Dichiarazione non veritiera ed esclusione dalla gara

1. In base all’art. 37, comma 16, d.lgs. n. 163 del 2006, all’impresa cui sia stato conferito mandato ai sensi del comma 14 per la costituzione di un raggruppamento temporaneo «spetta la rappresentanza esclusiva, anche processuale, dei mandanti nei confronti della stazione appaltante». Pertanto, in virtù del potere rappresentativo e della conseguente legittimazione processuale così attribuita alla mandataria, l’appello di quest’ultima contro la decisione di primo grado impedisce il formarsi della cosa giudicata anche nei confronti della mandante ricorrente che non sia tuttavia parte formale del giudizio di secondo grado.
2. Come chiarito da Cons. Stato, Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9, nel contenzioso relativo agli appalti pubblici l’esame contestuale del ricorso principale e incidentale costituisce eccezione alla regola generale del carattere necessariamente prioritario del ricorso incidentale “escludente”, con il quale sia cioè sollevata un’eccezione di difetto di legittimazione ad agire del ricorrente principale. L’Adunanza plenaria ha precisato che tale eccezione opera nei soli casi in cui debba essere assicurato il rispetto del principio della parità delle parti nel processo affermato dalla Corte di giustizia nella pronuncia parimenti citata, ovvero quando le contrapposte censure siano indirizzate alla stessa fase della procedura di gara, ed il vizio dedotto in modo speculare dalle parti in causa «affligge entrambe le offerte delle uniche due imprese rimaste in gara». Al di fuori di questa ipotesi derogatoria torna invece il dovere del giudice di decidere la controversia in conformità al combinato disposto degli artt. 76, comma 4, Cod. proc. amm. e 276, comma 2, Cod. proc. civ., il quale impone la priorità «alla definizione delle questioni di rito rispetto alle questioni di merito», come già affermato dalla medesima Adunanza plenaria nel precedente di cui a Cons. Stato, Ad. plen., 7 aprile 2011, n. 4, e come ribadito dalla successiva giurisprudenza. Tra le questioni di rito pregiudiziali rispetto al merito vi è quindi quella della legittimazione ad agire, che nel contenzioso relativo ai contratti pubblici si declina nel senso che la concorrente che intenda contestare in sede giurisdizionale gli esiti della procedura di affidamento deve avervi a sua volta legittimamente partecipato. Ciò implica quindi che tale concorrente non sia stata a sua volta esclusa o illegittimamente ammessa alla gara. Infatti, una volta accertata una tale ultima evenienza attraverso il mezzo del ricorso incidentale, la ricorrente principale non può vantare più un titolo giuridico a ottenerne l’annullamento, dal momento che, ormai riconosciuta priva di titolo alla stessa partecipazione alla gara, l’eventuale fondatezza del suo ricorso principale non le consentirebbe in ogni caso di soddisfare il bene della vita sotteso alla propria impugnazione, ovvero l’aggiudicazione della gara medesima. Rispetto a questo esito sarebbe comunque ostativa l’esistenza di offerte ammesse e valutate dalla stazione appaltante, mentre l’interesse strumentale all’annullamento dell’intera gara, realizzabile in caso di vizi affliggenti le due sole offerte in contestazione nel medesimo giudizio nell’ipotesi enucleata dall’Adunanza plenaria nella sentenza n. 9 del 2014, non potrebbe conseguire in via diretta dalla statuizione giurisdizionale di accoglimento delle contrapposte impugnative, ma sarebbe condizionato dal potere solo eventuale e di carattere discrezionale di autotutela dell’amministrazione aggiudicatrice.
