Inconfigurabilità del potere di revoca dopo la stipulazione del contratto
1. Nel procedimento di affidamento di lavori pubblici le Pubbliche amministrazioni se, stipulato il contratto di appalto, rinvengano sopravvenute ragioni di inopportunità della prosecuzione del rapporto negoziale, non possono utilizzare lo strumento pubblicistico della revoca dell’aggiudicazione ma devono esercitare il diritto potestativo regolato dall’art. 134 del d.lgs. n. 163 del 2006.
Avv. Giovanni Dato
N. 01174/2016REG.PROV.COLL.
N. 02775/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2775 del 2013, proposto dalla Azienda per la Mobilità del Comune di Roma – ATAC s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Rodolfo Mazzei e Roberta Iacovazzi, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, Via XX Settembre, n. 1;
contro
Consorzio Cooperative Costruzioni – CCC – Società Cooperativa, in proprio ed in qualità di mandataria dell’ATI con Igemas soc. consortile a r.l., Salcef Costruzioni Edili e Ferroviarie s.p.a., Erregi s.r.l. e Project Automation s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Massimo Lotti e Benedetto Giovanni Carbone, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, Via di Ripetta, n. 70;
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Luigi D’Ottavi, con domicilio eletto in Roma, alla Via del tempio di Giove, n. 21.
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma, Sezione II Ter, n. 2432/2013, resa tra le parti;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consorzio Cooperative Costruzioni – CCC – società cooperativa e di Roma Capitale ;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Viste la propria sentenza 5 dicembre 2013 n. 5786 e la sentenza della Adunanza Plenaria di questo Consiglio 20 giugno 2014, n. 14;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2015 il Cons. Antonio Amicuzzi e udito per il Consorzio resistente l’avvocato Benedetto Carbone;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1.- La gara pubblica con procedura aperta per l’affidamento della progettazione esecutiva e dell’esecuzione dei lavori necessari alla realizzazione di un deposito tranviario nell’area ex “Centro Carni” e delle opere connesse, indetta con deliberazione n. 2 del 27 gennaio 2005 del Consiglio di Amministrazione dell’ATAC è stata aggiudicata, con deliberazione n. 81 del 14 novembre 2005, all’ATI composta da Consorzio Cooperative Costruttori (mandataria) e I.G.E.M.A.S. soc. cons. a r.l., Salcef Costruzioni Edili e Ferroviarie s.p.a., Project Automation Spa ed Erregi Srl (mandanti); in seguito, in data 19 maggio 2006, è stato stipulato il relativo contratto di appalto.
2.- Successivamente l’Azienda, con provvedimento n. 80861 del 4 giugno 2012, ha disposto la revoca definitiva di tutti gli atti della procedura di gara, incluso il provvedimento di aggiudicazione, per vari motivi di interesse pubblico, e poi, con nota prot. n. 147684del 19 ottobre 2012, ha chiesto la riconsegna delle aree di cantiere sul presupposto, espressamente dichiarato, dell’intervenuta caducazione del contratto per effetto della precedente revoca.
3.- L’ATI aggiudicataria, con ricorso al T.A.R. per il Lazio n. 5947 del 2012, ha chiesto l’annullamento dell’atto di revoca, e poi, con motivi aggiunti, della nota relativa alla riconsegna delle aree, deducendo a sostegno del gravame i seguenti motivi:
a) La stazione appaltante avrebbe esercitato un potere di autotutela, al di fuori dei presupposti di legge, sugli atti della procedura di gara, che erano stati privati di efficacia a seguito della sopravvenuta stipulazione del contratto.
b) Il provvedimento impugnato sarebbe stato emanato senza ponderare il contrapposto interesse privato, consolidatosi nel corso degli anni intercorsi dalla stipula del contratto.
c) Con la revoca l’appaltante avrebbe esercitato in realtà un diritto di recesso o di risoluzione unilaterale, finalizzato a sottrarsi alle conseguenze derivanti dall’esercizio delle facoltà privatistiche, maggiormente onerose dal punto di vista economico.
d) Nell’adottare l’atto di revoca non sarebbe stato tenuto debito conto delle controdeduzioni presentate nel corso del procedimento.
