L’azione revocatoria rientra tra i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale che il legislatore ha inteso riconoscere al pubblico ministero contabile, ferma restando l’analoga azione, da esperirsi dinanzi al giudice ordinario, attribuita alla pubblica amministrazione danneggiata.
L’iter argomentativo condotto dalla Sezioni Unite della Corte di Cassazione (da ultimo nell’ord. 14792/16), che si è concluso con l’affermazione di tale principio, parte dall’interpretazione letterale dell’art. 26 del R.D. 1038/1933, così come novellato dalla legge n. 266/2005 (Legge Finanziaria del 2006), e giunge a riconoscere un fenomeno di colegittimazione all’esercizio dell’azione a due diversi soggetti davanti a due distinte giurisdizioni.
Nell’originaria formulazione dell’art. 26 del R.D. 1038/1933 non era prevista l’attivazione dell’actio pauliana da parte del Pubblico Ministero contabile a tutela del credito in rapporto strumentale all’azione di responsabilità amministrativo-contabile, per l’assenza di una norma esplicita in tal senso; era invece consentito all’amministrazione danneggiata, nella prospettiva del buon esito della fase esecutiva di una sentenza di condanna pronunciata dalla Corte dei conti, adire il giudice ordinario.
Il legislatore, nella logica di realizzare una più efficace tutela dei crediti erariali, è intervenuto con l’art. 1 comma 174 della legge n. 266/2005, interpretando l’art. 26 del R.D. 1038/1933 nel senso che “il procuratore regionale della Corte dei conti dispone di tutte le azioni a tutela delle ragioni del creditore previste dalla procedura civile, ivi compresi i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale di cui al libro VI, titolo III, capo V del codice civile”.
In altri termini, il legislatore ha inteso tendenzialmente parificare lo strumento difensivo ed offensivo dell’attore pubblico a quello del creditore privato, fornendogli un ulteriore mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale, oltre a quello del sequestro conservativo già disciplinato dall’art. 48 del regolamento di procedura. Ne deriva la necessità di coordinare tale facoltà con quella già riconosciuta alla p.a. in veste di creditrice erariale, con le conseguenti implicazioni in termini di giurisdizione.
Infatti bisogna considerare che il Procuratore Generale rappresenta il Pubblico Ministero presso la Corte dei conti (art. 1, comma 3, R.D. n. 1214/1934) e le sue funzioni sono esercitate soltanto presso le sezioni giurisdizionali regionali o centrali della Corte, quindi non lo si può ritenere abilitato ad esercitare le sue funzioni presso l’A.G.O. in assenza di una espressa previsione normativa che modifichi le sue attribuzioni.
La suddetta legittimazione pertanto non può che riferirsi all’esercizio dell’azione davanti alla stessa autorità giurisdizionale, presso la quale il medesimo è autorizzato a svolgere le sue funzioni.
L’iter motivazionale percorso dalla Cassazione nell’analisi del cd. fenomeno della concorrenza delle giurisdizioni, ha inteso comprendere se l’interferenza tra i due giudizi, in quanto relativi allo stesso fatto materiale, possa comportare il sorgere di una questione di giurisdizione, negandone una delle due.
Le Sezioni Unite per risolvere l’interrogativo, in sede di regolamento preventivo, coniugano il tenore letterale della novella del 2005 con le finalità della stessa, per escludere che il potere d’azione riconosciuto al pubblico ministero possa considerarsi in termini di esclusività.
Questo sulla base del rilievo che prima dell’entrata in vigore della norma di interpretazione autentica, come qualificata dallo stesso legislatore, non si dubitava che la p.a. fosse legittimata ad esperire il mezzo di conservazione a garanzia del suo credito in sede ordinaria come qualsiasi creditore, e non sarebbe plausibile ritenere intervenuta una modificazione al riguardo; nella stessa direzione pare condurre l’uso dell’espressione, contenuta nel menzionato art. 26, “dispone di” e non invece quella “spetta a” o di altre simili idonee ad individuare un’attribuzione esclusiva.
Sembra palese quindi che il legislatore abbia voluto riconoscere un’attribuzione concorrente e aggiuntiva al pubblico ministero contabile, che non esclude la titolarità della pubblica amministrazione di adire il giudice ordinario sulla base della stessa situazione creditoria legittimante il pubblico ministero contabile.
Anche se a ben vedere questa colegittimazione pone un problema di coordinamento fra l’esercizio delle azioni, e coltiva il rischio potenziale di vedere incardinata la medesima azione a tutela della finanza pubblica innanzi a giudici diversi.
Stabilire se l’azione possa esercitarsi da un legittimato quando è stata già esercitata dall’altro è questione che le SS.UU. rimettono alle valutazioni del giudice adito nell’ambito dei suoi poteri giurisdizionali perché non attiene all’individuazione della giurisdizione, ma specificatamente alla verifica della sussistenza delle condizioni di ammissibilità e fondatezza dell’azione revocatoria.
Della Dott.ssa Concetta Montagna
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE PUGLIA
composta dai magistrati:
dott. MAURO OREFICE Presidente
dott. VITTORIO RAELI Componente
dott. ROBERTO D’ALESSANDRO Componente estensore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 58/2017
nel giudizio per revocatoria di atti di disposizione patrimoniale, iscritto al n. 32735 del Registro di Segreteria, promosso dalla Procura Regionale nei confronti di:
COLAPINTO Mario (C.F.: CLPMRA 81E17 A6621), nato a Bari il 17.05.1981 e residente in Bitonto (BA), alla V Traversa via Amm. Vacca n. 13, oggi via Coletto Emanuele n. 13, in qualità di socio della Siart Immobiliare SRL, non costituito;
COLAPINTO Giuseppe Donato, (C.F.: CLPGPP 54C10 A893Y) nato a Bitonto il 10.3.1954, ivi residente alla V Traversa via. Amm. Vacca n. 13, oggi via Coletto Emanuele n. 13, in qualità di socio della CERIN SRL, rappresentato e difeso, giusta procura in calce alla memoria depositata, dagli avv.ti Francesco Paolo Bello e Saverio Nitti, elettivamente domiciliato presso la studio degli indicati procuratori in Bati, Via Arcivescovo Vaccaro n. 45;
SIART IMMOBILIARE Srl (C.F. 07486390722) con sede legale in Bitonto (BA), via Rogadeo n. 41, nella persona del legale rappresentante Accettura Giuseppe (C.F. CCTGPP 46L01 A662M), nato a Bari il 01/07/1946 ed ivi residente in Strada del Caffè n. 14, rappresentata e difesa, giusta procura in calce alla memoria depositata, dagli avv.ti Francesco Paolo Bello e Saverio Nitti, elettivamente domiciliato presso la studio degli indicati procuratori in Bati, Via Arcivescovo Vaccaro n. 45;
CERIN SRL (C.F. 03861120727) con sede legale in Bitonto, via dott. Michele Carbone n. 43, nella persona del legale rappresentante FIORE Grazia (C.F.: FRIGRZ 67D63 A893J), nata a Bitonto (BA) il 23.04.1967 e ivi residente in via Amm. Vacca n. 71, non costituita.
Esaminati gli atti ed i documenti tutti della causa.
Uditi nella pubblica udienza del 24.11.2016, con l’assistenza del segretario, dott.ssa Caterina Agrusti, il relatore, Primo Referendario dott. Roberto D’Alessandro, il Pubblico Ministero nella persona del Vice Procuratore Generale, dott. Carlo Picuno, l’avv. … su delega scritta dell’Avv. Francesco Paolo Bello.
Considerato in
FATTO
La Procura regionale, con atto di citazione depositato in data 15.06.2016, ha:
chiesto di voler dichiarare “…ai sensi dell’art. 2901 c.c., la revocazione e conseguentemente l’inefficacia, nei confronti dell’erario, allo scopo di garantirne le pretese creditorie, dei seguenti atti di disposizione:
aumento del capitale sociale da 10.400 ad 100.000 assunta dall’Assemblea dei soci della SIART Srl in data 16/10/2012 (atto per notar Mazza Francesco, notaio in Valenzano, datato 16.10.2012 n. 40581/19988, ID 107510735);
approvazione del progetto di scissione parziale della società SIART Srl mediante assegnazione di parte del suo patrimonio ad una società beneficiaria costituenda deliberata dall’Assemblea straordinaria dei soci della SIART Srl in data 11/04/2013 (atto per notar Mazza Francesco, notaio in Valenzano, datata 11.04.2013 n. 41092/2029/90, registrato a Bari il 15/04/2013, serie 1T, n.10288);
atto pubblico di scissione parziale redatto dal notaio Mazza in data 23.05.2013, a seguito di delibera dell ‘Assemblea straordinaria dei soci della SIART Srl tenutasi in data 11/04/2013 con la quale si approvava il progetto di scissione parziale della società SIART Srl mediante assegnazione del suo patrimonio immobiliare di terreni e fabbricati alla società beneficiaria SIART IMMOBILIARE Srl (atto per notar Mazza Francesco, notaio in Valenzano, datato 23.05.2013 n. 41218/20367, registrato a Bari il 05/06/2013, Serie IT, n. 15105)”;
premesso di aver chiesto ed ottenuto, nell’ambito del giudizio n. 32665 instaurato dinanzi a questa Sezione, (con ordinanza n. 70 del 2016, confermata da successiva ordinanza collegiale n. 126 dello stesso anno) a carico di COLAPINTO Giuseppe Donato, il sequestro conservativo – in favore del Comune di Bitonto – sino alla concorrenza della somma di € 4.365.077,69 oltre interessi e rivalutazione monetaria e spese di giudizio su diversi beni e valori sussistenti su tutti i rapporti, anche di conto corrente detenuti presso diversi Istituti di Credito ed allo stesso intestati;
esposto che le indagini svolte in sede penale avrebbero individuato un’associazione per delinquere che ha posto in essere vari reati (peculato continuato, falso in bilancio, fittizia formazione del capitale sociale). L’esito di tali indagini – svolte nell’ambito del p.p. n.8087/2014 R.G. mod. 21 instaurato presso il Tribunale di Bari – veniva compendiato del Decreto di Sequestro preventivo datato 01.02.2016 emesso dal GIP del prefato Tribunale, i cui contenuti si riportano di seguito:
“omissis… COLAPINTO Giuseppe Donato e … omissis… indagati per il reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv., 314 c.p. perché:
<<il primo quale incaricato di pubblico servizio in quanto socio ed amministratore unico della CE.R.IN s.r.l. fino al 21.6.2013, e dalla stessa data amministratore di fatto della stessa; il secondo quale amministratore unico della SIART s.r.l. dall’08.01.2010, società direttamente interessata alle operazioni di compravendita dei compendi immobiliari di seguito indicati, nonché socio della CE.R.IN. S.r.l., ed infine socio unico e amministratore della TRIBUTI SERVICE s.r.1., consapevole della qualifica soggettiva di Colapinto Giuseppe Donato;
in concorso fra loro, avendo per ragioni del proprio ufficio/servizio la disponibilità di consistenti somme di danaro relative ai tributi comunali riscossi, se ne appropriavano effettuando, con risorse provenienti dalla gestione di tali tributi, operazioni di acquisto dei seguenti beni immobili da parte della S.I.A.R.T. s.r.l.:
– Laboratorio artigianale in Statte (TA) al Corso Vittorio Emanuele III n. 2;
– Compendio immobiliare denominato “Istituto Pontificio delle Maestre Pie Filippine” in Bari – Santo Spirito;
– Locale in Bitonto in via Rogadeo n. 41;
– Compendio immobiliare denominato “Villa Longo” in Bari Palese.
