L’art. 879 comma 2 del codice civile – che prevede una eccezionale deroga alla disciplina delle distanze nelle costruzioni rispetto alla previsione di cui all’art. 873 del codice civile medesimo- fa salvo l’obbligo di rispettare comunque la disciplina in materie di distanze e distacchi di cui al secondo comma dell’art. 9 del d.M. n. 1444/1968.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10650 del 2015, proposto dalla Signora Anna Maria Rosaria Miola, Emilia Maria Miola, rappresentati e difesi dall’avvocato Saverio Profeta C.F. PRFSVR65H02A662Q, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria N. 2;
contro
Comune di Bari, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Chiara Lonero Baldassarra C.F. LNRCHR60H45A662G, con domicilio eletto presso Fabio Caiaffa in Roma, via Nizza, 53;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la PUGLIA –Sede di BARI- SEZIONE III n. 00728/2015, resa tra le parti, concernente diniego rilascio permesso di costruire.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2016 il consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti l’avvocato Saverio Profeta per la parte appellante e Chiara Lonero Baldassarra per il Comune appellato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe impugnata n. 728/2015 il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia– Sede di Bari – ha in parte dichiarato improcedibile ed in parte respinto il ricorso (corredato da motivi aggiunti) proposto dall’odierna parte appellante Signore Anna Maria Rosaria Miola ed Emilia Maria Miola volto ad ottenere l’annullamento (con il ricorso principale) del provvedimento di diniego di permesso di costruire prot. n. 138380 dell’11.06.2014 in ordine alla pratica edilizia 97/2013 e, (con il ricorso per motivi aggiunti depositato in data 14 gennaio 2015) l’annullamento, del provvedimento di diniego del permesso di costruire prot. 262228 del 20.11.2014 in ordine alla medesima pratica edilizia di cui al ricorso principale.
2. In punto di fatto era accaduto che la originaria parte ricorrente aveva presentato al Comune di Bari istanza di permesso di costruire per la realizzazione di fabbricati ad uso residenziale, sull’immobile sito in località Santo Spirito, tra la via Marconi e la via Cortese (in zona che, secondo il vigente PRG, era tipizzata come “Area di rinnovamento urbano A2”);
con il provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo il Comune di Bari aveva espresso il proprio diniego ritenendo che il progetto fosse contrastante con l’art. 46 delle NTA del PRG per distanze irregolari dei fabbricati dalla viabilità e dai fabbricati esistenti;
successivamente, a seguito di trattative il Comune di Bari aveva riaperto dell’istruttoria al fine di riesaminare il progetto: era però stato emesso un nuovo diniego (provvedimento prot. n. 262228 del 20.11.2014, adottato all’esito della successiva istruttoria) ad integrazione e conferma del precedente diniego, che l’odierna parte appellante aveva impugnato con motivi aggiunti.
3. Il Comune di Bari si era costituito in giudizio chiedendo che il ricorso venisse respinto nel merito.
5. Il T.a.r. ha innanzitutto dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso principale in quanto l’amministrazione, aveva manifestato una nuova volontà di provvedere mercè l’emissione dell’atto prot. n. 262228 del 20.11.2014, non rivestente natura di atto “meramente confermativo”.
