Risoluzione del contratto per grave inadempimento e scorrimento della graduatoria

1. L’art. 140, d.lgs. 163/2006 consente lo scorrimento della graduatoria anche nel caso di risoluzione del contratto per grave inadempimento, grave irregolarità e grave ritardo. Quest’ultima norma prevede che si giunga alla risoluzione in ragione di un procedimento articolato in più fasi: a) contestazione degli addebiti all’appaltatore, con assegnazione di un termine non inferiore a quindici giorni per la presentazione delle proprie controdeduzioni al responsabile del procedimento; b) acquisizione e valutate delle predette controdeduzioni; c) risoluzione del contratto. Si tratta all’evidenza dell’esercizio di un potere dell’amministrazione strettamente vincolato alle dette scansioni procedimentali e che deve poggiare sui citati motivi.
2. Una volta conclusosi il procedimento in questione ai sensi del citato art. 140, l’amministrazione può procedere all’interpello a partire dal soggetto che ha formulato la prima migliore offerta. L’affidamento avviene alle medesime condizioni già proposte dall’originario aggiudicatario in sede in offerta.
3. La possibilità dell’amministrazione di esercitare uno jus variandi rispetto alle condizioni già proposte dall’originario aggiudicatario in sede di offerta risulta inammissibile alla luce del testo dell’art. 140, d.lgs. 163/2006; infatti, la norma sancita dall’art. 140 D.Lgs. n. 163/2006, alla stregua di una esegesi orientata al rispetto delle regole europee, disvela la sua natura eccezionale; è soggetta a regole di stretta interpretazione; può trovare applicazione solo quando sia possibile stipulare con l’imprenditore che ha presentato la seconda migliore offerta un contratto avente lo stesso contenuto di quello concluso con l’aggiudicatario originale e poi risolto. Pertanto, il principio della immodificabilità delle originarie condizioni contrattuali innanzi espresso non lascia spazio alcuno al riconoscimento degli oneri di frammentazione, miranti a compensare l’impresa subentrante per i maggiori costi che derivano dall’eseguire una prestazione già in parte eseguita rispetto all’originaria offerta. Non deve dimenticarsi del resto che l’utilizzo dell’interpello disciplinato dalla norme in esame è espressione di facoltà discrezionale rimessa all’amministrazione, rispetto alla possibilità di bandire una nuova gara per la parte residua del servizio rimasta ineseguita e che questa facoltà non può essere utilizzata a detrimento del principio di par condicio e di elusione dell’obbligo di gara pubblica, che si realizzerebbe nel caso in cui si rimettesse all’amministrazione la libertà di rinegoziare senza vincolo di gara le migliori condizioni contrattuali cristallizzate all’esito della procedura di evidenza pubblica.

Avv. Giovanni Dato

N. 03573/2016REG.PROV.COLL.
N. 01420/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1420 del 2016, proposto da:
Atm Azienda Trasporti Milanesi S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alberto Rho C.F. RHOLRT59D01F205M, Maurizio Zoppolato C.F. ZPPMZP67L13F205S, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via del Mascherino, n. 72;
contro
E-Care S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Vincenzo Caridi C.F. CRDVCN72L07A773J, Andrea Callea C.F. CLLNDR72M05G975Y, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via C. Beccaria, n. 88;
nei confronti di
Telesurvey Italia S.r.l., Comdata S.p.a., Gepin Contact S.p.a., Alma Viva Contact S.p.a. non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA, MILANO, SEZIONE IV, n. 26/2016, resa tra le parti, concernente affidamento gestione del servizio di contact center multicanale integrato per 24 mesi.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di E-Care S.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 luglio 2016 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Maurizio Zoppolato, Andrea Callea;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Lombardia E-Care s.p.a. invocava: a) l’annullamento del provvedimento con il quale ATM aveva disposto lo scorrimento della graduatoria di gara e l’assegnazione del servizio di “Contact center multicanale integrato” alla società Telesurvey Italia s.r.l. a seguito dello scioglimento del contratto con la ricorrente; b) la declaratoria di inefficacia del contratto stipulato tra la resistente e la controinteressata.
