In materia di corresponsione dell’indennizzo ex art. 42 bis del Testo Unico sull’Espropriazione le controversie che potrebbero in teoria legittimare azioni di regresso tra Amministrazioni costituiscono per il privato spossessato “acta tertiis” in quanto si è al cospetto di una responsabilità solidale.
Pubblicato il 10/02/2017
N. 00574/2017REG.PROV.COLL.
N. 01071/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1071 del 2016, proposto dalla società Anas s.p.a. e dal Prefetto della Provincia di Lodi, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi per legge dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati;
contro
Società Immobiliare Quadrifoglio s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Tiziano Giovanelli C.F. GVNTZN55H10H803Z, con domicilio eletto presso Manfredi Bettoni in Roma, via Barberini,29;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la LOMBARDIA -Sede di MILANO – SEZIONE II n. 2278/2015, resa tra le parti, concernente restituzione aree illegittimamente occupate;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della società Immobiliare Quadrifoglio s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 febbraio 2017 il consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti l’Avvocato dello Stato G. Natale, e l’Avvocato T. Giovanelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe appellata n. 2278/2015 il T.a.r. per la Lombardia –Sede di Milano – ha in parte dichiarato improcedibile, ed in parte accolto il ricorso proposto dalla odierna parte appellata società Immobiliare Quadrifoglio s.r.l. volto ad ottenere l’annullamento dell’avviso n. T00983 del 23 gennaio 2003, recante la comunicazione di avvio del procedimento relativo a lavori di adeguamento della strada statale 235 di Orzinuovi alla categoria IV CNR/80 eliminazione delle intersezioni a raso 1^ perizia di variante tecnica, e di ogni altro atto comunque presupposto, connesso e/o consequenziale, ivi compreso, ove occorra, il decreto del Prefetto della Provincia di Lodi del 1° agosto 2000, il provvedimento n. 1312 del 29 ottobre 2001 dell’Ente nazionale per le strade ed il decreto del Prefetto della Provincia di Lodi del 4 dicembre 2001 nonché per la condanna dell’ANAS Spa e del Prefetto della Provincia di Lodi al risarcimento del danno ingiusto, da determinarsi in corso di causa, in relazione alla intervenuta occupazione delle aree di propria pertinenza ubicate in Lodi, lungo la strada statale n. 9, contraddistinte catastalmente ai mappali 28, 29, 32, 108, 233, 241, 248, 249 e 250 del foglio 52 e collocate vicino alla strada statale n. 235, detta “di Orzinuovi”.
2. La originaria ricorrente aveva prospettato plurime censure, riposanti nella:
a) incompetenza della società Anas s.p.a.;
b) illegittimità dell’opera per difformità dalla destinazione urbanistica delle aree interessate e violazione dell’art. 3 del DPR 18.4.1994, n. 383;
c) violazione di legge ed eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto di motivazione, illogicità ed ingiustizia manifeste.
2. La società Anas s.p.a e la Prefettura della Provincia di Lodi si erano costituite chiedendo la reiezione del ricorso.
3. Con la sentenza gravata il T.a.r., ha innanzitutto riepilogato le principali tappe del protratto contenzioso dando atto della circostanza che:
a) con sentenza non definitiva n. 2695 del 4.12.2013, il gravame era stato dichiarato in parte inammissibile – laddove era rivolto contro la comunicazione di avvio del procedimento del 23.1.2003 – mentre per la restante parte erano stati disposti incombenti istruttori a carico della società Anas s.p.a.: quest’ultima aveva depositato la relazione istruttoria in data 25.2.2104, evidenziando che il contratto d’appalto per la realizzazione dell’opera pubblica sarebbe stato ceduto alla Provincia di Lodi;
b) era stata quindi emessa l’ordinanza n. 3033 del dell’11.12.2014, con la quale erano stati disposti incombenti istruttori a carico della Provincia di Lodi; l’incombente istruttorio era stato reiterato con ulteriore ordinanza n. 1043 del 28.4.2015 e l’Amministrazione Provinciale di Lodi aveva eseguito l’incombente depositando apposita relazione in data 24.6.2015.
b) all’esito della disposta istruttoria era emerso che:
I) dopo l’adozione del decreto di occupazione di urgenza dell’area, non era stato posto in essere nessun ulteriore atto della procedura espropriativa, sicché quest’ultima non si è mai conclusa attraverso l’emanazione di un rituale decreto di esproprio, con pagamento della relativa indennità;
II) la Provincia di Lodi aveva evidenziato di essere succeduta ad Anas s.p.a nel solo contratto di appalto per la realizzazione dell’opera ma di non avere mai assunto il ruolo di autorità espropriante, e che per conseguenza sapeva riferire sulla conclusione della procedura espropriativa un tempo avviata dall’Amministrazione statale;
III) l’opera pubblica era ormai stata completata e la stessa era stata realizzata sostanzialmente senza valido titolo, visto che la procedura espropriativa non si era mai ritualmente conclusa.
