Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana, 06/05/2019, n. 285
Responsabilità erariale e danno da contrattazione collettiva
di Martina Peritore
Profili di legittimità costituzionale dello spoils system – la distinzione tra incarichi dirigenziali generali e altri incarichi dirigenziali- Garanzia del giusto procedimento per la formazione del provvedimento di revoca ante tempus dell’incarico dirigenziale- Art. 41, CCRL- Danno da contrattazione collettiva
A lungo invocata, nell’ambito della tematica relativa allo spoils system, la summa divisio tra dirigenti con incarichi apicali e non apicali, riaffiora nella sentenza n. 285, resa il 6 maggio 2019 dalla Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana. Tale pronuncia offre un indubbio contributo sistematico in quanto, collocandosi nel solco segnato dalla tradizionale giurisprudenza costituzionale, ritiene legittimo lo spoils system riferito ai dirigenti che rivestono posizioni apicali del cui supporto l’organo di governo si avvale per svolgere l’attività di indirizzo politico-amministrativo.
Nel caso di specie, la Procura contabile contestava la responsabilità erariale dell’organo di indirizzo politico per aver disposto un provvedimento di revoca ante tempus dell’incarico di un dirigente in posizione apicale, non corredato da una completa motivazione dalla quale emergessero i presupposti fattuali e giuridici che conducevano a tale scelta e adottato, peraltro, in assenza di contraddittorio con il dirigente deposto dall’incarico. L’assenza di una procedimentalizzazione della revoca integrava, secondo la Procura erariale, gli estremi della gravità della colpa e dava luogo a responsabilità erariale dell’organo di indirizzo politico poichè il pagamento dell’intero trattamento economico fino a naturale scadenza del contratto di lavoro ex art. 41 CCRL veniva posto a carico dell’Amministrazione regionale in favore del dirigente, in esecuzione della sentenza n. 840 del 2016 del Tribunale di Palermo, Sezione lavoro.
Preliminarmente la Corte ritiene debba essere esaminata la disciplina dello spoils system, come disegnata dalla giurisprudenza costituzionale.
Il Collegio rammenta che la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dello spoil system riferito ai dirigenti di livello non generale in quanto la previsione della cessazione automatica e generalizzata, prima dello spirare del termine dell’incarico dirigenziale, e in assenza di una accertata responsabilità dirigenziale, non consente l’espletamento di un’attività conforme al parametri costituzionali dell’imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa consacrati dagli artt. 97 e 98 Cost. In particolare, in tale ipotesi, lo strumento dello spoils system viola il principio della continuità dell’azione amministrativa, strettamente correlato al buon andamento dell’amministrazione, introducendo un elemento di parzialità e sottraendo al soggetto dichiarato decaduto dall’incarico le garanzie del giusto procedimento e svincolando la rimozione del dirigente dall’accertamento oggettivo dei risultati conseguiti (Corte cost.n. 233/2006; Corte cost n. 304/2010).
La sentenza in commento pone in rilievo che, sotto il duplice profilo dell’imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione, la decisione dell’organo politico di far cessare ante tempus l’incarico del dirigente in posizione non apicale, debba essere corredata dalla verifica della corrispondenza tra obiettivi, rinvenibili nel contratto a suo tempo stipulato e risultati conseguiti, eventualmente posti in relazione anche con gli obiettivi programmati dalla nuova compagine governativa e che debba essere garantito il principio del contraddittorio attraverso un momento procedimentale di confronto dialettico tra le parti. Il Collegio rileva altresì che in tale ipotesi l’amministrazione sia tenuta ad esternare le ragioni della revoca ante tempus, corredando il relativo atto di imperio di un’adeguata ed ampia motivazione.