In tal modo si appropriavano di ingenti risorse pubbliche per un ammontare complessivo di Euro 2.462.000,00, agendo con più condotte esecutive di un unitario disegno criminoso, che, attraverso una serie di operazioni societarie di:
– aumento di capitale sociale della CE.R.IN. s.r.l. (delibere di assemblea dei soci in data 3.3.2009 e 21.2.2012) e S.I.A.R.T. s.r.l. (delibera di assemblea dei soci in data 16.10.2012);
– scissione parziale della S.I.A.R.T. s.r.l. e assegnazione di ramo di azienda alla costituenda S.I.A.R.T. IMMOBILIARE s.r.l. (Delibera di assemblea dei soci di S.IA.R.T. Srl dell’11.4.2013), con conseguente attribuzione della titolarità della SIART s.r.l. (ormai priva del patrimonio immobiliare) al socio CE.R.IN. s.r.l. e delle quote sociali della neo costituita società beneficiaria S.I.A.R.T. IMMOBILIARE s.r.l. – con tutto il suo patrimonio sociale – al solo socio Colapinto Mario;
– di parziale scissione della CE.R.IN, s.r.l. con atto a rogito del Notaio Mazza in data 30.12.2013 e costituzione della nuova società TRIBUTI SERVICE s.r.l. – avente quale socio unico e amministratore Colapinto Mario – con conseguente conferimento a quest’ultima del patrimonio immobiliare residuo della CE.R.IN. s.r.l. e dei contratti in essere con i comuni per accertamento e riscossione tributi locali;
– di fusione per incorporazione della società S.I.A.R.T. s.r.l. nella CE.R.IN. s.r.l., con annullamento delle quote di partecipazione di quest’ultima nella S.I.A.R.T. s.r.l., con atto per notaio Mazza in data 15.4.2014;
comportava il progressivo sostanziale azzeramento del patrimonio immobiliare e delle risorse finanziarie della CE.R.IN. s.r.l., con conseguente grave pregiudizio per i comuni convenzionati con la predetta società per l’attività di riscossione ed accertamento dei tributi locali e l’appropriazione delle corrispondenti risorse pubbliche da parte di Colapinto Mario e Colapinto Giuseppe Donato.
In data 14.03.2014, la Guardia di Finanza di Bitonto poneva in essere una verifica fiscale nei confronti della società S.I.A.R.T. s.r.l., esercente l’attività di gestione database con sede in Bitonto, nella stessa sede della CERIN Srl, nel periodo compreso fra il 01.01.2010 e il 14.03.2014. Si appurava che detta società aveva un capitale sociale di €. 76.593,00 suddiviso tra i soci:
● CE.R.IN. S.r.l., proprietaria di una quota di €. 66.593,00 pari all’86,94% del capitale SIART;
● NOVIELLO Francesco Paolo, titolare della quota di € 10.000,00 pari al 13,06% del Capitale SIART.
Amministratore Unico della SIART S.r.l. era il sig. COLAPINTO Mario, in carica dal 04/02/2010 fino al giugno 2013.
Dall’analisi della documentazione della SIART srl emergeva che, alla data del 01.01.2010 risultava un debito verso i soci di €. 1.245.758,63 che, due anni dopo, il 01.01.2012, per effetto di incrementi eseguiti, lievitava ad €. 3.373.362,09.
Emergeva, in particolare, che nell’anno 2012, il socio CERIN aveva versato alla SIART ulteriori €. 774.000,00 indicati in contabilità quale “debito a m/1 verso collegate” ed € 200.000,00 indicati in contabilità su un conto denominato “Cerin C/C Corrispondenza”.
L’esame delle schede contabili della SIART srl evidenziava, in particolare, che i finanziamenti da parte della CERIN srl provenivano da conti correnti bancari gestiti da detta società per conto di comuni per i quali la stessa era concessionaria dei servizi di accertamento e/o riscossione tributi.
Dall’articolata esposizione dei fatti evidenziati nell’elaborato peritale emergerebbe che i sopradescritti acquisti immobiliari siano stati pagati dall’acquirente SIART srl con denaro proveniente da conti correnti (bancari e postali) gestiti dalla socia CERIN per conto dei numerosi comuni italiani per i quali la stessa svolge, in regime di concessione, il servizio di accertamento e riscossione di tributi, tra i quali il Comune di Bitonto.
Trattasi, infatti, di risorse provenienti direttamente dalla cassa contanti del Comune di Bitonto o da conti della CERIN, utilizzati per far confluire le somme derivanti dalla riscossione dei tributi comunali (conto corrente postale n. 6156 intestato “Popoli COSAP”)” pertanto “il denaro proveniente dalla riscossione dei tributi è stato veicolato dalla CERIN alla SIART srl al fine, peraltro, di finanziare ben cinque operazioni immobiliari in cui quest’ultima risulta parte acquirente>>;
riferito di aver svolto i seguenti accertamenti:
è stato acclarato che, secondo quanto previsto dall’art.7 del Capitolato d’oneri con riferimento alla riscossione ed ai termini di riversamento delle somme riscosse la Società concessionaria avrebbe dovuto provvedere a:
1) incassare sia direttamente presso i propri uffici sia attraverso gli altri sistemi previsti dalle vigenti disposizioni (quali RID su conto corrente bancario del contribuente, versamento su conto corrente postale e/o bancario del concessionario, versamento presso altri Istituti di Credito con sportelli operanti nel territorio comunale ricevitorie Lotto/Totocalcio, ecc.) gli importi a qualsiasi titolo dovuti;
2) riversare le somme in tal modo incassate alla Tesoreria del Comune a scadenze mensili posticipate entro il 20 del mese successivo a ciascun mese di riferimento. Entro lo stesso termine (giorno 20 del mese successivo a ciascun mese di riferimento) avrebbe dovuto far pervenire all’Ente una specifica rendicontazione, predisposta con riferimento a ciascuna delle attività oggetto del presente capitolato, con l’indicazione dell’importo lordo riscosso distinto per anno di competenza, del compenso spettante, con eventuali sanzioni, interessi, accessori e quant’altro di competenza del Comune;
l’esame della documentazione acquisita anche nell’ambito dell’inchiesta penale, effettuato anche attraverso le risultanze della relazione rassegnata in quella sede dal consulente tecnico del P.M. – dott.ssa Antonella Bernardi – nonché gli ulteriori approfondimenti effettuati e consistiti in:
esame dei partitari contabili di cassa e posta dedicati all’annotazione degli incassi dei tributi che sono: n° 410286 “c/c/p n° 722 Bitonto Tarsu”, n° 410287 “c/c/p n° 8201 Bitonto lci” e n° 410231 “Cassa Deposito Bitonto”;
analisi della colonna “dare” dei suddetti partitari, rappresentante gli incassi contabilizzati;
quantificazione dell’ammontare degli importi incassati con eliminazione dei saldi di apertura e chiusura e delle partite di giro;
raffronto tra il totale incassato risultante dai partitari con il totale riscosso dichiarato dalla CE.R.IN. nei conti di gestione annuali Comune di Bitonto;
rilevazione delle eventuali differenze tra il totale riscosso come risultante dai partitari di cassa e posta con il totale riscosso dichiarato dalla CE.R.IN. nei conti di gestione del Comune;
determinazione dell’aggio lordo spettante al concessionario (1,7% + IVA) da decurtare su tali eventuali differenze,
hanno consentito di quantificare in € 4.365.077,69 il complessivo ammontare delle somme incassate dalla CE.R.IN. nell’esercizio delle funzioni di concessionario del Comune di Bitonto nell’arco temporale 2010/2013 e in ipotesi illecitamente non riversate a favore del medesimo.
E’ stato, inoltre, accertato che a garanzia del versamento delle somme riscosse, nonché dell’adempimento degli oneri ed obblighi contrattuali, il Concessionario aveva costituito cauzione definitiva mediante polizza fideiussoria (per un importo di € 448.00,00) che, allo stato, non risulta escussa né restituita o svincolata.
Pertanto, l’attore pubblico ritiene che sia stata dimostrata una responsabilità contabile a carico della CERIN SRL e, poiché è stato accertato il diretto e personale coinvolgimento di Giuseppe Donato Colapinto (amministratore della srl nel periodo 2010 – 2013), anche questi risulterebbe responsabile in proprio ed a titolo di dolo.