4. Il T.A.R. per il Lazio, sezione seconda ter, ha, con sentenza n. 2432 del 2013, ritenuto la sussistenza della giurisdizione amministrativa sulla controversia, vertendosi in un caso di carenza di potere in concreto, ed ha accolto il primo ordine di censure, assorbendo le restanti, affermando che la revoca era stata adottata “in assenza del suo essenziale presupposto, e cioè di un oggetto costituito da un provvedimento che continua ancora a spiegare effetti”, non essendo tale l’aggiudicazione della gara in seguito alla stipulazione del contratto; pertanto, secondo il primo giudice, per sciogliersi dal vincolo discendente da quest’ultimo, l’amministrazione avrebbe dovuto ricorrere all’istituto del recesso ai sensi dell’art. 134 del d.lgs. n. 163 del 2006.
5.- L’ATAC ha proposto, per l’annullamento di detta sentenza, appello, che ha assunto il n. 2775 del 2013, riproponendo in via pregiudiziale l’eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa notificazione alla Regione Lazio, ente cofinanziatore dell’opera che avrebbe assunto la qualità di controinteressato.
Nel merito ha sostanzialmente sostenuto che il potere di revoca è conformato dall’art. 21-quinquies della l. n. 241 del 1990 in termini talmente ampi da renderlo esercitabile indifferentemente su atti “ad effetti istantanei”, che hanno già esaurito i loro effetti, nonché su qualsiasi tipologia di contratti della pubblica amministrazione, come affermato ripetutamente dalla giurisprudenza amministrativa di secondo grado e come evincibile dall’onnicomprensivo riferimento contenuto nel comma 1-bis di detto articolo ai “rapporti negoziali”.
In subordine ha sostenuto che il giudice avrebbe dovuto declinare la giurisdizione a favore del giudice ordinario, avendo riqualificato la revoca come atto di esercizio di un diritto potestativo di recesso incidente sull’efficacia del contratto d’appalto e avendo quindi affermato che l’atto impugnato era stato emanato in assenza di potere in astratto.
6.- Si è costituita in giudizio l’ATI originaria ricorrente, deducendo l’infondatezza dell’appello e riproponendo, ai sensi dell’art. 101, comma 2, del c.p.a., i motivi assorbiti dal giudice di primo grado.
7.- Con la memoria conclusionale l’ATAC ha eccepito la tardività di questi ultimi, per essere stata depositata la memoria contenente gli stessi oltre il termine di 30 giorni per la costituzione in appello e cioè il 24 maggio 2013, mentre la notificazione dell’appello era avvenuta l’11 aprile precedente.
8.- La Sezione ha pronunciato al riguardo la sentenza non definitiva n. 5786 del 2013, con la quale, respinti i pregiudiziali motivi di appello di insussistenza della giurisdizione amministrativa sulla controversia e di mancata integrazione del contraddittorio in primo grado nei confronti della Regione Lazio, ha rimesso all’esame dell’Adunanza plenaria la questione relativa al principio di diritto formulato dal primo giudice, secondo cui il potere di revoca dell’aggiudicazione non può essere esercitato dall’amministrazione una volta intervenuta la stipulazione del contratto.
In sostanza con la sentenza è stato affermato che la normativa posta con il comma 1-bis dell’art. 21–quinquies della legge n. 241 del 1990 e con l’art. 1, comma 136, della legge n. 311 del 2004, si inserisce nel quadro delineato se si circoscrive il potere di revoca ivi previsto soltanto alle concessioni amministrative. Inoltre è stato sostenuto che il divieto di revoca quando sia stato stipulato il contratto si fonda sulla fondamentale ragione dell’affidamento del privato negli impegni reciproci fissati nell’accordo, sulla cui base egli ha maturato aspettative di profitto e assunto impegni organizzativi, che l’art. 21-quinquies non impone di considerare (a differenza dell’art. 21-nonies per l’annullamento d’ufficio) e il cui ristoro è ivi previsto soltanto con l’indennizzo, mentre, ad esito del recesso consentito per i contratti di diritto privato, l’amministrazione è obbligata ad una più adeguata compensazione del pregiudizio sofferto dalla controparte.
