L’art. 33 della legge 5 febbraio 1992 n. 104 comma 7 bis ( introdotto dall’articolo 24, comma 1, lettera c), della legge 4 novembre 2010, n. 183) “salda” il diritto al trasferimento per assistenza al congiunto disabile al “venir meno” delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti, tanto da ipotizzare una possibile rilevanza disciplinare nella condotta del lavoratore che non comunichi detta mutata circostanza: la perentoria dizione della norma impone che al verificarsi di un mutamento delle condizioni, la fruizione del diritto venga meno, salva, ovviamente, in via eventuale la possibilità di adottare un nuovo provvedimento (diverso dal primo) nell’emergere di ulteriori e diversi elementi che diano diritto alla fruizione di analogo beneficio.
Pubblicato il 13/11/2017
N. 05206/2017REG.PROV.COLL.
N. 08928/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8928 del 2016, proposto dal Signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Carmine Biasiello, domiciliato ex art. 25 cpa presso Cons. Di Stato Segreteria in Roma, piazza Capo di Ferro 13;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso per legge dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato,costituitosi in giudizio;
Dipartimento Amministrazione Penitenziaria non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il MOLISE –Sede di CAMPOBASSO – SEZIONE I n. 357/2016, resa tra le parti, concernente revoca assegnazione sede – mcp.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2017 il consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti l’avvocato Biasiello e l’Avvocato dello Stato D’Elia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe appellata n. 357 del 21.9.2016 il T.a.r. per il Molise –Sede di Campobasso – ha respinto il ricorso proposto dalla odierna parte appellante Signor -OMISSIS- -OMISSIS- volto ad ottenere l’annullamento del decreto di trasferimento del 24 agosto 2015 avente ad oggetto la revoca della assegnazione del medesimo presso la casa circondariale di Isernia disposta ai sensi dell’art. 33, 5° comma, della Legge n. 104/92.
2. La originaria parte ricorrente aveva prospettato plurime censure, riposanti nella illegittimità della disposta revoca, sostenendo che il trasferimento disposto (con provvedimento del 14 agosto 2013) presso la casa circondariale di Isernia fosse definitivo, e che pertanto l’avvenuto decesso del proprio congiunto (la madre dal medesimo assistita ex art. 33, della legge n. 104 del 1992) non potesse produrre alcun effetto caducatorio della assegnazione dell’originario ricorrente alla predetta sede; in ogni caso, decorso il termine di cinque anni dalla prima assegnazione alla casa circondariale di Isernia il trasferimento doveva ritenersi definitivo.
Egli infatti, aveva sostenuto che, dopo essere stato distaccato a tempo indeterminato alla casa circondariale di Isernia con provvedimento del 16.11 2006 (a seguito della sentenza del T.a.r. per il Lazio n. 6829/2005), aveva conseguito un assetto definitivo della propria sede di servizio proprio con il provvedimento del 2013, e che quest’ultimo era stato illegittimamente revocato.
3. Il Ministero della Giustizia si era costituito chiedendo la reiezione del ricorso.
4. Con la sentenza gravata il T.a.r., ha innanzitutto riepilogato le principali tappe contenzioso, ed ha respinto il ricorso deducendo che:
a) in giurisprudenza era prevalente la tesi per cui la stessa legge n. 104 evidenziava la natura temporanea e non definitiva dei trasferimenti dei lavoratori dipendenti, siano essi pubblici o privati, in quanto ancorata alla permanenza delle condizioni che ne avevano giustificato l’adozione;
b) talune pronunce si erano discostate –in apparenza – da tale opinamento, ed avevano affermato il carattere definitivo del trasferimento disposto ex art. 33, della legge n. 104 del 1992, non subordinandolo al mantenimento della situazione originaria, a condizione tuttavia che “l’Amministrazione di appartenenza non avesse disciplinato specificamente il punto”.