Le operazioni di cui si chiede la revocatoria prendono le mosse dai seguenti fatti:
in data 21/02/2012 l’Assemblea dei soci della CERIN Srl deliberava d acquisire la quota di partecipazione al capitale della società SIART Srl detenuta da Giuseppe Donato COLAPINTO [a titolo d liberazione della parte residua di € 7.000.000 dovuta dai soci COLAPINTO Giuseppe Donato e COLAPINTO Mario per l’aumento sottoscritto il 03/03/2009]. In virtù del conferimento eseguito da COLAPINTO Giuseppe Donato, la CERIN Srl diventava socio unico ed esclusivo della SIART Srl e quindi, di fatto, proprietaria dell’intero patrimonio netto di quest’ultima tra cui sono compresi gli immobili acquistati da SIART Srl con somme direttamente rivenienti dai conti dedicati all’attività di riscossione per il Comune di Bitonto;
in data 16/10/2012 l’Assemblea dei soci della SIART Srl deliberava di aumentare il capitale sociale da €. 10.400 ad € 100.000. Tale aumento di € 89.600, stante l’indisponibilità del socio unico CERIN srl, veniva sottoscritto da COLAPINTO Mario. Per effetto della sottoscrizione, il COLAPINTO Mario acquisiva una quota par all’89,60% del capitale sociale della SIART che, viste le acquisizioni immobiliari effettuate nei periodi precedenti, risultava di valore consistente. Già con tale atto si realizzava la sostanziale sottrazione del rilevante compendio immobiliare al patrimonio di CERIN Srl;
in data 11/04/2013 l’Assemblea straordinaria dei soci della SIART Srl deliberava di approvare il progetto di scissione parziale della società SIART Srl mediante assegnazione di parte del suo patrimonio ad una società beneficiaria costituenda. Pertanto, alla società beneficiaria denominata SIART IMMOBILIARE Srl veniva assegnato il compendio immobiliare di terreni e fabbricati prima indicati. Il capitale sociale della società beneficiaria (SIART IMMOBILIARE Srl) veniva assegnato per intero al socio di maggioranza della SIART SRL, COLAPINTO Mario, mentre il capitale sociale della società scissa (SIART Srl) restava in capo al socio di minoranza CERIN Srl. In data 23.05.2016, a rogito del Notaio Mazza, veniva redatto atto pubblico di scissione.
Per tale via la SIART SRL si svuotava del proprio patrimonio, trasferendolo alla beneficiaria SIART IMMOBILIARE srl tant’è che, in data 22.05.2014 veniva cancellata dal Registro delle Imprese a seguito di fusione per incorporazione con CERIN Srl.
La procura quindi ritiene che trattasi di un’operazione scientemente lesiva degli interessi dei creditori e, quindi, in particolare, del Comune di Bitonto.
Infatti, in data 30.12.2013 veniva redatto atto di parziale scissione della CE.R.IN. s.r.l. con atto a rogito del Notaio Mazza e costituzione della nuova società TRIBUTI SERVICE s.r.l. – avente quale socio unico e amministratore Colapinto Mario – con conseguente conferimento a quest’ultima del patrimonio immobiliare residuo della CE.R.IN. s.r.l. e dei contratti in essere con i comuni di maggior peso per accertamento e riscossione tributi locali. Il socio unico Comuni di maggior valore economico. Il socio unico, con capitale sociale di E. 100.000, risulta essere ancora una volta Colapinto Mario nominato anche amministratore, mentre Colapinto Giuseppe resta unico socio della CERIN Srl.
Con la scissione – prosegue la Procura – il capitale sociale della TRIBUTI SERVICE Srl veniva assegnato al 100% al socio COLAPINTO Mario, mentre quello della società scissa (CERIN) assegnato al 100% al socio Colapinto Giuseppe Donato.
Anche tale ultima operazione risulterebbe volta a conseguire il completo svuotamento del patrimonio della CERIN Srl a danno dei creditori e, in particolare, degli Enti locali creditori di ingenti somme dovute a titolo di riscossione dei tributi, tra i quali il Comune di Bitonto.
Infine, in data 15.04.2014, con atto del notaio Mazza, è stato redatto atto di fusione per incorporazione della società SIART Srl nella CERIN Srl con annullamento delle quote di partecipazione d quest’ultima nella SIART Srl pari all’86,94%, mentre il socio NOVIELLO, a fronte della sua quota pari al 13,06% ha ricevuto una quota della CERIN Srl del valore nominale di € 10.000.
A seguito delle descritte complesse operazioni societarie, i quattro compendi immobiliari suindicati, sebbene formalmente acquistati dalla SIART Srl (all’epoca dei fatti amministrata da Colapinto Mario) risultavano comunque confluiti nel patrimonio della CERIN Srl per effetto della acquisizione della quota di partecipazione della SIART Srl avvenuta il 21/02/2012. Tuttavia, gran parte delle successive operazioni sarebbero state tutte dolosamente preordinate alla sottrazione dell’ingente patrimonio immobiliare alla garanzia del creditore (Comune di Bitonto) e la Procura ne invoca qui la revocazione.
Le operazioni immobiliari in oggetto sarebbero state, infatti, integralmente finanziate con risorse provenienti direttamente dalla cassa contanti del Comune di Bitonto o da conti della CERIN Srl, utilizzati per far confluire le somme derivanti dalla riscossione dei tributi comunali (conto corrente postale n. 6156 intestato “Popoli COSAP”). Secondo la Procura, l’intera architettura societaria avrebbe inteso conseguire lo scopo di trasferire ingenti somme di denaro di diretta provenienza pubblica dalla CERIN SRL alla S.I.A.R.T. Srl per un ammontare complessivo di E. 2.462.000. Somme che all’evidenza avrebbero dovuto rimanere nella disponibilità della prima, in quanto destinate ad essere integralmente riversate nelle casse comunali.
Trattasi, secondo la Procura, di valori immobiliari destinati a fornire garanzia all’obbligazione restitutoria gravante sulla CERIN Srl, nel cui alveo patrimoniale gli stessi devono essere ricondotti ex art. 2901 c.c.. Infatti, a seguito delle complesse operazioni societarie, gli immobili suindicati, sebbene acquistati dalla S.I.A.R.T. S.r.I., all’epoca dei fatti amministrata da COLAPINTO Mario, ma confluita in CERIN Srl per effetto della delibera di acquisizione del capitale del 21/02/2012, sono stati ceduti alla neo costituita SIART IMMOBILIARE Srl, tutt’ora rappresentata da COLAPINTO Mario, socio unico e legale suo rappresentante, a seguito della scissione parziale della SIART Srl (approvata con verbale di assemblea straordinaria dei soci del 11.4.2013).
Non vi sarebbe dubbio, pertanto, che gli immobili sono entrati a far parte del patrimonio di un soggetto giuridico formalmente diverso dall’acquirente iniziale S.I.A.R.T. Srl, in quanto appartenenti ad altra società ma avente come socio unico, legale rappresentante e amministratore unico lo stesso COLAPINTO Mario, che, all’epoca delle compravendite, era amministratore della scindenda SIART Srl.
Il Requirente ritiene che il verbale di assemblea del 16.10.2012 di aumento del capitale sociale di SIART Srl da Euro 10.400 ad € 100.000, nonché l’atto di scissione parziale della SIART in data 23.5.2013 in SIART Immobiliare srl siano stati realizzati per sottrarre ogni utile garanzia al creditore.
Difatti, l’operazione di scissione risulterebbe caratterizzata dall’assoluta sproporzione delle corrispettive prestazioni, avendo determinato il pressochè totale depauperamento della SIART Srl a favore della SIART Immobiliare Srl. Infatti, prosegue il requirente, atteso che il rapporto tra i valori patrimoniali delle due società risultanti all’atto dell’operazione di scissione risulta palesemente non bilanciato, il negozio potrebbe esser fatto rientrare “tra i negozi a prestazioni inique ed è revocabile in quanto costituente atto di disposizione idoneo a rendere incapiente il patrimonio del debitore”.
Venendo ai requisiti della misura cautelare richiesta, è possibile identificarne gli estremi, secondo le deduzioni attoree, nei seguenti elementi: l’esistenza del credito erariale, l’eventus damni (come si è già detto, la CERIN non risulta proprietari di altri beni) ed, infine, la conoscenza da parte del debitore di tal pregiudizio. Infatti, le motivazioni poste alla base dell’aumento del capitale della SIART Srl – quando la società risultava interamente partecipata da CERIN Srl – disposto in data 16.10.2012, e l’atto pubblico redatto in data 23.05.2013 dal notaio Mazza di scissione parziale di SIART Srl in SIART Immobiliare Srl, risulterebbero perseguire esclusivamente la finalità di sottrarre la consistente disponibilità patrimoniale immobiliare di CERIN Srl alla garanzia creditoria ed evidenzierebbero un palese “consilium fraudis“.
A riprova delle esposte tesi si osserva che il progetto di scissione parziale della società SIART deliberato in data 11/04/2013 dall’Assemblea straordinaria dei soci della SIART con assegnazione del compendio immobiliare di terreni e fabbricati alla società SIART IMMOBILIARE Srl (e il conseguente atto pubblico di scissione redatto in data 23.05.2013) e le successive operazioni societarie, “si inseriscono in una catena logico temporale che non lascia adito a dubbio alcuno, rivelandosi chiaro che l’operazione societaria era finalizzata al solo scopo di sottrarre i detti beni immobili ad eventuali azioni dirette alla conservazione della garanzia patrimoniale per crediti erariali, in quanto – come più volte ripetuto – le risorse utilizzate per l’acquisto dei compendi immobiliari provenivano nella loro interezza dalle somme riscosse dalla CERIN Srl, a titolo di tributi, per conto dei Comuni”.
Con memorie depositate in data 4.11.2016 si sono costituiti i convenuti SIART IMMOBILIARE SRL e Giuseppe Donato Colapinto, che hanno sostanzialmente affidato le proprie difese alle medesime deduzioni.