3.1. All’esito di tali elementi la sentenza impugnata ha:
a) dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, l’azione di annullamento del decreto di occupazione di urgenza, avendo quest’ultimo perso ogni efficacia, a fronte della mancata conclusione della procedura espropriativa nei termini di legge (art. 22 bis, ultimo comma, del dPR 327/2001);
b) accolto la domanda risarcitoria disponendo che il fondo fosse restituito, previa remissione in pristino, ovvero fosse emesso il provvedimento ex art. 42 bis del TU Espropriazione.
4. La società Anas s.p.a. originaria resistente rimasta soccombente ha impugnato la decisione del T.a.r. denunciandone la erroneità.
Dopo avere analiticamente ripercorso le principali tappe del risalente contenzioso (pagg. 1-4 dell’atto di appello) ha in particolare sostenuto che:
a) il ricorso di primo grado era inammissibile per indeterminatezza e genericità; ciò aveva indotto il T.a.r. a travisare le resultanze di causa in quanto:
I) le aree di pertinenza dell’appellata società ubicate in Lodi, lungo la strada statale n. 9, contraddistinte catastalmente ai mappali 28, 29, 32, 108, 233, 241, 248, 249 e 250 del foglio 52 e collocate vicino alla strada statale n. 235, detta “di Orzinuovi” (per un ammontare complessivo pari a mq 443) erano state occupate in via d’urgenza (decreto n. 2642/2000) al fine di eliminare un incrocio;
II) il detto provvedimento era stato ritualmente notificato all’appellata;
III) la vicenda occupativa si era conclusa nel 2004;
IV) il 3.8.2005 l’Anas aveva stipulato l’atto integrativo alla convenzione del 23.7.1997 con cui si concordava il passaggio di proprietà della SS n. 235 alla provincia di Lodi ed il subentro della medesima Provincia nel contratto di appalto relativo ai lavori di riqualificazione della SS 235;
V) la società Anas s.p.a nulla aveva trasmesso alla Provincia –quanto a tale occupazione delle aree di parte appellata- in quanto detta occupazione si era conclusa nell’ottobre 2004
VI) si trattava quindi di una occupazione d’urgenza non finalizzata all’esproprio, e comunque l’impugnazione del decreto n. 2642/2000 era tardiva;
VII) ulteriori atti, risalenti al 2001, impugnati dall’appellata in primo grado, riguardavano altri proprietarii ed altre aree e su essi il T.a.r. non si era soffermato;
b) ciò che –se l’impugnazione non fosse stata tardiva- poteva spettare all’appellata era il riconoscimento della indennità di occupazione temporanea e di urgenza sino al 2004 (petitum, questo, che esulava dalla giurisdizione amministrativa);
I) la società Anas s.p.a non poteva rispondere di vicende successive alla occupazione temporanea, conclusasi nel 2004 in quanto le stesse pertenevano esclusivamente alla Provincia;
II) emergeva peraltro che le particelle per cui è causa, di pertinenza dell’appellata non erano state irreversibilmente trasformate, né ridotte nella loro estensione;
4. In data 22.3.2016 l’appellata società si è costituita depositando un controricorso e chiedendo la declaratoria di inammissibilità, ovvero la reiezione del ricorso in appello e facendo presente che:
a) il difetto di giurisdizione del T.a.r. ed il difetto di legittimazione passiva delle appellanti non era stato dalle stesse mai sollevato in primo grado;
b) la realizzazione delle strada aveva compromesso ogni utilizzo delle aree di pertinenza dell’appellata;
c) le aree di pertinenza dell’appellata non avevano più l’accesso stradale (con conseguente impossibile utilizzazione edificatoria) ed erano stati illegittimamente acquisiti ben 600 mq dell’area di propria pertinenza
5. Alla adunanza camerale del 5 maggio 2016 fissata per la delibazione della domanda di sospensione della esecutività la Sezione, con la ordinanza n. 1715/2016 ha accolto il petitum cautelare alla stregua delle considerazioni per cui “rilevato che l’appello cautelare deve essere accolto, esclusivamente in relazione al periculum in mora rappresentato dalla circostanza di un possibile avvio della procedura ex art. 42 bis del TUEspropriazione non relativo ad aree indebitamente trasformate;
Rilevato che l’udienza di merito verrà fissata dal Presidente della Sezione nel primo trimestre del 2017;
rilevato che al fine di completare il materiale cognitivo indispensabile per la decisione del merito appare opportuno che l’amministrazione appellante depositi, entro giorni 60 dalla comunicazione della presente ordinanza una complessiva relazione ove venga chiarito:
a) quale fosse l’area di pertinenza di parte appellata originariamente occupata “temporaneamente”;
b) se vi sia stata irreversibile trasformazione di parte (o dell’intero) fondo dell’appellata, chiarendone l’estensione, l’epoca dei lavori di completamento dei lavori, e quale sia stata l’Amministrazione pubblica che tale irreversibile trasformazione pose in essere ed in che data essa prese in consegna l’area di pertinenza dell’appellata (e quale fosse l’estensione dell’area presa in consegna);
c) di quale porzione di area l’appellata allo stato non può disporre in quanto ancora temporaneamente occupata, sebbene non irreversibilmente trasformata;
d) ogni altro elemento utile a chiarimento dei fatti di causa;”.
