Revisione dei prezzi del contratto, proroga e rinnovo

1. L’art. 6 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (come sostituito dall’art. 44 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e il cui comma 2 è stato modificato dall’art. 23 della legge 18 aprile 2005, n. 62, poi abrogato dall’art. 256 del d.lgs. n. 163 del 2006), nel vietare il rinnovo tacito dei contratti delle Pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi, comminandone la nullità, e nel consentirne (fino alla modificazione introdotta dalla cit. legge n. 62 del 2005) la rinnovazione espressa in presenza di ragioni di pubblico interesse (v. comma 2), stabiliva che tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili della acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui al comma 6 (v. comma 4).
In termini generali che la giurisprudenza ha chiarito: a) che la norma di cui all’art. 6 della l. n. 537 del 1993 ha natura imperativa, per cui si inserisce automaticamente e prevale addirittura sulla regolamentazione pattizia, cosicché nessuna preclusione è configurabile in ordine al diritto che trova titolo e disciplina nella legge; b) che il presupposto per la sua applicazione è che vi sia stata mera proroga e non un rinnovo del rapporto contrattuale, consistendo la prima nel solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, il quale rimane per il resto regolato dall’atto originario mentre il secondo scaturisce da una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, che può concludersi con l’integrale conferma delle precedenti condizioni o con la modifica di alcune di esse se non più attuali, essendo in questo caso intervenuti tra le parti atti successivi al contratto originario con cui, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, sia stato dato corso tra le parti a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto identico a quello originario, senza avanzare alcuna proposta di modifica del corrispettivo.

Avv. Giovanni Dato

N. 01091/2016REG.PROV.COLL.
N. 08341/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8341 del 2010, proposto dall’INPS – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dagli avvocati Gaetano De Ruvo e Daniela Anziano, con domiciliazione presso la sede dell’Avvocatura centrale dell’INPS in Roma, Via Cesare Beccaria, 29;
contro
VIS s.p.a. , in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Nilo, con domicilio eletto presso l’avv. Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA – SEZ. STACCATA DI LECCE – SEZIONE II, n. 1659/2010, resa tra le parti, concernente revisione prezzi;

Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di V.I.S. s.p.a. ;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 25 febbraio 2016 il cons. Marco Buricelli e uditi per le parti gli avvocati Ferrazzoli, per delega di Anziano, per l’appellante, e Nilo per l’appellata;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale della Puglia –sezione staccata di Lecce- ha accolto il ricorso proposto dalla società VIS contro l’INPS per la declaratoria del diritto della società ricorrente alla liquidazione, da parte dell’Istituto previdenziale, della somma ulteriore, dovuta a titolo di compenso revisionale, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 537/1993, ora art. 115 del d. lgs. n. 163/2006, in relazione a tutti i rapporti contrattuali in essere tra le parti in causa dal luglio del 2004 al dicembre del 2005, nella misura complessiva di € 13.140,43, oltre agli accessori, e per la condanna dell’Istituto a pagare a VIS la somma aggiuntiva anzidetta a titolo di compenso revisionale, oltre agli accessori, previa disapplicazione della nota dell’INPS -sede di Taranto -Direzione Risorse Strumentali, del 27 luglio 2009, prot. n. 84277.
Il Tar ha prima di tutto considerato sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo in materia di applicazione della clausola di revisione periodica del prezzo negli appalti pubblici di servizi, e ha poi giudicato fondata la pretesa sostanziale azionata con il ricorso.
Ciò, sull’assunto che, come risulta dagli atti, una volta scaduto, nel giugno del 2004, il termine del rapporto contrattuale tra le parti, in relazione al periodo luglio 2004 –dicembre 2005 non aveva avuto luogo un affidamento ex novo, ancorché in via transitoria e provvisoria, alla società VIS, dell’appalto dei servizi di piantonamento fisso e di teleallarme presso le sedi INPS di Taranto, Manduria, Grottaglie, Martina Franca e Castellaneta, ma si era solo proceduto alla proroga del servizio di vigilanza presso gli uffici INPS suddetti fino all’esito dei ricorsi innanzi al Tar alle stesse condizioni economiche fin qui svolte (v. nota INPS Taranto prot. n. 50801 del 29 luglio 2005).
Per il Tar, essendo venuta in rilievo una mera proroga del contratto di appalto di servizi concluso tra le parti nel 2001, senza la previsione di alcun corrispettivo aggiornato a titolo di revisione prezzi, doveva trovare applicazione l’inserzione automatica, nel contratto originario, della clausola di revisione periodica del corrispettivo, ex art. 1339 cod. civ. , alla luce della natura imperativa della disposizione di cui all’art. 6 della l. n. 537 del 1993 (ora, art. 115 del d. lgs. n. 163 del 2006), secondo la quale tutti i contratti a esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o a forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo.