5.1. Il primo giudice ha quindi scrutinato le complesse macrocensure con le quali era stato contestato il fondamento del diniego, e di esse, ha affermato l’infondatezza, in quanto:
a) le doglianze si fondavano principalmente sulla mancata applicazione dell’art. 879 del codice civile e sulla violazione dell’art. 9 del d.M. n. 1444/1968, mentre la conferma del diniego si fondava sull’applicazione delle norme relative del PRG, in particolare , l’art. 46 delle N.T.A. del vigente PRG del Comune di Bari, e di quelle di cui all’art. 9 del d.M. n. 1444/1968, le cui previsioni erano state ritenute inderogabili dall’amministrazione (il riferimento era alla distanza minima sia rispetto ai fabbricati esistenti sia alla viabilità);
b) la disposizione del d.M. n. 1444/1968 che trovava applicazione era quella di cui al secondo comma dell’art. 9, che recava una disciplina specifica delle distanze tra edifici per il caso in cui tra i fabbricati fossero interposte strade destinate al traffico dei veicoli;
c) le norme richiamate nella previsione dell’art. 879 del codice civile erano inderogabili, mentre potevano essere derogate quelle di cui all’art. 873 del codice civile (dettate a tutela di reciproci diritti soggettivi dei singoli e miranti unicamente ad evitare la creazione di intercapedini antigieniche e pericolose);
d) la circostanza che gli edifici progettati confinino con vie pubbliche era pacifico e non contestato (ed anzi era stata richiamata tale circostanza proprio al fine di rivendicare l’applicazione della previsione di cui all’art. 879 c.c.) ed il diniego opposto all’istanza rileva distanze irregolari dalla viabilità di Via Marconi e Via Cortese;
e) se tale circostanza poteva valere ad escludere il rispetto delle distanze codicistiche (artt. 873, 878 e 879 comma secondo codice civile), non poteva superare l’obbligo di rispetto delle distanze imposte da leggi e da regolamenti urbanistici;
f) le NTA del PRG del Comune di Bari art. 46, oltre alla norma primaria imperativa di cui all’art. 9 del d.M. 2 aprile 1968, n. 1444 dovevano trovare applicazione al caso di specie, e non erano tra loro contrastanti;
g) e neppure in contrario senso poteva assumere rilievo la previsione inserita con il Decreto c.d. “del Fare” (d.L. 21 giugno 2013 n. 69 convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98) che aveva) introdotto all’interno del Testo Unico dell’Edilizia l’art. 2-bis;
h) in senso contrario all’assentibilità del progettato intervento, risultava dirimente la previsione di cui al secondo comma dell’art. 9 del d.M. n. 1444/1968 (senz’altro applicabile nella parte in cui disciplinava le distanze tra edifici quando tra di essi si interponesse una via pubblica);
i) dalla tavola versata in atti, recante l’indicazione delle distanze dell’intervento dagli edifici limitrofi, emergeva il mancato rispetto della disposizione di cui al secondo comma del citato art. 9 del d.M. 1444/1968, in quanto:
I) con riferimento agli edifici progettati a confine con la via Marconi e il fabbricato esistente dall’altro lato della strada, la tavola riportava una distanza complessiva pari a m. 5,90;
II) per quanto riguardava, l’intervento prospiciente Via Cortese, non poteva rilevare il fatto che gran parte di esso si affacciava su un fronte privo di edifici in quanto il rispetto delle distanze, doveva essere calcolato con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti fronteggianti e non era contestato che nella parte in cui l’immobile progettato lungo via Cortese fronteggiava altro immobile, la viabilità pubblica avevva ampiezza pari a mt. 2,90, senza previsione di ulteriore distanza.
l) tali elementi erano da soli idonei a fondare la legittimità del diniego del permesso di costruire non rilevando la questione, relativa all’estensione dell’applicazione della distanza minima dei 10 mt di cui all’art. 9, comma 1, punto 2, alle nuove costruzioni comprese in zona A, in quanto non espressamente contemplate dal punto 1 del medesimo art. 9 comma 1;
m) il diniego opposto dal Comune di Bari, infatti, si fondava sull’art. 46 delle NTA del PRG, che disciplinava anche le distanze tra fabbricati, nel caso di nuova costruzione: quand’anche si fosse aderito all’ orientamento (opposto a quello prescelto dal Comune di Bari) secondo cui sarebbe stato da escludere che alle nuove costruzioni in zona A potesse estendersi l’applicazione dell’art. 9 comma 1 n. 2 del d.M.. 1444/1968, tale diversa interpretazione della norma, non sarebbe stata comunque idonea ad inficiare la legittimità del diniego di rilascio del permesso di costruire, in quanto la distanza dei 10 mt. si ricavava, infatti, non solo dall’art. 9 del predetto d.M. n. 1444/1968, ma dall’art. 46 NTA del PRG.