c) senonchè, nel caso di specie, neppure l’originario ricorrente poteva invocare tale opzione ermeneutica, in quanto:
I) il provvedimento del 14 agosto 2013 con cui il predetto era stato assegnato alla casa circondariale di Isernia era stato dichiaratamene adottato “in applicazione della legge 5 febbraio 1992, n. 104” – di fatto condizionandosene l’efficacia al perdurare delle condizioni previste dall’art. 33, comma 5, della legge in parola;
II) esso, inoltre, era successivo alla adozione della circolare n. 0457451 del 28.12.2012 che, con valenza generale, affermava che “Nel caso di cessazione dei presupposti l’amministrazione avvierà d’ufficio le procedure di revoca del trasferimento” in tal modo conformandosi con il carattere della temporaneità tutti i provvedimenti successivamente adottati ai sensi dell’art. 33, comma 5 della legge 104/1992;
d) da tali circostanze emergeva che la revoca del trasferimento ( a seguito della quale egli sarebbe dovuto rientrare presso la sede di provenienza in Roma,Casa Circondariale di Regina Coeli) integrava atto sostanzialmente dovuto, anche per garantire il corretto svolgimento delle procedure di mobilità ordinarie, senza pregiudicare il personale con requisiti di anzianità poziori, di tal che non rilevavano le doglianze con cui era stata contestata l’omessa ponderazione con le esigenze di servizio della sua condizione personale e familiare, né l’effettiva consistenza del ruolo degli Agenti/Assistenti presso la casa circondariale suddetta e neppure eventuali disparità di trattamento, in presenza di situazioni analoghe che peraltro non erano state diffusamente chiarite.
5. L’originario ricorrente rimasto soccombente ha impugnato la decisione del T.a.r. denunciandone la erroneità e, dopo avere analiticamente ripercorso le principali tappe del risalente contenzioso, ha riproposto le tesi invano sostenute in primo grado, facendo presente che ai sensi dell’art. 7 bis della legge 104/1992 il trasferimento disposto nei propri confronti nel 2006 e “confermato” del 2013 doveva considerarsi definitivo.
6. In data 23.12.2016 l’appellata amministrazione si è costituita depositando atto di stile ed in data 30.1.2017 ha depositato una memoria chiedendo la reiezione dell’appello in quanto infondato.
7. Alla adunanza camerale del 2 febbraio 2017 fissata per la delibazione della domanda di sospensione della esecutività la Sezione, con la ordinanza n. 409/17 ha respinto il petitum cautelare alla stregua delle considerazioni per cui “rilevato che l’appello cautelare non appare fornito del prescritto fumus, tenuto conto della circostanza che la condizione in forza della quale venne disposto il trasferimento (e che di quest’ultimo costituì ragione fondante) è cessata; rilevato che anche sotto il profilo del periculum in mora è preponderante l’interesse dell’amministrazione appellata a che vi sia una ordinata programmazione dell’impiego del personale; .”
6.In data 24.3.2017 il Signor -OMISSIS- ha depositato documentazione relativa ai fatti di causa.
7.In data 13.10 2007 il Signor -OMISSIS- ha depositato note di udienza puntualizzando le proprie difese.
7. Alla odierna pubblica udienza del 19 ottobre 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è infondato e va respinto nei sensi di cui alla motivazione che segue.
1.1. Va in via preliminare evidenziato che le note di udienza che la difesa del Signor -OMISSIS- ha depositato in data 13.10.2017 non sono esaminabili dal Collegio in quanto tardivamente prodotte.
2. L’appellante fonda la propria pretesa su una tesi che è stata in passato patrocinata dalla giurisprudenza amministrativa di primo grado (si veda T.A.R. Milano, -Lombardia-, sez. III, 26 agosto 2016, n. 1609) ed anche da questo Consiglio di Stato in sede consultiva(Consiglio di Stato comm. spec., 19/01/1998, n. 394 “la domanda di trasferimento presso la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio -ai sensi dell’art. 33 commi 5 e 6 l. 5 febbraio 1992 n. 104- presentata dal genitore o dal familiare lavoratore che assista in modo continuativo un parente o un affine entro il terzo grado handicappato con lui convivente, ovvero dal portatore di handicap maggiorenne lavoratore, comporta una valutazione diretta ad una sistemazione di carattere definitivo.”).
