Valore dei chiarimenti resi in sede di gara

1. Per quanto i chiarimenti della stazione appaltante non assurgano a fonte della disciplina di gara, vale il principio della necessaria salvaguardia dell’affidamento indotto negli interessati di buona fede, in coerenza con i canoni della leale cooperazione e del favor per la più ampia partecipazione alle gare pubbliche (è stato affermato, appunto, che l’esigenza di apprestare tutela all’affidamento inibisce alla Stazione appaltante di escludere dalla gara un’impresa che abbia compilato l’offerta in conformità alle previsioni della legge di gara o al facsimile di offerta da essa stessa approntato, potendo eventuali parziali difformità costituire oggetto di richiesta d’integrazione; ed inoltre, l’applicazione dei principi di tutela dell’affidamento e di correttezza dell’azione amministrativa, in una con la generale clausola di buona fede, impedisce che le conseguenze di una condotta colposa della stazione appaltante possano essere traslate a carico del soggetto partecipante con la comminatoria dell’esclusione dalla procedura, così come non è ammissibile l’ascrizione in capo al concorrente delle conseguenze negative di un errore indotto dalla disciplina di gara o dal comportamento tenuto dall’Amministrazione appaltante).

Avv. Giovanni Dato

N. 05454/2015REG.PROV.COLL.
N. 07832/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7832 del 2012, proposto dalla s.r.l. Studio Professionisti Associati, in proprio e quale mandataria di RTI con Tesic s.a.s. di Cherchi Luigi & C., Studio di Ingegneria Abis Associati, e con gli ingegneri Dedoni Antonio, Rocca Gabriella e Schivo Michela, rappresentata e difesa dagli avv. Massimiliano Marcialis e Carla Valentino, con domicilio eletto presso il Consiglio di Stato – segreteria della Sezione V, in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13;
contro
la s.r.l. Tecnolav Engineering, in proprio e quale mandataria del RTI costituendo con la s.r.l. Riccispaini Architetti Associati, nonché con gli ingegneri Murru Cristiano, Ortu Michele e Casula Giancarlo;
nei confronti di
Comune di Iglesias;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Sardegna, Sezione I, n. 663/2012, resa tra le parti, concernente la progettazione definitiva ed esecutiva, attività accessorie, direzione lavori, contabilità e coordinamento della sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione dei lavori per la realizzazione del Centro intermodale di Iglesias.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 novembre 2015 il Cons. Nicola Gaviano e udito per la parte appellante l’avv. Massimiliano Marcialis;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1 La s.r.l. Tecnolav Engineering, in proprio e quale capogruppo mandataria del costituendo RTI con le mandanti Riccispaini Architetti Associati s.r.l. e gli ingegneri C. Murru, G.Casula e M. Ortu, avendo partecipato alla procedura aperta per l’affidamento del servizio di progettazione definitiva ed esecutiva, attività accessorie, direzione lavori, contabilità e coordinamento della sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione dei lavori di realizzazione del Centro Intermodale di Iglesias, proponeva un ricorso al T.A.R. per la Sardegna, impugnando l’aggiudicazione definitiva dell’appalto disposta, con determinazione dirigenziale n. 389 del 6 ottobre 2011, in favore del RTI facente capo allo Studio Professionisti Associati s.r.l., quale mandataria, e avente quali mandanti Tesic s.a.s., lo Studio di Ingegneria Abis Associati, e gli ingegneri A.Dedoni, G.Rocca e M.Schivo.
Resistevano al ricorso la Stazione appaltante e la controinteressata.
La domanda cautelare proposta dalla parte ricorrente veniva accolta.
2 All’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale adìto, con la sentenza n. 663/2012 in epigrafe, accoglieva il ricorso nel merito, ritenendo fondate le censure con le quali era stata dedotta:
– l’irregolarità della cauzione provvisoria prestata dal RTI controinteressato, sotto il profilo che la relativa polizza non era intestata a tutti i componenti del raggruppamento ma alla sua sola mandataria;
– la violazione dell’art. 90, comma 8, del d.lgs. n. 163/2006, oggetto di richiamo da parte dell’art. 7 del disciplinare, in ragione del fatto che il progetto preliminare posto a base della gara era stato redatto da una delle mandanti del RTI aggiudicatario.
