Legittimazione alla proposizione dell’opposizione di terzo
1. La norma dell’art. 108 c.p.a. prevede che “un terzo può fare opposizione contro una sentenza del tribunale amministrativo regionale o del Consiglio di Stato pronunciata tra altri soggetti, ancorchè passata in giudicato, quando pregiudica i suoi diritti o interessi legittimi”. Secondo la giurisprudenza “la legittimazione a proporre opposizione di terzo nei confronti della decisione del giudice amministrativo resa tra altri soggetti va riconosciuta: a) ai controinteressati pretermessi; b) ai controinteressati sopravvenuti; c) ai controinteressati non facilmente identificabili; d) in generale, ai terzi titolari di una situazione giuridica autonoma e incompatibile, rispetto a quella riferibile alla parte risultata vittoriosa per effetto della sentenza oggetto di opposizione, con esclusione, di conseguenza, dei titolari di un diritto dipendente, ovvero di soggetti interessati di riflesso, non sussistendo per questi, per definizione, il requisito dell´autonomia della loro posizione soggettiva”.
L’attuale formulazione dell’art. 108 c.p.a., comma 1, dopo le modifiche apportate dal d.lgs. n. 195/2011, incentra la legittimazione a proporre opposizione su due elementi essenziali: la mancata partecipazione al giudizio conclusosi con la sentenza opposta ed il pregiudizio che reca la sentenza ad una posizione giuridica di diritto soggettivo o di interesse legittimo di cui l’opponente risulti titolare. Pertanto sussiste la legittimazione all’impugnativa solo in presenza di detti presupposti.
Avv. Giovanni Dato
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5416 del 2015, proposto da:
Regione Puglia, rappresentata e difesa dall’avv. Vittorio Triggiani, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, Via Cosseria N. 2;
contro
Markas Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Pietro Adami, Carlo Malinconico, Antonio Malaschini, con domicilio eletto presso Pietro Adami in Roma, Corso d’Italia, 97;
nei confronti di
Azienda Sanitaria Locale Br (Asl Br), Sanitaservice Br; Chemi Pul Italiana Srl, rappresentata e difesa dall’avv. Luigi Nilo, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18; Associazione Nazionale Imprese di Pulizia e Servizi Integrati, rappresentata e difesa dagli avv. Maria Stefania Masini, Damiano Lipani, Sergio Grillo, con domicilio eletto presso Maria Stefania Masini in Roma, Via Antonio Gramsci 24;
per l’opposizione di terzo e per l’annullamento e la riforma
della sentenza del CONSIGLIO DI STATO – SEZ. III n. 02291/2015, resa tra le parti, concernente affidamento in house del servizio di pulizia e sanificazione di tutte le strutture della asl
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Markas Srl e di Chemi Pul Italiana Srl e di Associazione Nazionale Imprese di Pulizia e Servizi Integrati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2015 il Cons. Stefania Santoleri e uditi per le parti gli avvocati Vittorio Triggiani, Pietro Adami, Carlo Malinconico, Maria Stefania Masini, Sergio Grillo e Luigi Nilo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con deliberazione n. 1487 in data 13 agosto 2014 la ASL di Brindisi ha disposto l’affidamento in house a Sanitaservice ASL BR S.r.l., per sei anni a decorrere dal 1° ottobre 2014, salvo rinnovo alla scadenza, del servizio di pulizia e sanificazione di tutte le strutture della ASL.
Markas, gestore uscente dei servizi in parte delle strutture, ha impugnato detto provvedimento, unitamente alla presupposta d.G.R. n. 2271/2013 (“Criteri di organizzazione delle società strumentali alle aziende ed enti del Servizio Sanitario Regionale della Puglia”).
Il T.A.R. Puglia, con la sentenza appellata (Lecce, I, n. 2986/2014), ha respinto l’impugnazione senza provvedere ad estendere il contraddittorio nei confronti della Regione Puglia.
Markas ha proposto appello avverso la suddetta decisione sostenendo – per quanto di interesse – che “la materia è disciplinata interamente dall’art. 4, comma 7, del d.l. 95/2012; infatti, il comma 8, che l’aveva derogato, non vige più, e non era espressione di una disposizione o di un orientamento comunitario (il diritto comunitario, viceversa, lascia agli ordinamenti nazionali la scelta di limitare l’affidamento in house ed arginare il fenomeno della proliferazione di soggetti di diritto privato che gestiscono la produzione di beni e servizi); né ricorrono i presupposti per l’affidamento in house previsto da altre disposizioni (art. 3, commi 27-32, legge 244/2007, sui servizi di interesse economico generale; casi previsti dal medesimo art. 4, cit., al comma 3: servizi erogati in favore dei cittadini, compiti di centrale di committenza, forniture informatiche, società individuate con d.P.C.M., etc.)” (cfr. sentenza della Sez. III n. 2291/15).
