Il rito del silenzio ex artt. 31 e 117 del c.p.a. è esperibile ogniqualvolta sia ravvisabile un dovere dell’Amministrazione di pronunciarsi su una istanza di parte
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8748 del 2015, proposto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso per legge dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato;
contro
Società Autostrade Meridionali s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Luisa Torchia C.F. TRCLSU57D55C352N, Luigi Maria D’Angiolella C.F. DNGLMR63H08G333C, Claudio Cataldi C.F. CTLCLD77T29H501O, Giulia Fortuna C.F. FRTGLI83T62H501Z, con domicilio eletto presso Luisa Torchia in Roma, viale Bruno Buozzi Nr47;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. per la CAMPANIA –Sede di NAPOLI- SEZIONE I n. 04177/2015, resa tra le parti, concernente accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione sulle istanze di adozione di un piano economico finanziario.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della società Autostrade Meridionali s.p.a.,;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2016 il consigliere Fabio Taormina e udito l’avvocato Luisa Torchia per la società resistente.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.Con la sentenza in epigrafe impugnata n. 4177/2015 il Tribunale amministrativo regionale per la Campania – Sede di Napoli – ha accolto il ricorso proposto dalla società odierna appellata Società Autostrade Meridionali s.p.a., volto ad ottenere l’accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dal concedente Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sulle istanze di adozione di un Piano Economico Finanziario per il periodo concessorio dall’ 1 gennaio 2013 -31 dicembre 2015 presentate dalla originaria ricorrente in data 7/11/2014 e 9/02/2015, e per la conseguente condanna del concedente medesimo a provvedere in merito alle istanze di S.A.M., mediante l’adozione di un Piano Economico Finanziario di riequilibrio.
2. La società odierna appellata, richiamate le tappe salienti del pregresso insistito contenzioso intercorso con l’amministrazione odierna appellante culminato nella sentenza “gemella” del T.a.r. per la Campania n. 395/2015 (che aveva disposto annullamento del decreto del Ministero dei Trasporti n. 6786 del 18 luglio 2014 che aveva negato alla odierna appellata il riconoscimento dell’adeguamento tariffario dal 1° gennaio 2014) aveva fatto presente che era innegabile la qualità di concessionario da essa rivestita, in quanto:
I) tale qualità era ascrivibile alla Convenzione Unica sottoscritta il 28 luglio 2009 con ANAS s.p.a., come integrata dall’atto di recepimento delle prescrizioni formulate dal CIPE con delibera del 13 maggio 2010;
II) nonostante la scadenza della Convenzione, fissata al 31 dicembre 2012, essa continuava ad essere l’attuale concessionaria dell’Autostrada A3 Napoli-Salerno ed è tenuta ad adempiere agli obblighi derivanti dal rapporto concessorio fino alla data di effettivo subentro del nuovo concessionario, ai sensi di quanto previsto dalla suddetta convenzione e come comunicatole dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, subentrato a decorrere dal 1° ottobre 2012 ad Anas s.p.a. nelle funzioni di concedente (cfr. nota del M.I.T. del 20 dicembre 2012, prot. SVCA-MIT-0002423-P depositato in giudizio);
III) la nuova gara era stata bandita non già in prossimità della scadenza della convenzione (punto 5.3. della Convenzione) ma ben più tardi: infatti, sebbene il bando per il rinnovo della concessione fosse stato pubblicato nell’agosto 2012, soltanto il 19.1.2015 erano state inviate le lettere-invito ai concorrenti qualificati a partecipare alla procedura (tra cui la stessa originaria ricorrente);
b) in virtù di ciò essa aveva nuovamente sollecitato il concedente ad assumere finali determinazioni in ordine all’adozione del Piano di riequilibrio proposto (cfr. nota del 09/02/2015);
c) il silenzio serbato dall’Amministrazione violava l’art.2 della l. n. 241/1990 e l’art.11 della Convenzione intercorsa tra le parti.
3. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti si era costituito in giudizio ed aveva sostenuto l’infondatezza del ricorso eccependo, in primo luogo, che l’adozione del Piano Economico Finanziario era consentito solo per le nuove concessioni e per le concessioni in essere nei limiti stabiliti dalla delibera del CIPE n.39/2007, ma non anche per le concessioni scadute come quella di specie e, in secondo luogo, che l’adozione dell’invocato Piano Economico Finanziario avrebbe consentito una remunerazione (con conseguente ingiustificato arricchimento dell’istante) del capitale investito possibile, da calcolare secondo una metodologia legislativamente prevista, per il solo concessionario e non anche per il mero gestore della struttura, in ragione del differente profilo di rischio tra le due fattispecie.
4. Il T.a.r. ha innanzitutto richiamato il contenuto della sentenza n. 395/2015 ed ha fatto presente che ivi, in ordine al rapporto attualmente in essere tra le odierne parti processuali, era stato affermato che “il dato letterale del testo della convenzione impone di ritenere l’immutazione sia della fonte regolativa del rapporto, che resta la convenzione originaria anche per il periodo successivo all’originaria scadenza, sia della qualificazione formale del titolare della gestione che resta infatti definito come “concessionario” “ e che, “dal punto di vista sostanziale, va poi evidenziato che assumere la “gestione per conto” come un’alternativa parallela alla qualità di concessionario, come ritenuto dal Ministero, implicherebbe porre sullo stesso piano concetti tra loro invece ben differenti; infatti, la gestione per conto – che si risolve nell’amministrazione ordinaria indicata nell’art.5.1 della convenzione – esprime il contenuto dell’attività che deve essere svolta, e quindi i limiti e la capacità del potere, mentre la qualità di concessionario riguarda il titolo di legittimazione in base al quale quella stessa attività deve essere compiuta; del resto, per la gestione di beni pubblici implicante anche l’erogazione di un servizio pubblico, la legittimazione da parte di un soggetto esterno all’organizzazione della pubblica amministrazione non può che configurarsi nelle forme proprie della concessione, o – potrebbe discutersi – dell’appalto, senza, cioè, che l’ordinamento preveda modelli ulteriori di affidamento, quale quello a cui vorrebbe riferirsi l’amministrazione resistente. Infine, va rilevato che, comunque, né dal testo della convenzione, né da altre fonti sembra potersi configurare una vicenda novativa dell’originario titolo concessorio, che deve pertanto ritenersi immutato per quanto concerne la gestione dell’autostrada anche per il periodo successivo alla scadenza del 31 dicembre 2012”.
Armonicamente con dette premesse la sentenza impugnata ha fatto discendere la conseguenza che il Ministero intimato dovesse dare formale riscontro alle richieste formulate in data 07/11/2014 e 09/02/2015 dalla società originaria ricorrente, in quanto attuale concessionaria, di adozione di un Piano Economico Finanziario e che la inerzia sulle dette istanze dovesse essere qualificata senz’altro illegittima.
5. L’Amministrazione originaria resistente, rimasta soccombente, ha impugnato la suindicata decisione criticandola sotto ogni angolo prospettico deducendo in particolare che (come del resto già dedotto in primo grado):
a) le istanze presentate dalla appellata società in data 7/11/2014 e 9/2/2015 erano volte ad ottenere adozione di un Piano Economico Finanziario per il periodo concessorio che andava dall’1 gennaio 2013 al 31 dicembre 2015;
b) la detta società odierna appellata era (sin dal 1972, con convenzione poi sostituita da altra datata 2009) gestore della tratta autostradale A3 Napoli Pompei Salerno proprio in forza della Convenzione Unica sottoscritta con Anas s.p.a. il 28.7.2009 e l’art. 4 della Convenzione fissava la scadenza della medesima al 31.12.2012, mentre il successivo art. 5 regolava i rapporti relativi alla predetta tra il concessionario uscente ed il subentrante;
c) il citato art. 5 della Convenzione non stabiliva alcun obbligo di pronunciarsi sulla istanza di riequilibrio del Piano finanziario in capo al concedente: come stabilito dagli artt. 4 e 5 della Convenzione, il concedente, alla scadenza del rapporto concessorio, assumeva la qualità di gestore della infrastruttura viaria e tenuto soltanto ad assicurare l’ordinaria amministrazione;
d) l’esigenza di riequilibrio che era imposta dalla Delibera Cipe n. 39/2007 era riferita alle concessioni “vigenti” e non anche a quelle scadute (come quella oggetto della controversia);
d) di conseguenza la pretesa non era “giustiziabile” ex art. 2 della legge n. 241/1990 ed ex art. 11 della Convenzione Unica.
