di Francesco Martin
SOMMARIO: 1. Sul reato di rissa in generale. – 2. La responsabilità del concorrente esterno. – 3. Riflessioni conclusive.
1. Sul reato di rissa in generale.
L’art. 588 c.p. punisce il soggetto che partecipa ad una rissa con la multa fino a 309 euro ovvero, se qualcuno riporta lesione personale o rimane ucciso, con la reclusione da tre mesi a cinque anni.
Il fondamento della disposizione in esame risiede nell’esigenza di tutelare in forma anticipata i beni della vita o dell’incolumità individuale.
La struttura oggettiva del reato solleva non poche perplessità, in quanto non sussiste una vera e propria definizione di rissa; il legislatore ha quindi demandato alla giurisprudenza e alla dottrina l’elaborazione di tale concetto.
La dottrina maggioritaria1 definisce, dopo un’attenta analisi, il reato di rissa come uno scambio reciproco di atti di violenza fisica tra più persone.
Si tratta quindi di un reato plurisoggettivo proprio per la cui configurabilità è necessaria almeno la presenza di tre persone.
Per quanto attiene alla condotta tipica questa deve consistere in una partecipazione, da intendersi come contributo materiale con un diretto coinvolgimento personale che può avvenire sia venendo a contatto fisico con “l’avversario” sia a distanza.
Ha da sempre destato perplessità l’applicazione della scriminante della legittima difesa con riferimento al delitto di cui all’art. 588 c.p..
La Corte di Cassazione2 ha ritenuto non applicabile tal esimente in quanto sussisterebbe un rapporto di incompatibilità tra le due fattispecie, posto che i compartecipi sono mossi dalla volontà di recarsi danno a vicenda; potrebbe configurarsi la scriminante solamente nel caso eccezionale in cui alcuni dei partecipanti debbano respingere un’offesa imprevedibile e sproporzionata per eccesso (ad esempio nel caso in cui alcuni dei soggetti coinvolti estraggano improvvisamente armi contundenti o da taglio).
È dato acquisito come la rissa rappresenti un reato di pericolo ove il bene giuridico tutelato è l’incolumità.
Dunque, il reato di rissa si configura nelle forme di violenta contesa tra più persone o gruppi di persone, con il proposito di ledersi reciprocamente e con modalità che pongano in pericolo l’incolumità dei contendenti, non realizzandosi la fattispecie di cui all’art. 588 c.p. nel caso in cui uno dei gruppi in conflitto si limiti a resistere all’aggressione o ad assumere una mera difesa di tipo passivo quando, in particolare, un gruppo di persone assale deliberatamente altre, e queste ultime si difendono, non è ravvisabile il delitto di rissa, né a carico degli aggrediti, né a carico degli aggressori, i quali rispondono soltanto delle eventuali conseguenze della loro azione violenta in danno di coloro che si sono limitati a difendersi3.
Infine con riferimento all’elemento soggettivo è sufficiente il dolo generico consistente nella coscienza e volontà di partecipare ad uno scambio reciproco e contestuale di atti violenti.
Effettuata questa breve analisi degli elementi che costituiscono il reato di rissa pare utile delineare quelli del c.d. concorso di persona nel reato.
Il fenomeno di cui all’art. 110 c.p. viene definito anche come “concorso eventuale”, con ciò, per un verso, evidenziandosi proprio la circostanza per cui il reato può essere realizzato anche da un solo autore e, per altro verso, che l’istituto in esame si contrappone ai casi di c.d. “concorso necessario”, in cui la pluralità di agenti è conditio sine qua non per l’esistenza stessa del reato (ad. es. la rissa)4.
Il concorso di persone nel reato è costituito da un elemento oggettivo ed uno soggettivo.
Per quanto concerne l’elemento oggettivo devono sussistere tre requisiti fondamentali: la pluralità di agenti, la realizzazione di un reato e il contributo di ciascun partecipante alla realizzazione.
La dottrina si è interrogata se tutti i concorrenti dovessero essere necessariamente punibili, giungendo ad affermare che può rivestire la qualifica di concorrente anche il soggetto non punibile ma che abbia partecipato alla commissione di un reato.
In merito al secondo requisito – quello della commissione di un reato – si deve evidenziare come il legislatore abbia richiesto la realizzazione di tutti i requisiti necessari perché sussista una fattispecie penalmente rilevante non rilevando, ad esempio, il mero accordo o l’istigazione di cui all’art. 115 c.p..
La condotta del concorrente può esplicarsi attraverso il vero e proprio compimento materiale degli atti che costituiscono il reato, ovvero essere un mero impulso psicologico: si parla nel primo caso di concorso materiale e nel secondo di concorso morale.
Di particolare rilevanza, soprattutto nella prassi quotidiana, è il concorso morale che – non sempre di agevole riconoscimento – necessità che il soggetto concorrente abbia rafforzato il proposito criminoso dell’agente ovvero lo abbia fatto sorgere.