3. La giurisprudenza amministrativa è costante nell’affermare che l’esclusione da una gara d’appalto consegue «ad ogni qualsivoglia dichiarazione non veritiera resa dall’operatore economico, a prescindere dal dolo o dalla colpa grave, non residuando margini di discrezionalità in capo alla stazione appaltante»: la legittimità dell’esclusione si ricava, infatti, da una lettura comparata dell’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 con l’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000, secondo cui «il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera». Si è quindi ribadito, che la completezza e la veridicità della dichiarazione sostitutiva di notorietà ex art. 38, comma 2, d.lgs. n. 163 del 2006, rappresentano lo strumento indispensabile, adeguato e ragionevole, per contemperare i contrapposti interessi in conflitto: quello dei concorrenti alla semplificazione e all’economicità del procedimento di gara (a non essere, in particolare, assoggettati ad una serie di adempimenti gravosi, anche sotto il profilo strettamente economico, come la prova documentale di stati e qualità personali, che potrebbero risultare inutili o ininfluenti) e quello pubblico, in capo alle amministrazioni appaltanti, di poter verificare con immediatezza e tempestività se vi sono state condanne per reati gravi che incidono sulla moralità professionale, a prevenire ritardi e rallentamenti nello svolgimento della procedura ad evidenza pubblica di scelta del contraente e a realizzare quanto più celermente l’interesse pubblico perseguito con la gara di appalto. Affinché questo contemperamento sia realizzato in modo pieno e fisiologico occorre che il concorrente non difetti nel dichiarare condanne o carichi penali pendenti: perché la relativa omissione, oltre ad essere fatto in sé sintomatico di un’inaffidabilità personale, impedisce alla stazione appaltante di effettuare le valutazioni di sua competenza ai sensi delle disposizioni esaminate.
4. Il ricorso incidentale costituisce il mezzo attraverso il quale la parti resistenti o controinteressate possono tra l’altro introdurre nel giudizio un’eccezione pregiudiziale il cui accoglimento impedisce l’esame nel merito del ricorso principale e determina il consolidamento degli effetti prodotti dagli atti impugnati con quest’ultimo, e non già l’annullamento dei medesimi atti per la parte di interesse del ricorrente incidentale o altri atti connessi. Infatti, l’interesse che sorregge quest’ultimo mezzo è sempre condizionato dalla proposizione del ricorso principale, come si evince in modo chiaro dalla definizione contenuta nell’art. 42 c.p.a. («Le parti resistenti e i controinteressati possono proporre domande il cui interesse sorge in dipendenza della domanda proposta in via principale, a mezzo di ricorso incidentale»). Pertanto, la statuizione di accoglimento del ricorso incidentale del controinteressato comporta la soccombenza ex art. 91 c.p.c. del solo ricorrente principale, quand’anche tale pronuncia contenga l’accertamento in via incidentale dell’illegittimità degli atti dell’amministrazione resistente e quest’ultima possa in ipotesi esseri opposta ad esso. La soccombenza cui si riferisce la citata disposizione processuale è infatti quella c.d. materiale, fondata sugli effetti della decisione pronunciata e sulla loro attitudine a pregiudicare la parte: in coerenza, la ragione fondante il criterio di regolazione delle spese è quello della c.d. causalità, per cui, salve le eccezionali ragioni di deroga enunciate dall’art. 92 c.p.c., esse devono fare carico della parte che azionando una pretesa poi risultata infondata abbia dato causa al giudizio.

Avv. Giovanni Dato

N. 00783/2016REG.PROV.COLL.
N. 07193/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7193 del 2015, proposto da
Consorzio stabile Torremaggiore società consortile a responsabilità limitata, in persona del legale rappresentante, in proprio e quale capogruppo mandatario del costituendo raggruppamento di imprese con la Pari Costruzioni s.r.l., rappresentato e difeso dall’avvocato Ignazio Lagrotta, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Lovanio, 16;
contro
Arca Capitanata – Agenzia regionale per la casa e l’abitare di Foggia, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato Emilio Toma, con domicilio eletto presso lo studio Cardi, in Roma, viale Bruno Buozzi, 53;
nei confronti di
Dipergola Francesco Paolo, in qualità di titolare dell’omonima ditta individuale, rappresentato e difeso dall’avvocato Marco Palieri, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA – BARI, SEZIONE I, n. 1185/2015, resa tra le parti, concernente una procedura di affidamento dei lavori di costruzione di due fabbricati per complessivi quaranta alloggi di edilizia residenziale pubblica in zona “Croci Nord”, via Lucera nel comune di Foggia

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Arca Capitanata e Dipergola Francesco Paolo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, Cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 febbraio 2016 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Ignazio Lagrotta, Emilio Toma e Marco Palieri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1. Il Consorzio stabile Torremaggiore società consortile, capogruppo mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo con la Pari Costruzioni s.r.l. impugnava davanti al Tribunale amministrativo per la Puglia – sede di Bari gli atti della procedura di affidamento in appalto dei lavori di costruzione di due fabbricati da adibire ad alloggi di edilizia residenziale popolare in Foggia (zona “Croci Nord”, via Lucera), indetta dall’Istituto autonomo case popolari di Bari (ora Arca Capitanata – Agenzia regionale per la casa e per l’abitare di Foggia) con bando pubblicato il 14 ottobre 2013, ed aggiudicata all’esito della selezione delle offerte mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base d’asta di € 3.102.000,00 alla ditta individuale Pergola Francesco Paolo (delibera commissariale n. 153 del 17 novembre 2014).
