Di Alessandro Amaolo

In via del tutto preliminare per la trattazione dell’argomento, si rileva che la legge 23 marzo 2016 n. 41 ha introdotto con gli articoli 589 – ter ed 590 – ter del codice penale, due specifiche circostanze aggravanti, nel caso in cui il conducente a seguito del delitto di omicidio stradale o di lesioni stradali si dia alla fuga. In particolare, la pena è aumentata da un terzo a due terzi e, ad ogni modo, non può essere inferiore a cinque anni nel caso di omicidio stradale ed a tre anni nel caso di lesioni stradali.

Orbene, il Codice della Strada prevede una tipologia di reato omissivo di pericolo che presenta degli aspetti similari con le predette circostanze aggravanti e si tratta del reato della cd. fuga in caso di incidente stradale, di cui all’articolo 189 Cds. In particolare, l’articolo 189 C.d.s. prescrive le condotte che gli utenti della strada devono rigorosamente osservare in caso di sinistro stradale. Il comportamento dell’utente della strada viene tratteggiato in modo dettagliato, stabilendo un “crescendo” di obblighi in riferimento alla maggiore delicatezza delle situazioni che si possono presentare.

La cd. fuga dell’utente della strada è da intendersi come un comportamento per lo più di un conducente di un veicolo a motore (anche di un velocipede ed non si esclude il pedone) il quale, a seguito di incidente stradale con danno alle persone, ricollegabile alla sua condotta, non ottempera all’obbligo di fermarsi e si allontana dal luogo dell’incidente, impedendo in tal modo l’identificazione degli utenti coinvolti nell’incidente stradale e l’esatta ricostruzione delle sue concrete modalità di verificazione. Infatti, in conseguenza della fuga non potranno più essere utilmente espletati i rilievi foto – planimetrici che sono sempre di fondamentale importanza per poter stabilire l’esatta dinamica di ciascun sinistro stradale.

La condotta criminalizzata si configura anche nei casi in cui la sosta dell’agente sia a tal punto breve da non permettere di registrare i dati personali e del veicolo, di non rendersi conto del danno prodotto, e di non permettere l’accertamento della dinamica del sinistro stradale.

Inoltre, la ratio sottesa alla disposizione normativa in commento è quella di garantire, di assicurare il soccorso alle persone rimaste ferite in conseguenza dell’incidente, così come di consentire l’accertamento dell’identità dell’agente e l’esatta individuazione del veicolo investitore.

In questo specifico contesto, si inserisce la norma dell’articolo 189 del Codice della Strada (Comportamento in caso di incidente) : “L’utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, ha l’obbligo di fermarsi e di prestare l’assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona”.

Poi, il secondo comma del predetto articolo afferma che: “Le persone coinvolte in un incidente devono porre in atto ogni misura idonea a salvaguardare la sicurezza della circolazione e, compatibilmente con tale esigenza, adoperarsi affinché non venga modificato lo stato dei luoghi e disperse le tracce utili per l’accertamento delle responsabilità”.

Pertanto, il soggetto attivo del reato si deve individuare, in primo luogo, nel conducente del mezzo coinvolto in un incidente stradale. Tuttavia, al conducente si devono aggiungere tutti gli altri “utenti della strada” tutte le volte che un loro comportamento, peraltro, non necessariamente illecito, abbia dato causa ad un incidente con feriti. Ad esempio, anche il pedone il quale, abbia dato causa ad un incidente con feriti oppure il trasportato.

Il legislatore, nel sesto comma, stabilisce che: “Chiunque, nelle condizioni di cui al comma 1, in caso di incidente con danno alle persone, non ottempera all’obbligo di fermarsi, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Si applica la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a tre anni, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI. Nei casi di cui al presente comma sono applicabili le misure previste dagli articoli 281, 282, 283 e 284 del codice di procedura penale, anche al di fuori dei limiti previsti dall’articolo 280 del medesimo codice, ed è possibile procedere all’arresto, ai sensi dell’articolo 381 del codice di procedura penale, anche al di fuori dei limiti di pena ivi previsti”.