Di converso, nel caso di specie, il Collegio rileva che il meccanismo dello spoils system sia legittimamente applicabile anche in assenza di una rigida procedimentalizzazione, poiché importa la cessazione di un incarico di un dirigente generale preposto a un ufficio di massima dimensione, che fornisce il supporto tecnico all’elaborazione dell’indirizzo politico e che è legato al precedente organo politico da uno stretto rapporto di fiducia in quanto nominato intuitu personae.
Al mutare dell’organo di indirizzo politico tale rapporto di fiducia con i dirigenti generali viene irrimediabilmente meno. Come ravvisato dal Collegio nella fattispecie concreta, infatti, il programma di governo del nuovo organo di indirizzo politico si poneva in distonia rispetto a quello della precedente Giunta regionale che si era avvalsa della collaborazione del dirigente in posizione apicale ante tempus destituito dall’incarico.
La giurisprudenza costituzionale rileva che gli uffici di diretta collaborazione con l’organo politico sono nominati senza predeterminazione di alcun rigido criterio che debba essere osservato nell’adozione dell’atto di assegnazione, assurgendo la fiducia, fondata sull’intuitus personae, a determinante parametro risolutivo nella scelta del dirigente con funzioni apicali. Specularmente ne consegue, pertanto, che quest’ultimo possa essere rimosso in qualunque momento, al mutare dell’organo di indirizzo politico o, più in generale, qualora sia venuta meno la fiducia che deve caratterizzare in maniera costante lo svolgimento del rapporto. Pertanto, come rilevato nella sentenza in commento, l’incarico del dirigente di stretta collaborazione con l’organo di vertice può essere revocato ad nutum, senza che sia necessaria un’ampia motivazione che esterni le ragioni di tale provvedimento, “essendo sufficiente che il provvedimento di revoca dell’incarico di dirigente generale sia adeguatamente motivato, indicando in maniera sintetica i suoi presupposti fattuali e giuridici”. Nel caso di specie, il Collegio ritiene che il provvedimento di revoca sia adeguatamente motivato, poichè il nuovo organo di indirizzo politico, illustrando i punti salienti del programma del nuovo governo regionale indicava numerose iniziative in campo finanziario e gestionale in forte distonia con la precedente Giunta regionale.
L’analisi della sentenza pone, dunque, in rilievo come ai c.d. uffici di staff venga sottratta ogni garanzia procedurale sia in ordine alla costituzione del rapporto, sia in ordine alla cessazione dello stesso, durante la vigenza del sinallagma contrattuale. Secondo il Collegio, infatti, “non sono estensibili alla dirigenza apicale i principi (contraddittorio, procedimentalizzazione ed estesa motivazione) fissati dalla Corte costituzionale per l’applicazione dello spoils system a dirigenti non apicali”.
Convitato di pietra rispetto al ragionamento del Collegio, ancorché non esplicitamente evocato, è il principio di separazione, rectius, distinzione tra politica e amministrazione.
Secondo autorevole dottrina la distinzione tra funzioni di indirizzo politico-amministrativo e funzioni di gestione amministrativa non si concilierebbe con il sistema di nomina e revoca ante tempus dei dirigenti apicali basato sulla fiducia politica. Da questo punto di vista occorrerebbe applicare in maniera scrupolosa il suddetto principio, per garantire l’imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione e superare i limiti ontologici derivanti da un ancipite sistema in cui convivono il principio della distinzione tra politica e amministrazione e tale meccanismo di nomina basato sull’intuitus .
Secondo un altro orientamento, invece, la convivenza di una struttura a diversi livelli decisionali all’interno della pubblica amministrazione e la rilevanza del legame fiduciario rispetto quanto meno alla dirigenza apicale rivela soltanto un’apparente contraddizione, costituendo, al contrario, un necessario corollario dello stesso buon andamento e imparzialità dell’azione della pubblica amministrazione . Tale punto di vista è il sostrato sostanziale da cui muove la sentenza resa dalla Corte dei Conti, nel solco segnato dalla Corte costituzionale. Anche la giurisprudenza costituzionale ha ritenuto, infatti, che il principio distinzione tra politica e amministrazione non costituisca una antitesi rispetto al meccanismo dello spoils system per la dirigenza apicale. Tale struttura a diversi livelli decisionali rappresenta, anzi, un necessario presupposto dell’imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, consentendo il protrarsi di una consonanza gestionale attraverso la traduzione dell’indirizzo politico in autonoma decisione del dirigente, sia pur nel rispetto e condivisione delle direttive impartitegli.