6. La originaria parte ricorrente rimasta soccombente ha impugnato la detta decisione criticandola sotto ogni profilo e riproponendo le tesi rappresentata al T.a.r. in primo grado; ripercorso anche sotto il profilo cronologico l’andamento del contenzioso (pagg. 1-2- dell’atto di appello) ha fatto presente che:
7. In data 19.1.2016 il comune di Bari si è costituito depositando atto di stile.
8. In data 21.10.2016 il comune di Bari ha depositato una articolata memoria ed ha chiesto la reiezione dell’appello in quanto infondato.
9. Alla camera di consiglio del 21 gennaio 2016 fissata per la delibazione della domanda di sospensione della provvisoria esecutività dell’impugnata sentenza la trattazione della causa su concorde richiesta delle parti è stata differita al merito.
10. Alla odierna pubblica udienza del 1 dicembre 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO
1. L’appello è infondato e va respinto.
1.1. In punto di fatto la situazione –incontroversa- può essere così riepilogata:
a) le odierne appellanti aspirano a realizzare un nuovo edificio in una zona che, secondo il vigente PRG, è tipizzata come “Area di rinnovamento urbano A2”.
b) il progetto presentato rispetta la distanza fissata nell’art. 46 delle Nta del Prg comunale con riferimento a tutte le costruzioni frontiste, eccezion fatta per una di esse (edificio posto sul fronte opposto di Via Marconi);
c) con riguardo a tale edificio in ultimo citato, non è quindi rispettata la distanza tra i fabbricati fissata nell’art. 46 delle Nta del Prg comunale (pari alla semisomma delle altezze dei fabbricati, con un minimo di mt. 10) e neppure la distanza prescritta dall’art. 9 del d.M. n. 1444/1968.
1.2. La causa prospetta quindi unicamente la risoluzione di un problema giuridico: le appellanti sostengono che, a cagione della circostanza che il loro immobile è posto al confine di una piazza/via pubblica non si applicherebbe il limite di cui all’art. 46 delle Nta del Prg comunale; e neppure si applicherebbe la disciplina delle distanze di cui all’art. 9 del d.M. n. 1444/1968 (ciò, stante il tenore letterale della norma in ultimo citata,e della circostanza che trattasi di nuova costruzione, da erigere in area ubicata in zona A).
2. Sotto il profilo del dato normativo che governa la fattispecie, si rammenta che l’art. 879 del codice civile così prevede: “Alla comunione forzosa non sono soggetti gli edifici appartenenti al demanio pubblico [822] e quelli soggetti allo stesso regime [824], né gli edifici che sono riconosciuti di interesse storico, archeologico o artistico, a norma delle leggi in materia. Il vicino non può neppure usare della facoltà concessa dall’articolo 877.
Alle costruzioni che si fanno in confine con le piazze e le vie pubbliche non si applicano le norme relative alle distanze, ma devono osservarsi le leggi e i regolamenti che le riguardano.”; l’art. 873 del codice civile, invece, così dispone “Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore”.
L’art. 9 del d.M.. 1444/1968, poi (sulla cui portata generale cogente, inderogabile, ed immediatamente prescrittiva non v’è contrasto) così prevede: “Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue:
1) Zone A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale;
2) Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti;
3) Zone C): è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all’altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml. 12.
Le distanze minime tra fabbricati – tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) – debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di:
ml. 5 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml. 7;
ml. 7,50 per lato, per strade di larghezza compresa tra ml. 7 e ml. 15;
ml. 10 per lato, per strade di larghezza superiore a ml. 15.
Qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all’altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all’altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche. ”.