Pertanto, il reato di fuga (art. 189 comma sesto del Codice della Strada) è finalizzato ad evitare che si renda impossibile l’identificazione degli utenti coinvolti nell’incidente stradale, così come l’esatta ricostruzione delle sue modalità di verificazione.

Poi, nel settimo comma, si afferma che : “Chiunque, nelle condizioni di cui al comma 1, non ottempera all’obbligo di prestare l’assistenza occorrente alle persone ferite, è punito con la reclusione da un anno a tre anni. Si applica la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo non inferiore ad un anno e sei mesi e non superiore a cinque anni, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI”.

Il predetto settimo comma dell’art. 189 Cds, inquadrato come una fattispecie di omessa assistenza , ha lo scopo di garantire il necessario soccorso alle persone rimaste ferite a seguito del sinistro stradale ed è una fattispecie penale incriminatrice ben più grave rispetto a quella del comma precedente. Ciò è facilmente dimostrato anche dal trattamento sanzionatorio che, per il comma sesto, è quello della reclusione da sei mesi tre anni mentre, invece, per il comma settimo è quello della reclusione da uno a tre anni.

Invece, nell’ottavo comma dell’art. 189 cds, il disposto normativo è il seguente : “Il conducente che si fermi e, occorrendo, presti assistenza a coloro che hanno subito danni alla persona, mettendosi immediatamente a disposizione degli organi di polizia giudiziaria, quando dall’incidente derivi il delitto di lesioni personali colpose, non è soggetto all’arresto stabilito per il caso di flagranza di reato”.

Infine, l’ottavo comma bis, prescrive che : “Nei confronti del conducente che, entro le ventiquattro ore successive al fatto di cui al comma 6, si mette a disposizione degli organi di polizia giudiziaria, non si applicano le disposizioni di cui al terzo periodo del comma 6”.

In sintesi, con l’introduzione del comma 8 bis dell’articolo 189 C.d.s., si prevede la non applicabilità delle disposizioni di cui al terzo periodo del comma 6° , cioè di procedere all’arresto, ai sensi dell’art. 381 c.p.p. per tutti coloro che, dopo essersi dati alla fuga, si pongano a disposizione della polizia giudiziaria entro le 24 ore successive al fatto. In particolare, si rileva che il predetto termine di 24 ore non può essere intesi in un’accezione elastica pena la sua inutilità.

Quindi, entrambi i commi 8 ed 8 bis dell’articolo 189 Cds sono stati introdotti dal legislatore proprio al fine di contrastare ed ostacolare il triste fenomeno della pirateria stradale, oltre alla previsione di sanzioni particolarmente rilevanti. In sintesi, il legislatore ha assunto una politica di tipo premiale per l’utente della strada che si ferma e presta la dovuta assistenza del caso.

Inoltre, desta particolare interesse per la sua portata chiarificatrice una pronuncia della Suprema Corte nella quale si legge che : “Nella vigenza del nuovo codice della strada il reato di fuga, in caso di sinistro, è punibile solo a titolo di dolo[1] con la conseguenza che ogni inosservanza del precetto descritto nei commi 1 e 6 dell’art. 189 deve essere conosciuta e voluta, diventando penalmente irrilevante allorché sia effetto di negligenza, imperizia, inosservanza di norme o addirittura di mancata percezione o di mancata conoscenza della situazione di fatto che è alla base dell’obbligo stesso”. (Cassazione Penale, sezione IV, sentenza del 18 maggio 2001, n. 20151)

Inoltre, ancora in tema del coefficiente psicologico[2] del reato, secondo l’insegnamento della Suprema Corte : “Nel reato di “fuga” previsto dall’articolo 189 codice della strada, l’elemento soggettivo può essere integrato anche dal dolo eventuale, ossia dalla consapevolezza del verificarsi di un incidente riconducibile al proprio comportamento che sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, senza che debba riscontrarsi l’esistenza di un effettivo danno alle persone”. (Cassazione penale, sezione IV, sentenza del 09 maggio 2012, n. 17220)