Alla luce di ciò, il principio di distinzione tra politica e amministrazione ridefinisce i rapporti tra politica e amministrazione, non più improntati alla sovraordinazione gerarchica dell’amministrazione alla politica, ma fondati, adesso, sul riconoscimento della reciproca autonomia nei rispettivi ambiti di competenza, che non può però prescindere dalla necessaria fiducia nei confronti dei dirigenti apicali, di stretta collaborazione con l’organo di indirizzo politico. Ne deriva che la revoca dell’incarico ante tempus costituisce la naturale conseguenza del venir meno del rapporto fiduciario con il dirigente con funzioni apicali, anche a seguito del mutamento dell’organo di indirizzo politico, come nel caso concreto sottoposto all’esame della Corte dei Conti.
In considerazione di tali argomentazioni, pertanto, il meccanismo dello spoils system può trovare applicazione nella fattispecie concreta, e la Corte non ravvisa, peraltro, alcun elemento soggettivo della colpa grave in capo all’organo di indirizzo politico per non aver corredato il provvedimento di revoca con un’analitica esposizione delle ragioni di fatto e di diritto sottese alla sua emanazione, come contestato dalla procura in atto di citazione, risultando lo stesso adeguatamente motivato.
Il collegio ritiene, peraltro, che non sussista alcun nesso di causalità -sotto il profilo del prospettato danno erariale- tra la condotta dell’organo di indirizzo politico e l’esborso effettuato dall’Amministrazione in favore del dirigente generale revocato, in quanto tale pagamento non costituisce un’ipotesi di danno indiretto, bensì di un’obbligazione cui la stessa Amministrazione era contrattualmente obbligata per effetto dell’art. 41 CCRL (contratto collettivo regionale) del comparto della dirigenza applicabile ratione temporis, trattandosi di clausola richiamata nei contratti collettivi di lavoro e applicata dal Giudice del lavoro che ha accolto il ricorso del dirigente revocato. Tale clausola prevede che al dirigente generale revocato nell’ambito dello spoils system prima della scadenza dell’incarico spetta il trattamento economico fondamentale ed accessorio goduto fino alla scadenza naturale del contratto e comunque almeno per un anno. Attesi tali presupposti di legge, il Giudice civile statuiva che la somma erogata dall’Amministrazione al dirigente, preposto ad incarico di direzione di struttura di massima dimensione, era dovuta non a titolo di risarcimento del danno, per illegittimità del provvedimento di revoca, bensì in adempimento dell’obbligazione cui si era contrattualmente obbligata ai sensi dell’art. 41 CCRL.
Alla luce di tali considerazioni di diritto la Corte dei Conti rileva che, quand’anche il provvedimento di revoca fosse stato analiticamente e ampiamente motivato, a seguito di un lungo procedimento nel quale fosse intervenuto in contraddittorio il dirigente, l’Amministrazione avrebbe dovuto comunque adempiere l’obbligazione avente ad oggetto la corresponsione del trattamento economico fondamentale e accessorio fino alla naturale scadenza del sinallagma contrattuale, in forza del summenzionato art. 41 CCRL.