Con il ricorso il Consorzio, collocatosi al secondo posto della graduatoria, sosteneva sotto vari profili che l’aggiudicataria era priva dei requisiti di partecipazione di ordine generale ed avrebbe pertanto dovuto essere esclusa.
2. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo ha dichiarato inammissibile il ricorso dopo avere esaminato con priorità ed accolto il ricorso incidentale della ditta controinteressata, giudicando fondato il motivo nel quale quest’ultima aveva a sua volta censurato l’ammissione alla gara del Consorzio Torremaggiore malgrado il direttore tecnico di questo, arch. Francesco Clori, avesse omesso di dichiarare tutti i carichi penali pendenti al momento della domanda di partecipazione.
3. Per la riforma di questa pronuncia il Consorzio ha proposto il presente appello, con il quale contesta che sia stato esaminato in via prioritaria e con effetto assorbente il ricorso incidentale della ditta aggiudicataria, e ripropone i motivi del proprio ricorso principale conseguentemente non esaminati dal Tribunale amministrativo.
4. Si sono costituite in resistenza la Arca Capitanata – Agenzia regionale per la casa e per l’abitare di Foggia e la ditta Di Pergola, la quale ha dal canto suo riproposto i motivi del proprio ricorso incidentale assorbiti dal giudice di primo grado.
DIRITTO
1. La ditta Dipergola eccepisce in via preliminare l’inammissibilità dell’appello, perché proposto dalla sola mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese, e cioè il Consorzio stabile Torremaggiore, e non anche dalla mandante Pari Costruzioni s.r.l., che pure era stata parte del ricorso collettivo in primo grado.
2. L’eccezione è infondata.
In base all’art. 37 (Raggruppamenti temporanei e consorzi ordinari di concorrenti), comma 16, d.lgs. n. 163 del 2006, all’impresa cui sia stato conferito mandato ai sensi del comma 14 per la costituzione di un raggruppamento temporaneo «spetta la rappresentanza esclusiva, anche processuale, dei mandanti nei confronti della stazione appaltante». Pertanto, in virtù del potere rappresentativo e della conseguente legittimazione processuale così attribuita alla mandataria, l’appello di quest’ultima contro la decisione di rigetto del ricorso di primo grado impedisce il formarsi della cosa giudicata anche nei confronti della mandante ricorrente che non sia tuttavia parte formale del giudizio di secondo grado.
3. Passando al merito, deve anzitutto essere esaminato il primo motivo d’appello, con cui il Consorzio Torremaggiore censura l’ordine seguito dal Tribunale amministrativo nell’esaminare le contrapposte impugnazioni di primo grado ed in particolare che sia stato omesso l’esame del proprio ricorso, benché contenente motivi “identici” a quelli del ricorso incidentale accolto, nei termini specificati dalla Corte di giustizia con la sentenza 4 luglio 2013, C-100/12 Fastweb e dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato con la sentenza Cons. Stato, Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9.
4. Il motivo è infondato.
Come chiarito dalla pronuncia da ultimo richiamata, nel contenzioso relativo agli appalti pubblici l’esame contestuale del ricorso principale e incidentale costituisce eccezione alla regola generale del carattere necessariamente prioritario del ricorso incidentale “escludente”, con il quale sia cioè sollevata un’eccezione di difetto di legittimazione ad agire del ricorrente principale. L’Adunanza plenaria ha precisato che tale eccezione opera nei soli casi in cui debba essere assicurato il rispetto del principio della parità delle parti nel processo affermato dalla Corte di giustizia nella pronuncia parimenti citata, ovvero quando le contrapposte censure siano indirizzate alla stessa fase della procedura di gara, ed il vizio dedotto in modo speculare dalle parti in causa «affligge entrambe le offerte delle uniche due imprese rimaste in gara» [§§ 8.3.5, 8.3.6, 8.4, lett. b), e 9, lett. g), della detta sentenza 25 febbraio 2014, n. 9].