9.- Con sentenza 20 giugno 2014 n. 14 l’Adunanza Plenaria ha innanzi tutto precisato, in via preliminare, di poter prescindere dalle questioni attinenti alla giurisdizione, che pure possano essere connesse al quesito stesso, considerato che nel caso di specie la questione di giurisdizione era stata espressamente decisa in primo grado con pronuncia confermata in secondo grado, con formazione del giudicato al riguardo.
Ha quindi sostanzialmente affermato che, intervenuta la stipulazione del contratto per l’affidamento dell’appalto di lavori pubblici, l’amministrazione non può esercitare il potere di revoca dovendo operare con l’esercizio del diritto di recesso.
10.- L’Adunanza plenaria, ai sensi dell’art. 99, comma 4, c.p.a., ha quindi restituito gli atti a questa Sezione per le ulteriori pronunce sul merito della controversia e sulle spese del giudizio.
11.- Con memoria depositata il 13 novembre 2015 il Consorzio Cooperative Costruzioni CCC Società Cooperativa ha sostenuto che la Sezione non potrà che seguire il principio di diritto in forza del quale dovranno confermarsi le statuizioni annullatorie della sentenza di primo grado per la accertata illegittimità della revoca disposta dall’ATAC; ha quindi concluso per la reiezione dell’appello.
12.- Alla pubblica udienza dell’1 dicembre 2015 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio.
13.- Osserva il Collegio che con l’appello in esame è stata riproposta in via pregiudiziale l’eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa notificazione alla Regione Lazio, assumendo che rivestisse nella presente controversia la qualità di controinteressata.
Nel merito è stata dedotta la contraddittorietà e la illogicità della motivazione della sentenza impugnata in ordine alla fondatezza del ricorso ed inoltre è stata prospettata la sussistenza di error in iudicando per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto ed omessa valutazione di elementi decisivi ai fini del giudizio, nonché di erronea valutazione in fatto ed in diritto circa la presunta violazione e falsa applicazione dell’art. 21 quinquies della l. n. 241 del 1990 e dei principi che regolano l’esercizio del potere di autotutela. Inoltre è stata dedotta erronea valutazione in fatto ed in diritto in ordine all’invocato eccesso di potere per sviamento e violazione e falsa applicazione dell’art. 134 del d. lgs. n. 163 del 2006.
Al riguardo è stato sostanzialmente sostenuto che il potere di revoca sarebbe stato conformato dall’art. 21-quinquies della l. n. 241 del 1990 in termini talmente ampi da renderlo esercitabile indifferentemente su atti “ad effetti istantanei”, i cui effetti sono ormai esauriti, nonché su qualsiasi tipologia di contratti della pubblica amministrazione, come affermato ripetutamente dalla giurisprudenza amministrativa di secondo grado e come evincibile dall’onnicomprensivo riferimento contenuto nel comma 1-bis della citata disposizione ai “rapporti negoziali”. Nel caso di specie sarebbero sussistiti tutti i presupposti sostanziali indicati da detta norma per il legittimo esercizio di detto potere, cioè la sostanziale non esecuzione dell’appalto, il consistente aggravio di costi per la realizzazione dell’opera così come prospettati dall’appellante, le sopravvenute mutate esigenze operative dell’ATAC (che avrebbero comportato la necessità di ampliare e potenziare siti già esistenti), l’inserimento dell’area di cui trattasi nel programma generale per la riconversione funzionale degli immobili non strumentali al trasporto pubblico locale e l’attuale assenza di certezze in ordine alla effettiva disponibilità dei finanziamenti originariamente previsti.
In subordine è stato dedotto che il giudice avrebbe dovuto declinare la giurisdizione a favore del giudice ordinario.
13.1.- Con la sentenza non definitiva n. 5786 del 2013 la Sezione ha respinto i pregiudiziali motivi di appello di insussistenza della giurisdizione amministrativa sulla controversia e di mancata integrazione del contraddittorio in primo grado nei confronti della Regione Lazio, ed ha rimesso all’esame dell’Adunanza plenaria la questione relativa al principio di diritto secondo cui il potere di revoca dell’aggiudicazione non può essere esercitato dall’amministrazione una volta intervenuta la stipula del contratto.