Detta tesi, peraltro, già in epoca risalente era stata interpretata in senso perimetrativo e riduttivo (Consiglio di Stato, sez. IV, 16/10/2009, n. 6355:” il pubblico dipendente, trasferito con riserva alla sede di residenza del congiunto portatore di handicap in attesa della conclusione del procedimento di cui all’art. 33, l. 5 febbraio 1992 n. 104, perde ogni diritto al beneficio nel caso di decesso del congiunto prima dell’adozione dell’atto conclusivo del procedimento stesso.”) e non era stata recepita dalla maggioritaria giurisprudenza di primo grado (si veda T.A.R. Campobasso,-Molise, sez. I, 6/ ottobre 2011, n. 599) .
3. Il Collegio ritiene che – a tutto concedere- si sarebbe potuto discutere della condivisibilità della opzione ermeneutica patrocinata dalla difesa dell’appellante sulla scorta del testo originario della citata disposizione di cui alla legge n. 104 del 1992: la tesi dell’appellante appare invece certamente infondata avuto riguardo all’attuale tenore dell’ dell’art. 33 della legge 5 febbraio 1992 n. 104 (pacificamente applicabile alla fattispecie ratione temporis).
4.Invero il vigente testo della suindicata norma così prevede al comma 7 bis, introdotto dall’articolo 24, comma 1, lettera c), della legge 4 novembre 2010, n. 183 :” ferma restando la verifica dei presupposti per l’accertamento della responsabilità disciplinare, il lavoratore di cui al comma 3 decade dai diritti di cui al presente articolo, qualora il datore di lavoro o l’INPS accerti l’insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti. “
4.1. La norma è perentoria nel “legare” “i diritti” previsti dal citato art. 33 al “venir meno” delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti, tanto da ipotizzare una possibile rilevanza disciplinare nella condotta del lavoratore che non comunichi detta mutata circostanza.
4.2. Tale perentoria dizione della norma impone che al verificarsi di un mutamento delle condizioni, la fruizione del diritto venga meno, salva, ovviamente, in via eventuale la possibilità di adottare un nuovo provvedimento (diverso dal primo) nell’emergere di ulteriori e diversi elementi che danno diritto alla fruizione di analogo beneficio.
4.3. Nel caso di specie la “condizione” legittimante il trasferimento disposto (con provvedimento del 14 agosto 2013) presso la casa circondariale di Isernia dell’appellante riposava nella necessità di assistere la madre di questi; l’avvenuto venir meno di tale condizione a cagione dell’avvenuto decesso del predetto congiunto fa venire meno il diritto alla fruizione del beneficio.
4.3.1. Il detto beneficio, legittimamente è stato quindi revocato dall’Amministrazione, e potrà eventualmente in futuro essere nuovamente accordato al predetto, con un nuovo provvedimento, e previa ulteriore rinnovata ponderazione delle condizioni legittimanti e bilanciamento dell’interesse vantato dall’istante con quelli antagonisti eventualmente prospettati dall’Amministrazione laddove ne sussistano i presupposti.
4.4. La pretesa dell’appellante secondo cui il trasferimento era ormai divenuto definitivo e non risentiva dei mutamenti incidenti sulla situazione legittimante (necessità di assistere la madre) al medesimo sotteso, è totalmente inaccoglibile, e non lo è meno quella di “proseguire” in detta condizione sulla scorta di nuove necessità, non finora vagliate dall’Amministrazione.
