Conferimento di incarichi dirigenziali e riparto di giurisdizione
1. La giurisprudenza della Corte di Cassazione e quella del Consiglio di Stato convergono nel ritenere che gli atti di conferimento di incarichi dirigenziali rivestono la natura di determinazioni negoziali e non quella di atti di alta amministrazione. Mentre i primi evidenziano l’esercizio di poteri analoghi a quelli del datore di lavoro privato, in settori nei quali il rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione è stato equiparato dalla legge al lavoro privato; i secondi, invece, possono essere adottati anche sotto forma di nomina dei vertici delle amministrazioni, in settori nei quali l’ordinamento stima opportuno mantenere una disciplina giuridica sottratta al fenomeno della privatizzazione. Quest’ultimi sono, quindi, espressione di un’ampia discrezionalità amministrativa, il che ne impone la sottoposizione al sindacato del giudice amministrativo secondo l’ordinario criterio di riparto. Da ciò deriva che in omaggio alla disciplina dell’art. 63 d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, la giurisdizione amministrativa sussiste solo in relazione all’impugnazione degli atti di macroorganizzazione presupposti a quelli di conferimento degli incarichi dirigenziali, secondo un meccanismo di riparto che non può essere alterato neanche per ragioni di connessione.
Avv. Giovanni Dato
N. 00784/2016REG.PROV.COLL.
N. 02318/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2318 del 2015, proposto da:
Blasi Silvia, Porrello Devid, rappresentati e difesi dall’avvocato Arturo Perugini, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Angelico, 301;
contro
Regione Lazio, in persona del Presidente della Giunta regionale in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Gianluigi Pellegrino, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso del Rinascimento, 11;
Presidente della Giunta Regionale del Lazio;
nei confronti di
Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Lazio (Arpa Lazio);
Pompa Maria Grazia, rappresentata e difesa dall’avvocato Giorgio Fraccastoro, con domicilio eletto presso lo studio Fraccastoro in Roma, Via Piemonte, 39;
Marchi Sergio, rappresentato e difeso dagli avvocati Aldo Fontanelli, Federico Tedeschini, con domicilio eletto presso lo studio di questi in Roma, largo Messico, 7;
Lupo Marco, rappresentato e difeso dall’avvocato Saverio Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso lo studio di questi, in Roma, piazza San Lorenzo in Lucina, 26;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE I TER, n. 3132/2015, resa tra le parti, concernente appello avverso sentenza con cui il giudice amministrativo ha declinato la giurisdizione – illegittimità del procedimento di nomina a direttore generale dell’A.R.P.A. del Lazio.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lazio e di Pompa Maria Grazia, di Marchi Sergio e di Lupo Marco;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2016 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Raffaele Cavaliere su delega dell’avvocato Arturo Perugini, Gianluigi Pellegrino, Federico Tedeschini, Guzzo Michele in dichiarata sostituzione dell’avvocato Giorgio Fraccastoro, Saverio Sticchi Damiani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale amministrativo per il Lazio gli odierni appellanti invocavano l’annullamento:
I) del decreto del Presidente della Regione Lazio n. T00367 dell’8 ottobre 2014, pubblicato sul B.U.R. del 9 ottobre 2014, di nomina del dott. Marco Lupo a Direttore generale dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Lazio;
II) del decreto del Presidente della Regione Lazio n. T00397 del 28 ottobre 2014, di nomina del dott. Sergio Marchi a vice Direttore generale dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Lazio;
III) del decreto del Presidente della Regione Lazio n. T00397 (rectius: n. T00398) del 28 ottobre 2014, di nomina della dott.ssa Maria Grazia Pompa a vice Direttore generale dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Lazio.
2. Il primo giudice rilevava il difetto di giurisdizione amministrativa e per l’effetto dichiarava inammissibile il ricorso. Secondo il Tribunale amministrativo, infatti, la controversia rientra nella giurisdizione ordinaria in omaggio a quanto disposto dall’art. 63 d.lgs. n. 165 del 2001.
3. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe propongono appello gli originari ricorrenti che, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di prime cure, ritengono la controversia appartenga alla giurisdizione amministrativa, non avendo il Tribunale amministrativo rilevato che: a) gli originari ricorrenti agivano in veste di consiglieri regionali e di membri della VI commissione permanente; b) gli stessi facevano valere la violazione di prerogative riservate dalla Statuto regionale e della disciplina inerente al procedimento di nomina dei vertici dell’ARPA; c) gli atti impugnati avevano natura giuridica di atti di alta amministrazione.
4. Costituitesi in giudizio tutte le parti appellate invocano la reiezione del presente gravame. Inoltre, la difesa del dott. Lupo eccepisce in via gradata la declaratoria di improcedibilità dell’odierno gravame, perché con decreto del 16 febbraio 2015 il Presidente della Regione ha ribadito la sua nomina.
5. L’appello è manifestamente infondato e non può essere accolto, potendosi prescindere dall’esame della prospettata eccezione di improcedibilità.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione e quella del Consiglio di Stato, infatti, convergono nel ritenere che gli atti di conferimento di incarichi dirigenziali rivestono la natura di determinazioni negoziali (cfr. Cass., 24 settembre 2015, n. 18972) e non quella di atti di alta amministrazione. Mentre i primi evidenziano l’esercizio di poteri analoghi a quelli del datore di lavoro privato, in settori nei quali il rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione è stato equiparato dalla legge al lavoro privato; i secondi, invece, possono essere adottati anche sotto forma di nomina dei vertici delle amministrazioni, in settori nei quali l’ordinamento stima opportuno mantenere una disciplina giuridica sottratta al fenomeno della privatizzazione. Quest’ultimi sono, quindi, espressione di un’ampia discrezionalità amministrativa (Cons. Stato, IV, 21 settembre 2015, n. 4375; 17 marzo 2014, n. 1321), il che ne impone la sottoposizione al sindacato del giudice amministrativo secondo l’ordinario criterio di riparto.
Da ciò deriva che in omaggio alla disciplina dell’art. 63 d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, la giurisdizione amministrativa sussiste solo in relazione all’impugnazione degli atti di macroorganizzazione presupposti a quelli di conferimento degli incarichi dirigenziali, secondo un meccanismo di riparto che non può essere alterato neanche per ragioni di connessione (Cass., SS.UU., 7 giugno 2012, n. 9185).
Non è utile dunque alle ragioni dell’appellante il precedente di questa Sezione di cui a Cons. Stato, V, 3 febbraio 2015, n. 508. . Infatti, in quella sentenza, la giurisdizione amministrativa viene ribadita in ragione dell’impugnazione dell’atto di macroorganizzazione presupposto all’atto di conferimento dell’incarico dirigenziale. Ipotesi quest’ultima che nella fattispecie non ricorre, poiché il ricorso di primo grado contesta i soli decreti di nomina.
Né ad una diversa conclusione può giungersi in ragione della peculiare legittimazione degli originari ricorrenti o delle censure proposte, dal momento che la natura giuridica degli atti di conferimento di incarichi dirigenziali non muta in ragione della veste giuridica del soggetto che ne contesta la legittimità o della tipologia delle censure sollevate. Si tratta infatti di elementi che non contribuiscono a qualificare la natura giuridica del potere esercitato dall’amministrazione.
6. L’appello pertanto, deve essere respinto.
Nella particolare complessità delle questioni giuridiche trattate, si ravvisano eccezionali motivi per compensare le spese dell’odierno grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Fabio Franconiero, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore
Raffaele Prosperi, Consigliere
Oreste Mario Caputo, Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/02/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)