Il T.A.R. rilevava inoltre l’improcedibilità, e comunque l’infondatezza, delle ulteriori doglianze di parte ricorrente esaminate nelle pagg. 14-16 della sentenza, assorbendo ogni ulteriore motivo residuo.
Veniva infine disattesa la domanda della stessa ricorrente tesa a ottenere la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato tra le parti, con il proprio subentro, non essendo stata fornita la prova dell’avvenuta stipulazione.
3 Seguiva contro tale sentenza la proposizione del presente appello alla Sezione da parte della soccombente, che riproponeva le proprie difese e contestava gli argomenti con cui il primo Giudice le aveva disattese, accogliendo le doglianze dell’avversaria.
Nessuna delle parti appellate si costituiva nel nuovo grado di giudizio.
L’appellante riprendeva le proprie tesi in occasione della propria istanza di prelievo.
Con successiva memoria, la parte medesima segnalava la possibile irregolarità di una delle notifiche da essa effettuate, e preannunciava la richiesta di un rinvio per la sua rinnovazione.
Con ordinanza n. 3494/2015, la Sezione ordinava la rinnovazione della notifica dell’appello alla mandataria del R.T.I. vittorioso in prime cure, la Tecnolav Engineering s.r.l.
L’appellante, adempiuto l’incombente, con successiva memoria riprendeva le proprie deduzioni a sostegno dell’appello e insisteva per il suo accoglimento.
Alla pubblica udienza del 18 giugno 2015 la causa è stata conclusivamente trattenuta in decisione.
4 La Sezione rileva preliminarmente che il thema decidendum del presente giudizio d’appello è circoscritto ai soli motivi dell’originario gravame che hanno trovato accoglimento da parte del Giudice di prime cure, in quanto – rispetto ai rimanenti mezzi dello stesso atto introduttivo – non risulta notificato appello avverso i capi di sentenza che li hanno disattesi, né sono stati riproposti i motivi finiti invece semplicemente assorbiti.
Tanto premesso, l’appello è fondato.
5 L’accoglimento del ricorso di primo grado è stato determinato, in primo luogo, dalla ritenuta irregolarità della cauzione provvisoria prestata dal RTI controinteressato, derivante dalla circostanza che la relativa polizza non era intestata a tutti i componenti del raggruppamento, bensì alla sola mandataria.
Il T.A.R. ha così scandito, al riguardo, i passaggi logici del suo ragionamento:
– «a) nel caso in cui il concorrente sia un RTI la garanzia provvisoria deve essere intestata a tutti i componenti del raggruppamento stesso;
b) nel caso di specie la detta garanzia è stata prestata soltanto dalla mandataria;
c) nessun rilievo può avere il fatto che la mancata prestazione della garanzia sia dipesa da un errore indotto dalla stessa stazione appaltante;
d) pertanto l’aggiudicataria non avrebbe potuto essere ammessa alla gara».
5a Con il presente appello non viene contestata l’irregolarità della polizza: viene tuttavia energicamente ripresa la precedente obiezione difensiva, secondo la quale il vizio della polizza non avrebbe potuto costituire una ragione di esclusione, per il fatto di essere stato indotto da un errato chiarimento fornito proprio sul punto dalla Stazione appaltante, che aveva così fatto sorgere un legittimo affidamento nella controinteressata.
5b Il T.A.R. ha respinto tale obiezione con le seguenti considerazioni.