6. In data 24.6 2016 l’amministrazione appellante ha ottemperato all’incombente istruttorio depositando una sintetica relazione.
7. In data 21.12. 2016 la società Anas s.p.a. odierna appellante ha depositato una articolata memoria, nell’ambito della quale ha ribadito la propria estraneità ai fatti, facendo presente che a far data dal 3 agosto 2005 (data della sottoscrizione di un’apposita Convenzione) la provincia di Lodi le era subentrata nell’appalto dei lavori di cui all’oggetto oltre che nel completamento delle relative opere e di tutti gli espropri (art. 3 comma 2 della Convenzione).
8. In data 22.12. 2016 la società odierna appellata ha depositato una articolata memoria, nell’ambito della quale ha puntualizzato e ribadito le proprie tesi.
9. In data 12.1. 2017 la società odierna appellata ha depositato una ulteriore memoria, nell’ambito della quale ha puntualizzato e ribadito le proprie tesi.
10. Alla odierna pubblica udienza del 2 febbraio 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è infondato e va respinto nei sensi di cui alla motivazione che segue.
1.1. In via preliminare si osserva che la causa appare sufficientemente istruita per cui non appare necessario disporre alcun incombente istruttorio.
2. Quanto alle numerose censure pregiudiziali, in rito, che è consigliabile affrontare immediatamente, si osserva che:
a) la sussistenza della giurisdizione del plesso giurisdizionale amministrativo non è stata contestata in primo grado, e la relativa statuizione è ormai immodificabile: in ogni caso, la contestazione sarebbe platealmente infondata, posto che nell’ipotesi di occupazione di urgenza, trasformazione del suolo, ed omessa (tempestiva) emissione del decreto di esproprio, è indubbio che si rientri in una ipotesi di procedura divenuta illegittima che in passato la giurisprudenza qualificava qual “occupazione appropriativa” devoluta alla cognizione del giudice amministrativo: ciò ovviamente, dalla scadenza del termine di durata della occupazione, chè per il periodo di vigenza del decreto, la somma dovuta integra indennità, sulla quale, come è noto, questo Plesso giurisdizionale amministrativo non ha giurisdizione e quindi non potrebbe in alcun modo pronunciarsi;
b) la legittimazione passiva della società Anas s.p.a è incontestabile: essa ha occupato l’area, iniziato i lavori, ed omesso di emettere tempestivamente il decreto di esproprio: la circostanza che l’appalto dei lavori sia stato affidato alla Provincia di Lodi non elide la circostanza che la procedura espropriativa sia ascrivibile all’appellante, mentre gli atti successivi rientrano nel novero degli accordi tra Amministrazioni inopponibili al privato leso: in altre parole, le Amministrazioni regoleranno eventualmente, in futuro, le loro eventuali controversie in ordine alla effettiva responsabilità scaturente dalla circostanza che la procedura espropriativa è divenuta illegittima: ma ciò non esclude che la società Anas s.p.a. è certamente legittimata passiva nel presente giudizio;
c) invero la convenzione stipulata dall’appellante società Anas con la provincia di Lodi, nello stabile che la Provincia predetta subentrava nell’appalto all’appellante, stabiliva che la predetta provincia si impegnava alla “definizione delle procedure espropriative”, tramite peraltro lo stesso Studio Nova, in passato adibito dall’ Anas allo svolgimento dei medesimi compiti;
c1) non soltanto, quindi, trattasi di una convenzione stipulata in epoca successiva alla proposizione del ricorso di primo grado (risalente quest’ultimo al 2003), ma è evidente che non ci si trova al cospetto di una concessione traslativa, e quindi la società Anas manteneva (rectius: doveva mantenere)il potere di controllo, verifica e sorveglianza, nei confronti dell’autorità subentrante, come ripetutamente affermato in giurisprudenza (si veda di recente Consiglio di Stato, sez. IV, 28/07/2016, n. 3416) laddove è stato rilevato che sulla base del principio di cui all’art. 1372 c.c., per cui il contratto è inefficace nei confronti di terzi che non sono parti del contratto e stante l’assenza, in virtù del contratto, di una sorta di « concessione traslativa », non può sussistere un esonero di responsabilità in capo all’ANAS per l’occupazione illegittima realizzata da altro soggetto dalla stessa delegato; (tra le tante si veda anche Cass. civ., 17 settembre 2015, n. 18236; Cons. Stato, Sez. IV, 21 agosto 2013, n. 4229 “la c.d. concessione traslativa può comportare un esonero di responsabilità per la P.A. espropriante quando la stessa trasferisce al delegato -concessionario affidatario dell’opera- la titolarità di poteri espropriativi e non soltanto l’esercizio degli stessi. In questo caso, allora, potrebbe sussistere unicamente la responsabilità del soggetto che realizza l’opera”);