Inoltre, suscita forte interesse per la sua portata esplicativa ed interpretativa anche un’altra rilevante sentenza della Suprema Corte di Cassazione il cui principio di diritto è il seguente: “Il reato di fuga previsto dall’art. 189, comma sesto, del nuovo codice della strada, è un reato omissivo di pericolo, per la cui configurabilità è richiesto il dolo, che deve investire essenzialmente l’inosservanza dell’obbligo di fermarsi in relazione all’evento dell’incidente concretamente idoneo a produrre eventi lesivi alle persone, e non anche l’esistenza di un effettivo danno per le stesse. (Cassazione penale, sezione IV, sentenza 04 settembre 2009, n. 34335)

Si osserva che la condotta descritta in precedenza è punibile anche nel caso in cui l’incidente sia di lieve entità (lesioni personali di lieve rilevanza), come ad esempio può essere un tamponamento per il mancato rispetto delle distanze di sicurezza fra i veicoli ai sensi e per gli effetti dell’art. 149 Cds. Infatti, la natura delle lesioni psico-fisiche non incide sul nucleo centrale della fattispecie di reato la cui ratio si sostanzia nel dovere primario di solidarietà civile. In breve, la condotta sarà punibile nel momento in cui, a seguito di un incidente stradale, non si ottempera all’obbligo di fermarsi ovvero a quello di prestare assistenza.

 

Si rileva che l’arresto fuori flagranza per il reato di cui all’articolo 189 comma 6 (e, dunque, nel caso di incidente con danno alle persone) è consentito non solo all’interno delle 24 ore, ma anche successivamente. Più in particolare, il legislatore ha previsto in materia “uno stato di quasi flagranza temporalmente dilatato ed allungato nel tempo”.

Quindi, in tutti i casi di fuga dopo un sinistro stradale con esito mortale o con esito di lesioni gravi o gravissime, l’arresto sarà sempre permesso, qualora le ricerche della Polizia giudiziaria, iniziate subito dopo la commissione del reato, si siano protratte senza interruzione fino al rintraccio dell’autore del reato. Infatti, nelle predette ipotesi l’attività di polizia giudiziaria viene eseguita nel rispetto delle norme di legge, nei casi della cd. flagranza differita o prolungata. Orbene, ragionando diversamente e richiedendo per la sussistenza della condizione di flagranza che gli operanti abbiano una diretta percezione del sinistro stradale e della conseguente fuga del responsabile, si priverebbe di ogni significato il disposto normativo introdotto dall’art. 189, comma 8 bis, del Codice della Strada. Su questo punto, si osserva che l’inseguimento del reo, utile per definire il concetto di quasi flagranza, deve essere inteso in senso più ampio di quello strettamente etimologico di attività di chi corre dietro, tallona e pressa, a vista, la persona inseguita. Infatti, il concetto è comprensivo anche dell’azione di ricerca, immediatamente eseguita, anche se non immediatamente conclusa, purché protratta senza soluzione di continuità, sulla base delle ricerche immediatamente predisposte sulla scorta delle indicazioni delle vittime, dei correi o di altre persone a conoscenza dei fatti. In sintesi, l’inseguimento può avvenire anche dopo un periodo di tempo, necessario alla polizia giudiziaria per giungere sul luogo del delitto, acquisire notizie utili e iniziare le ricerche. La nozione di inseguimento ad opera della forza pubblica include ogni singola attività di indagine e di ricerca che viene finalizzata alla presa dell’indiziato di reità, a condizione che la predetta attività non subisca interruzioni dopo la commissione del reato, anche se si protragga per più tempo.

A conferma di tutte le precedenti argomentazioni, riflessioni e considerazioni si riporta un recente insegnamento della Corte Suprema di Cassazione che ha correttamente enucleato un nuovo importante principio di diritto : “In caso di incidente stradale con danno alle persone, la polizia giudiziaria può procedere all’arresto facoltativo in flagranza del conducente che non ha ottemperato all’obbligo di fermarsi, in relazione al reato previsto dall’art. 189, comma sesto, codice della strada, anche dopo il decorso di oltre ventiquattro ore dal sinistro, avendo il legislatore configurato per detta fattispecie incriminatrice uno stato di quasi flagranza temporalmente dilatato ed esteso. (Cassazione penale, sezione IV, sentenza del 10 agosto 2015, n. 34712)