Essi hanno:
eccepito l’inammissibilità dell’esperimento dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c. nei confronti delle operazioni societarie di scissione. Si ricorda che la revocatoria risulta inammissibile in ragione del fatto che l’art. 2503 del codice civile (nonna relativa alle fusioni societarie ma espressamente richiamata dall’art. 2506 ter c.c. per le operazioni di scissione) attribuisce ai creditori una tutela specifica rappresentata dalla possibilità di opporsi preventivamente alla scissione. Decorso il termine di giorni 60 dall’iscrizione nel registro delle imprese di cui al detto art. 2503 del codice civile ovvero di 30 giorni – come nel caso di specie – per le operazioni che non coinvolgono società per azioni, in accomandita per azioni, né cooperative per azioni (l’atto di scissione in narrativa è stato iscritto in data 16.4.2013), “l’operazione di scissione è immutabile, anche in virtù di quanto espressamente previsto dall’art. 2504 quater del codice civile secondo cui eseguite le iscrizioni dell’atto “…l’invalidità dell’atto di fusione non può più essere pronunciata”. Si sarebbe al cospetto di una norma dettata a tutela del sovraordinato interesse pubblico alla garanzia dell’affidamento dei terzi, realizzato attraverso il sistema di pubblicità degli atti, e di tutela della certezza delle situazioni giuridiche: “basti pensare, a quest’ultimo riguardo, alle irreparabili conseguenze che deriverebbero dall’eventuale ripristino della situazione preesistente, una volta che sia stato iscritto nel registro delle imprese l’atto di scissione. E cioè: a) riattribuzione alla società scissa degli elementi patrimoniali oramai trasferiti alle società beneficiarie; b) reviviscenza della società scissa con contestuale estinzione delle beneficiarie. Nel caso di specie reviviscenza anche della società scissa (Siart s.r.l.) che nel frattanto era stata fusa per incorporazione dalla Ce.r.in s.r.l. (atto del 15.4.2014). Viceversa, il risultato che il legislatore ha inteso perseguire con l’articolato normativo sopra richiamato sarebbe rappresentato dall’”irregredibilità degli effetti organizzativi prodotti” e sarebbe comune ad altre ipotesi del diritto positivo (quali ad esempio negli artt. 2332, 2500 bis e 2379 ter c.c. (in terminis, Trib. Milano, 05 marzo 2009, n. 3014. Ciò posto, l’atto di scissione per cui è causa è stato oramai iscritto nel registro delle imprese da più di tre anni (cfr. relativa visura CCIAA), sicché esso sarebbe intangibile e non più assoggettabile ad eventuali declaratorie di invalidità e/o revocatoria e ferma l’ulteriore tutela per i creditori rappresentata dalla responsabilità solidale della società beneficiaria della cessione (in questo caso proprio la SIART Immobiliare s.r.l.), prevista dall’ari. 2506 quater del codice civile. D’altro canto, deduce la difesa “la scissione societaria non può essere pacificamente considerata una operazione di tipo traslativo, atteso che la stessa costituisce invece una ipotesi di modificazione delle strutture societarie coinvolte nelle differenti operazioni” (Trib. Bologna, secondo cui “la scissione non è “dal punto di vista strutturale, e degli effetti, un negozio traslativo, ma configuri un’opera societaria a formazione progressiva, volta ad ottenere una nuova articolazione dell’ente un evento modificativo degli statuti delle società partecipanti, che determina la riorganizzazione delle strutture societarie, senza operare estinzione dell’ente, o un effettivo “trasferimento” di cespiti patrimoniali, che vengono solo allocati in modo differente all’interno delle diverse strutture sociali”. Si richiama il tenore letterale dell’art. 2506 c. c. che sostituisce il riferimento testuale al “trasferimento” in origine contenuto nel precedente art. 2504-septies c.c., con l’espressione “assegnazione”, e la Relazione al decreto legislativo 6/2003, secondo la quale “alla scissione non si applicano le regole peculiari dei trasferimenti di singoli beni. Si invoca anche, a favore della tesi della mera riorganizzazione, la formulazione dell’art. 2506, terzo comma, c. c., che rafforza ulteriormente la convinzione che il legislatore abbia inteso regolare una fattispecie modificativa. In proposito si osserva che, anche volendo mantenere comunque la qualificazione dell’assegnazione come “trasferimento”, occorre prendere atto del contesto peculiare in cui il trasferimento si colloca, che è quello della contestuale costituzione (a cui l’assegnazione è finalizzata, essendo il patrimonio un elemento costitutivo imprescindibile) di un soggetto giuridico, dotato di un assetto patrimoniale ostensibile ai terzi. Proprio la creazione di un nuovo soggetto, che diviene centro di imputazione di una pluralità di rapporti, giustifica il sistema definito dal legislatore in aderenza alla normativa comunitaria (direttive n.855 del 1978 e 35 del 2011 sulla fusione, e 83/891 sulla scissione) allo scopo di assicurare certezza ai rapporti ed ai traffici giuridici ed evitare «il dirompente impatto che avrebbe la pronuncia, anche a notevole distanza temporale, dalla nullità della scissione, cui conseguirebbe l’obbligo di ripristinare l’unione di patrimoni separati e di ricostruire le compagini societarie secondo la fisionomia precedente al compimento dell’atto>> (Tribunale di Bologna, quarta sezione civile, sentenza n.861 del 1.4.2016 e, in senso conforme Tribunale di Napoli, II sezione civile, 31 ottobre 2013);
dedotto, in via subordinata: inesistenza della ragione di credito. Non sussisterebbe da parte dell’Erario alcuna ragione di credito nei confronti della Siart s.r.l., così come nei confronti della Siart Immobiliare s.r.l.. Tali soggetti risultano completamente estranei al concorrente giudizio n. 32665 pendente dinanzi a questa Sezione Giurisdizionale e che ha condotto la Procura Regionale a citare in giudizio il Colapinto Giuseppe, la Ce.r.in. s.r.l. e la rispettiva r.l.. L’accoglimento delle domande proposte, con reviviscenza della società scissa (S.I.A.R.T. S.R.L.) ed estinzione di SIART IMMOBILIARE S.R.L. (non gestita dal sig. Mario Colapinto, ma da un autonomo amministratore unico), non potrebbe che travolgere anche l’operazione di fusione per incorporazione adottata da CE.R.IN S.R.L.. Conseguentemente i beni immobili “non sono mai entrati nel patrimonio della Ce.r.in. s.r.l., né vi potrebbero entrare in seguito ad un accoglimento dalle domande, in quanto al più ciò comporterebbe la reviviscenza dell’estinta Siart s.r.l. D’altro canto, sussiste ex lege la responsabilità solidale della Siart Immobiliare s.r.l. per le ragioni di credito anteriori all’operazione di scissione nei confronti della Siart s.r.l. (oggi fusa nella Ce.r.in s.r.l.)”, sicchè sarebbe evidente l’infondatezza e l’inammissibilità dell’azione revocatoria proposta;
dedotto l’infondatezza delle ragioni creditorie avanzate nei confronti della Ce.r.in. s.r.l.. Nel contempo, si rileva l’inammissibilità della domanda anche in ragione dell’infondatezza della pretesa creditoria posta a base dell’azione revocatoria (nei confronti di un terzo soggetto ovvero la Ce.r.in. s.r.l.). atteso che, come confermato dall’avviso di conclusione delle indagini riferito al sig. Giuseppe Donato Colapinto, nel caso di specie: – non è stato contestato alcun reato associativo; – non è stato contestato il reato di falso in bilancio; – non è stata contestata la fittizia formazione del capitale sociale;
sostenuto l’erroneità degli accertamenti svolti. La Procura Regionale richiama pedissequamente l’ordinanza del 1.2.2016 adottata dal G.I.P. presso il Tribunale di Bari, e ritiene che il sig. Giuseppe Donato Colapinto quale incaricato di pubblico servizio in quanto socio ed amministratore unico della CE.R.IN. s.r.l. fino al 21.6.2013, esercente l’attività di riscossione ed accertamento tributi per conto di vari comuni italiani, in concorso con il Colapinto Mario, si appropriava di consistenti somme di denaro relative ai tributi comunali riscossi per conto del Comune di Bitonto effettuando, con riserve provenienti dalla gestione di tali tributi diverse operazioni immobiliari, effettuate da altra società ovvero SIART s.r.l.. Tuttavia, al momento sono solo concluse le indagini e non sussiste neppure il rinvio a giudizio degli indagati, quindi è palese che, al contrario di quanto indicato dalla Procura Regionale, nulla è stato accertato in sede penale. Si ribadisce che il rapporto tra la Ce.r.in s.r.l. e il Comune di Bitonto si è concluso in data 31.12.2013 senza che nessun addebito sia mai stato mosso dall’Ente alla società e nessun inadempimento sia mai stato contestato, neppure in sede di opposizione al ricorso per decreto ingiuntivo proposto dalla Ce.r.in s.r.l. innanzi al Tribunale di Bari, tuttora pendente;
dedotto l’inattendibilità della ricostruzione contabile operata dalla Guardia di Finanza ed asseverata dal consulente nominato dalla Procura della Repubblica di Bari ed integralmente recepita anche nel presente procedimento. Gli organi inquirenti, infatti, si sono limitati ad analizzare la movimentazione in uscita – tanto del conto “Popoli Cosap” sequestrato, quanto degli altri ritenuti veicolo delle condotte di peculato – “omettendo qualsivoglia congruo riferimento ai flussi di cassa che hanno alimentato la provvista presente su ciascuno dei citati rapporti bancari e, quel che più conta, al meccanismo di funzionamento dell’attività di riscossione coattiva”. Si segnala in proposito come sul conto corrente “Popoli Cosap” – tra il 2010 ed il 2013 – risultano accreditati, a titolo di compensi per l’attività prestata da “Cerin s.r.l.” in favore di vari enti comunali, importi pari a €. 2.238.601,60. A tale disponibilità – di per sé prossima a coprire integralmente l’importo contestato con riferimento alle acquisizioni immobiliari asseritamente illecite, ammontante a € 2.462.000,00 e che, quindi, comporta l’infondatezza della tesi secondo cui gli immobili sarebbero stati acquisiti con denaro sottratto alle casse del Comune di Bitonto – vanno sommati gli aggi maturati e le spese sostenute e trattenute dalla compagine secondo la modalità cd. auto-liquidante, esplicitamente prevista e disciplinata dall’art. 5, comma 8-bis, D.L. 16/2012 secondo cui “il riversamento dai conti correnti di riscossione sul conto corrente di tesoreria dell’ente delle somme riscosse, al netto dell’aggio e delle spese anticipate dal soggetto affidatario”. Non corrisponderebbe neppure a realtà la tesi secondo cui veicolando importi riscossi a titolo di tributi dalla CE.R.IN. s.r.l. alla Siart sarebbe stato finanziato l’acquisto degli immobili ove si osservi che le somme versate da Ce.r.in. s.r.l. in favore di Siart srl non costituivano affatto il provento da illegittime trattenute in danno dei comuni serviti, ma semplicemente erano nella piena ed esclusiva disponibilità della “Cerin s.r.l.”;
dedotto l’insussistenza degli ulteriori presupposti per il valido esperimento dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c.. Si rammenta che i presupposti per il valido esperimento dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c. sono l’esistenza di un credito in capo a chi agisce in giudizio, un atto di disposizione posto in essere dal soggetto convenuto (prima o dopo) il sorgere del credito, il pericolo di un danno per il creditore, la consapevolezza di ledere la garanzia creditoria in capo a colui nei confronti del quale l’azione è diretta e, se l’atto è a titolo oneroso, anche in capo al terzo. Non sussisterebbe un pericolo di danno per il creditore poiché è stato sottoposto a sequestro conservativo (nell’ambito del giudizio n. 32665) il patrimonio del sig. Giuseppe Donato Colapinto e sino alla concorrenza dell’importo di € 4.365.077,69 (ordinanza n. 70/2016 di questa Sezione, cit.). Il patrimonio di Ce.r.in. s.r.l. non sarebbe stato depauperato e la solvibilità della società eliderebbe il timore di un pregiudizio grave e irreparabile per le eventuali ragioni creditorie del Comune di Bitonto. Il patrimonio della Ce.r.in. srl “appare capiente alla luce del fatto che la stessa costituisce, a tutt’oggi, una solida realtà imprenditoriale, con un rilevante patrimonio e che gestisce contratti pubblici su tutto il territorio nazionale, con iscrizione a bilancio al 31.12.2014 di crediti verso clienti per € 13.501.286,00. Inoltre, pende giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo (innanzi al Tribunale di Bari), proprio per l’accertamento di un credito della stessa Ce.r.in. s.r.l. nei confronti del Comune di Bitonto per € 5.152.091,96 (ben superiore al danno erariale paventato nel presente procedimento) oltre interessi ex art. 5 d.lgs. 231/02 e spese della procedura”. In proposito si evidenzia che, alla data di intervenuta scissione, il patrimonio immobiliare non era affatto composto, come desume la Procura, dei soli immobili acquistati nel periodo luglio 2011/novembre 2011 e oggetto di sequestro preventivo da parte del GIP presso il Tribunale di Bari. Come emerge dall’esame della perizia di valutazione della società SIART del 27.1.2012 (menzionata nel progetto di scissione), il patrimonio immobiliare della SIART s.r.l. era composta anche da altri beni acquistati sin dal 2007/2008 (epoca in cui la Ce.r.in s.r.l. neppur era incaricata della riscossione coattiva per conto del Comune di Bitonto). Tale premessa risulta dirimente, perché con la scissione non si è affatto operato un depauperamento di Siart s.r.l., ma si è dato luogo ad una riorganizzazione aziendale, con suddivisione del ramo di azienda destinata alla gestione immobiliare rispetto al ramo d’azienda (più propriamente quello originario di Siart) destinato allo sviluppo di sistemi informatici.