d) ad abundantiam sul punto, si osserva che:
I) la decisione dell’Adunanza Plenaria n. 2 del 2016, la fondamentale sentenza della Corte Costituzionale n. 71 2015 e la uniforme giurisprudenza amministrativa e civile che si è confrontata con la questione relativa alla latitudine applicativa dell’art. 42 bis del TUEpropriazione e sulle problematiche esecutive del medesimo, concordano nel ritenere che la facoltà ivi accordata all’amministrazione è eccezionale e deve essere restrittivamente applicata;
II) sulla scorta degli insegnamenti della Corte Edu, infatti (tra le tante, sentenza 6 marzo 2007, Scordino contro Italia) di regola il privato spogliato ha diritto a rientrare in possesso del compendio di cui era titolare (ed il predetto, non va dimenticato, titolare di tale compendio resta, sino all’adozione del provvedimento reso ai sensi dell’art. 42 bis citato);
III) alla stregua di tale insegnamento, costituirebbe insanabile aporia (idonea a perpetuare quella che la Corte EDU aveva definito una “défaillance structurelle”, in contrasto con l’art. 1 del Primo Protocollo allegato alla CEDU) l’evenienza per cui, il privato spogliato, non soltanto non rientri in possesso del bene previa remissione in pristino dello stesso ma, per soprammercato, il bene venga acquisito non retroattivamente alla mano pubblica ed il privato medesimo non si veda corrisposto l’indennizzo spettantegli, a cagione di controversie in ordine alla Amministrazione autrice e responsabile dello spoglio;
IV) da tale ricostruzione ne deve discendere che la pubblica amministrazione che vuole acquisire il bene, ne corrisponde al privato l’indennizzo, e poi agisce nei confronti delle altre amministrazioni eventualmente responsabili, e se non è disposta a fare ciò, demolisce l’opera rimette in pristino l’area, e la restituisce al soggetto spogliato: tertium non datur.
V)la critica appellatoria proposta da A.n.a.s., in sostanza, mirerebbe ad ottenere tale (impossibile) evento: quello per cui l’opera pubblica non viene demolita, il privato non ne rientra in possesso previa riduzione in pristino, il compendio immobiliare viene quindi acquisito alla mano pubblica ai sensi dell’art. 42 bis del TUEpropriazione, ed il privato neppure percepisce l’indennizzo, in quanto la sua corresponsione sarebbe rinviata al momento in cui verrà risolto il conflitto tra Amministrazioni: la tesi è sicuramente inaccoglibile, anche in quanto foriera di ulteriori esborsi per l’erario (in quanto perdura lo stato di occupazione illegittima);
e) il ricorso di primo grado era certamente ammissibile; la lamentata “genericità” della domanda è conseguente alla circostanza che la procedura espropriativa è stata connotata dall’intervento di una pluralità di Enti: la ricostruzione della vicenda è stata possibile soltanto all’esito di plurime ordinanze istruttorie, emesse in primo grado, ed in appello: la relativa eccezione è destituita di fondamento;
f) per altro verso, ed al fine di perimetrare quale sia l’oggetto dell’odierno giudizio di appello, in armonia con i principi dei cui all’art. 112 c.p.c. e 345 c.p.c. e 104 c.pa.) si osserva che parte appellata non ha impugnato incidentalmente la decisione di primo grado, e non può pertanto chiedere in appello “poste “ risarcitorie (es: danno da sconfigurazione di particelle residue, etc) che non gli sono state accordate in primo grado, e sulle quali il T.a.r. non si è pronunciato, tenuto conto che il petitum introdotto in primo grado riguardava esclusivamente il danno da indebita occupazione e trasformazione dell’area.