In ultima analisi, l’articolo 189, comma 8, cds esclude l’arresto per il conducente, che rimanga sul posto solo per il delitto di lesioni personali colpose previsto dall’articolo 590 c.p. e 590 – bis, comma 1, c.p. e non per quello di lesioni personali gravi o gravissime previsto dall’art. 590 bis c.p., né per quello di omicidio stradale previsto dall’articolo 589 bis c.p. Ebbene, l’intenzione del legislatore è quella di mantenere ferme le nuove e più severe norme sull’arresto obbligatorio o facoltativo, rispettivamente previste dagli articoli 589 bis c.p. e 590 bis, comma 1, c.p. Pertanto, in tutti i casi di fuga dopo un incidente stradale con esito mortale o con esito lesioni gravi o gravissime, l’arresto sarà sempre consentito, qualora le ricerche della Polizia giudiziaria, iniziate subito dopo la commissione del reato, si siano protratte ininterrottamente fino al rintraccio dell’autore del reato.

In definitiva, si può correttamente affermare ch il reato di fuga in caso di incidente con danno alle persone, di cui al comma sesto dell’art. 189 codice della strada è un reato omissivo di pericolo e si completa e si realizza istantaneamente nel tempo in cui il conducente del veicolo investitore viola l’obbligo, l’imposizione del dovere fermarsi, ponendo in essere, con il semplice allontanamento, una condotta contrapposta al precetto di legge (contra ius).

Invece, per la sussistenza del reato di omissione di assistenza, di cui al comma settimo dello stesso articolo, è necessaria l’effettività dello stato di bisogno dell’investito. Questo viene meno, oltre che, sicuramente, nel caso di assenza di lesioni, allorché altri vi abbiano già provveduto e non risulti necessario, né efficace, alcun altro intervento.

In particolare, queste circostanze non possono essere ritenute sussistenti con una valutazione ex post, ai fini dell’esonero della responsabilità, ma devono essere ritenute dall’investitore in base ad una obiettiva valutazione da compiersi al momento dell’incidente.

In conclusione, nel caso di incidente da cui derivi un coinvolgimento di persone, è fatto obbligo al presunto responsabile di fermarsi, indipendentemente dall’effettiva causazione di lesioni all’investito, e proprio al fine di verificarne le condizioni, oltreché di consentire l’identificazione del responsabile e la ricostruzione della dinamica, di talché il reato si perfeziona istantaneamente per il solo fatto della mancata osservanza dell’obbligo dell’arresto del veicolo. Invece, nel caso di incidente con ferimento di persone, all’obbligo di fermarsi, già coevo alla fattispecie dell’art. 189 comma VI c.d.s., si associa quello di dare temporaneamente assistenza, ma, diversamente dal primo, l’effettività dell’obbligo di prestare assistenza è subordinata ad un reale stato di bisogno della vittima dell’incidente.

 

(a cura del Dott. Alessandro Amaolo – Specializzato nelle Professioni Legali con indirizzo Giudiziario / Forense ed abilitato all’esercizio della professione di avvocato presso la Corte di Appello di Ancona)

 

[1] Il reato di fuga di cui all’art. 189, commi sesto e settimo, nuovo c.s. è punibile esclusivamente a titolo di dolo, nel cui oggetto deve rientrare dunque anche il danno alle persone conseguito all’incidente stradale e la cui sussistenza va accertata in riferimento alle circostanze concretamente rappresentate e percepite dall’agente al momento della consumazione della condotta. (Cassazione penale, sezione IV, sentenza 15 aprile 2009, n. 15867)

 

[2] Nel reato di fuga previsto dall’art. 189, comma sesto, del codice della strada, il dolo deve investire la sola inosservanza dell’obbligo di fermarsi in relazione all’evento dell’incidente stradale – riconducibile al comportamento dell’agente ed in concreto idoneo a produrre eventi lesivi – e non anche la constatazione dell’esistenza di un danno effettivo alle persone che vi risultino coinvolte. (Cassazione penale, sezione VI, sentenza 07 giugno 2010, n. 21414)