica (Busta B), alla seduta pubblica del 8 giugno 2015, è stata esclusa SIARC s.p.a. e sono stati attribuiti i seguenti punteggi tecnici:
– RTI La Cascina G.S.- Cardamone Group s.r.l.: 60,00 punti;
– RTI Innova s.p.a.-LADISA s.p.a.: 52,16 punti.
All’esito della disamina delle offerte tecniche (busta C), condotta nella medesima seduta di gara, sono state escluse anche le ultime due offerenti, poiché avrebbero presentato offerte in aumento rispetto all’importo annuale dell’appalto.
Il RTI La Cascina- Cardamone Group aveva presentato un’offerta economica pari ad euro 4.885.136,10 annui, corrispondente ad una percentuale di ribasso del 22,23% rispetto al valore stimato annuo dell’appalto, pari ad euro 6.309.115,80 (euro 18.927.347,40 : 3), tenuto conto della durata dell’appalto desumibile dal bando di gara (3 anni).
Ad avviso della stazione appaltante, invece, la durata dell’appalto era pari a 48 mesi, tenuto conto che nel disciplinare di gara era prevista la possibilità di proroga per 12 mesi: pertanto, la stazione appaltante ha ritenuto che l’offerta presentata da tale raggruppamento – pari ad € 4.885.136,10 annui – sarebbe stata superiore a quella posta a base di gara (pari ad € 4.731.836,85) e dunque sarebbe stata inammissibile.
Tale raggruppamento è stato quindi escluso dalla gara; lo stesso è avvenuto per l’altro raggruppamento Innova-Ladisa, che ha presentato anch’esso – secondo la stazione appaltante – l’offerta in aumento.
La commissione di gara ha quindi dichiarato il lotto n. 4 «deserto per mancanza di offerte valide».
2. – Con il ricorso RG n. 1149 del 2015 (proposto dinanzi al T.A.R. Calabria, Sezione di Catanzaro), il RTI La Cascina- Cardamone Group ha impugnato il proprio provvedimento di esclusione dalla gara, deducendo le censure di violazione e falsa applicazione dell’art. 64 del D.Lgs. 163/06 e di eccesso di potere per irragionevolezza, contraddittorietà, violazione del principio del favor partecipationis.
3. – Si è costituita nel giudizio di primo grado la Regione Calabria – Autorità Regionale Stazione Unica Appaltante – che ha chiesto il rigetto del ricorso.
4. – Con la sentenza n. 1730/2015, il ricorso di primo grado è stato accolto, con annullamento dell’esclusione dalla gara del RTI ricorrente.
Il T.A.R. ha infatti ritenuto che gli atti di gara fossero contraddittori, tanto da ingenerare incertezze nella formulazione dell’offerta, e che nel contrasto tra gli atti di gara, si sarebbe dovuta assegnare prevalenza al bando; inoltre si sarebbe dovuto disporre il soccorso istruttorio, prima di procedere all’esclusione dalla gara.
5. – Avverso la sentenza del TAR ha proposto appello la Regione Calabria, che ha chiesto, preliminarmente, che sia dichiarata l’inammissibilità del ricorso di primo grado per mancata notifica all’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, soggetto destinatario del servizio per il quale sarebbe stata indetta la gara.
L’appellante ha poi rilevato l’erroneità della sentenza appellata, sostenendo che non vi sarebbe stato alcun contrasto tra gli atti di gara, in quanto il disciplinare prevedeva chiaramente la durata di 36 mesi con l’aggiunta di 12 mesi di proroga del servizio, per un totale di 48 mesi.
Inoltre, dalla disamina del Capitolato Speciale di Appalto e dal DUVRI, il concorrente avrebbe potuto comprendere che la durata dell’appalto era di 48 mesi, effettuando un mero calcolo matematico. Attraverso la lettura coordinata ed integrata degli atti di gara, il RTI La Cascina- Cardamone Group avrebbe dovuto intendere quale fosse la durata del servizio oggetto di affidamento.
L’appellante ha poi rilevato che il riferimento al soccorso istruttorio avrebbe violato il principio di cui all’art. 112 c.p.c. e all’art. 34, c. 1 e 2, c.p.a., in quanto nel ricorso di primo grado non era stata mai dedotta la censura di mancata attivazione del potere di cui agli artt. 38 e 46 del Codice di contratti.