3. Escluso quindi che sussistano ostacoli a decidere la controversia nel merito, si osserva che all’esito della ordinanza della Sezione n. 1715/2016 la società Anas s.p.a. ha depositato una complessiva relazione, nell’ambito della quale è rimasto chiarito (ed è incontestato, ex art. 64 comma 2 del c.p.a.) che:
a) l’area occupata corrisponde ad una porzione del mappale 28, che a seguito di frazionamento è stato trasformato nel mappale 343 del fg. 52;
b) l’unica area occupata e trasformata coincide quindi con una porzione dell’originario mappale 28 oggi trasformato nel mappale 343 del fg. 52 ed è pari a mq 600;
c) detta area occupata è stata trasformata, ed è ivi stato realizzato uno svincolo stradale.
3.1. A fronte di dette resultanze, e considerato che non è stato mai emesso il decreto di esproprio relativo alla detta area trasformata, è evidente che:
a) quale che fosse la “causale” della originaria occupazione di urgenza, allo stato l’area è stata occupata e trasformata;
b) in carenza di emissione di decreto di esproprio la procedura occupativa è illegittima, ed obbliga l’Amministrazione ad adottare gli incombenti indicati nella sentenza di primo grado, che va quindi integralmente confermata;
c) nella sentenza di primo grado, peraltro, era stato affermato che “il procedimento dovrà essere avviato e svolto nel pieno rispetto dei principi di partecipazione di cui alla legge 241/1990, coinvolgendo anche eventuali altre Amministrazioni pubbliche aventi interesse a partecipare al procedimento” e anche tale statuizione merita conferma, laddove si consideri che l’Amministrazione deputata a delibare in ordine alla eventuale adottabilità del decreto ex art. 42 bis è quella “che attualmente utilizza il bene”;
c) correttamente, per quanto si è prima chiarito, la statuizione condannatoria è stata emessa nei confronti della società Anas s.p.a. in quanto le vicende che potrebbero in teoria legittimare azioni di regresso tra Amministrazioni costituiscono per il privato spossessato “acta tertiis”;
d) infine, oltre a quanto si è posto in luce in premessa, l’appellata non ha provato –né allegato, per il vero, limitandosi ad affermarne la esistenza labialmente – la sussistenza di danni da “sconfigurazione” arrecati alla restante parte del fondo di propria pertinenza (erroneamente definiti quale “lucro cessante), ed è pertanto evidente che il risarcimento da versare alla medesima non possa comprendere tale “voce” di danno (e peraltro si ribadisce che parte appellata non ha incidentalmente appellato la impugnata decisione che nulla ha disposto sul punto) come non potrebbe ricomprendere le indennità dovute durante il periodo di vigenza del decreto di occupazione.
4. Conclusivamente, l’appello deve essere respinto nei sensi di cui in motivazione, mentre è evidente che il pregiudizio arrecato è limitato alla particella ed all’area oggetto di effettiva irreversibile trasformazione (né la sentenza di primo grado ha mai affermato nulla di diverso, essendosi limitata a citare le particelle in origine oggetto di interesse da parte dell’Amministrazione).
4.1. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, tra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663).
4.2. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
5. Le spese del grado seguono la soccombenza, e pertanto parte appellante deve essere in solido condannata a corrisponderle alla parte appellata, nella misura che appare equo quantificare in Euro tremila (€ 3000//00), oltre oneri accessori, se dovuti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto lo respinge.
Condanna parte appellante in solido al pagamento delle spese processuali del grado nella misura di Euro tremila (€ 3000//00), oltre oneri accessori, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 febbraio 2017 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
Oberdan Forlenza, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Fabio Taormina
Antonino Anastasi
IL SEGRETARIO