«Si osserva … che, nel caso di specie, non si tratta dell’interpretazione fornita dall’amministrazione in ordine a una clausola del bando e della lex specialis di gara – elaborata e formulata dall’amministrazione medesima – di contenuto non chiaro, ma si tratta, invece, dell’errata interpretazione da parte dell’amministrazione di una norma di legge, la cui interpretazione non rientra nella “disponibilità” dell’amministrazione medesima (a differenza invece delle clausole del bando e della lex specialis di gara di “paternità” dell’amministrazione in quanto elaborate e formulate dall’amministrazione medesima), con la conseguenza che l’errata interpretazione della norma di legge e la conseguente violazione di legge non può che essere imputata direttamente all’impresa partecipante, che è tenuta in proprio a conoscere la legge, risultando conseguentemente irrilevante l’eventuale errata interpretazione della legge da parte dell’amministrazione, che non può essere considerata causa giustificativa del vizio dell’offerta».
5c La Sezione è dell’avviso che questa motivazione non resista alle critiche mossele con il presente appello.
5c1 Si deve convenire con l’appellante, in primo luogo, che l’avvenuta presentazione in gara di una polizza fideiussoria intestata alla sola mandataria del relativo RTI è ragionevolmente imputabile proprio all’errore cui essa concorrente è stata indotta dalla Stazione appaltante, la quale, avendo ricevuto un quesito sullo specifico punto, si era espressa nel senso della sufficienza della presentazione della garanzia a nome della sola mandataria (quesito n. 12, punto 7, doc. in all. n. 13 della produzione comunale di primo grado), con ciò inevitabilmente inducendo i concorrenti a riporre il loro affidamento sulla bontà di tale indicazione, stante il silenzio della legge e della disciplina di gara sull’argomento.
5c2 Tanto premesso, il Collegio deve osservare che l’argomento del Tribunale che l’interpretazione della legge «non rientra nella disponibilità dell’Amministrazione», per quanto sia intrinsecamente corretto, non può valere a giustificare la decisione oggetto di appello.
Un simile argomento può indubbiamente portare a ritenere, in casi del genere:
– che la soluzione dello specifico problema ermeneutico di partenza (nel caso concreto, quello della regolarità o meno della polizza presentata da parte appellante) debba essere comunque ricercata nell’interpretazione obiettiva della legge, a prescindere dall’opinione espressa dall’Amministrazione;
– che, inoltre, ove il chiarimento fornito dalla Stazione appaltante confligga inequivocabilmente con la legge, l’affidamento eventualmente suscitato nei concorrenti non potrebbe in tal caso essere reputato meritevole di tutela, poiché sarebbe di natura colposa.
L’impostazione seguita dal Tribunale si rivela inadeguata, però, laddove, al contrario, il chiarimento dell’Amministrazione non sia incompatibile con il dato normativo positivo, né con un’interpretazione giurisprudenziale ormai definitivamente consolidata, ma riguardi l’interpretazione di norme suscettibili di generare incertezza applicativa, come è il caso dell’art. 75 del d.lgs. n. 163/2006, che nulla dice sulle forme che debba assumere la cauzione provvisoria prestata da un raggruppamento (v. del resto, in tema di appalti pubblici di servizi, C.d.S., VI, 4 giugno 2007, n. 2951, e V, 12 marzo 2009, n. 1470, in senso allora ancora possibilista sulla costituzione della polizza anche da parte della sola mandataria).
In una situazione del genere, invero, il qualificato affidamento suscitato nei concorrenti attenutisi all’indicazione fornita dall’Amministrazione è senz’altro meritevole di tutela, non diversamente dall’affidamento che possa essere indotto dalla stessa Amministrazione nel fornire l’interpretazione della propria lex specialis, giacché in un caso e nell’altro viene posta a repentaglio la buona fede degli operatori.