In sentenza si soggiunge che a una conclusione opposta, nel senso, cioè, della non applicabilità della clausola revisionale prevista dal citato art. 6 (e ora dall’art. 115 del d. lgs. n. 163/2006), occorre giungere con riferimento agli atti con i quali, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, si sia dato corso tra le parti a distinti, nuovi e autonomi rapporti giuridici, ancorché a contenuto analogo a quello originario.
Non è questo però il caso in argomento, contraddistinto da una mera proroga del contratto di appalto di servizi concluso nel 2001.
La decisione impugnata, dopo avere rilevato che poiché la proroga del termine finale di un appalto pubblico di servizi sposta solo in avanti la scadenza conclusiva del rapporto che resta dunque regolato dalla sua fonte originaria, ha ritenuto condivisibile la pretesa della società ricorrente di quantificare il compenso revisionale spettantele in relazione al periodo temporale dal Luglio 2004 al Dicembre 2005, calcolandolo in base all’incremento percentuale registrato tra l’indice F.O.I. vigente alla data di inizio del rapporto contrattuale originario (risalente all’anno 2001), poi prorogato, e l’indice F.O.I. corrente, ravvisandosi la sostanziale continuità dell’originario rapporto contrattuale stipulato nel 2001…, superando così la posizione dell’INPS di disconoscimento del compenso revisionale a favore di VIS nella misura richiesta dall’appellata.
2. L’INPS ha contestato la sentenza con due motivi, concernenti erronea valutazione delle prove –insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, e violazione dell’art. 6, comma 4, della l. n. 537 del 1993, e successive modifiche, in relazione all’effettivo periodo rivalutabile.
Ad avviso dell’Istituto appellante la sentenza si baserebbe su un’incompleta ed erronea valutazione in ordine a un punto controverso e decisivo (“regime” di proroga o di affidamento transitorio del servizio di vigilanza prestato nel periodo di tempo con riferimento al quale è preteso il compenso revisionale e di cui si impone, quindi, la rivalutazione).
Il Tar si sarebbe sottratto all’obbligo motivazionale riguardante un profilo decisivo della controversia, quale quello della inesistenza di un rapporto contrattuale inter partes i cui effetti fossero suscettibili di essere prorogati. Dopo avere riepilogato le vicende contenziose amministrative protrattesi oltre la data della scadenza naturale (giugno 2004) del contratto di servizio di vigilanza concluso tra INPS e VIS nel 2001, l’INPS ribadisce che, per effetto della nota INPS del 29 luglio 2005, sopra citata, la prestazione del servizio di vigilanza presso le sedi dell’area territoriale di Taranto sarebbe stata effettuata da parte di IVRI –VIS non in forza di una proroga del contratto originario del 2001 ma sulla base di un affidamento diretto, provvisorio e temporaneo ed ex novo del servizio medesimo: di qui la criticabilità della valutazione compiuta dal Tar, con la sentenza in esame, in punto di qualificazione del servizio di vigilanza espletato durante il periodo suddetto quale proroga anziché quale affidamento provvisorio exnovo. Nella specie si sarebbe dato corso a una nuova negoziazione tra gli stessi soggetti, a un rinnovato esercizio di autonomia negoziale, a un nuovo consenso a effettuare in via transitoria il servizio di vigilanza, non essendo riscontrabile alcun contratto tra le parti alla data del proposto e accettato svolgimento temporaneo del servizio (luglio 2005), in attesa della definizione del contenzioso amministrativo pendente.
Non sarebbe venuta in questione una prosecuzione dell’attività di vigilanza da parte della società VIS in forza del mero spostamento del termine finale del contratto in essere tra le parti tra il 2001 e il giugno del 2004.
In ogni caso la proroga non era prevista ab origine e non era consentita: come tale, era equiparabile a un affidamento senza gara, con i relativi effetti sull’applicazione della clausola revisionale. Infine l’appellante, muovendo sempre dal presupposto della sopravvenuta rinegoziazione e del rinnovato esercizio di autonomia negoziale, ha soggiunto che la pretesa al compenso revisionale rapportata all’intero periodo contrattuale risulta lesiva della ratio dell’istituto della revisione prezzi, posto a tutela anzitutto dell’interesse del contraente pubblico. Il riconoscimento, a favore della ricorrente e odierna appellata, della revisione prezzi nella misura affermata in sentenza, vanifica gli effetti di intese diverse raggiunte tra le parti.