2.1. Osserva quindi il Collegio che:
a) l’art. 879 comma 2 del codice civile prevede una eccezionale deroga alla disciplina delle distanze nelle costruzioni (Cassazione civile, sez. II, 27/12/2011, n. 28938);
b) tale deroga discende dalla considerazione che in presenza di una strada pubblica, non emerge tanto l’esigenza di tutelare un diritto soggettivo privato, quanto quella di perseguire il preminente interesse pubblico ad un ordinato sviluppo urbanistico, che trova la sua disciplina esclusivamente nelle leggi e nei regolamenti urbanistico-edilizi (T.A.R. Torino,-(Piemonte-, sez. I, 13/06/2014 n. 1034);
c) ora, tra essi rientra certamente all’art. 9 del d.M. 1444/1968, ma rientra anche la prescrizione di cui all’art. 46 delle N.t.a. (arg. ai sensi di T.A.R. Torino,-(Piemonte-, sez. I, 13/06/2014, n. 1034, capo IV, ultimi due cpv);
d) ciò in quanto è incontroverso (T.A.R. Trieste, -Friuli-Venezia Giulia-, sez. I, 15/11/2013 n. 592) che le prescrizioni di dettaglio contenute nelle Norme Tecniche di Attuazione del P.R.G. comunale abbiano natura regolamentare, in quanto suscettibili di ripetuta applicazione ed esplicano effetto lesivo nel momento in cui è adottato l’atto applicativo, possono formare oggetto di censura in occasione dell’impugnazione di quest’ultimo
2.2. Il contestato diniego si è fondato come, prima evidenziato, su due distinti ed autonomi profili: il contrasto con il limite di cui all’art. 46 delle Nta del Prg comunale ed il contrato con la disciplina delle distanze di cui all’art. 9 del d.M. 1444/1968 .
2.2.1. Ad avviso del Collegio il diniego è certamente legittimo, quanto al primo dei profili evidenziati: la tesi dell’appellante postulerebbe una assoluta assenza di disciplina (se non quella del codice della strada) per le costruzioni da erigere in prossimità di pubbliche vie o piazze (e cioè proprio laddove è maggiormente sentito e rilevante che si persegua un ordinato assetto del territorio) che non è logica, e che non integra conseguenza necessitata del disposto di cui al comma II dell’art. 879 del codice civile. La proposizione ivi contenuta “Alle costruzioni che si fanno in confine con le piazze e le vie pubbliche non si applicano le norme relative alle distanze, ma devono osservarsi le leggi e i regolamenti che le riguardano”, è idonea a ricomprendere le Nta, e vale ad escludere invece (unicamente) le disposizioni contenute negli articoli del codice civile che precedono la disposizione di cui al predetto art. 879.
2.2.2. Quanto sopra rilevato spiega portata assorbente, e milita per la reiezione dell’appello senza che sia necessario ulteriormente approfondire la questione della applicabilità dell’art. 9 del d.M. 1444/1968i edifici nuovi ricadenti in zona A.
2.3. La circostanza che la prescrizione di cui all’art. 46 delle N.t.a. abbia poi lo stesso contenuto di quella di cui all’art. 9 del d.M. n. 1444/1968 si rivela del tutto neutra: se anche si aderisse alla tesi per cui il detto art. 9 non possa applicarsi alle nuove costruzioni ricadenti in zona A, rimarrebbe l’art. 46 delle N.t.a. quale dato ostativo, e la inapplicabilità di quest’ultimo non potrebbe rimanere preclusa dalla identità di contenuto con quello prescritto nel citato art. 9 del d.M. 1444/1968.
3. Conclusivamente, l’appello è infondato e va respinto, con consequenziale conferma dell’impugnata decisione.
3.1.Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, tra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663).
3.2.Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
4. Le spese processuali del grado seguono la soccombenza, e pertanto la parte appellante deve essere condannata in solido al pagamento delle medesime in favore dell’amministrazione comunale, nella misura che appare equo determinare in Euro tremila (€ 3000//00) oltre oneri accessori, se dovuti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna in solido parte appellante al pagamento delle spese processuali del grado in favore dell’amministrazione comunale, nella misura di Euro tremila (€ 3000//00) oltre oneri accessori, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
Carlo Schilardi, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere
Nicola D’Angelo, Consigliere