In proposito:
l’aumento del capitale sociale della Siart srl con l’acquisizione delle quote da parte del sig. Mario Colapinto, è una rituale e ordinaria operazione societaria, che non presuppone alcun pregiudizio per nessuno dei soggetti coinvolti, né per i terzi e non può ascriversi un particolare disegno fraudolento all’omessa sottoscrizione dell’aumento del capitale sociale della Siart s.r.l. da parte della socia Cerin s.r.l., di cui alla delibera del 16 ottobre 2012. Si ricorda che si tratta di un diritto (e insieme di una facoltà) che il socio può liberamente esercitare, senza alcuna valutazione di opportunità;
infondate sono le censure in merito alla operazione di scissione parziale della Siart s.r.l. deliberata in data 11 aprile 2013. Il progetto di scissione della Siart s.r.l. approvato e attuato nell’aprile 2013 si inserisce nell’alveo di un puntuale e preciso disegno imprenditoriale di tutt’altro significato rispetto a quanto la Procura Regionale lascerebbe intendere, giacché nel corso degli esercizi precedenti, la Siart s.r.l., oltre ad avere acquisito un patrimonio immobiliare, ha altresì dato corso all’attività di sviluppo di software e delle opere dell’ingegno connesse. Dall’esame del verbale dell’assemblea dei soci dell’11.4.2013 emerge come la scissione serviva a tenere separate le attività di costruzione, gestione e compravendita di immobili da quella di sviluppo industriale dei software applicativi, lasciando a Siart s.r.l. “l ‘esercizio della propria attività di elaborazione dati e realizzazione banche dati; verifica, accertamento e riscossione fiscale di competenza di enti pubblici, nonché ogni e qualsiasi attività indirizzata al miglioramento delle entrate; progettazione, realizzazione e installazione di sistemi informativi; inventariazione, classificazione, stima, valorizzazione e gestione del patrimonio pubblico e privato”, dando al contempo “impulso alle attività di informatica ed elaborazione dati”, attribuendo alla costituenda società beneficiaria (Siart Immobiliare s,r.1.) il ramo di azienda, relativo alla gestione immobiliare e di costruzione in genere. “La Siart veniva successivamente – nel 2014 – fusa per incorporazione nella Ce.r.in. s.r.l., solo dopo che anche la Ce.r.in. programmava (come da verbale del 7.11.2013) di dare “impulso alle attività di informatica e di elaborazione dei dati attraverso la realizzazione di software per la gestione e controllo per la spesa farmaceutica; di software per la gestione di tributi locali e software per la gestione, imputazione, analisi e movimentazione del magazzino nonché al proseguimento dell’attività propria nel settore dei tributi dove opera in qualità di concessionaria della riscossione nell’Italia Centro Sud” , assegnando alla neo costituita Tributi Service s.r.l. il proprio ramo di azienda “costituito dalla gestione dell’attività di verifica, accertamento e riscossione fiscale di competenza di Enti Pubblici, nonché ogni e qualsiasi attività indirizzata al miglioramento delle entrate della parte geografica del Centro Nord del territorio nazionale”. In buona sostanza si tratta di atti che hanno una puntuale e precisa logica imprenditoriale ovvero quello di lasciare, nel corso del tempo, alla Siart s.r.l. e quindi alla Ce.r.in s.r.l. l’attività c.d. “informatica” ovvero di sviluppo dei sistemi informativi, di demandare alla Siart Immobiliare s.r.l. l’attività di gestione del patrimonio immobiliare e di attività imprenditoriale nel campo dell’edilizia e alla Tributi Service s.r.l. l’attività di accertamento e riscossione dei tributi locali”.
La difesa ha quindi concluso chiedendo l’accoglimento delle dette deduzioni, formulate in via principale e subordinata, con conseguente proscioglimento da ogni addebito.
All’udienza del 14 dicembre 2016, il rappresentante della Procura regionale ha confermato gli atti scritti ed il patrono dei convenuti costituiti, dopo aver illustrato il contenuto delle memorie difensive depositate, ha insistito per l’accoglimento delle conclusioni ivi rassegnate.
La causa è stata quindi trattenuta in decisione.
Ritenuto in
DIRITTO
La domanda deve essere accolta, per quanto di ragione.
Le disposizioni del codice civile sui mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale sono state richiamate dall’art. 1, comma 174, della legge n. 266 del 2005, secondo cui «al fine di realizzare una più efficace tutela dei crediti erariali, l’art. 26 del regolamento di procedura di cui al r.d. 13 agosto 1933 n. 1038 si interpreta nel senso che il Procuratore regionale della Corte dei conti dispone di tutte le azioni a tutela del creditore previste dalla procedura civile, ivi compresi i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale di cui al libro VI, titolo III, capo V, del codice civile».
Orbene, il Collegio, per una migliore intelligenza della decisione assunta e dei suoi presupposti, reputa necessario anteporre una breve premessa sull’istituto dell’azione revocatoria qui intrapresa.
L’art. 2901 c.c. – sulla disciplina delle “condizioni” della “azione revocatoria” – esercita una funzione economico-sociale di ricostituzione della garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del debitore ai sensi dell’art. 2740 c.c. (cfr., Corte dei conti, Sez. II n. 13 del 2010, n. 77 e n. 321 del 2015).
L’azione revocatoria è attribuita al creditore contro ogni atto di disposizione del patrimonio compiuto dal debitore, che sia in grado di recare pregiudizio alle sue ragioni: la sentenza di revoca produce il solo effetto di rendere inefficace, nei confronti soltanto del creditore che ha agito, l’atto di disposizione con la conseguenza che, in caso di successivo inadempimento da parte del debitore, il creditore potrà agire con l’azione esecutiva anche in relazione al bene entrato nel patrimonio del terzo ovvero, preventivamente, ottenere un sequestro conservativo. L’azione “pauliana”, come noto, non ha effetto restitutorio – e tale considerazione si rivelerà nel prosieguo dirimente – poiché l’atto di disposizione è perfettamente valido ed efficace “erga omnes”, con l’unica eccezione del creditore agente.
I presupposti dell’azione sono:
l’esistenza di un credito (o di una ragione di credito) in capo all’attore, vantato nei confronti del convenuto;
il compimento (anteriore o successivo al sorgere del credito) di un atto di disposizione patrimoniale del debitore;
il pregiudizio delle ragioni del creditore, definito “eventus damni” ovvero “periculum damni” (a seconda che l’atto sia successivo o precedente al sorgere del credito), recato dall’atto di disposizione patrimoniale;
la consapevolezza del debitore di ledere, in conseguenza di esso, la garanzia del creditore, identificata come “consilium fraudis”;
in caso di atto a titolo oneroso (secondo comma), la ulteriore consapevolezza del terzo acquirente, del pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore dal negozio giuridico posto in essere, definita “partecipatio fraudis”, nel caso di specie esulante dal perimetro d’indagine, dovendosi affermare la “neutralità” della scissione sotto il profilo dell’onerosità o della gratuità.
Premesso, infine, che alla luce della giurisprudenza assolutamente pacifica e costante non si ravvisa alcun rapporto di pregiudizialità tra l’azione revocatoria e quella di responsabilità amministrativa e contabile (cfr., ex plurimis, Sezione giurisdizionale per la regione Piemonte, sentenza n 14 del 2013), ciascuno dei presupposti sarà partitamente scrutinato.
*****
Esistenza di un credito.
Lo strumento di cui all’art. 2901 c.c. è stato interpretato, con giurisprudenza pressochè univoca, nel senso che non costituisce condizione dell’azione revocatoria l’avvenuto accertamento giudiziario del diritto di credito che, ai fini della legittimazione, può anche non essere certo, liquido ed esigibile, essendo sufficiente la sussistenza di una ragione di credito, anche eventuale (cfr., ex multis, Cass. civ., Sez. II, sent. n. 1220 del 1986; Sez. I, sent. n. 14166 del 2001; Sez. III, ord. n. 19289 del 2007). In proposito, illuminante si rivela l’insegnamento della Corte di legittimità secondo cui “Ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria, è sufficiente l’esistenza di una semplice ragione di credito, anche eventuale, o di una aspettativa, e non necessariamente di un credito certo, liquido ed esigibile accertato dal giudice. Pertanto, ai fini dell’esperibilità dell’azione stessa non è necessario che il creditore sia titolare di un credito certo, liquido ed esigibile, bastando una semplice aspettativa che non si riveli “prima facie” pretestuosa e che possa valutarsi come probabile, anche se non definitivamente accertata, in coerenza con la sua funzione di conservazione dell’integrità del patrimonio del debitore, quale garanzia generica delle ragioni creditizie” (Corte di Cassazione, Sezione seconda, sentenza 6 Giugno 2011, n. 12235).