4.5. Come esattamente colto dal T.a.r., il provvedimento del 14 agosto 2013 con cui l’appellante era stato assegnato alla casa circondariale di –Isernia era stato dichiaratamene adottato “in applicazione della legge 5 febbraio 1992, n. 104” – di fatto condizionandone l’efficacia al perdurare delle condizioni previste dall’art. 33, comma 5, della legge in parola; inoltre detto provvedimento è successivo alla adozione della circolare n. 0457451 del 28.12.2012 che, con valenza generale, afferma che “Nel caso di cessazione dei presupposti l’amministrazione avvierà d’ufficio le procedure di revoca del trasferimento” in tal modo conformando con il carattere della temporaneità tutti i provvedimenti successivamente adottati ai sensi dell’art. 33, comma 5 della legge 104/1992.
4.5.1. Il Collegio è persuaso della seguente circostanza:
a) il testo della novella legislativa che si è prima riportata per esteso contiene una espressione (”decade”) tesa all’evidenza a disciplinare un rapporto di durata: ciò implica che tale norma si applichi anche ai trasferimenti disposti sotto l’usbergo delle disposizioni precedenti;
b) ciò – unitamente alla circostanza che l’Amministrazione ha espressamente normato la fattispecie con la propria circolare prima richiamata- assume una importanza troncante ai fini della reiezione dell’appello;
c) in ogni casi, si osserva, il trasferimento ad Isernia dell’appellante non è sottratto ratione temporis all’applicazione della suddetta normativa del 2010, in quanto l’appellante non può fondatamente sostenere che il proprio trasferimento sia antecedente a tale data, (e si sia, conseguentemente “consolidato”, in epoca antecedente alla entrata in vigore dello jus superveniens,) in quanto:
I) non si può fare utilmente riferimento, in proposito, al provvedimento del 2006 (distacco) in questo aveva chiaramente di portata interinale, e comunque, anche a seguire la tesi dell’appellante (che individua un termine di cinque anni per il “consolidamento” delle assegnazioni delle destinazioni del personale) nel 2011 era già entrata in vigore la “novella” che, come si è prima rilevato, impedisce siffatto “consolidamento”;
II) se si fa riferimento al provvedimento del 2013 (come è corretto avvenga), esso ricade pienamente sotto l’usbergo del novellato art. 32 comma 7 bis della legge, e pertanto la tesi dell’amministrazione appellata risulta pienamente condivisibile, per le già chiarite ragioni.
4.6. L’Amministrazione ha fatto buongoverno del principio suindicato, direttamente discendente dalla norma di legge prima citata, e pertanto tale critica dell’appellante va disattesa, non ravvisando il Collegio ragioni per discostarsi dall’orientamento ancora di recente espresso dalla Sezione nella sentenza n. 4671 del 9 ottobre 2017.
5. Quanto alle ulteriori censure, si osserva che, la priorità delle esigenze dell’Amministrazione, la latissima discrezionalità di quest’ultima in punto di vagli delle contrapposte esigenze e, infine, la denunciabilità di vizii di disparità di trattamento costituiscono principi a più riprese predicati dalla costante giurisprudenza amministrativa, e dai quali il Collegio non intende decampare: nel caso di specie, l’asserita disparità di trattamento che vizierebbe gli atti impugnati a cagione della circostanza che altri 4 soggetti alle dipendenze della casa circondariale di Isernia avrebbero perso i requisiti applicativi di cui alla legge n. 104/1992 è stata soltanto enunciata e non provata (neppure sono stati indicati, nell’atto di appello, i nominativi dei predetti), né l’atto di impugnazione si diffonde punto in ordine alla equiparabilità ovvero sovrapponibilità delle situazioni poste in comparazione, per cui anche detta doglianza va disattesa.
6. Conclusivamente, l’appello va disatteso.
7. Quanto alle spese processuali del grado, esse possono essere compensate a cagione della non uniforme interpretazione giurisprudenziale in passato riscontrabile.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese processuali del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Luca Lamberti, Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Fabio Taormina
Antonino Anastasi
IL SEGRETARIO