Peraltro, non sarebbe stato possibile procedere al soccorso istruttorio, in quanto ciò avrebbe comportato la rimodulazione dell’offerta, in violazione del divieto di modifica delle offerte in fase di gara.
6. – E’ intervenuta nel giudizio di appello la società SIARC, attuale gestore del servizio, che ha sostenuto le tesi della Regione Calabria ed ha quindi concluso per l’accoglimento dell’appello.
Le parti costituite hanno depositato memorie e scritti di replica.
7. – All’udienza pubblica del 28 aprile 2016, l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. – Deve essere esaminata in via preliminare la censura dell’appellante sulla inammissibilità del ricorso di primo grado, per la mancata evocazione in giudizio dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza, destinataria del servizio oggetto di gara.
Tale eccezione, benché proposta per la prima volta in appello, è comunque ammissibile, in quanto proposta dalla parte soccombente in primo grado.
1.1 – Deduce l’appellante che la gara relativa al lotto 4 è stata espletata dalla S.U.A. per conto della A.S.P. di Cosenza; la L.R. 26/07 ha imposto anche alle Aziende Sanitarie Provinciali di approvvigionarsi utilizzando la centrale di committenza S.U.A. Calabria, come già previsto dall’art. 1, comma 449, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, e detto organismo è stato inserito con delibera ANAC del 22 luglio 2015 tra i soggetti aggregatori.
1.2 – Ai sensi dell’art. 33 del D.Lgs. 163/06, l’espletamento della gara da parte del soggetto aggregatore avviene per conto dell’amministrazione aggiudicatrice, che provvede – all’esito della procedura – alla stipulazione del contratto, mentre alla S.U.A. competono soltanto le funzioni e le attività della stazione appaltante.
Secondo la Regione, quindi, si sarebbe dovuto notificare il ricorso introduttivo anche all’amministrazione aggiudicatrice; a sostegno di tale affermazione essa rileva che – nei precedenti contenziosi relativi a gare gestite dalla SUA Calabria – sarebbe stata sempre evocata in giudizio l’amministrazione per la quale la gara era stata indetta e gestita.
Con la memoria del 23 marzo 2016, la Regione ha poi precisato che non tutti gli atti di gara sono stati predisposti dalla SUA, in quanto il capitolato speciale di appalto è stato approvato direttamente dalla ASP di Cosenza: la mancata notifica all’ASP comporterebbe, secondo l’appellante, l’inammissibilità del ricorso di primo grado.
2. – La censura non può essere condivisa.
2.1 – La SUA Calabria è il soggetto aggregatore che si occupa dell’intero procedimento ad evidenza pubblica, dalla predisposizione degli atti di gara, fino all’aggiudicazione definitiva (cfr. L.R. Calabria n. 26 del 7 dicembre 2007 e art. 2 del Regolamento di organizzazione della stessa SUA, doc. n. 1 e 2 parte appellata) residuando in capo alla ASP la sola stipulazione del contratto.
L’esercizio dei poteri da parte della SUA per conto delle Aziende Sanitarie è obbligatorio (art. 1, comma 1, L.R. n. 26/07): la SUA agisce per conto dell’azienda sanitaria mediante delega ex lege; il bando di gara – ai sensi e per gli effetti dell’art. 3 comma 34 del D.Lgs. 163/06 – individua la SUA come « amministrazione aggiudicatrice», senza fare alcun riferimento alla ASP di Cosenza, che è esclusivamente la beneficiaria della procedura, posta in essere dalla centrale di committenza.
2.2. – La Sezione (cfr. Cons. Stato, Sezione III, 9 luglio 2013, n. 3639) ha già precisato che – in caso di gara indetta e gestita in via esclusiva da una «centrale di committenza» in base ad una delega irrevocabile (come nel caso di specie, in cui sussiste l’obbligo ex lege di avvalersi dell’organismo aggregatore) – tale centrale è l’unica e diretta responsabile della procedura, il che comporta che le aziende sanitarie non sono parte necessarie del giudizio neppure in ordine alla domanda di dichiarazione di inefficacia dei contratti e di subentro negli stessi.
Esse, infatti, sono destinatarie di tutti gli effetti, sostanziali e processuali, scaturenti dalle vicende connesse alla procedura di gara.
La Sezione ha quindi ritenuto non necessaria l’estensione del contraddittorio nei confronti delle Aziende ospedaliere, essendo sufficiente la partecipazione al giudizio della Regione.