Il Consiglio di Stato nella suddetta sentenza – dopo aver espressamente respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa notifica alla Regione Puglia del ricorso di primo grado – ha accolto l’appello, ed in riforma della sentenza del primo giudice, ha accolto il ricorso in primo grado annullando il provvedimento di affidamento in house con esso impugnato.
In particolare, la Sezione ha accolto il primo motivo di impugnazione diretto a censurare l’affidamento diretto in sè; sono stati assorbiti gli ulteriori motivi con i quali, invece, erano state censurate le modalità dell’affidamento, ed in quest’ambito era venuta in rilievo la deliberazione della Regione Regionale Puglia del 3 dicembre 2013 n. 2271, intitolata “Approvazione nuovi criteri di organizzazione e gestione delle Società strumentali alle attività delle Aziende ed Enti del Servizio Sanitario Regionale della Puglia. Modifica ed integrazione DD.GG.RR. nn. 745/2009, 2477/2009, 587/2011, 1471/2011 e 2169/2011” che conteneva talune regole che le Aziende avrebbero dovuto seguire ove avessero ritenuto di affidare il servizio alle società in house.
Avverso tale sentenza la Regione Puglia ha proposto ricorso in opposizione di terzo ex art. 108 c.p.a., lamentando di non aver potuto partecipare al contraddittorio esercitando il proprio diritto di difesa ex art. 24 Cost., essendo stata erroneamente pretermessa sia in primo che in secondo grado pur essendo litisconsorte necessaria.
La Regione ha evidenziato che il giudizio verteva non soltanto sugli atti dell’Azienda Sanitaria, ma anche sulla deliberazione della Giunta Regionale n 2271 del 3 dicembre 2013 con cui “la Regione ha sistematizzato la materia, delineando regole e criteri per il ricorso, da parte degli Enti sanitari, ai moduli di autoproduzione di servizi strumentali previsti dalla legge”.
Inoltre essa sarebbe titolare di un ulteriore requisito legittimante alla luce della competenza legislativa esclusiva riconosciuta alle regioni ordinarie in materia di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione regionale e degli enti pubblici regionali (cfr. Corte Cost. n. 229/2013), nonché della potestà regolamentare e delle funzioni amministrative ad essa spettanti in detta materia. Pertanto, essendo posti in discussione un atto generale per disciplinare la materia dell’autoproduzione dei servizi strumentali per gli Enti sanitari, e le modalità ed i limiti del ricorso al modello organizzazione dell’in house providing, sussisterebbe la propria legittimazione alla proposizione dell’opposizione di terzo ex art. 108 c.p.a.
Svolte queste premesse, ha censurato la sentenza della Sezione impugnata, rappresentando la persistente legittimità nell’ordinamento italiano del ricorso al modulo in house alla luce della giurisprudenza comunitaria.
Ha quindi dedotto la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 comma 7 del D.L. n. 95/12, ove interpretato alla luce dei principi espressi nella sentenza della Sezione oggetto di opposizione, per violazione dell’art. 117 commi 3 e 4 Cost.; ha poi formulato anche l’istanza di rimessione alla Corte di Giustizia Europea e di deferimento all’Adunanza Plenaria.
Si sono costituite in giudizio la società Markas, l’ANIP – Associazione Nazionale Imprese di Pulizia e Servizi Integrati -, la società Che Mi Pul Italiana s.r.l. che hanno tutte eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso e nel merito la sua infondatezza.
In prossimità dell’udienza di discussione tutte le parti hanno depositato memorie e memorie di replica.
All’udienza pubblica del 15 ottobre 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente la Sezione deve esaminare l’eccezione di inammissibilità dell’opposizione dedotta delle controparti.
E’ quindi necessario richiamare rapidamente i principi che regolano l’istituto dell’opposizione di terzo.
La norma dell’art. 108 c.p.a. prevede che “un terzo può fare opposizione contro una sentenza del tribunale amministrativo regionale o del Consiglio di Stato pronunciata tra altri soggetti, ancorchè passata in giudicato, quando pregiudica i suoi diritti o interessi legittimi”.
Secondo la giurisprudenza “la legittimazione a proporre opposizione di terzo nei confronti della decisione del giudice amministrativo resa tra altri soggetti va riconosciuta: a) ai controinteressati pretermessi; b) ai controinteressati sopravvenuti; c) ai controinteressati non facilmente identificabili; d) in generale, ai terzi titolari di una situazione giuridica autonoma e incompatibile, rispetto a quella riferibile alla parte risultata vittoriosa per effetto della sentenza oggetto di opposizione, con esclusione, di conseguenza, dei titolari di un diritto dipendente, ovvero di soggetti interessati di riflesso, non sussistendo per questi, per definizione, il requisito dell´autonomia della loro posizione soggettiva” (Cons. St., sez. IV, 18 novembre 2013, n. 5451).