5. Al di fuori di questa ipotesi derogatoria torna invece il dovere del giudice di decidere la controversia in conformità al combinato disposto degli artt. 76, comma 4, Cod. proc. amm. e 276, comma 2, Cod. proc. civ., il quale impone la priorità «alla definizione delle questioni di rito rispetto alle questioni di merito» [§ 8.4, lett. a), della sentenza in esame], come già affermato dalla medesima Adunanza plenaria nel precedente di cui a Cons. Stato, Ad. plen., 7 aprile 2011, n. 4, e come ribadito dalla successiva giurisprudenza (Cons. Stato, V, 11 dicembre 2015, n. 5651; VI, 30 settembre 2015, n. 4544, 19 marzo 2015, n. 1419, 20 ottobre 2014, n. 5168).
Tra le questioni di rito pregiudiziali rispetto al merito vi è quindi quella della legittimazione ad agire, che nel contenzioso relativo ai contratti pubblici si declina nel senso che la concorrente che intenda contestare in sede giurisdizionale gli esiti della procedura di affidamento deve avervi a sua volta legittimamente partecipato. Ciò implica quindi che tale concorrente non sia stata a sua volta esclusa o illegittimamente ammessa alla gara.
Infatti, una volta accertata una tale ultima evenienza attraverso il mezzo del ricorso incidentale, la ricorrente principale non può vantare più un titolo giuridico a ottenerne l’annullamento, dal momento che, ormai riconosciuta priva di titolo alla stessa partecipazione alla gara, l’eventuale fondatezza del suo ricorso principale non le consentirebbe in ogni caso di soddisfare il bene della vita sotteso alla propria impugnazione, ovvero l’aggiudicazione della gara medesima (cfr. in questo senso Cons. Stato, Ad. plen., 26 luglio 2012, n. 30). Rispetto a questo esito sarebbe comunque ostativa l’esistenza di offerte ammesse e valutate dalla stazione appaltante, mentre l’interesse strumentale all’annullamento dell’intera gara, realizzabile in caso di vizi affliggenti le due sole offerte in contestazione nel medesimo giudizio nell’ipotesi enucleata dall’Adunanza plenaria nella sentenza n. 9 del 2014, non potrebbe conseguire in via diretta dalla statuizione giurisdizionale di accoglimento delle contrapposte impugnative, ma sarebbe condizionato dal potere solo eventuale e di carattere discrezionale di autotutela dell’amministrazione aggiudicatrice.
6. Tutto ciò precisato, nel caso di specie il Tribunale amministrativo ha applicato in modo corretto i principi finora esaminati (oltre che il c.d. criterio della “ragione più liquida”, di cui a Cons. Stato, Ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5). Il giudice di primo grado ha infatti dichiarato inammissibile il ricorso principale del Consorzio Torremaggiore dopo aver accertato, in accoglimento del ricorso incidentale “escludente” dell’aggiudicataria impresa Dipergola, che il direttore tecnico della prima, arch. Francesco Clori, non aveva dichiarato i procedimenti penali a suo carico, così violando il disciplinare di gara che invece aveva richiesto tale dichiarazione, e nell’ambito di una procedura nella quale oltre alle due litiganti altre imprese erano state ammesse.
7. Può passarsi dunque al secondo motivo d’appello, che censura nel merito questa statuizione di accoglimento.
8. Anche questo motivo deve essere respinto.
In base al citato disciplinare i concorrenti erano tenuti a dichiarare: «che nel casellario dei carichi pendenti della Procura della Repubblica presso il Tribunale competente per residenza non risulta pendente nei propri confronti un procedimento per l’applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all’art. 6 del D.lgs. 159/2011 o di una delle cause ostative previste dall’art. 67 del D.lgs. 159/2011 ovvero che nel casellario dei carichi pendenti della Procura della Repubblica presso il Tribunale competente per residenza non risulta pendente nei propri confronti un procedimento per l’applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all’art. 6 del D.lgs. 159/2011 o di una delle cause ostative previste dall’art. 67 del D.lgs. 159/2011 ma risultano i seguenti procedimenti penali in corso…» [art. 3.2), punto 2), concernente le dichiarazioni che soci, amministratori e direttori tecnici delle imprese concorrenti erano tenuti a rendere].
Così anche il modello di dichiarazione (“B”) predisposto dalla stazione appaltante.
