Se è innegabile la portata sanzionatoria dell’art. 55- quinquies (sulla quale portata, ad es., App. Sicilia, n. 119/2019: “[…] l’obbligo del risarcimento del danno all’immagine della P.A., correlato ad episodi di assenteismo fraudolento si configura come fattispecie peculiare appositamente tipizzata dal legislatore […] non v’è dubbio che i frequenti interventi normativi recentemente succedutisi appaiono improntati ad una crescente severità nel disciplinare le conseguenze dell’assenteismo fraudolento del dipendente pubblico dal posto di lavoro e che ciò costituisce chiara espressione sia della generale riprovazione che le condotte assenteistiche suscitano sempre di più nella collettività sociale sia del correlativo discredito che esse inevitabilmente arrecano alla P.A.”), è parimenti complesso emancipare il “danno d’immagine” cui fa riferimento l’art. 55- quinquies, c. 2, dall’onere della Procura di puntualmente allegare e provare l’entità della posta risarcitoria, in ossequio al principio di cui all’art. 2697 c.c., fatto proprio dall’art. 94 c.g.c. (Sez. Riun., n. 12/2011; sulla prova del danno all’immagine, ad es., Sez. I App., n. 428/2017, par. 8).
La verifica della correttezza del quantum non può che dipendere da un vaglio di proporzionalità in concreto, imposto dai canoni costituzionali (non da ultimo l’art. 3 Cost. rispetto al tertium comparationis dell’art. 1, c. 1- sexies, l. n. 20/1994) e dalla giurisprudenza sovranazionale.
Infatti, pur avendo i parametri di valutazione del danno all’immagine carattere ontologicamente equitativo (ad es., con riguardo alla fattispecie dell’assenteismo, Sez. Piemonte, n. 57/2017; Sez. Calabria, n. 265/2020), e pur potendosi la quantificazione fondare su prove anche presuntive o indiziarie (Sez. Riunite, n. 10/2003), l’ortodossia della determinazione del quantum è preservata se contenuta negli argini di una “doppia proporzionalità”, ossia a un tempo di:
una prima proporzionalità rispetto al fatto;
una seconda proporzionalità rispetto all’entità del danno patrimoniale.
Criterio siffatto è non solo implicito al dettato art. 1, c. 1- sexies, l. n. 20/1994 (non applicabile alla fattispecie ma, come si è detto, tertium comparationis rispetto all’art. 3 Cost.), che introduce una tecnica di quantificazione parametrata al dato patrimoniale (la “somma di denaro” o “il valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente”), ma appare altresì conforme ai più recenti orientamenti pretori.
A rilevare è l’indirizzo della giurisprudenza della Suprema Corte sui cc.dd. danni punitivi, ormai ammessi nel nostro ordinamento – nonostante la precedente, contraria, tesi pretoria – purché conformi, non solo al principio di legalità (artt. 23 e 25 Cost.), ma anche al criterio di proporzionalità rispetto al fatto e all’entità dei danni compensativi (Cass., sez. un., 5 luglio 2017, n. 16601: “[…] il controllo delle Corti di appello [sia] è portato a verificare la proporzionalità tra risarcimento riparatorio-compensativo e risarcimento punitivo e tra quest’ultimo e la condotta censurata, per rendere riconoscibile la natura della sanzione/punizione”); a rilevare è, prima ancora, la giurisprudenza sovranazionale, che, pur ormai consentendo più risposte sanzionatorie in relazione a un medesimo fatto, richiede che la loro sommatoria sia conforme all’invocato principio di proporzionalità (ad es., Corte EDU, 15 novembre 2016, ric. nn. 24130/11 e 29758/11, A and B v. Norway, che richiede, tra l’altro, che la sanzione imposta all’esito di un procedimento sia tenuta presente nell’altro, in modo da non far gravare sull’interessato un onere eccessivo, e C. Giust., 20 marzo 2018, C-524/15 Menci, secondo cui le norme devono consentire di garantire che la severità del complesso delle sanzioni sia limitato a quanto strettamente necessario rispetto alla gravità del fatto; sulla verifica di proporzionalità in concreto, anche C. cost., 23 giugno 2020, n. 123, con specifico riferimento alla valutazione della giusta causa di cui all’art. 2106 c.c. del licenziamento ex art. 55- quater d.lgs. n. 165/2001).