La fattispecie del concorso morale mira a punire quindi colui che, pur non compiendo materialmente alcun atto, supporta psicologicamente l’autore e ne fomenta la volontà criminale.
Al fine di accertare la sussistenza di tale particolare forma di concorso dottrina e giurisprudenza hanno affermato che deve accertarsi in concreto l’effettivo contributo morale rispetto al reato realizzato; se difatti operasse un meccanismo automatico potrebbero essere penalmente perseguibili anche quelle condotte che si limitano solamente a tollerare il fatto illecito, senza apportare alcun contributo.
Dunque il criterio fondamentale per individuare quali siano, nel singolo caso materialmente realizzato dal soggetto agente, i contributi veramente concorsuali è rappresentato dalla loro incidenza eziologica o causale rispetto alla realizzazione dell’illecito.
Si suole infine distinguere tra concorso nel reato omissivo, da cui discende naturalmente il concorso attivo nel reato omissivo e il concorso omissivo nel reato commissivo.
Il primo – sempre nella prospettiva di ampliare l’ambito di operatività della fattispecie incriminatrice monosoggettiva di base – garantisce che i soggetti concorrenti, i quali non sarebbero astrattamente punibili, siano perseguiti penalmente.
Il secondo, riguarda solamente i soggetti in capo ai quali l’ordinamento ha espressamente posto un obbligo di agire e richiede due requisiti quali l’obbligo giuridico di impedire l’evento e che il reato commesso sia conseguenza o sia agevolato dall’omissione.
Il concorso c.d. necessario di persone nel reato invece si configura quando la norma prevede più condotte che sono tutte necessarie alla realizzazione del reato e devono essere tenute da più soggetti.
Oltre che dal reato di associazione per delinquere ex art. 416 c.p. e dal reato di associazione di tipo mafioso previsto dall’art. 416 bis c.p., tale ipotesi è costituita nel reato di cui all’art. 588.
Di contro, specularmente sussistono i reati a concorso eventuale, in cui indifferentemente la fattispecie può assumere una forma mono soggettiva o plurisoggettiva.
In via di ulteriore precisazione, all’interno del concorso necessario si distingue tra reati plurisoggettivi propri in cui tutti i soggetti sono punibili, e reati plurisoggettivi impropri in cui solo taluno dei soggetti sono puniti.
Nel secondo caso, una tipica ipotesi è il reato di usura, necessariamente plurisoggettivo, in cui ovviamente si richiede il concorso della vittima, mentre viene punito chi presta il denaro.
In aggiunta può essere operata una successiva specificazione distinguendo tra i reati plurisoggettivi quelli collettivi, in cui l’attività dei soggetti è diretta verso un univoco risultato, quelli reciproci in cui le condotte criminose collaborano ai fini del medesimo scopo, infine quelli bilaterali in cui le condotte si muovono l’una contro l’altra.
In tale contesto si inserisce il tema del concorso esterno, istituto di matrice giurisprudenziale creatosi con particolare riferimento al c.d. concorso esterno nei reati associativi, in cui appunto si ammette la possibilità di un concorso eventuale nel reato associativo o comunque a concorso necessario.
Per la tesi affermativa il concorrente esterno fornisce un contribuito causale, rilevante senza voler far parte dell’associazione, e senza necessariamente condividerne gli scopi, pur nella consapevolezza tramite la propria condotta di apportare un ausilio alla medesima.
La tesi negativa trova forza, in assenza di modifiche legislative, sull’applicazione coerente del principio del terzo escluso5.
2. La responsabilità del concorrente esterno.
Una recente pronuncia della Corte di Cassazione6 ha esaminato e chiarito l’ipotesi di concorso esterno nel reato di rissa.
La pronuncia trae origine dal ricorso presentato dal difensore dell’imputato avverso la sentenza della Corte d’Appello di Messina Sez. Minorenni la quale aveva confermato la sentenza emessa dal giudice di primo grado che aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato per il reato di rissa a seguito della concessione del perdono giudiziale.
L’imputato, insieme ad altri, non partecipa materialmente alla colluttazione, ma si limita a formare un cerchio attorno ai due duellanti.
La sentenza di primo grado, pur dando atto che l’imputato non ha partecipato alla rissa, ne ravvisa la penale responsabilità sull’assunto che il citato accerchiamento avrebbe rafforzato il proposito criminoso dei contendenti. La sentenza in commento afferma sul piano astratto l’ammissibilità di un concorso esterno nella rissa, anche se poi risolve la questione sulla scorta di un elemento necessario e pregiudiziale: il numero minimo di partecipanti
In particolare il ricorso si articolava in due motivi con i quali l’imputato deduce erronea applicazione della legge penale e vizi della motivazione.
I giudici di legittimità affermano, nella ricostruzione dell’evento, che i partecipanti alla rissa erano solamente due.
L’imputato avrebbe quindi solamente accerchiato i partecipanti di fatto rafforzando il proposito criminoso dei corrissanti.