Ciò nondimeno, su tale clausola del CCRL, il Collegio non si esime dal formulare un forte monito in ordine alla sua illegittimità, trattandosi di una clausola che viola apertamente il principio del buon andamento e dell’imparzialità dell’amministrazione, consacrato nell’art. 97 Cost., determinando uno “spreco di risorse pubbliche, ignorando qualunque considerazione per l’interesse pubblico e per le esigenze di equità”. Tale clausola, peraltro, si pone in contrasto rispetto allo stesso principio di distinzione tra politica e amministrazione, corollario del principio del buon andamento e imparzialità dell’amministrazione; da un lato, infatti, alimenta fenomeni di mala gestio, piegando l’organo burocratico ai desiderata dell’organo di indirizzo politico e incrinando l’autonomia che deve sussistere e permanere, durante la vigenza del rapporto, tra i diversi livelli decisionali; dall’altro lato, costringe l’amministrazione, nel caso di revoca del dirigente generale, al pagamento di retribuzioni per prestazioni che non saranno mai rese. Pertanto, in sede di contenzioso instaurato dai dirigenti revocati l’Amministrazione avrebbe dovuto chiedere la declaratoria di nullità per contrasto con l’art. 97 Cost..
La sentenza in commento contiene un obiter dictum relativo al danno da contrattazione collettiva. Trattasi del danno derivante da clausole negoziali illegittime per contrarietà a norme imperative di legge, che dispongono l’erogazione illegittima di somme di denaro o altri benefici patrimoniali in favore di un dipendente pubblico. Tale danno, secondo il Collegio: “è ascrivibile ai componenti della delegazione pubblica, che ha sottoscritto il contratto collettivo”. A tal proposito il Collegio siciliano menziona la sentenza n. 52/2017 della Corte dei Conti, sezione giurisdizionale di Bolzano, in materia di responsabilità erariale per danno da contrattazione collettiva. Nel caso deciso dalla Sezione di Bolzano, infatti, la Procura contabile disponeva l’apertura di un’indagine, essendo accertato che -sulla base di talune clausole del contratto collettivo- considerevoli somme di denaro venivano stanziate ed erogate annualmente in favore di personale provinciale a titolo di indennità di funzione o di coordinamento, benché lo stesso personale risultasse privo del relativo incarico dirigenziale o di coordinamento. L’organo requirente rinveniva l’illegittimità delle clausole della contrattazione collettiva rispetto all’art. 7, comma 5, del decreto legislativo n. 165/2001, che pone il divieto di erogare trattamenti economici accessori “che non corrispondano alle prestazioni effettivamente rese”, e all’articolo 5, comma 6, lettera e), della legge provinciale 10 agosto 1995, n. 16. La Corte dei Conti accertava la responsabilità erariale e la sussistenza del danno erariale da contrattazione collettiva in capo alla delegazione di parte pubblica che aveva sottoscritto il contratto collettivo, in quanto l’automatica trasformazione di una quota di indennità in assegno personale fisso e continuativo determinava l’attribuzione al dipendente, in sede di cessazione dell’incarico dirigenziale, di un incremento automatico della retribuzione fondamentale, cui non faceva riscontro alcuna utilità per l’amministrazione.
La sentenza n. 285/2019 della Sezione giurisdizionale per la Regione siciliana e la sentenza 52/2017 della Corte dei Conti, sezione giurisdizionale di Bolzano, finiscono quindi per delineare un’interessante prospettiva per garantire il rispetto della legalità finanziaria nell’applicazione dello spoils system, nel senso che va affermata la responsabilità erariale dei componenti della delegazione di parte pubblica, che sottoscrivano contratti collettivi che prevedono clausole irragionevolmente vantaggiose nei confronti dei dirigenti revocati, contravvenendo ai principi di buon andamento, ragionevolezza e sinallagmaticità che devono contraddistinguere i rapporti di lavoro. E’ quindi auspicabile che le Procure erariali prestino particolare attenzione ai contenuti dei contratti collettivi del settore pubblico, che incidono notevolmente sulla spesa pubblica, tanto più alla luce della necessità di garantire l’equilibrio di bilancio nell’ottica del buon andamento e della sana gestione finanziaria.
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