9. Il citato direttore tecnico ha quindi lasciato in bianco lo spazio predisposto dall’amministrazione nel modello ed ha inoltre redatto e presentato un’autonoma attestazione ai sensi degli artt. 46 e 47 d.P.R. n. 445 del 2000 datata 3 novembre 2013, in cui ha dichiarato che nessun carico penale risultava a suo carico. La circostanza è stata poi smentita dal certificato dei carichi pendenti della Procura della Repubblica di Foggia in data 27 marzo 2014, nel quale è riportato a suo carico un procedimento penale per truffa aggravata e falso (per le quali imputazioni l’arch. Clori ha beneficiato della prescrizione in appello).
10. Il Consorzio Torremaggiore ha nondimeno sostenuto nel presente appello che gli unici carichi pendenti da dichiarare erano quelli per reati di stampo mafioso, come sarebbe evincibile dai ripetuti richiami della citata previsione del disciplinare di gara al d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia) e, solo in sede di discussione, che la formulazione di tale norma di lex specialis sarebbe ambigua e tale da indurre in errore.
11. Nessuno di questi assunti può tuttavia essere condiviso.
L’art. 3.2), punto 2) del disciplinare contiene due proposizioni principali, coordinate dalla congiunzione disgiuntiva «ovvero». Con la prima si chiede di attestare l’assenza di procedimenti pendenti per l’applicazione di misure di prevenzione, ai sensi dell’art. 6 del citato d.lgs. n. 159 del 2011, o di altre cause ostative di cui all’art. 67. Con la seconda si chiede di rendere la medesima dichiarazione, con l’aggiunta, introdotta dalla congiunzione avversativa «ma», che devono essere comunque dichiaratati anche «i seguenti procedimenti penali in corso».
La struttura sintattica della previsione in esame depone dunque in modo chiaro per l’esistenza di un’alternativa posta ai concorrenti dalla stazione appaltante: nella prima ipotesi si colloca l’assenza di qualsiasi carico pendente; nella seconda, comunque questi carichi vanno dichiarati, così da consentire all’amministrazione di effettuare la doverosa valutazione di gravità circa l’incidenza sulla moralità professionale dell’imputazione ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006: resta fermo in entrambi i casi il carattere comunque ostativo di procedimenti penali per fattispecie criminose di stampo mafioso (e nelle quali, quindi, la valutazione di gravità ed incidenza era stata effettuata a monte, in sede di definizione dei contenuti della lex specialis).
12. Risulta così privata di fondamento la prospettazione del motivo d’appello in esame secondo cui solo i procedimenti per reati di criminalità organizzata andavano dichiarati; e si rivela del pari non percorribile l’ipotesi della formulazione ambigua della norma del disciplinare e del pedissequo modello di dichiarazione predisposto dalla stazione appaltante, invece affacciata dalla difesa del Consorzio all’udienza di discussione.
A quest’ultimo riguardo, come bene evidenziato in tale sede dalla difesa della controinteressata, non ricorre il caso dell’errore scusabile, dal momento che il direttore tecnico non si è limitato a lasciare in bianco lo spazio nel citato modello, ma ha anche autonomamente attestato l’assenza di carichi pendenti, pur senza esservi tenuto.
13. Il successivo riscontro dell’esistenza di un procedimento penale comporta il rigetto delle censure con cui il Consorzio Torremaggiore sostiene che l’accoglimento del ricorso incidentale per una tale omessa dichiarazione si porrebbe in contrasto con il principio di tassatività delle cause di esclusione sancito dall’art. 46, comma 1-bis, d.lgs. n. 163 del 2006.
L’esclusione – ritenuta dal Tribunale amministrativo – esattamente si fonda invece sulla violazione dell’art. 38, comma 2, d.lgs. n. 163 del 2006, a tenore del quale il concorrente «attesta il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in conformità alle previsioni del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, in cui indica tutte le condanne penali riportate, ivi comprese quelle per le quali abbia beneficiato della non menzione».
Al riguardo, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato è costante nell’affermare che l’esclusione da una gara d’appalto consegue «ad ogni qualsivoglia dichiarazione non veritiera resa dall’operatore economico, a prescindere dal dolo o dalla colpa grave, non residuando margini di discrezionalità in capo alla stazione appaltante» (da ultimo: Cons Stato, V, 7 agosto 2015, nn. 3882 – 3884, relative a fattispecie in cui non era stata dichiarata una condanna penale): la legittimità dell’esclusione si ricava, infatti, da una lettura comparata dell’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 con l’art. 75 del testo unico sulla documentazione amministrativa (d.P.R. n. 445 del 2000, sopra richiamato), secondo cui «il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera».