6. In data 18. 11.2015 la società odierna appellata Società Autostrade Meridionali s.p.a. si è costituita nell’odierno grado di giudizio depositando atto di stile.
7. In data 18.10.2016 la società odierna appellata Società Autostrade Meridionali s.p.a. ha depositato una articolata memoria ed ha chiesto la reiezione del ricorso in appello, evidenziando, in particolare, che:
a) la sentenza del T.a.r. per la Campania n. 395 del 22 gennaio 2015 aveva disposto l’annullamento del decreto del Ministero dei Trasporti n. 6786 del 18 luglio 2014, con il quale l’Amministrazione aveva respinto l’istanza di aggiornamento tariffario proposta dalla Società Autostrade Meridionali s.p.a.;
b) detta sentenza non era stata appellata ed era pertanto passata in giudicato;
c) essa si fondava sul medesimo rapporto concessorio che costituiva il presupposto dalla domanda avanzata nel presente giudizio;
d) sebbene il giudizio sfociato nella sentenza del T.a.r. per la Campania n. 395 del 22 gennaio 2015 avesse ad oggetto l’aggiornamento tariffario, le resultanze contenute nella citata sentenza erano valide anche nell’odierno giudizio, in cui si controverteva in ordine al diniego di revisione del Pef;
e) non soltanto la logica, quindi, ma anche un accertamento giudiziale definitivo militavano per la reiezione dell’appello.
10.Alla odierna camera di consiglio del 3 novembre 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è infondato e deve essere respinto nei sensi di cui alla motivazione che segue, con consequenziale conferma della impugnata sentenza.
2. In punto di fatto la ricostruzione –anche cronologica – resa dal T.a.r. non è oggetto di contestazione e pertanto a quest’ultima il Collegio farà integrale riferimento, dovendosi soltanto rilevare che oltre alla sentenza n. 395/2015 sulla vicenda è intervenuta anche la sentenza del T.a.r. per la Campania n. 4658/2014 che ha affermato la illegittimità del silenzio serbato dal Concedente sulle istanze presentate dalla Società Autostrade Meridionali s.p.a il 13 ed il 20.12.2013 al fine di ottenere la rimodulazione tariffaria necessaria per garantire il recupero dello scostamento negativo generato nel 2013 ed il raggiungimento dell’effettivo introito per l’anno 2014.
2.1. Ciò premesso, con Deliberazione 15/06/2007, n.39 (“- Direttiva in materia di regolazione economica del settore autostradale.”) che consta di un articolo unico (“ E’ approvato il documento tecnico allegato, intitolato “Direttiva in materia di regolazione economica del settore autostradale”, composto di sette pagine, che forma parte integrante della presente delibera; La presente delibera ed il documento tecnico allegato di cui al punto 1, sostituiscono integralmente la delibera n. 1 del 2007 ed il documento tecnico alla stessa allegato”) il Cipe ha stabilito che “1.1. Le disposizioni della presente direttiva trovano applicazione nei riguardi:
a) delle nuove concessioni;
b) delle concessioni in essere:
(i) qualora, relativamente alle stesse, il concessionario chieda il riequilibrio del piano economico-finanziario;
(ii) fuori dai casi sub (i), limitatamente ai nuovi investimenti non ancora assentiti in concessione alla data del 3 ottobre 2006, ovvero assentiti a tale data ma non ancora inseriti nei piani economico-finanziari.”
2.1.1.Tale Direttiva è stata invocata dalla originaria ricorrente per supportare la propria pretesa all’adozione di un Piano Economico Finanziario di riequilibrio: ed infatti agli artt. 2 e segg. del documento tecnico allegato alla Delibera Cipe e da quest’ultimo approvato vengono dettati i criteri tecnici per l’adozione e l’aggiornamento del piano economico-finanziario allegato alla convenzione (piano, questo, che ai sensi dell’art. 5 “contiene tutti gli elementi che concorrono alla determinazione della tariffa e a consentire l’equilibrio economico e finanziario della concessione” ed è “soggetto ad aggiornamento al termine di ciascun periodo regolatorio nonché, in sede di prima applicazione, ai sensi del comma 82 dell’articolo 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286.”).