2.3 – Tali principi rilevano a maggior ragione nella presente controversia, in cui non viene posta in contestazione la declaratoria di inefficacia del contratto – la cui stipulazione compete alla ASP – essendosi la procedura fermata ben prima, in quanto la gara è stata dichiarata deserta a seguito dell’esclusione di tutte le offerte.
Nel caso di specie, tutta la procedura di gara è stata gestita dalla SUA ed i provvedimenti impugnati – tra i quali ricade il provvedimento di esclusione dalla gara – sono stati da essa emessi: ne consegue che solo la SUA era legittimata passivamente.
Ai sensi dell’art. 41 comma 2 c.p.a., il ricorso deve essere, infatti, notificato « alla pubblica amministrazione che ha emesso l’atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati».
2.4 – Né può ritenersi, come sostenuto dalla difesa della Regione, che sussistesse l’obbligo di evocare in giudizio anche la ASP di Cosenza per aver redatto il capitolato speciale di appalto, riportato tra gli atti indicati nell’epigrafe del ricorso: il capitolato, infatti, non è stato oggetto di specifica impugnazione, non essendo state proposte censure avverso di esso, sicchè può ritenersi che la sua indicazione tra gli atti impugnati sia stata meramente tuzioristica.
Ne consegue che la mancata evocazione in giudizio della ASP di Cosenza non comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado.
2.5 – Per completezza espositiva, è opportuno rilevare che l’evocazione in giudizio delle Aziende sanitarie, in altri giudizi, non costituisce prova della loro necessaria legittimazione passiva, ben potendo spiegarsi per ragioni cautelative al fine di prevenire eventuali eccezioni di inammissibilità, come quella proposta in questa sede.
3. – Sempre in via preliminare, deve essere dichiarato ammissibile l’intervento ad adiuvandum spiegato in appello dalla società SIARC, attuale gestore in regime di proroga del servizio oggetto di gara: l’ampia formulazione dell’art. 97 c.p.a. – secondo cui « può intervenire nel giudizio di impugnazione, con atto notificato a tutte le parti, chi vi ha interesse» – consente di assegnare rilievo anche all’interesse di mero fatto, di cui è titolare la società interveniente quanto alla prosecuzione dello svolgimento del servizio.
4.- Dopo aver esaurito le questioni di rito, è possibile passare alla disamina del merito.
L’appello è infondato anche nella restante parte e va dunque respinto.
4.1 – E’opportuno preventivamente richiamare quanto stabilito dal primo giudice con la sentenza appellata.
Il T.A.R. ha rilevato che:
— il bando, il disciplinare di gara e il capitolato speciale d’appalto costituiscono, insieme, la lex specialis della gara ed hanno carattere vincolante non solo nei confronti dei concorrenti, ma anche dell’amministrazione appaltante;
— in caso di eventuali contrasti interni tra le singole previsioni, quel che assume prevalenza è il contenuto del bando di gara, in quanto le previsioni del capitolato speciale e del disciplinare possono soltanto integrare, ma non modificare, quelle poste dal bando (cfr. Cons. di Stato, Sez. V, 9 ottobre 2015 n. 4684);
— il bando fissa in 18.927.347,40 euro il valore stimato dell’appalto, IVA esclusa e, la durata dell’appalto in 36 mesi a decorrere dall’aggiudicazione, ponendo tali due termini in diretta correlazione tra loro;
— dalla piana lettura del bando, si ricava che l’importo annuale a base d’asta è pari a 6.309.115,80 euro;
— in caso di integrazione tra bando, disciplinare, e capitolato, la determinazione dell’importo annuale del servizio sarebbe comunque ambigua ed equivoca, tanto da indurre in errore il concorrente nella formulazione dell’offerta;
— si sarebbe dovuto disporre il soccorso istruttorio e comunque l’erroneità degli atti di gara, che comportano eccessivi oneri economici per l’amministrazione, avrebbe dovuto indurre la stazione appaltante ad annullare –in parte qua – gli atti di gara.
5. – Nel ricorso in appello, la difesa della regione Calabria deduce che erroneamente il primo giudice avrebbe rilevato un contrasto tra gli atti di gara, dando poi prevalenza alle indicazioni contenute nel bando.