Pertanto, rileva il Collegio come le ordinanze cautelari emanate dalla Sezione, tanto in sede di giudizio di conferma del decreto presidenziale che di successivo reclamo al Collegio (nn. 70 e 126 di questa Sezione, cit.), abbiano ampiamente dato conto se non di un sostegno probatorio definitivamente indagato nella sua consistenza, della rintracciabilità di un quadro indiziario assistito dai requisiti che la legge richiede per il rilascio della misura cautelare ivi invocata e che, dunque, concede all’attore pubblico ragionevoli aspettative di un fausto esito del giudizio, a breve a celebrarsi, dalla cui conclusione sarà accertata l’esistenza di un credito, ancorchè litigioso.
Pertanto, sussistono fondate ragioni per ritenere che il primo dei requisiti richiesti dalla legge per l’applicazione dell’art. 2901 c.c. possa dirsi qui integrato e non possono trovare favorevole considerazione le pur articolate deduzioni difensive volte, attraverso la produzione degli atti del procedimento penale, a dimostrare che nessun sodalizio criminoso sarebbe – allo stato – identificato e che nessuna imputazione penale abbia raggiunto la sua consacrazione in un pronunciamento formale del Tribunale penale. Infatti, tale indagine, rimessa alle valutazioni del Collegio chiamato a pronunciare sul merito della contestazione, è ininfluente ai fini in discorso, come anche la consistenza del pregiudizio subito da parte del Comune di Bitonto, creditore tutelato nella presente sede. Infatti, premesso che il tipo di responsabilità fatta valere a carico dell’agente contabile CERIN si configura quale responsabilità di carattere “contabile” cui, quindi, resta estranea la valutazione di potenziali compensazioni con ulteriori crediti, eventualmente da questi vantato nei confronti degli enti locali per i quali svolge le funzioni di agente incaricato della riscossione dei tributi, sia sufficiente richiamare, per la persuasività delle conclusioni raggiunte e l’identità di contesto, pronuncia definitiva resa sul punto dal giudice di ultima istanza. Esso afferma che “del tutto incongruo è, dalle fondamenta, l’iter argomentativo della società [in quella sede, appellante], la quale ritiene (errando) che il proprio ruolo di concessionaria della riscossione del Comune di …, le dia il diritto di disporre delle liquidità destinate ex lege all’ente (e le consenta, pertanto, di ometterne il versamento), ponendo in essere una “autoreferenziale” compensazione per eventuali propri crediti vantati verso il comune” (Terza Sezione Centrale di Appello, 14.12.2015, n. 651).
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Compimento di un atto di disposizione patrimoniale.
Il requisito in narrativa richiede che il Collegio si pronunci sulla natura di atto di disposizione patrimoniale della scissione societaria di cui si invoca la revocazione. Ebbene, come riferito in parte motiva, il dibattito in giurisprudenza ed in dottrina sul tema dell’ammissibilità dello strumento revocatorio sulle scissioni societarie è particolarmente vivace e registra, in difetto di pronunciamenti di legittimità, posizioni discordanti, che divergono in relazione alla ricostruzione dogmatica dell’istituto.
La giurisprudenza di merito (Tribunale di Napoli, 18.2.2013 e Tribunale di Modena 22.1.2010, entrambi in composizione monocratica ma anche, in composizione collegiale, recentissimo Tribunale di Roma, 7 novembre 2016, n. 5241) si sono espressi nella direzione che l’azione pauliana sia incompatibile con la disciplina positiva della scissione societaria, osservando che l’art. 2504 quater del codice civile intenda assicurare stabilità alle fusioni ed alle scissioni societarie, cui fa da contraltare, per i creditori anteriori, la tutela apprestata dalle medesime norme che, da una parte, consente di opporsi alla operazione (vedi art.2503 cc), e, dall’altra, prevede la responsabilità solidale delle scisse “nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto assegnato” (art. 2506 quater, del codice civile). Tale considerazione si fonda sulla ricostruzione della scissione societaria (e la conseguente assegnazione di beni) non come atto traslativo ma come una semplice operazione societaria “a formazione progressiva”, che determina la riorganizzazione delle strutture societarie e senza che essa determini alcun “trasferimento” di cespiti patrimoniali tra le società coinvolte (in terminis, Tribunale di Bologna, 1 aprile 2016). Essi, infatti, sarebbero diversamente distribuiti fra le società coinvolte che (sia che si tratti di scissione parziale che di scissione totale con conseguente estinzione del soggetto societario scisso) ne registrerebbero una nuova allocazione in relazione alle rinnovate soggettività giuridiche, facendo perno sulla formulazione dell’art. 2506, terzo comma, c.c.. In termini non difformi si esprime altro Tribunale di primo grado il quale, nel ritenere che la finalità avuta di mira dal legislatore della riforma fosse quello di assicurare la massima stabilità delle strutture societarie, l’inammissibilità dell’actio pauliana si giustificasse per evitare “il dirompente impatto che avrebbe la pronunzia, anche a notevole distanza temporale, della nullità della scissione, cui conseguirebbe l’obbligo di ripristinare l’unione di patrimoni separati e di ricostruire le compagini societarie secondo la fisionomia precedente al compimento dell’atto” (Tribunale di Milano, 8 settembre 2003).
Sul fronte opposto milita la giurisprudenza ammissiva che (Tribunale di Catania 9 maggio 2012; Tribunale di Palermo 25 maggio 2012, anch’essi in composizione unipersonale, e Tribunale di Benevento, 17 settembre 2012), sul rilievo del vuoto normativo in tema, evidenzia che se, da un lato, la norma contenuta all’art.2504 quater cc impedisce sia dichiarata la nullità della scissione dopo che l’atto sia stato iscritto nel Registro delle imprese, dall’altro la pronuncia di accoglimento della revocatoria opererebbe su un piano diverso ed ulteriore, determinando la mera inefficacia relativa dell’atto medesimo nei confronti del creditore procedente, escludendo la produzione di effetti sul piano dell’organizzazione societaria, la cui stabilità resterebbe salvaguardata. Si opina in proposito che “ciò che il legislatore ha voluto evitare è che la declaratoria di invalidità dell’operazione possa determinare la riattribuzione alla società scissa degli elementi patrimoniali trasferiti alle beneficiarie, riconoscendo comunque ai terzi che hanno subito un danno diretto dalla scissione la tutela risarcitoria. In altri e più chiari termini, l’atto di scissione, eseguite le iscrizioni a norma del secondo comma dell’art. 2504 cod. civ., è “sanato” da ogni ipotesi di invalidità; ma laddove lo stesso (come qualunque atto valido) comporti la lesione della garanzia patrimoniale potrà essere oggetto dei rimedi generali previsti dall’ordinamento per la conservazione della garanzia patrimoniale, fra cui rientra l’azione revocatoria” (Tribunale di Palermo del 2012, cit.).
Nell’ipotesi di scissione parziale non sussisterebbe alcun fenomeno estintivo ma, in ogni caso, avrebbe luogo un effetto traslativo in quanto parte dei beni patrimoniali della scissa verrebbero trasferiti alla beneficiaria. La qualificazione della scissione come fenomeno successorio sarebbe corroborata dal diritto dell’Unione Europea che, nell’art 2 della Sesta direttiva n. 82/891/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1982 (basata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del Trattato e relativa alle scissioni delle società per azioni), qualifica la scissione come “l’operazione con la quale una società, tramite uno scioglimento senza liquidazione, trasferisce a più società l’intero patrimonio attivo e passivo mediante l’attribuzione agli azionisti della società scissa di azioni delle società beneficiarie dei conferimenti risultanti dalla scissione, in seguito denominate ‘società beneficiarie’”.
In effetti, come si è descritto nelle pagine precedenti, il panorama normativo non si presenta significativamente orientato verso l’una o l’altra opzione ermeneutica ed il convincimento del Collegio non può prescindere dalla assoluta specialità della fattispecie, la quale risente della natura pubblica delle risorse impiegate e dalla rappresentanza processuale del Comune danneggiato da parte del titolare dell’azione pubblica di risarcimento, costituito dal PM contabile, organo deputato alla tutela delle ragioni dell’erario, complessivamente inteso, indipendentemente dalla sua declinazione nelle figure soggettive in cui si articola.
Ebbene, il Collegio reputa che ai fini della comprensione della vicenda sia necessaria una premessa ricostruttiva della fattispecie complessivamente considerata.
Le indagini svolte e la consulenza effettuata in sede penale pongono in luce che il complessivo assetto societario realizzato in prosieguo di tempo dai soggetti che, tanto in veste di soci che di amministratori delle persone giuridiche coinvolte, in modo consapevole e volontario, sia stato finalizzato a sottrarre ingenti risorse pubbliche alle casse sociali di CERIN srl, che ne disponeva in virtù nei rapporti contrattuali intercorsi con i Comuni pugliesi (e non solo).
La attività investigativa svolta ha evidenziato in modo chiaro che la provvista finanziaria necessaria per le acquisizioni immobiliari fosse certamente riconducibile alla CERIN, dai cui conti correnti bancari e postali, con sorprendente quanto sospetta tempestività, venivano movimentate le somme occorrenti per il perfezionamento (anch’esso compiuto pressochè a ridosso dell’acquisita disponibilità delle risorse) delle compravendite immobiliari.
Le successive operazioni di riorganizzazione societaria, compiute attraverso scissioni ed incorporazioni di soggetti giuridici tutti univocamente riconducibili alla famiglia Colapinto, si rivelano finalizzate alla costituzione di società “veicolo” o “schermo” (invero, non nuove nel panorama normativo nazionale se si pensi che la Corte di Cassazione, in linea con la Corte Europea di Giustizia (causa C/255-02 “Halifax”), ha affermato – in riferimento ad operazioni della specie – il principio per cui “non hanno efficacia nei confronti dell’amministrazione finanziaria quegli atti posti in essere dal contribuente che costituiscano “abuso di diritto”, cioè che si traducano in operazioni compiute essenzialmente per il conseguimento di un vantaggio fiscale; ed incombe sul contribuente fornire la prova della esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti di carattere non meramente marginale o teorico” (Sez. V, n. 8772/2008) che, formalmente distinte rispetto alle altre, risultano ad esse intimamente connesse per identità di composizione sociale e ruoli amministrativi.