In proposito, infatti, per quanto i chiarimenti della Stazione appaltante non assurgano a fonte della disciplina di gara (cfr. Sez. V, 28 maggio 2015, n. 2671), vale il principio della necessaria salvaguardia dell’affidamento indotto negli interessati di buona fede (cfr. Sez. V, 5 settembre 2011, n. 4981), in coerenza con i canoni della leale cooperazione e del favor per la più ampia partecipazione alle gare pubbliche (principi sui quali si veda, più ampiamente, V, 26 settembre 2013, n. 4760; 8 novembre 2012 n. 5692, nel senso, appunto, che l’esigenza di apprestare tutela all’affidamento inibisce alla Stazione appaltante di escludere dalla gara un’impresa che abbia compilato l’offerta in conformità alle previsioni della legge di gara o al facsimile di offerta da essa stessa approntato, potendo eventuali parziali difformità costituire oggetto di richiesta d’integrazione; 26 gennaio 2011, n. 550, nel senso che l’applicazione dei principi di tutela dell’affidamento e di correttezza dell’azione amministrativa, in una con la generale clausola di buona fede, impedisce che le conseguenze di una condotta colposa della Stazione appaltante possano essere traslate a carico del soggetto partecipante con la comminatoria dell’esclusione dalla procedura, così come non è ammissibile l’ascrizione in capo al concorrente delle conseguenze negative di un errore indotto dalla disciplina di gara o dal comportamento tenuto dall’Amministrazione appaltante; nello stesso senso v. infine 18 dicembre 2008, n. 6316).
5d Ne consegue che l’irregolarità in cui l’appellante nella fattispecie era incorsa non poteva autorizzarne d’emblée un’automatica esclusione, ma unicamente giustificare una richiesta dell’Amministrazione di integrare la polizza irregolare in applicazione dell’istituto del soccorso istruttorio previsto dall’art. 46, comma 1, d.lgs. n. 163/2006 (cfr. Ad. Pl. 25 febbraio 2014, n. 9, che nel suo paragr. 7.3 significativamente correla l’inapplicabilità di tale istituto all’esistenza di una “previsione chiara”).
Per di più, la lacuna emersa, indotta dalla stessa Amministrazione, non atteneva all’offerta di gara, né consisteva nell’inesistenza del documento richiesto o in una sua intrinseca carenza sostanziale, bensì riguardava un’incompletezza formale del solo documento di polizza.
5e E’ pertanto fondato il primo motivo d’appello.
6 Il Tribunale ha accolto il ricorso originario anche in relazione alla censura di violazione dell’articolo 90, comma 8, del d.lgs. 163/2006, applicabile alla procedura in esame in forza del richiamo ad esso dell’ultimo capoverso dell’articolo 7 del disciplinare.
Il testo della norma di legge all’epoca della procedura recitava: «Gli affidatari di incarichi di progettazione non possono partecipare agli appalti o alle concessioni di lavori pubblici, nonché agli eventuali subappalti o cottimi, per i quali abbiano svolto la suddetta attività di progettazione; ai medesimi appalti, concessioni di lavori pubblici, subappalti e cottimi non può partecipare un soggetto controllato, controllante o collegato all’affidatario di incarichi di progettazione. Le situazioni di controllo e di collegamento si determinano con riferimento a quanto previsto dall’articolo 2359 del codice civile. I divieti di cui al presente comma sono estesi ai dipendenti dell’affidatario dell’incarico di progettazione, ai suoi collaboratori nello svolgimento dell’incarico e ai loro dipendenti, nonché agli affidatari di attività di supporto alla progettazione e ai loro dipendenti ».
Il T.A.R. ha ritenuto che la circostanza che il progetto preliminare posto a base di gara fosse stato a suo tempo redatto proprio da una delle componenti dell’ATI resasi poi aggiudicataria integrasse una violazione della norma, e altresì dei principi comunitari di parità di trattamento e di libera concorrenza: ciò sul rilievo che «il soggetto che abbia partecipato alla redazione del progetto preliminare verrebbe a godere di un ingiusto vantaggio a discapito degli altri concorrenti, qualora ammesso alle successive fasi della gara per la progettazione definitiva ed esecutiva».