Secondo l’appellante, infatti, dalla lettura del disciplinare di gara (art. 4) e dal C.S.A. («Luoghi di effettuazione del servizio e quantità») si ricava che l’importo per il lotto di riferimento è stato determinato «nei limiti massimi dei prezzi di riferimento» pubblicati sull’Osservatorio dei contratti pubblici e che il numero presunto di giornate alimentari annuali è pari a 340.665: una semplice operazione aritmetica avrebbe consentito di verificare che – moltiplicando il prezzo di riferimento di € 13,89 per il numero di giornate alimentari, per il numero di anni di svolgimento del servizio (pari a 4 e non 3 come ritenuto dall’appellata) – si sarebbe pervenuti all’importo posto a base di gara.
Inoltre, – secondo la Regione – anche dall’importo previsto per il DUVRI è agevole ricavare la durata quadriennale dell’appalto, in quanto è stato considerato un costo di eliminazione dei rischi da interferenze pari a € 21,00 + IVA per anno, e per il lotto 4, l’importo di detti oneri, non soggetti a ribasso, è stato stabilito in € 84,00, IVA esclusa.
Ad avviso della Regione, quindi, dagli atti di gara poteva evincersi con assoluta chiarezza che la durata dell’appalto fosse di 4 anni.
6. – La tesi dell’appellante non può essere condivisa.
6.1 – Dalla disamina degli atti costituenti la lex specialis di gara (bando, disciplinare, capitolato speciale di appalto), con riferimento specifico alla durata dell’appalto si evince in modo palese la contraddittorietà delle prescrizioni.
Il bando, come già ricordato in punto di fatto, prevede l’importo di € 18.927.347,40 e la durata di 36 mesi, il che comporta che il valore annuale dell’appalto è costituito dalla somma di € 18.927.347,40 : 3 = € 6.309.115,80.
Il disciplinare di gara, dopo aver riportato il valore complessivo dell’appalto (pag. 5), a pagina 7 prevede che «la durata è di 36 mesi a decorrere dalla data di inizio del servizio, oltre 12 mesi opzionali di eventuale rinnovo, ai sensi dell’art. 29 del D.Lgs. 163/2006 e s.m.i.».
Il capitolato speciale di appalto (art. 3, pag. 2) dispone, con riferimento alla durata contrattuale, che «Il contratto avrà la durata di 3 (tre) anni, decorrenti, dalla sua sottoscrizione. L’Azienda si riserva la facoltà, qualora ne ravvisi l’opportunità, di chiedere all’aggiudicatario la prosecuzione del servizio per i tempi necessari per l’indizione ed all’aggiudicazione di una nuova procedura di gara, e comunque non oltre un anno dalla data di scadenza del contratto».
6.2 – I tre atti contengono chiaramente precisazioni diverse tra loro: il bando non fa alcun cenno alla possibilità di proroga, il disciplinare la prevede in via eventuale e la fissa in un anno, il capitolato speciale la prevede come mera facoltà per la stazione appaltante per un periodo non tassativamente determinato, che può arrivare fino ad un anno.
6.3 – In presenza di clausole del suddetto tenore, che contrastano l’una con le altre, non può condividersi la tesi dell’appellante secondo cui negli atti di gara non vi sarebbe stata né incertezza, né ambiguità in merito alla durata dell’appalto.
6.4 – Sussiste in capo all’amministrazione che indice la gara l’obbligo di chiarezza (espressione del più generale principio di buona fede), la cui violazione comporta – in applicazione del principio di autoresponsabilità – che le conseguenze derivanti dalla presenza di clausole contraddittorie nella lex specialis di gara non possono ricadere sul concorrente che, in modo incolpevole, abbia fatto affidamento su di esse.
6.5 – La Regione Calabria sostiene nell’appello che il concorrente – in presenza di dubbi sul valore annuale dell’appalto a causa dell’oggettiva equivocità degli atti di gara -, avrebbe dovuto procedere ad effettuare calcoli matematici ricavabili dagli stessi atti di gara – dai quali desumere quale fosse la reale intenzione della stazione appaltante in merito alla durata del servizio, prima di predisporre l’offerta.
6.6 – La tesi della Regione non può essere condivisa.
Secondo la giurisprudenza, «l’interpretazione degli atti amministrativi, ivi compreso il bando di gara pubblica, soggiace alle stesse regole dettate dall’art. 1362 e ss. c.c. per l’interpretazione dei contratti, tra le quali assume carattere preminente quella collegata all’interpretazione letterale, in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo. Secondo il criterio di interpretazione di buona fede ex art. 1366 c.c., gli effetti degli atti amministrativi devono essere individuati solo in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere, anche in ragione del principio costituzionale di buon andamento, che impone alla p.a. di operare in modo chiaro e lineare, tale da fornire ai cittadini regole di condotte certe e sicure, soprattutto quando da esse possano derivare conseguenze negative» (Cons. Stato, Sez. III, n. 4364 del 24 settembre 2013).