E, nella nostra materia, la proporzionalità rispetto al fatto è assicurata dalla concreta verifica della gravità di quest’ultimo, del fenomenico atteggiarsi della condotta, della sua eventuale reiterazione nel tempo, della posizione ricoperta dalla parte convenuta (con riferimento all’importanza della sua funzione e alla delicatezza dei suoi compiti), del grado di diffusività e risonanza dell’episodio (il c.d. clamor fori, che, pur non condizionando l’an del pregiudizio, inevitabilmente incide sulla sua quantificazione; ad es., App. Sicilia, n. 119/2019; Sez. II App., n. 290/2020).
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La verifica della correttezza del quantum non può che dipendere da un vaglio di proporzionalità in concreto, imposto dai canoni costituzionali (non da ultimo l’art. 3 Cost. rispetto al tertium comparationis dell’art. 1, c. 1- sexies, l. n. 20/1994) e dalla giurisprudenza sovranazionale.
Infatti, pur avendo i parametri di valutazione del danno all’immagine carattere ontologicamente equitativo (ad es., con riguardo alla fattispecie dell’assenteismo, Sez. Piemonte, n. 57/2017; Sez. Calabria, n. 265/2020), e pur potendosi la quantificazione fondare su prove anche presuntive o indiziarie (Sez. Riunite, n. 10/2003), l’ortodossia della determinazione del quantum è preservata se contenuta negli argini di una “doppia proporzionalità”, ossia a un tempo di:
una prima proporzionalità rispetto al fatto;
una seconda proporzionalità rispetto all’entità del danno patrimoniale.
Criterio siffatto è non solo implicito al dettato art. 1, c. 1- sexies, l. n. 20/1994 (non applicabile alla fattispecie ma, come si è detto, tertium comparationis rispetto all’art. 3 Cost.), che introduce una tecnica di quantificazione parametrata al dato patrimoniale (la “somma di denaro” o “il valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente”), ma appare altresì conforme ai più recenti orientamenti pretori.
A rilevare è l’indirizzo della giurisprudenza della Suprema Corte sui cc.dd. danni punitivi, ormai ammessi nel nostro ordinamento – nonostante la precedente, contraria, tesi pretoria – purché conformi, non solo al principio di legalità (artt. 23 e 25 Cost.), ma anche al criterio di proporzionalità rispetto al fatto e all’entità dei danni compensativi (Cass., sez. un., 5 luglio 2017, n. 16601: “[…] il controllo delle Corti di appello [sia] è portato a verificare la proporzionalità tra risarcimento riparatorio-compensativo e risarcimento punitivo e tra quest’ultimo e la condotta censurata, per rendere riconoscibile la natura della sanzione/punizione”); a rilevare è, prima ancora, la giurisprudenza sovranazionale, che, pur ormai consentendo più risposte sanzionatorie in relazione a un medesimo fatto, richiede che la loro sommatoria sia conforme all’invocato principio di proporzionalità (ad es., Corte EDU, 15 novembre 2016, ric. nn. 24130/11 e 29758/11, A and B v. Norway, che richiede, tra l’altro, che la sanzione imposta all’esito di un procedimento sia tenuta presente nell’altro, in modo da non far gravare sull’interessato un onere eccessivo, e C. Giust., 20 marzo 2018, C-524/15 Menci, secondo cui le norme devono consentire di garantire che la severità del complesso delle sanzioni sia limitato a quanto strettamente necessario rispetto alla gravità del fatto; sulla verifica di proporzionalità in concreto, anche C. cost., 23 giugno 2020, n. 123, con specifico riferimento alla valutazione della giusta causa di cui all’art. 2106 c.c. del licenziamento ex art. 55- quater d.lgs. n. 165/2001).
E, nella nostra materia, la proporzionalità rispetto al fatto è assicurata dalla concreta verifica della gravità di quest’ultimo, del fenomenico atteggiarsi della condotta, della sua eventuale reiterazione nel tempo, della posizione ricoperta dalla parte convenuta (con riferimento all’importanza della sua funzione e alla delicatezza dei suoi compiti), del grado di diffusività e risonanza dell’episodio (il c.d. clamor fori, che, pur non condizionando l’an del pregiudizio, inevitabilmente incide sulla sua quantificazione; ad es., App. Sicilia, n. 119/2019; Sez. II App., n. 290/2020).
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