Tale assunto si rivelerà ancor più evidente confrontando la compagine sociale (Colapinto Giuseppe è il padre di Colapinto Mario), le nomine “incrociate” di amministratore e di socio unico (e la conseguente circolazione di immobili), le quote sociali e relative posizioni di governance che, indipendentemente dalla formale intestazione, in corrispondenza di ciascuna data rilevante nel periodo di interesse e di seguito cronologicamente riassunto, pongono in risalto l’assoluta continuità delle posizioni coinvolte.
La SIART srl effettua due acquisiti immobiliari in data 14.7.2011 e 22.12.2011.
21.2.2012
CERIN srl: Amm.re unico Colapinto G. fino al 21.6.2013.
Soci: Colapinto G. (76%) e Colapinto M. (24%).
La società (soci: padre e figlio Colapinto) delibera di acquistare la quota di partecipazione detenuta da Colapinto G. in SIART Srl (pari al 97%), a titolo di liberazione del residuo aumento di capitale dovuto dai soci (come detto, Colapinto G. e Colapinto M.).
Pertanto, CERIN Srl diventa socio unico (97%+3% pregresso) di SIART Srl di cui Colapinto M. è amministratore unico dal 2010.
La SIART srl effettua un ulteriore acquisito immobiliare in data 15.5.2012.
16.10.2012
SIART srl il socio unico CERIN Srl (di cui Colapinto G. è socio di maggioranza ed amministratore unico) delibera aumento di capitale ad Euro 100.000,00 ma lo sottoscrive Colapinto M., (per l’89,60%) che è l’amministratore unico di SIART Srl.
La SIART srl effettua un altro acquisito immobiliare in data 15.11.2012.
11.4.2013 – 23.5.2013
SIART srl assemblea dei soci, costituita da Cerin srl – 10,4% – (rappresentata da Colapinto G.) e Colapinto M. socio di maggioranza – 89,6% – ed amministratore unico, delibera scissione parziale in:
SIART Immob. srl (beneficiaria) con assegnazione dei beni immobili acquistati e proprietà del socio unico Colapinto Mario;
– la “scissa” SIART srl è posseduta al 100% da Cerin srl e l’amministratore unico è Colapinto M.
30.12.2013
CERIN srl scissione parziale in:
“scissa” CERIN srl (socio unico Colapinto G.) e
“beneficiaria” Tributi Service srl (socio unico Colapinto M.) con assegnazione dei contratti già propri della CERIN Srl.
11.2.2014
CERIN Srl, posseduta al 100% dal socio unico Colapinto M. ed a sua volta socio unico di SIART Srl, cede a Noviello Francesco Paolo una quota in SIART srl per euro 10.000,00 (su capitale sociale di Euro 76.593,00).
15.4.2014
SIART Srl (soci: socio di maggioranza CERIN Srl – il cui socio unico è Colapinto G. – e Noviello; amministratore unico Colapinto M.) si fonde per incorporazione con CERIN Srl (il cui socio unico è sempre Colapinto G.).
Ebbene il sintetico quadro descritto rende evidente la “migrazione” dei beni di SIART srl (acquistati con la provvista finanziaria resa disponibile da parte di CERIN Srl) a una società via via più periferica rispetto al nucleo iniziale della SIART srl. Come si vede, la società Siart è stata utilizzata dai Colapinto allo scopo di veicolare le risorse finanziarie, defluite dalle casse sociali di CERIN srl ed impiegate per l’acquisto degli immobili, con successive operazioni apparentemente volte ad una riorganizzazione societaria ma, in realtà, dirette a “diluire” la partecipazione societaria di CERIN srl nella partecipata SIART srl con cui, all’esito delle operazioni di trasferimento, essa, nell’ambito di un orchestrato disegno volto alla deiezione delle risorse pubbliche, ha poi deliberato di fondersi quando – ormai inesorabilmente – si era ridotta ad una “scatola vuota”, con il definitivo trasferimento di ogni consistenza patrimoniale nelle mani del socio unico Colapinto Mario.
Come si arguisce, infatti, lo strumento societario è stato piegato al soddisfacimento delle egoistiche attività spoliative dei Colapinto e si è ridotto ad involucro formale utilizzato per l’intestazione dei cespiti immobiliari acquisiti.
Infatti, la prima operazione indicata realizza l’obiettivo, deciso dal socio di maggioranza ed amministratore unico della CERIN Colapinto G., di acquisire la partecipazione detenuta dal rappresentante legale (e dal padre) a titolo di liberazione della quota dovuta per il precedente aumento di capitale già sottoscritto da parte di entrambi: ebbene, la circostanza che la piattaforma familiare costituisca la cifra sociale dell’intero gruppo pone già in seria evidenza un profilo potenzialmente rilevante ai sensi dell’art. 2475-ter c.c., secondo il cui primo comma “I contratti conclusi dagli amministratori che hanno la rappresentanza della società in conflitto di interessi, per conto proprio o di terzi, con la medesima possono essere annullati su domanda della società, se il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo”, nella sua lettura combinata con il successivo art. 2476, sesto comma, c.c. “Le disposizioni dei precedenti commi non pregiudicano il diritto al risarcimento dei danni spettante al singolo socio o al terzo che sono stati direttamente danneggiati da atti dolosi o colposi degli amministratori”. Infatti, la successiva operazione consente allo stesso Colapinto G., socio unico (e, per questo, “sovrano”) della SIART srl e socio di maggioranza della CERIN, di approvare l’aumento di capitale senza sottoscriverlo, in difetto di alcuna espressa motivazione di ordine economico ma che, viceversa, ben si coniuga con l’esigenza di “aprire le porte” alla partecipazione maggioritaria dell’amministratore della SIART srl che, di lì a poco, provvederà all’approvazione del progetto di scissione.
Infatti, la società beneficiaria della scissione risulterà assegnataria del compendio immobiliare ed è assegnata alla proprietà totalitaria del medesimo Colapinto M. cui, a definitiva chiusura dell’operazione, farà da contraltare la fusione delle due società scisse con altrettante scissioni parziali “asimmetriche” (ex art. 2506 c.c. il cui secondo comma consente che «ad alcuni soci non vengano distribuite azioni o quote di una delle società beneficiarie della scissione, ma azioni o quote della società scissa), entrambe “depatrimonializzate”, ossia la CERIN srl e la SIART Srl (la cui compagine sociale, al di là della partecipazione formale del Noviello, volta al superamento dei limiti imposti al socio monocapitario, non si è mai spinta oltre le figure di Colapinto padre e figlio).
Pertanto, il Collegio ritiene che all’ammissibilità del rimedio revocatorio non sia di ostacolo il sottosistema delle tutele allestito per i creditori sociali della società scissa, per un duplice ordine di ragioni, pure evidenziate dalla giurisprudenza di merito in precedenza lumeggiata. In primo luogo, l’azione pauliana non si ripropone lo scopo di “regredire” il patrimonio trasferito dalla società beneficiaria per renderlo aggredibile da parte dell’attore in revocatoria bensì il più limitato effetto di rendere relativamente inefficace l’atto dispositivo ritenuto lesivo e nulla vieta, in difetto di espressa e contraria previsione, di ritenere che tale generale strumento possa essere utilmente impiegato anche nei confronti di un’operazione di scissione societaria. Inoltre, merita di essere sottolineato come, con pronuncia molto recente, le Sezioni unite della Corte di Cassazione (sentenza 7 marzo 2016, n. 4455) abbiano chiarito ulteriormente i confini di applicabilità della norma di cui all’art. 2506-quater, comma 3 del codice civile – invocato dai sostenitori della tesi dell’inammissibilità della revocatoria – secondo cui “Ciascuna società è solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico”. La Suprema Corte sottolinea come il beneficio della preventiva escussione, ove è previsto dalla legge, è sempre riferito al patrimonio (arg. ex art. 563, 1944, 2268, 2304 c.c.) oppure al debitore da sottoporre ad esecuzione forzata (arg. ex artt. 2393-bis e 2868 c.c.), mentre la norma di cui all’art. 2506-quater, comma 3, c.c. richiede che i crediti da far valere siano rimasti insoddisfatti: essa, quindi, prevede un c.d. beneficium ordinis, che presuppone soltanto la costituzione in mora del debitore (in questo senso, Cass., sez. III, 4 giugno 2009, n. 12896), e non un beneficium excussionis del patrimonio della società scissa. Con l’ulteriore rilievo dato all’ampiezza della responsabilità delle società partecipanti all’operazione, riferito al limite del “valore del patrimonio netto” assegnato o rimasto alla società escussa che, ad avviso del giudice della legittimità, definisce la misura del credito azionabile nei confronti delle società non beneficiarie della scissione e non la misura della garanzia patrimoniale prestata dal debitore. “Conseguentemente, ciascuna delle società risultanti dalla scissione può essere chiamata a rispondere solidalmente del passivo consolidato, ma solo la società cui il debito è trasferito o mantenuto ne risponde per intero, mentre le altre società ne rispondono solo nei limiti della quota di loro spettanza su quanto al momento della scissione era effettivamente disponibile per il soddisfacimento dei creditori”.
Da tale precisazione il Collegio trae quindi la conferma che, pur a fronte del sistema delle garanzie del ceto creditorio pensate per i contraenti con i soggetti scissi, non possano escludersi letture interpretative che, in nome di una predicata ma non dichiarata tassatività dei mezzi di tutela del diritto societario, conseguano lo scopo di rafforzare, senza trasmodare nella costituzione di cause di prelazione, la garanzia patrimoniale dei terzi, in armonia con il più generale principio affermato dallo stesso giudice nomofilattico con riferimento allo speciale settore della responsabilità amministrativa, secondo cui “appare certamente più aderente al sistema l’interpretazione che aumenta il numero degli obbligati e non quella che li diminuisce” (ex multis, Corte di Cassazione, SS.UU., n. 23332 del 2009, n. 30786 del 2011 e n. 19891 del 2014).
La finalità perseguita dell’art. 2506-quater c.c. è evitare che i creditori della società scissa possano essere danneggiati dall’operazione di scissione. Dal momento che – con la scissione – una parte del patrimonio della società scissa viene assegnato ad altre società, è evidente che con tale trasferimento si riducano le possibilità di soddisfazione dei creditori della società scissa.