«Tutte le disposizioni che in qualche modo regolano i presupposti, lo svolgimento e la conclusione della gara per la scelta del contraente, siano esse contenute nel bando ovvero nella lettera d’invito e nei loro allegati (capitolati, convenzioni e simili), concorrono a formarne la disciplina e ne costituiscono, nel loro insieme, la lex specialis, per cui in caso di oscurità ed equivocità o erroneità attribuibile alla stazione appaltante, un corretto rapporto tra amministrazione e privato, che sia rispettoso dei principi generali del buon andamento dell’azione amministrativa e di imparzialità e di quello specifico enunciato nell’art. 1337 c.c., che presidia con la buona fede lo svolgimento delle trattative e la formazione del contratto, impone che di quella disciplina sia data una lettura idonea a tutelare l’affidamento degli interessati in buona fede, interpretandola per ciò che essa espressamente dice, restando il concorrente dispensato dal ricostruire, attraverso indagini ermeneutiche ed integrative, ulteriori ed inespressi significati» (cfr. Cons. Giust. Amm. Sic., 20-12-2010, n. 1515).
Venendo al caso di specie, ritiene la Sezione che gli atti della gara in questione – pur non essendo stati redatti in modo chiaro – vanno complessivamente interpretati nel loro senso letterale, attribuendo rilievo decisivo al fatto che il bando ha fissato il termine di «durata del contratto» in 36 mesi, pur se con la «possibilità» della proroga per un anno.
Le partecipanti alla gara non avevano alcun onere di effettuare calcoli aritmetici per accertare se da altre previsioni del bando si sarebbe dovuta desumere una durata invece quadriennale del contratto: poiché grava sulla stazione appaltante il clare loqui, risulta del tutto ragionevole l’interpretazione del bando sulla durata triennale del contratto, rispetto alla quale l’Amministrazione avrebbe dovuto effettuare tutte le proprie valutazioni.
6.7 – La richiamata previsione del bando, del resto, in ogni caso va considerata prevalente rispetto alle non univoche previsioni da esso richiamate, poiché – per la costante giurisprudenza – le disposizioni del capitolato speciale di appalto e quelle del disciplinare possono solo integrare, ma non modificare, quelle poste dal bando (cfr., tra le tante, Cons. Stato Sez. V 9 ottobre 2015 n. 4684; Cons. Stato Sez. IV, 3 maggio 2016, n. 1716; Cons. Stato Sez. V, 13 maggio 2014, n. 2248; Cons. Stato Sez. V, 24 gennaio 2013, n. 439).
7. – Quanto alla non convenienza dell’offerta, in quanto superiore al prezzo pubblicato sull’Osservatorio, va rilevato che la non sostenibilità dell’impegno economico non poteva giustificare l’esclusione dalla gara della concorrente, potendo invece consentire l’adozione di altro genere di rimedi, quale, ad esempio, la revoca della gara (ovvero il suo annullamento, nel caso di rilevazione di un errore materiale in cui sia incorsa l’autorità nella predisposizione degli atti precedenti di indizione della gara).
8. – Infine, per compiutezza espositiva, deve rilevarsi che il richiamo al soccorso istruttorio operato dal primo giudice costituisce un ulteriore argomento aggiuntivo addotto dal T.A.R. a sostegno delle proprie statuizione: l’oggettivo contenuto del bando va inteso nel senso sopra rilevato, sicché risulta non supportata da uno specifico interesse la censura della Regione appellante, sulla violazione dell’art. 112 c.p.c., in cui è incorsa la sentenza appellata.
9. – L’appello va dunque respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza di primo grado, che ha accolto il ricorso di primo grado.
10. – Le spese del secondo grado di lite possono invece compensarsi tra le parti, in considerazione della particolarità della fattispecie.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) respinge l’appello RG 10564/2015 e, per l’effetto, conferma la sentenza n. 1730 del 2015 del T.A.R. Calabria, Sezione di Catanzaro (che ha accolto il ricorso di primo grado RG 1149/2015 ed ha annullato gli atti con esso impugnati).
Spese compensate del secondo grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 aprile 2016, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Carlo Deodato, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
Pierfrancesco Ungari, Consigliere
Stefania Santoleri, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/06/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)