2. Il TAR, ribadita la sussistenza della giurisdizione del g.a., accoglieva il ricorso, rilevando che non vi fosse la possibilità di ricondurre lo scioglimento del contratto all’ipotesi di risoluzione per grave inadempimento dell’appaltatore, prevista dall’art. 140, d.lgs. 163/2006. Inoltre, a giudizio del TAR, anche sul piano delle cadenze procedimentali la stazione appaltante non aveva rispettato la disciplina di riferimento, in quanto l’interpello e l’assegnazione al secondo classificato erano avvenuti senza l’osservanza della specifica procedura prevista dall’art. 136 del codice degli appalti, atteso che non risultavano eseguiti, prima dell’affidamento alla controinteressata, né la contestazione degli addebiti, né l’assegnazione di un termine per rimediare alle inadempienze lamentate. Ancora, ATM s.p.a. non aveva rispettato il principio che, in caso di interpello, impone il mantenimento delle condizioni di esecuzione del contratto esistenti nel momento in cui si verifica una delle situazioni tassativamente previste dall’art. 140 del d.l.vo 2006 n. 163.
3. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe propone appello ATM s.p.a., evidenziando che: a) non vi sarebbe la giurisdizione del g.a., dal momento che la controversia avrebbe ad oggetto la risoluzione contrattuale tra l’originaria ricorrente e l’appellante, sicché non spetterebbe al g.a. accertare che la risoluzione sarebbe intervenuta per mutuo consenso e non per inadempimento; b) avrebbe errato il TAR nel non rilevare il difetto di interesse dell’originaria ricorrente, stante l’impossibilità di quest’ultima di partecipare alla procedura di gara nel caso di annullamento degli atti impugnati in prime cure per il venir meno del rapporto fiduciario con la stazione appaltante, per la proposta di modifica delle condizioni contrattuali a prezzi fuori mercato e per il venir meno del suo centro operativo in Cesano Boscone; c) il TAR avrebbe errato nel non riscontrare la presenza di un grave inadempimento da parte dell’originario ricorrente, nel ritenere non rispettata la procedura per l’interpello, e nell’aver sostenuto la diversità delle condizioni contrattuali rispetto a quelle contenute nell’offerta dell’aggiudicataria, anche per la loro esiguità.
Quanto a quest’ultimo profilo, in particolare, la variazione riguarderebbe, da un lato, la riduzione del termine di pagamento delle fatture mensili da 90 a 60 giorni, imposta ex lege dall’art. 4, comma 4, d.lgs. 231/2002, come modificato dal d.lgs. 192/2012; dall’altro, il venir meno dello sconto dell’1% offerto dall’originaria ricorrente, non compatibile con la residua durata dell’appalto.
4. In data 18 marzo 2016 si costituisce in giudizio l’originaria ricorrente, che nella memoria depositata il 28 giugno 2016 articola le sue difese, evidenziando, tra l’altro, come: a) l’appello sarebbe inammissibile per difetto della legittimazione processuale, essendo l’Avvocato Alberto Rho privo della rappresentanza di ATM s.p.a., difettando una procura ad hoc a suo favore. Pertanto, quest’ultimo non avrebbe potuto conferire la procura ad litem; b) sarebbe inammissibile la doglianza con la quale l’appellante sostiene il difetto di giurisdizione del g.a., dal momento che non sarebbe stato contestato il capo della sentenza con il quale in via incidentale il g.a. avrebbe statuito sulla risoluzione del contratto.
5. In data 30 giugno 2016 l’appellante principale deposita memoria di replica, evidenziando, tra l’altro, che: a) proprio la visura depositata in giudizio dalla controparte confermerebbe la titolarità dei poteri rappresentativi in capo all’avvocato Alberto Rho; b) l’impugnazione riguarderebbe la sentenza nel suo complesso.
6. Preliminarmente, occorre valutare l’eccezione di inammissibilità del presente appello per il denunciato difetto di legittimazione in capo all’avvocato Alberto Rho. L’assunto di parte appellata non può essere condiviso, dal momento che proprio la visura depositata in giudizio dall’appellante chiarisce che l’avvocato Alberto Rho è dotato del potere di sottoscrivere in nome e per conto e nell’interesse della società appellante atti di costituzione in giudizio in cause attive e passive dinanzi alla giurisdizione amministrativa e di nomina di avvocati e/o procuratori nei giudizi.
7. Quanto al primo motivo con il quale si contesta la sussistenza della giurisdizione del g.a., deve rilevarsi che il ricorso di prime cure ha ad oggetto la domanda di annullamento del provvedimento con il quale ATM ha disposto lo scorrimento della graduatoria di gara e l’assegnazione del servizio di “Contact center multicanale integrato” alla società Telesurvey Italia s.r.l. a seguito dello scioglimento del contratto con l’originaria ricorrente. Pertanto, la questione relativa alla risoluzione del contratto ha natura meramente incidentale, ponendosi quale presupposto necessario per l’adozione del successivo provvedimento discrezionale di scorrimento della graduatoria, sicché non può dubitarsi della sussistenza della giurisdizione del g.a., poiché lo scorrimento della graduatoria produce l’effetto di affidare l’appalto ad un diverso concorrente in ragione dell’esercizio di un potere discrezionale rispetto al quale il precedente aggiudicatario vanta una posizione giuridica di interesse legittimo oppositivo. Infatti, l’esercizio del suddetto potere discrezionale incide sulla sua sfera giuridica, comportandone una menomazione. Rispetto alla detta domanda, l’accertamento dell’intervenuta risoluzione contrattuale viene accertata dal g.a. solo in via incidentale, ella misura in cui il fatto della risoluzione rappresenta un presupposto necessario per l’esercizio del potere di scorrimento della graduatoria.