Infatti, si prevede la possibilità per i creditori di aggredire, in via subordinata, le parti del patrimonio trasferite alle altre società e la società cui è stata assegnata la passività risponde per tutto il debito originario, mentre la responsabilità delle altre società è limitata alla misura del patrimonio assegnato o rimasto. Tuttavia, mentre la società a cui fa carico, secondo il progetto di scissione, il debito contratto risponde illimitatamente, le altre società rispondono nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto trasferito o rimasto e, solo in via sussidiaria. ove la società preventivamente escussa non abbia adempiuto. Se, quindi, la responsabilità delle società è limitata al valore effettivo del patrimonio netto ad esse assegnato o rimasto, è evidente che le società beneficiarie finirebbero con il rispondere oltre i limiti del patrimonio ricevuto per debiti originariamente assunti da un soggetto diverso. Di conseguenza, è razionale e non esorbitante con il sistema delle tutele creditorie che lo strumento dell’azione revocatoria possa trovare concorrente applicazione con il rimedio dell’opposizione, tipica del diritto societario.
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Periculum damni
Il pericolo che il complesso delle operazioni societarie descritte in narrativa arrechi pregiudizio alle ragioni del creditore traspare dal quadro indiziario indicato dal Procuratore regionale. La CERIN Srl non risulta proprietaria di altri beni e la circostanza che siano iscritti a bilancio ingenti crediti verso numerosi Comuni, per i quali la società è concessionaria del servizio di riscossione dei tributi locali, non attribuisce alla medesima una superiore consistenza patrimoniale né attenua il rischio che la fuoriuscita dal patrimonio sociale di importanti plessi immobiliari possa esercitare un effetto decrementativo di quella garanzia patrimoniale generica che l’actio pauliana mira a preservare. In altri termini, come puntualmente posto in rilievo dalla giurisprudenza di legittimità, l’atto dispositivo deve aver alterato la composizione qualitativa e quantitativa della situazione patrimoniale del debitore aumentando il rischio, o comunque l’incertezza, che l’escussione del patrimonio debitorio si riveli infruttuosa o più difficoltosa. Ebbene, appare evidente che la solvibilità della CERIN SRL sia sensibilmente alterata per effetto delle indicate operazioni che, portando al di fuori del perimetro societario gli attivi immobilizzati, di sicuro realizzo, ne affievoliscono la capacità satisfattiva, affidata principalmente all’attivo circolante. In proposito devono essere smentite le deduzioni di parte convenuta che rivendicano – al di là dell’assenza di alcuna posizione creditoria del Comune di Bitonto verso la SIART, della cui infondatezza si è già argomentato – una presunta, solida consistenza patrimoniale della CERIN srl. Infatti, non soltanto essa è priva di immobilizzazioni materiali di apprezzabile valore ma l’attivo è prevalentemente costituito da crediti verso clienti (Comuni), di cui una posta di consistente valore è rappresentato da crediti per “fatture da emettere”. Si tratta all’evidenza di crediti di non certa ed immediata esigibilità se si riflette sulla circostanza che essi (al pari degli altri, come nella presente fattispecie) sono gravati dall’alea connessa alle condizioni di solvibilità dei comuni ed alla loro più che probabile conversione “in partite incagliate” o “in sofferenza”, in conseguenza delle iniziative giudiziarie dei numerosi enti locali che ne hanno già contestato la reale consistenza (come dedotto dalle difese).
Pertanto, è convincimento del Collegio che le operazioni societarie indicate siano idonee ad integrare il requisito del periculum damni per le ragioni creditorie del Comune di Bitonto.
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Scientia fraudis.
La conoscenza del pregiudizio, in capo al debitore, deve, nella specie, riconoscersi: essa va riferita, in caso di società, al rappresentante della medesima (cfr. Cass. civ., Sez. I, 9.4.2009, n. 8735: “In tema di azione revocatoria ordinaria, qualora l’alienante sia una società il requisito della “scientia damni” va accertato avendo riguardo all’atteggiamento psichico della (o delle) persone fisiche che la rappresentano, ai sensi del principio stabilito dall’art. 1391 cod. civ., applicabile all’attività delle persone giuridiche”).
Per integrare il detto presupposto è sufficiente il dolo generico, ossia la consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio con il proprio atto dispositivo agli interessi del creditore, non essendo richiesto, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (ex multis, Corte di Cassazione, Sezione III, nr. 5451 del 1985, Sezione I, nr. 2792 del 2002) uno specifico “animus nocendi”.
Anche tale elemento non può non ritenersi integrato.
In proposito, basti osservare che il progetto di scissione e la conseguente assegnazione dei beni in narrativa alla società beneficiaria sia stato realizzato proprio nel periodo nel corso del quale (2010/2013) la società CERIN Srl aveva avviato il rapporto di concessione della riscossione dei tributi locali e, secondo quanto accertato dagli inquirenti in sede penale e confermato dalle indagini sinora svolte, l’attività apprensiva delle risorse pubbliche provenienti da essa si era ormai consolidata.
Dall’analisi delle scritture contabili risulta che le somme di spettanza del Co-mune non solo non venivano tempestivamente riversate, ma venivano girate sui conti correnti di altra società, la Siart srl (società di proprietà della Cerin per l’86,94% e poi fusa per incorporazione all’esito della ulteriore sua scissione con conseguente espulsione da essa degli assets immobiliari). Le somme acquisite per conto del Comune e non riversate sono state adoperate dalla Siart srl per l’acquisto dei quattro immobili confluiti nella nuova società Siart Immobiliare srl.
La provvista per l’acquisto degli immobili è stata, quindi, creata attingendo alle risorse gestite dalla Cerin Srl ma dovute al Comune, al quale afferiscono i tributi riscossi e di tale circostanza si trae certezza sulla base dell’esame contabile eseguito sulle scritture contabili della CERIN Srl il cui valore probatorio è disciplinato dall’art. 2709 cod. civ. secondo cui “i libri e le scritture contabili dell’imprenditore delle imprese soggette a registrazione fanno prova contro l’imprenditore”. Le somme distratte dai conti di spettanza dei Comuni sono state versate alla Siart srl e le successive complesse operazioni societarie (aumenti di capitale, scissione della Cerin e fusione per incorporazione con la Siart srl, costituzione di nuove società con conferimento del patrimonio immobiliare acquistato con i proventi della riscossione) confermano il disegno teso al graduale svuotamento del patrimonio immobiliare e delle risorse finanziarie della CERIN srl. Tale asserzione risulta avvalorata ogni oltre ragionevole dubbio dalla circostanza, decisiva, che tutte le operazioni societarie si realizzano tra soggetti legati da vincoli di parentela, che gestiscono un gruppo societario unitariamente diretto dalla stessa compagine familiare e che tutti operano nel medesimo settore, godendo di un circuito informativo circolare che esclude fermamente un eventuale stato di “ignoranza” della lesione realizzata al ceto creditorio. Sulla possibilità, peraltro piuttosto pacifica, di ricorrere alla presunzioni, cfr. Cass. civ., Sez. III, 22.8.2007, n. 17867: “In tema di revocatoria ordinaria, ai fini della configurabilità del “consilium fraudis” per gli atti di disposizione a titolo gratuito compiuti dal debitore successivamente al sorgere del credito, non è necessaria l’intenzione di nuocere ai creditori, essendo sufficiente la consapevolezza, da parte del debitore stesso (e non anche del terzo beneficiario), del pregiudizio che, mediante l’atto di disposizione, sia in concreto arrecato alle ragioni del creditore, consapevolezza la cui prova può essere fornita anche mediante presunzioni”.
L’elevato valore probatorio riveniente dai fattori oggettivi sopra delineati depone in modo univoco, pur trattandosi di delibazione inerente all’accertamento della volontà del gruppo, a favore della tesi sostenuta dalla Procura Regionale attrice, in presenza di un quadro sistematicamente costellato di elementi gravi, precisi e concordanti. Questo senza considerare, quale ulteriore argomento dirimente, che la prevalente giurisprudenza, alla quale la Sezione intende prestare adesione, ritiene integrato il requisito soggettivo dalla mera constatazione che le condotte illecite contestate dall’Ufficio Requirente, fonte del nocumento erariale, siano precedenti o coeve all’atto dispositivo del patrimonio, come è avvenuto pacificamente nella presente fattispecie.
Per tutto quanto precede il Collegio, ai sensi degli articoli 2901 e seguenti del Codice Civile, ritiene fondata la domanda attorea volta alla declaratoria di inefficacia degli atti in premessa.
La condanna alle spese del giudizio, liquidate in dispositivo, segue la soccombenza.
PQM
La Corte dei conti – Sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, pronunciando nel giudizio per revocazione di atti di disposizione patrimoniale iscritto al n. 32735 del registro di segreteria,
DICHIARA
l’inefficacia, in via di revoca, nei confronti del Comune di Bitonto, ai fini del pieno soddisfacimento del credito vantato dal Comune medesimo, delle seguenti operazioni:
aumento del capitale sociale da 10.400 ad 100.000 adottato dall’Assemblea dei soci della SIART Srl in data 16/10/2012 (atto per notar Mazza Francesco, notaio in Valenzano, datato 16.10.2012 n. 40581/19988, ID 107510735);
approvazione del progetto di scissione parziale della società SIART Srl mediante assegnazione di parte del suo patrimonio ad una società bene-ficiaria costituenda deliberata dall’Assemblea straordinaria dei soci della SIART Srl in data 11/04/2013 (atto per notar Mazza Francesco, notaio in Valenzano, datata 11.04.2013 n. 41092/2029/90, registrato a Bari il 15/04/2013, serie 1T, n.10288);
atto pubblico di scissione parziale redatto dal notaio Mazza in data 23.05.2013, a seguito di delibera dell’Assemblea straordinaria dei soci della SIART Srl tenutasi in data 11/04/2013 con la quale si approvava il progetto di scissione parziale della società SIART Srl mediante assegnazione del suo patrimonio immobiliare di terreni e fabbricati alla società beneficiaria SIART IMMOBILIARE Srl (atto per notar Mazza Francesco, notaio in Valenzano, datato 23.05.2013 n. 41218/20367, registrato a Bari il 05/06/2013, Serie IT, n. 15105);
ORDINA
la trascrizione della presente sentenza, a favore del Comune di Bitonto, così come ordina annotarsi la medesima sentenza a margine della trascrizione degli atti revocati di cui in dispositivo.
Condanna i convenuti al pagamento delle spese del giudizio, che si liquidano in € 1.861,91.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza.
Così deciso in Bari, nella camera di consiglio del 24.11.2016.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to (dott. Roberto D’Alessandro) F.to (dott. Mauro Orefice)
Depositata in Segreteria il 20 FEB.2017
Il Funzionario