Se è vero, inoltre, che l’aggiudicataria aveva ottenuto in concreto un punteggio complessivo sull’offerta tecnica minore di quello attribuito alla ricorrente e ad altre partecipanti, il T.A.R. ha ritenuto però che tanto non elidesse il fatto che essa aveva comunque goduto, in partenza, di un ingiusto vantaggio a discapito degli altri concorrenti («anche se poi, di fatto, non pienamente sfruttato»), in assenza del quale avrebbe potuto ottenere un punteggio ulteriormente inferiore.
6a Avverso il capo di decisione così motivato, l’appellante muove in sostanza due critiche di fondo.
In primo luogo, viene dedotto che il comma 8 dell’art. 90 cit. persegue l’obiettivo di separare l’attività di progettazione dei lavori dalle attività di esecuzione dei medesimi, mentre non si spinge a precludere all’affidatario della progettazione preliminare di concorrere per l’affidamento della progettazione definitiva ed esecutiva. E la previsione in esame, incidendo sulla libertà di partecipazione alle gare, richiederebbe un’applicazione rigorosa e tassativa, che non ne permetterebbe estensioni analogiche a casi non previsti.
In secondo luogo, viene osservato che un’ipotetica lesione della par condicio tra i concorrenti andrebbe in ogni caso accertata in concreto, accertamento che la sentenza impugnata non avrebbe però fatto né potuto fare, dal momento che alcun reale indizio di alterazione della concorrenza sarebbe esistito.
6b Anche questi rilievi critici sono fondati.
6c La Sezione, nel dedicarsi all’interpretazione dell’art. 90 cit., comma 8, ha già avuto modo di notare, con la decisione 21 giugno 2012, n. 3656, come detta norma fosse sostanzialmente riproduttiva dell’art. 17, comma 9, della legge n. 109/1994, e come questo fosse stato già inteso dalla giurisprudenza di questo Consiglio (Sez. VI, n. 561/2004) nel senso che «nessuna disposizione preclude a colui cui sia stato affidato l’incarico della progettazione preliminare di partecipare anche all’appalto per il servizio di progettazione definitiva ed esecutiva»..
La relativa conclusione ermeneutica è stata dunque nell’occasione confermata sulla base delle seguenti condivisibili considerazioni:
– «le norme preclusive della partecipazione a procedure competitive soggiacciono ad un’interpretazione restrittiva nella misura in cui infliggono una limitazione della libertà di iniziativa economica e dell’esplicazione delle dinamiche concorrenziali;
– il principio della par condicio non può essere irrigidito fino al punto di stigmatizzare asimmetrie competitive fondate su meriti acquisiti per effetto della partecipazione a procedure rette dalle disposizioni comunitarie e nazionali ispirate alla logica concorrenziale;
– in definitiva il vantaggio concorrenziale sotteso al previo espletamento dell’incarico finalizzato alla redazione del progetto preliminare costituisce, al pari della condizione in cui versa l’aggiudicatario in caso di procedura di rinnovo di un pregresso affidamento, ovvero della situazione in cui versa l’appaltatore di lavori in ambiti territoriali limitrofi, una differenzia fattuale la cui positiva incidenza si atteggia ad esplicazione del giuoco concorrenziale piuttosto che fungere da fattore anticompetitivo (vedi Cons. Stato, Sez. II, parere 13/11/2002, n.1889) » (sentenza n. 3656/2012, cit.).
La Sezione ha allora altresì osservato che la ratio dell’art. 90 cit., comma 8, risiede «nell’esigenza di garantire che il progettista si collochi in posizione di imparzialità rispetto all’appaltatore –esecutore dei lavori, potendo svolgere una funzione sostanziale di ausilio alla P. A. nella verifica di conformità tra il progetto e i lavori realizzati», ulteriormente rilevando, infine, che «Se le posizioni di progettista e di appaltatore –esecutore dei lavori coincidessero vi sarebbe il rischio di vedere attenuata la valenza pubblicistica della progettazione, con la possibilità di elaborare un “progetto su misura” per una impresa alla quale l’autore della progettazione sia legato, così agevolando tale impresa nell’aggiudicazione dell’appalto. E’ per questo che, non ricorrendo tale rischio nei rapporti tra progettazione preliminare e livelli ulteriori di progettazione, la disposizione è da ritenere inapplicabile alle relazioni tra diversi livelli di progettazione» (sentenza n. 3656/2012 cit.; analogamente, per un’interpretazione rigorosa del campo di applicazione della norma in discussione cfr. la decisione della Sezione 17 luglio 2014, n. 3779).