La società appellata si è costituita per resistere.
In prossimità dell’udienza di discussione le parti hanno depositato memorie.
All’udienza del 25 febbraio 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
3. L’appello è infondato e va respinto. La sentenza impugnata va confermata.
Per decidere assume rilievo cruciale la risoluzione della questione che attiene alla qualificazione del servizio di vigilanza espletato dalla società VIS –IVRI tra il mese di luglio del 2004 e il mese di dicembre del 2005 quale “proroga” –come statuito in sentenza e come sostenuto dall’appellata, il che, per giurisprudenza pacifica, rende applicabile la clausola di revisione prezzi prevista dall’art. 6 della l. n. 537 del 1993 (ora, dall’art. 115 del codice dei contratti pubblici)- o quale affidamento exnovo del servizio in via diretta, provvisoria e transitoria, con una rinegoziazione del rapporto, il che esclude l’applicazione della clausola revisionale anzidetta.
La linea di demarcazione tra l’applicazione, o meno, della clausola revisionale prevista dall’art. 6 della l. n. 537 del 1993 passa attraverso la qualificazione del servizio espletato nel periodo anzidetto quale proroga o nuovo affidamento del servizio stesso.
A questo proposito, precisato in via preliminare che l’art. 6 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (come sostituito dall’art. 44 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e il cui comma 2 è stato modificato dall’art. 23 della legge 18 aprile 2005, n. 62, poi abrogato dall’art. 256 del d.lgs. n. 163 del 2006), nel vietare il rinnovo tacito dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi, comminandone la nullità, e nel consentirne (fino alla modificazione introdotta dalla cit. l. n. 62 del 2005) la rinnovazione espressa in presenza di ragioni di pubblico interesse (v. comma 2), stabiliva che tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili della acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui al comma 6 (v. comma 4); va rammentato in termini generali che la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha chiarito al riguardo: a) che (la norma di cui all’art. 6 della l. n. 537 del 1993) ha natura imperativa, per cui si inserisce automaticamente e prevale addirittura sulla regolamentazione pattizia, cosicché “nessuna preclusione è configurabile in ordine al diritto che trova titolo e disciplina nella legge” (Sez. III, 9 maggio 2012, n. 2682; cfr. anche Sez. III, 1 febbraio 2012, n. 504, Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6275); b) che il presupposto per la sua applicazione è che vi sia stata mera proroga e non un rinnovo del rapporto contrattuale, consistendo la prima “nel solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, il quale rimane per il resto regolato dall’atto originario” mentre il secondo scaturisce da “una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, che può concludersi con l’integrale conferma delle precedenti condizioni o con la modifica di alcune di esse se non più attuali” (Sez. III, n. 2682 del 2012, cit.), essendo in questo caso intervenuti tra le parti “atti successivi al contratto originario con cui, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, sia stato dato corso tra le parti a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto identico a quello originario, senza avanzare alcuna proposta di modifica del corrispettivo.”(Sez. III, 11 luglio 2014, n. 3585)… (così, ex multis, Cons. Stato, sez. VI, n. 2295 del 2015).
Tornando al caso in esame, questo Collegio ritiene, con il giudice di primo grado, che, nella fattispecie, sia venuta in questione, sostanzialmente, una mera protrazione dell’efficacia, per una durata temporalmente delimitata, del rapporto contrattuale originario, assimilabile in quanto tale a una proroga, con la conseguente necessità di riconoscere, a favore della ricorrente e odierna appellata, a titolo di revisione prezzi, l’importo spettante e dovuto, maggiore rispetto a quello corrisposto in concreto dall’INPS.
Vero è che la situazione di fatto venutasi a creare in concreto, alla luce dei contenziosi amministrativi instaurati a partire dal 2004, presentava talune peculiarità.
Da un lato, infatti, ricordato che la sentenza pone a base del proprio convincimento la nota INPS del 29 luglio 2005 di richiesta a IVRI di svolgere il servizio di vigilanza in via temporanea e fino all’esito del contenzioso innanzi al Tar alle stesse condizioni economiche praticate fino a quel momento, a rigore non potrebbe venire in questione una proroga in senso stretto, posto che la proroga va disposta prima dello scadere del termine di efficacia dell’atto cui si riferisce.