13.2.- La A.P. ha in proposito ritenuto che nella fase del procedimento di affidamento di lavori pubblici aperta con la stipulazione del contratto non sussiste il potere di revoca, perché presupposto di esso è la diversa valutazione dell’interesse pubblico a causa di sopravvenienze; il medesimo presupposto è alla base del recesso in quanto potere contrattuale basato su sopravvenuti motivi di opportunità. Pertanto la specialità della previsione del recesso di cui al citato art. 134 del codice preclude l’esercizio della revoca.
Ha quindi affermato che resta impregiudicata, nell’inerenza all’azione della pubblica amministrazione dei poteri di autotutela previsti dalla legge, la possibilità: a) della revoca nella fase procedimentale della scelta del contraente fino alla stipulazione del contratto; b) dell’annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione definitiva anche dopo la stipulazione del contratto, ai sensi dell’art. 1, comma 136, della legge n. 311 del 2004, con la caducazione automatica degli effetti negoziali del contratto per la stretta consequenzialità funzionale tra l’aggiudicazione della gara e la stipulazione dello stesso.
Ha poi aggiunto come, pure nel caso di contratto stipulato, sussiste la speciale previsione in ordine al recesso della stazione appaltante quando si verifichino i presupposti previsti dalla normativa antimafia che la giurisprudenza ha riferito alla nozione dell’autotutela autoritativa.
L’Adunanza plenaria ha quindi affermato il seguente principio di diritto: “Nel procedimento di affidamento di lavori pubblici le pubbliche amministrazioni se, stipulato il contratto di appalto, rinvengano sopravvenute ragioni di inopportunità della prosecuzione del rapporto negoziale, non possono utilizzare lo strumento pubblicistico della revoca dell’aggiudicazione ma devono esercitare il diritto potestativo regolato dall’art. 134 del d.lgs. n. 163 del 2006”.
13.3.- La decisione della A.P. è condivisa pienamente dal collegio ed esclude incontrovertibilmente la fondatezza della sostanziale censura di merito formulata con l’atto d’appello, che deve essere conseguentemente sul punto respinto.
Ciò consente di soprassedere alla verifica della sussistenza nel caso di specie di tutti i presupposti sostanziali indicati da detta norma per il legittimo esercizio di detto potere, dedotta dalla ricorrente a sostegno della legittimità della disposta revoca.
13.- Pertanto, considerato che, con la sentenza non definitiva n. 5786 del 2013, sono già stati respinti i pregiudiziali motivi di appello di insussistenza della giurisdizione amministrativa sulla controversia e di mancata integrazione del contraddittorio in primo grado nei confronti della Regione Lazio, l’appello in esame va riconosciuto infondato.
14.- Tale decisione consente di prescindere dalla disamina dei motivi assorbiti dal giudice di primo grado riproposti in appello da parte dell’appellato Consorzio e, conseguentemente, dalla verifica della fondatezza della eccezione, formulata con memoria conclusionale dall’ATAC, di tardività di essa riproposizione (per essere stata depositata la memoria contenente gli stessi oltre il termine di 30 giorni per la costituzione in appello), riguardo ai quali con la sentenza non definitiva n. 5786 del 2013 il collegio giudicante si era riservato ogni pronuncia all’esito del giudizio innanzi alla A.P..
Il rigetto dell’appello si risolve nella conferma della prima sentenza, che rimane quindi efficace in tutte le sue statuizioni, compresa quella sull’assorbimento (Consiglio di Stato, sez. V, 17 ottobre 2008, n. 5087).
15.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione.
16.- Nella complessità e la novità delle questioni trattate il collegio ravvisa eccezionali ragioni per compensare, ai sensi degli artt. 26, comma 1, del c.p.a. e 92, comma 2, del c.p.c., le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, respinge l’appello in esame.
Compensa le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente FF
Manfredo Atzeni, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore
Doris Durante, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/03/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)