Come è stato correttamente rilevato dalla difesa delle appellate, l’attuale formulazione dell’art. 108 c.p.a., comma 1, dopo le modifiche apportate dal d.lgs. n. 195/2011, incentra la legittimazione a proporre opposizione su due elementi essenziali: la mancata partecipazione al giudizio conclusosi con la sentenza opposta ed il pregiudizio che reca la sentenza ad una posizione giuridica di diritto soggettivo o di interesse legittimo di cui l’opponente risulti titolare.
Pertanto sussiste la legittimazione all’impugnativa solo in presenza di detti presupposti.
Nel caso di specie la Regione Puglia fonda la propria legittimazione all’impugnativa dalla sua posizione di litisconsorte necessario pretermesso, ed aggiunge di aver interesse all’opposizione
alla luce della competenza legislativa esclusiva riconosciuta alle regioni ordinarie in materia di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione regionale e degli enti pubblici regionali (cfr. Corte Cost. n. 229/2013), nonché della potestà regolamentare e delle funzioni amministrative ad essa spettanti in detta materia; ha aggiunto che essendo stato posto in discussione un atto generale che ha disciplinato la materia dell’autoproduzione dei servizi strumentali per gli enti sanitari, da ciò deriverebbe la sua legittimazione al ricorso.
Occorre dunque verificare se la Regione Puglia possa considerarsi litisconsorte necessario pretermesso.
Le controparti hanno richiamato a sostegno della loro tesi l’espressa affermazione contenuta nella sentenza opposta secondo cui:
“8. Il Collegio deve anzitutto esaminare l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla ASL in relazione alla omessa notifica alla Regione Puglia del ricorso di primo grado, nonostante fosse stata gravata anche la d.G.R. n. 2271/2013.
L’eccezione va disattesa.
La d.G.R. n. 2271/2013 è stata adottata dalla Regione Puglia all’esito del giudizio di costituzionalità sull’art. 4 della legge 135/2012, ed abilita espressamente le ASL all’affidamento a proprie società in house dei servizi di pulizia e sanificazione.
Tuttavia, nessuna censura risulta sostanzialmente rivolta contro la d.G.R., impugnata solo in via “incidentale e cautelativa”, dato che la lesione dell’appellante deriva esclusivamente dalla deliberazione della ASL BR n. 1487/2014.
D’altra parte, la d.G.R. non potrebbe legittimare un affidamento precluso dalla normativa, e la controversia è incentrata, in primis, proprio sulla contrarietà dell’affidamento in house all’art. 4, comma 7, del d.l. 95/2012, convertito nella legge 135/2012”.
La Sezione ha quindi espressamente escluso la condizione di litisconsorte necessario della Regione Puglia, in quanto la propria delibera è stata impugnata in via meramente incidentale e cautelativa, atteso che la lesione per la ricorrente derivava esclusivamente dalla delibera dell’Azienda sanitaria, che si è vista privare di una commessa che stava gestendo, e non anche dall’atto generale predisposto dalla Regione Puglia, richiamato nel ricorso perché violato dalla A.S.L. nel disporre l’affidamento, che non è stato inciso dalla pronuncia del Consiglio di Stato.
La Sezione, infatti, si è limitata ad annullare il provvedimento dell’A.S.L. non investendo con la pronuncia di annullamento l’atto generale della Regione Puglia. La presunta lesione lamentata dall’opponente deriverebbe dalla motivazione della sentenza, dall’interpretazione delle norme ivi richiamate.
La sentenza quindi non ha leso la posizione giuridica soggettiva della Regione se non dal punto di vista “politico amministrativo”, perché agli effetti processuali non ha minimamente intaccato il suo atto generale, ma in questo senso la pronuncia – che afferma principi importanti in tema di affidamento in house -potrebbe ledere analoghi interessi di altre regioni, senza che ciò non le abiliti all’impugnativa di una sentenza che fa stato tra altre parti, nei confronti della quale sono titolari di un interesse di mero fatto.
Ne consegue che neppure il richiamo alla propria competenza legislativa in materia è idoneo a fondare la propria legittimazione alla proposizione dell’opposizione di terzo, tenuto conto che ai fini processuali l’atto generale da essa adottato non è stato investito dalla sentenza di annullamento, e che dunque la decisione non ha pregiudicato la sua posizione di interesse legittimo.
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
Quanto alle spese di lite, tenuto conto della particolarità della questione, sussistono giusti motivi per disporne la compensazione tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull’opposizione di terzo, come in epigrafe proposta,
la dichiara inammissibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 ottobre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Salvatore Cacace, Consigliere
Dante D’Alessio, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
Stefania Santoleri, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/11/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)