2.2. Orbene, come è noto il rito del silenzio, e la stessa possibilità demandata al Giudice di pronunciarsi sull’obbligo incombente sull’Amministrazione di provvedere sulle istanze del privato:
a) concerne pretese giustiziabili innanzi al Giudice amministrativo;
b) riguarda pretese in cui l’obbligo del c.d. “clare loqui” discende da disposizioni puntuali, ovvero dal sistema giuridico, ma pur sempre in stretta correlazione con pretese giustiziabili.
2.3. Nel caso di specie, come si è prima evidenziato, la delibera Cipe impone che gli incombenti di cui agli artt. 2 e segg. del documento tecnico allegato si applichino alle nuove concessioni ed alle concessioni in essere.
Secondo la originaria ricorrente, il supposto obbligo incombente sull’Amministrazione di adottare un Piano Economico Finanziario di riequilibrio discenderebbe dalla circostanza che:
a) la convenzione è scaduta;
b) essa ricorrente è rimasta a gestire l’autostrada;
c) la nuova gara è stata avviata con ritardo e non già in prossimità della scadenza della convenzione, in spregio a quanto previsto ai sensi del punto 5.3. della convenzione,
d) tale obbligo sarebbe supportato dalle statuizioni regiudicate contenute nella sentenza n. 395 del 22.1.2015.
2.4. Il Collegio concorda con tale tesi, in quanto, a fronte della pacifica circostanza che l’appellata società è rimasta a gestire l’autostrada, il concetto espresso nella delibera del Cipe con la indicazione “in essere” può ricomprendere la concessione già scaduta, in regime di prorogatio.
Come è noto, il rito del silenzio è esperibile laddove ci si trovi al cospetto di una disposizione puntuale impositiva di un obbligo di provvedere, ovvero laddove lo stesso sia inequivocamente ricavabile dal sistema giuridico (tra le tante: Consiglio di Stato, sez. V, 23/12/2015, n. 5821 : “ai sensi degli artt. 2 e 3, l. 7 agosto 1990, n. 241 la Pubblica amministrazione, quando ha un obbligo di provvedere, deve pronunciarsi sulla istanza del richiedente, ma detto obbligo sussiste, quando vi sia una specifica disposizione di legge ovvero quando l’Amministrazione titolare del bene abbia fatto sorgere una aspettativa qualificata, prospettando con atti formali che potrebbe prendere in considerazione una istanza dell’interessato.”).
Anche a non volere condividere le conclusioni cui giunge parte della giurisprudenza di primo grado che interpreta in senso ancora più esteso l’obbligo a provvedere in capo all’amministrazione (tra le tante, si veda T.A.R. Roma, -Lazio-, sez. II, 04/01/2016, n. 43 che ravvisa tale obbligo di provvedere laddove esso corrisponda “ ad una situazione soggettiva protetta, qualificata come tale dall’ordinamento rinvenibile anche al di là di una espressa disposizione normativa che tipizzi il potere del privato di presentare un’istanza e, dunque, anche in tutte le fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l’adozione di un provvedimento ovvero le volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni -qualunque esse siano – dell’Amministrazione.”) si evidenzia che la lettera della delibera e la logica della eadem ratio non consentono di escludere che l’obbligo si applichi anche alle concessioni (quale quella per cui è causa) in regime di prorogatio.
3. Opinando diversamente, la pretesa vantata dall’appellata, rischierebbe di non potere trovare tutela in alcuna forma e ne discenderebbe l’anomala condizione di un gestore in regime di prorogatio che svolge le identiche funzioni di ogni altro gestore, con obblighi analoghi ma con diritti minorati.
4. Conclusivamente, l’appello deve essere respinto e, per l’effetto, deve essere confermata la impugnata decisione.
4.1.Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, tra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663).
4.2. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
5. La complessità e la novità delle questioni giuridiche e fattuali sottese alla controversia legittimano la integrale compensazione delle spese processuali del presente grado di giudizio
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata decisione.
Spese processuali del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
Giuseppe Castiglia, Consigliere
Nicola D’Angelo, Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Fabio Taormina
Filippo Patroni Griffi
IL SEGRETARIO