Tuttavia solamente due persone hanno posto in essere il reciproco scambio di atti violenza e conseguentemente, anche se si volesse inquadrare la condotta dell’imputato nello stesso modo di come delineato dalla Corte d’Appello, è chiaro che lo stesso è concorso in un fatto atipico.
Difetterebbe infatti il numero minimo di partecipati (tre) affinché possa dirsi integrato il reato di cui all’art. 588 c.p..
A nulla rileverebbe che attorno ai due “sfidanti” vi fossero altri soggetti riuniti in cerchio in quanto nessuno di essi ha materialmente partecipato all’aggressione.
Già tale aspetto sarebbe idoneo e sufficiente per fondare una pronuncia favorevole all’imputato.
La Cassazione tuttavia riscontra un secondo profilo di vizio sotto il profilo dell’adeguata motivazione circa l’idoneità dell’accerchiamento a rafforzare il proposito criminoso dei contendenti.
I giudici di legittimità difatti precisano che, nella gravata sentenza, non viene enunciato se l’episodio sia effettivamente un segmento della rissa oggetto del giudizio ovvero altro e precedente, insorgendo quindi la necessità di precisare se ed in che modo l’ imputato vi sia stato eventualmente coinvolto.
Non è dato però di comprendere quale sia stata l’esatta ricostruzione dei fatti operata dalla Corte d’Appello, rimanendo la sentenza equivoca sul punto ed invero perfino contraddittoria, atteso che, come detto, la stessa apparentemente sembra aver ridotto l’oggetto del giudizio al “duello” finale.
In definitiva nella motivazione della Corte d’Appello il contributo causale è dato per presupposto, quando invece sarebbe dovuto essere oggetto di adeguata e congrua motivazione, anche alla luce del fatto accertato e non contestato che oltre all’imputato, anche altre persone avevano posto in essere il presunto accerchiamento.
La Corte di Cassazione ha quindi annullato con rinvio alla Corte d’Appello di Messina, Sez. Minorenni, la quale, fermo restando il potere di ricostruire i fatti in aderenza a quelle che si riveleranno essere le effettive risultanze processuali colmando le lacune ed incongruenze motivazionali del provvedimento impugnato, si dovrà attenere al principio di diritto formulato in merito ai presupposti per l’affermazione della responsabilità del concorrente esterno nel reato di rissa e cioè che: “È configurabile il concorso esterno ex art. 110 c.p. nel reato di rissa, attraverso la realizzazione di condotte atipiche, come l’istigazione ed il rafforzamento della volontà dell’effettivo partecipe alla rissa, purché queste si traducano in un effettivo e concreto contributo alla sua consumazione”.
3. Riflessioni conclusive.
In questa recente pronuncia la Corte di Cassazione delinea la condotta che deve essere tenuta dal concorrente esterno ex art. 110 c.p. il quale deve apportare un contributo causale concretamente rilevante per determinare o rafforzare il proposito criminoso dell’agente.
Tale contributo non può che essere ricondotto al c.d. contributo morale atteso che invece una eventuale azione non configurerebbe più un concorso esterno ma un vero e proprio concorso nel reato di rissa.
La tematica del concorso esterno ha sempre da sempre sollevato una grande querelle all’interno della giurisprudenza anche sovranazionale specialmente con riferimento ai reati associativi.
Nel reato di rissa, che quindi esula dai reati associativi, la Suprema Corte ammette la sussistenza del concorso eventuale anche attraverso delle condotte definite atipiche quali l’istigazione o il rafforzamento del proposito criminoso del soggetto agente.
Tuttavia tali contributi devono avere un riscontro sul piano pratico che si traducano in un contributo effettivo per la consumazione del reato.
Non è solo sufficiente e idoneo che il concorrente realizzi un contributo astratto (come il mero accerchiamento o la sola presenza), in quanto questo deve trovare un riscontro nella realtà oggettiva.
1 FIANDACA G., MUSCO E., Diritto penale parte speciale, Vol. II, Tomo I, Zanichelli, Bologna, 2015.
2 Cass.pen., sez. V, 31.01.17, n. 9164 secondo la quale “In assenza di pericolo, concreto ed immediato, la scriminante della legittima difesa non può essere riconosciuta, soprattutto se, come nel caso di specie, il ricorrente concorre all’evento (rissa nel corso di una partita di calcetto), quando invece avrebbe potuto semplicemente allontanarsi dal luogo senza pregiudizio o disonore“.
3 INCHINGOLO A., Non c’è rissa senza la volontà di ledere l’altrui incolumità, in CamminoDiritto, 11.12.15.
4 MANTOVANI F., Diritto penale parte generale, Cedam, Padova, 2019.
5 BAZZICHI A., I presupposti per la responsabilità del concorrente esterno nel reato di rissa, in CamminoDiritto, 11.03.20.
6 Cass.pen., Sez. V, 03.10.19, n, 51103.