D’altra parte, però, nel caso di specie non può neppure parlarsi di un affidamento del servizio in via provvisoria e transitoria ed ex novo e questo perché, a prescindere dal fatto che il rinnovo dell’esercizio dell’autonomia negoziale consiste nella riproposizione dell’intero contratto a parità di ogni altra condizione, e quindi nel rispetto anche del termine di durata originariamente stabilito, il che, nel caso in esame, come risulta dagli atti, evidentemente non è avvenuto, tenuto anche conto della formulazione della nota dell’INPS del 29 luglio 2005 risulta acclarato come non vi sia traccia di alcuna nuova negoziazione, ancorché avente efficacia provvisoria e temporanea, essendo rimasto fermo il contenuto del contratto e non avendo l’INPS svolto alcuna specifica istruttoria ulteriore, sicchè ben può ritenersi che sia venuta in rilievo una mera protrazione dell’efficacia, per una durata temporalmente delimitata, del rapporto contrattuale 2001 -2004.
Il rapporto tra le parti è rimasto cioè regolato in concreto dall’atto originario, non essendo intercorso tra INPS e VIS uno scambio di volontà tale da assumere qualificazione di rinegoziazione del complesso delle condizionicontrattuali.
Né, come si è detto, è stata compiuta alcuna nuova istruttoria negoziale specifica da parte dell’INPS.
A differenza di quanto affermato dall’appellante, la sentenza impugnata non si è sottratta ad alcun obbligo motivazionale relativo alla qualificazione del servizio di vigilanza svolto da VIS –IVRI tra il luglio del 2004 e il dicembre del 2005.
In particolare, in maniera plausibile e corretta la sentenza ha rilevato che:
-nel 2005 non si è fatto luogo a un affidamento ex novo a VIS –IVRI dell’appalto dei servizi di vigilanza in questione, ma si è soltanto proceduto alla proroga del servizio presso gli uffici INPS dell’area territoriale di Taranto fino all’esito dei ricorsi innanzi al Tar e alle stessecondizioni economiche fin qui svolte (v. nota INPS 29 luglio 2005, cit.);
-l’art. 6 della l. n. 537 del 1993 è norma imperativa che si sostituisce di diritto, ai sensi dell’art. 1339 cod. civ. , a eventuali pattuizioni contrarie, o mancanti, negli appalti di servizi a esecuzione periodica o continuativa; è pacifico l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la revisione dei prezzi ex art. 6 cit. si applica solo alla proroghe contrattuali e non anche alle nuove negoziazioni e a rinnovazioni di autonomia negoziale;
-la clausola di revisione periodica del corrispettivo ex art. 6 tutela un interesse generale e va inserita in via automatica nell’originario contratto del 2001, poi prorogato;
-non ha avuto luogo alcuna nuova negoziazione tra i soggetti del rapporto, ma nella sostanza si è avuto solo uno spostamento in avanti della scadenza conclusiva del rapporto, rimasto regolato dalla sua fonte originaria, vale a dire dal contratto annesso all’atto di affidamento del servizio;
-il compenso revisionale spettante a VIS -IVRI in relazione al periodo luglio 2004 -dicembre 2005 va calcolato in base all’incremento percentuale registrato tra l’indice F.O.I. vigente alla data di inizio del rapporto contrattuale originario (risalente all’anno 2001), poi prorogato, e l’indice F.O.I. corrente, ravvisandosi la sostanziale continuità dell’originario rapporto contrattuale stipulato nel 2001.
Un’ultima annotazione: anche la seconda censura dell’INPS muove dall’assunto argomentativo in base al quale si farebbe questione non di proroga ma di affidamento diretto in via provvisoria del servizio, sicchè al Collegio pare evidente che il presupposto argomentativo dedotto, non corretto, inficia anche le conclusioni indicate dall’appellante.
Infine, non vi è contraddizione, idonea a sovvertire l’esito della controversia, tra l’avere dapprima accettato un corrispettivo per le prestazioni ridotto, e l’avere quindi domandato la revisione del prezzo, posto che proprio nel diritto, o meno, alla “inserzione automatica ex art. 1339 cod. civ. “ si concretizza il nucleo essenziale del presente giudizio.
In conclusione, l’appello va respinto.
Peraltro, in taluni aspetti di controvertibilità delle questioni trattate il Collegio ravvisa, in base al combinato disposto di cui agli articoli 26, comma 1, c. p. a. e 92, comma 2, c. p. c. , eccezionali ragioni per l’integrale compensazione delle spese del grado di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,
lo respinge confermando, per l’effetto, la sentenza impugnata.
Spese del grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 25 febbraio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro, Presidente
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Dante D’Alessio, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere
Marco Buricelli, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/03/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)