6d Quanto precede conduce già a riconoscere la fondatezza anche di questo secondo motivo d’appello.
Il Collegio desidera però rimarcare come questa conclusione s’imporrebbe anche accedendo all’interpretazione favorevole a ritenere che l’art. 90 cit., comma 8, debba essere inteso, invece, come espressione di un più ampio principio a presidio della trasparenza e imparzialità delle pubbliche gare.
La giurisprudenza incline a una simile lettura, infatti, riconosce pur sempre la necessità di accertare la presenza, nello specifico, di una lesione effettiva alla concorrenza, nel senso che in casi simili debba essere provato, sulla base di indizi seri, precisi e concordanti, che il partecipante alla gara, attraverso l’esperienza acquisita grazie al precedente progetto, abbia goduto in concreto di un flusso di informazioni tale da falsare la concorrenza (cfr. ad es. C.d.S., IV, 3 maggio 2011, n. 2647; 23 aprile 2012, n. 2402).
E il relativo onere dimostrativo, al di fuori delle ipotesi d’incompatibilità espressamente canonizzate da norme testuali, grava sul soggetto che denunzi in giudizio l’altrui carenza di titolo a partecipare alla nuova gara: in altre parole, incombe «su chi invoca la pretesa situazione di incompatibilità dimostrare in concreto i vantaggi tratti in sede di partecipazione alla gara dall’affidamento precedentemente conseguito» (così Sez. V, 17 luglio 2014, n. 3779; nello stesso senso cfr. Sez. VI, 13 giugno 2013, n. 3310).
Orbene, il Collegio deve rilevare come un simile onere da parte dell’originaria ricorrente sia rimasto inadempiuto, secondo quanto denota la stessa sentenza in epigrafe.
L’attuale appellata ha dedotto, infatti, la posizione di (presunta) incompatibilità dell’avversaria solo in modo apodittico e astratto, pretendendo di desumerne l’esistenza in via pressoché automatica dal fatto dell’avvenuta redazione del progetto preliminare.
Da qui, dunque, l’esatta obiezione delle controparti, sollevata sin dal primo grado di giudizio, che la ricorrente originaria non avesse assolto il proprio onere dimostrativo.
Peraltro, l’aggiudicataria con il presente appello ha comunque ripreso anche le ragionevoli considerazioni da essa già proposte in primo grado (come, del resto, anche l’Amministrazione aveva fatto), che sono rimaste prive di confutazione ex adverso, rivolte a dimostrare come il precedente incarico non si fosse tradotto in alcun reale vantaggio competitivo nei confronti delle concorrenti.
6e Ne consegue che anche questo secondo motivo d’appello si rileva fondato.
7 In conclusione l’appello deve essere accolto, e per l’effetto, in riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui è stata impugnata, il ricorso di primo grado deve essere respinto.
Le spese processuali del doppio grado di giudizio sono liquidate dal seguente dispositivo secondo la soccombenza in favore dell’appellante vittoriosa, con equitativa compensazione tra l’originaria ricorrente e la Stazione appaltante.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 7832 del 2012, lo accoglie, e per l’effetto, in riforma della sentenza in epigrafe nella parte in cui impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Condanna l’originaria ricorrente al rimborso all’appellante delle spese processuali del doppio grado di giudizio, che liquida nella misura complessiva di euro ottomila oltre gli accessori di legge. Compensa le spese tra l’originaria ricorrente e la Stazione appaltante.
Dispone che vada restituito all’appellante – a spese della parte soccombente – quanto effettivamente versato a titolo di contributo unificato nel corso del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 10 novembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Vito Poli, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/12/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)