8. Privo di fondamento è anche il secondo motivo di appello con il quale si sostiene il difetto di interesse da parte dell’originaria ricorrente, poiché quest’ultima non potrebbe partecipare ad una futura gara, sia per il venir meno del rapporto fiduciario con l’amministrazione appaltante, che per la ritenuta incapacità di E-Care s.p.a. di eseguire la prestazione alle condizioni stabilite dal contratto. Al riguardo, va rilevato, infatti, che non può desumersi il difetto di interesse alla pronuncia giurisdizionale in ragione di future valutazioni e comportamenti della stazione appaltante, il cui andamento, peraltro, non può che essere condizionato anche dall’esito del presente giudizio. La valutazione sula sussistenza dell’interesse alla decisione va operata hic et nunc e non può essere condizionata da eventi futuri ed incerti, quali quelli prospettati dall’odierna appellante: ossia la valutazione del venir meno del rapporto fiduciario e la stesura della lex specialis che assisterà la futura procedura di gara.
9. Gli ultimi tre motivi di appello possono essere scrutinati congiuntamente.
9.1. Quanto al capo della sentenza di primo grado che risulterebbe erroneo per non aver riscontrato la presenza di un grave inadempimento da parte dell’originario ricorrente, deve rilevarsi che l’art. 140, d.lgs. 163/2006 consente lo scorrimento della graduatoria anche nel caso di risoluzione del contratto per grave inadempimento, grave irregolarità e grave ritardo. Quest’ultima norma prevede che si giunga alla risoluzione in ragione di un procedimento articolato in più fasi: a) contestazione degli addebiti all’appaltatore, con assegnazione di un termine non inferiore a quindici giorni per la presentazione delle proprie controdeduzioni al responsabile del procedimento; b) acquisizione e valutate delle predette controdeduzioni; c) risoluzione del contratto. Si tratta all’evidenza dell’esercizio di un potere dell’amministrazione strettamente vincolato alle dette scansioni procedimentali e che deve poggiare sui citati motivi. Al riguardo, va rammentato come la Suprema Corte abbia chiarito la differenza tra il suddetto rimedio ed il recesso espressione di un diritto potestativo. Così Cass. civ., Sez. I, 13 ottobre 2014, n. 21595: “La previsione del previgente art. 340, all. E, L. n. 2248/ 1865 (oggi art. 136 del D.Lgs. n. 163/2006) che consente alla p.a. di risolvere il contratto qualora l’appaltatore sia colpevole di frode o grave negligenza, si configura come rimedio d’inadempimento disposto in via autoritativa dalla p.a. e si differenzia dal recesso contemplato dall’art. 354 della medesima legge n. 2248 (oggi, art. 134 del D.Lgs. n. 163/2006) che, pur comportando anch’esso lo scioglimento del rapporto per volontà unilaterale dell’Amministrazione, costituisce espressione di un diritto potestativo il cui esercizio non postula la sussistenza di particolari condizioni ma può aver luogo in qualsiasi momento, senza che assumano rilievo i motivi che lo hanno determinato, richiedendosi soltanto, a tal fine, la corresponsione di un indennizzo in favore dell’appaltatore”.
Una volta conclusosi il procedimento in questione ai sensi del citato art. 140, l’amministrazione può procedere all’interpello a partire dal soggetto che ha formulato la prima migliore offerta. L’affidamento avviene alle medesime condizioni già proposte dall’originario aggiudicatario in sede in offerta.