Si è quindi ribadito, sempre dalla recente giurisprudenza di questa Sezione (Cons. Stato, V, 3 dicembre 2014, n. 5972), che la completezza e la veridicità della dichiarazione sostitutiva di notorietà ex art. 38, comma 2, d.lgs. n. 163 del 2006, rappresentano lo strumento indispensabile, adeguato e ragionevole, per contemperare i contrapposti interessi in conflitto: quello dei concorrenti alla semplificazione e all’economicità del procedimento di gara (a non essere, in particolare, assoggettati ad una serie di adempimenti gravosi, anche sotto il profilo strettamente economico, come la prova documentale di stati e qualità personali, che potrebbero risultare inutili o ininfluenti) e quello pubblico, in capo alle amministrazioni appaltanti, di poter verificare con immediatezza e tempestività se vi sono state condanne per reati gravi che incidono sulla moralità professionale, a prevenire ritardi e rallentamenti nello svolgimento della procedura ad evidenza pubblica di scelta del contraente e a realizzare quanto più celermente l’interesse pubblico perseguito con la gara di appalto.
Affinché questo contemperamento sia realizzato in modo pieno e fisiologico occorre che il concorrente non difetti nel dichiarare condanne o carichi penali pendenti: perché la relativa omissione, oltre ad essere fatto in sé sintomatico di un’inaffidabilità personale, impedisce alla stazione appaltante di effettuare le valutazioni di sua competenza ai sensi delle disposizioni esaminate.
14. Con un ulteriore motivo d’appello il Consorzio Torremaggiore censura in via autonoma la condanna alle spese processuali inflittagli dal Tribunale amministrativo. L’appellante sostiene che l’accoglimento del ricorso incidentale determinerebbe la soccombenza dell’amministrazione nei confronti dell’aggiudicataria ditta Dipergola, e non già di essa ricorrente principale.
15. Anche questo motivo deve essere respinto e con esso l’appello nella sua globalità.
Il ricorso incidentale costituisce il mezzo attraverso il quale la parti resistenti o controinteressate possono tra l’altro introdurre nel giudizio un’eccezione pregiudiziale – come appunto nel caso di specie – il cui accoglimento impedisce l’esame nel merito del ricorso principale e determina il consolidamento degli effetti prodotti dagli atti impugnati con quest’ultimo, e non già l’annullamento dei medesimi atti per la parte di interesse del ricorrente incidentale o altri atti connessi. Infatti, l’interesse che sorregge quest’ultimo mezzo è sempre condizionato dalla proposizione del ricorso principale, come si evince in modo chiaro dalla definizione contenuta nell’art. 42 Cod. proc. amm. («Le parti resistenti e i controinteressati possono proporre domande il cui interesse sorge in dipendenza della domanda proposta in via principale, a mezzo di ricorso incidentale»).
Pertanto, la statuizione di accoglimento del ricorso incidentale del controinteressato comporta la soccombenza ex art. 91 Cod. proc. civ. del solo ricorrente principale, quand’anche tale pronuncia contenga l’accertamento in via incidentale dell’illegittimità degli atti dell’amministrazione resistente e quest’ultima possa in ipotesi esseri opposta ad esso. La soccombenza cui si riferisce la citata disposizione processuale è infatti quella c.d. materiale, fondata sugli effetti della decisione pronunciata e sulla loro attitudine a pregiudicare la parte: in coerenza, la ragione fondante il criterio di regolazione delle spese è quello della c.d. causalità, per cui, salve le eccezionali ragioni di deroga enunciate dall’art. 92 Cod. proc. civ., esse devono fare carico della parte che azionando una pretesa poi risultata infondata abbia dato causa al giudizio.
16. Infine, in applicazione del medesimo criterio il Consorzio Torremaggiore va condannato alla refusione delle spese del presente grado di giudizio nei confronti di entrambe le parti appellate, per la cui liquidazione si rinvia al dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante Consorzio stabile Torremaggiore società consortile a rifondere alle parti appellate Arca Capitanata e Francesco Paolo Dipergola le spese del presente grado di giudizio, liquidate in € 6.000,00 per ciascuna, oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere
Oreste Mario Caputo, Consigliere

L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/02/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)