Dall’esame della documentazione in atti emerge che la ricostruzione dei fatti operata dal primo giudice è corretta laddove precisa che con lettera datata 16 dicembre 2014 l’appellante accettava la risoluzione consensuale del rapporto, circostanza ribadita nella lettere del 18 dicembre 2014, mentre solo in data con comunicazione del 22 dicembre 2014 ATM s.p.a. invocava la clausola risolutiva espressa contenuta nell’art. 10 del contratto. Sicché, da un lato, la risoluzione consensuale del contratto a far data dal 25 dicembre 2014 precede la scelta di avvalersi della clausola risolutiva espressa. Dall’altro, la contestazione relativa al fatto che lo sciopero del 19 dicembre non era stato comunicato con il prescritto preavviso e senza l’adozione delle garanzie e dei protocolli necessari a garantire il mantenimento dei livelli di servizio, non pare poter di per sé condurre a ritenere che si versi in ipotesi di grave inadempimento contrattuale, dal momento che la mancata erogazione del servizio a causa di sciopero non regolarmente convocato conduce all’applicazione di penali piuttosto che alla risoluzione del contratto. Da qui la correttezza della sentenza di prime cure nella parte in cui ha ritenuto non sussistente il presupposto della risoluzione per grave inadempimento.
9.2. Allo stesso modo non colgono nel segno le critiche dell’appellante in ordine al rilievo operato dal primo giudice in ordine alla mancata contestazione degli addebiti ed assegnazione di un termine per controdedurre a favore dell’appaltatore. Si tratta, infatti, di fasi tipizzate del procedimento disciplinato dall’art. 136, d.lgs. 163/2006, che non possono ritenersi surrogate dal previo dialogo avvenuto tra le parti in corso di esecuzione del contratto, che ha avuto ad oggetto non la contestazione di un grave inadempimento, quanto le vicende contrattuali e la possibilità di modifica delle condizioni pattizie. Né la mancata assegnazione di un termine può essere surrogata dal richiamo alla clausola risolutiva espressa da parte dell’odierna appellante, atteso che il termine in questione deve ritenersi condizionare al più proprio l’esercizio della detta facoltà negoziale, sicché della concessione del termine non può disporre l’amministrazione appaltante.
9.3. Quanto, infine, al mantenimento delle condizioni di esecuzione del contratto esistenti nel momento in cui si verifica una delle situazioni tassativamente previste dall’art. 140 del d.l.vo 2006 n. 163, l’appello punta a sottolineare la marginalità delle stesse ed a giustificarle in ragione del ridotto periodo di esecuzione delle prestazioni. La possibilità dell’amministrazione di esercitare uno jus variandi rispetto alle condizioni già proposte dall’originario aggiudicatario in sede di offerta risulta inammissibile alla luce del testo dell’art. 140, d.lgs. 163/2006 (cfr. Cons. St., Sez. III, 13 gennaio 2016, n. 76). Come ha già avuto modo di chiarire questa Sezione, infatti, la norma sancita dall’art. 140 D.Lgs. n. 163/2006 (Codice degli appalti), alla stregua di una esegesi orientata al rispetto delle regole europee: disvela la sua natura eccezionale; è soggetta a regole di stretta interpretazione; può trovare applicazione solo quando sia possibile stipulare con l’imprenditore che ha presentato la seconda migliore offerta un contratto avente lo stesso contenuto di quello concluso con l’aggiudicatario originale e poi risolto (cfr. Cons. St., Sez. V, 30 novembre 2015, n. 5404). Pertanto, il principio della immodificabilità delle originarie condizioni contrattuali innanzi espresso non lascia spazio alcuno al riconoscimento degli oneri di frammentazione, miranti a compensare l’impresa subentrante per i maggiori costi che derivano dall’eseguire una prestazione già in parte eseguita rispetto all’originaria offerta. Non deve dimenticarsi del resto che l’utilizzo dell’interpello disciplinato dalla norme in esame è espressione di facoltà discrezionale rimessa all’amministrazione, rispetto alla possibilità di bandire una nuova gara per la parte residua del servizio rimasta ineseguita e che questa facoltà non può essere utilizzata a detrimento del principio di par condicio e di elusione dell’obbligo di gara pubblica, che si realizzerebbe nel caso in cui si rimettesse all’amministrazione la libertà di rinegoziare senza vincolo di gara le migliori condizioni contrattuali cristallizzate all’esito della procedura di evidenza pubblica. Del resto lo stesso appellante, pur partendo da identiche posizioni di principio tenta inutilmente di superarle in ragioni della presunta marginalità delle variazioni negoziali, che in ogni caso, come sopra chiarito, non sono in questa sede ammissibili.
10. L’appello, pertanto, deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna Atm Azienda Trasporti Milanesi S.p.a. al pagamento delle spese dell’odierno grado di giudizio che liquida in euro 6.000,00 (seimila/00), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Claudio Contessa, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore
Oreste Mario Caputo, Consigliere

L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Luigi Massimiliano Tarantino
Francesco Caringella
IL SEGRETARIO