Avv. Alessandra Abbate – Foro di Roma
SOMMARIO: 1. Premessa. 2. L’evoluzione normativa che ha portato all’introduzione del principio di equilibrio di bilancio nella Costituzione. 3. La tutela dei diritti fondamentali finanziariamente condizionati nella giurisprudenza costituzionale. Il difficile rapporto tra attuazione dei diritti e vincoli di bilancio. Due orientamenti a confronto in seno alla Corte costituzionale. 3.1. La tesi favorevole alla prevalenza del principio di equilibrio di bilancio. 3.2. La tesi della prevalenza dei diritti finanziariamente condizionati. 4. Conclusioni.
- PREMESSA.
L’ordinamento riconosce la tutela dei diritti fondamentali della persona ma, nel corso degli ultimi anni, la garanzia costituzionale riconosciuta a tali diritti ha posto alcune significative questioni sulle quali si sono interrogate la dottrina e la giurisprudenza, in particolar modo la Corte costituzionale, chiamata al sindacato di costituzionalità in materia di bilancio e contabilità pubblica, recentemente innovata dal legislatore.
Infatti, a seguito della crisi economica che si è abbattuta sull’Europa, a partire dal 2008, gli Stati dell’Eurozona, hanno demandato all’Unione Europea la costruzione di nuove regole macroeconomiche per disciplinare le politiche di bilancio anche per gli anni a venire[1], che hanno modificato l’impostazione dell’intera disciplina relativa ai bilanci nazionali, attraverso l’imposizione di vincoli e regole di convergenza, per consentire il maggiore coordinamento delle politiche economiche dei Paesi dell’Unione.
In tale contesto, è sorto il problema degli effetti delle sentenze onerose della Corte costituzionale, laddove vengano in conflitto diritti ed interessi, di pari rango costituzionale, come i diritti fondamentali della persona e gli interessi finanziari dello Stato, ora presidiati dal principio di equilibrio di bilancio.
Per comprendere il fenomeno occorre ricostruire preliminarmente l’evoluzione della normativa in materia di bilancio e contabilità pubblica, incisa profondamente nel corso dei primi anni del secolo anche, come detto, a causa dell’intervento dell’Unione Europea.
Infatti il problema è sorto all’indomani dell’introduzione del principio di pareggio di bilancio nella Carta costituzionale, ad opera della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale)[2], che ha prodotto un enorme mutamento dell’assetto costituzionale del nostro Paese, novellando l’art. 81 Cost. e rendendo pertanto il principio di equilibrio di bilancio un parametro utilizzabile per il vaglio di costituzionalità delle leggi statali e regionali.
Ciò ha comportato il rischio che le sentenze di accoglimento della Corte costituzionale possano avere effetti pregiudizievoli sia sull’equilibrio di bilancio che sulla garanzia dei diritti fondamentali – in particolare i diritti sociali – ovvero quelli che normalmente si pensa comportino un onere più consistente[3] a carico del bilancio, in un ordinamento che, a ben vedere, non tollera che vengano riconosciuti diritti fondamentali “finanziariamente condizionati”[4] dalla sussistenza o meno di una situazione economica positiva o di risorse disponibili, fino a privarli di tutela.
- L’EVOLUZIONE NORMATIVA CHE HA PORTATO ALL’INTRODUZIONE DEL PRINCIPIO DI EQUILIBRIO DI BILANCIO NELLA COSTITUZIONE.
L’attuale disciplina che regola la materia del bilancio dello Stato, originariamente prevista dal R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 (Nuove disposizioni sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità dello Stato) e nel relativo Regolamento R.D. 23 maggio 1924, è ora contenuta:
– nella Costituzione che, mediante l’art. 81, tratteggia i suoi fondamentali aspetti funzionali e organizzatori;
– nella legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica) e successive modificazioni;
– nella legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta Costituzionale)[5];
– nella legge 23 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione) che ha dato attuazione alla predetta legge costituzionale.
La legge costituzionale n. 1 del 2012[6], contiene le regole che rappresentano il punto di svolta per la disciplina del bilancio pubblico, perché ha provocato un significativo mutamento dell’assetto finanziario pubblico, contenuto nella Carta costituzionale, con effetti rivolti non solo alla finanza statale ma anche direttamente a quella delle Regioni e degli enti locali, poiché è intervenuta a modificare, insieme agli artt. 97, 117 e 119, l’art. 81 della Costituzione, l’unico che si occupa della disciplina del bilancio.
Il nuovo testo dell’art. 81, comma 1 Cost.[7] pone in capo allo Stato l’obbligo di assicurare “l’equilibrio tra le entrate e le spese” tenendo conto “delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico”.
Il comma 2 dell’art. 81 Cost., invece reca la disciplina delle deroghe al principio di equilibrio tra le entrate e le spese vietando “il ricorso all’indebitamento” e consentendolo “solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranzaassoluta dei rispettivi componenti,al verificarsi di eventi eccezionali”[8].
Come detto, la regola dell’equilibrio si applica anche ai bilanci delle Regioni e degli enti locali attraverso la disciplina recata dagli artt. 97[9] e 119[10] Cost., a loro volta revisionati dalla richiamatalegge costituzionale n. 1/2012.
In attuazione di quanto previsto dal comma 6 del nuovo art. 81, la legge “rinforzata” 24 dicembre 2012, n. 243[11] ha specificato i principi fondamentali delegati dalla legge costituzionale n. 1/2012 dettando le nuove regole per la legge di bilancio ed estendendo i suoi principi all’intero comparto delle pubbliche amministrazioni.
Per lo Stato italiano si è trattato di intraprendere, dunque, un percorso di revisione e riqualificazione delle regole e delle procedure di bilancio e di contabilità pubblica culminato, come si è visto, con l’introduzione nella Carta costituzionale del principio dell’equilibrio di bilancio, in considerazione del fatto che, per lo Stato, era indispensabile un adeguamento di tali regole ai fini del rispetto dei vincoli, nel frattempo, imposti dall’Unione Europea agli Stati membri con il Trattato europeo del 2 marzo 2012[12] (Trattato sulla stabilità, coordinamento e sulla governance nell’unione economica e monetaria).
Il Trattato è stato ratificato in Italia con la legge 23 luglio 2012, n. 114 (Ratifica ed esecuzione del Trattato sulla stabilità…), con la quale sono stati recepiti i principi del “fiscal compact”, volti a consentire il coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri; la più rigorosa applicazione del Patto di Stabilità e Crescita; il monitoraggio idoneo a scongiurare il rischio di squilibri macroeconomici degli Stati membri ed infine l’adozione di comuni regole per i quadri di bilancio nazionale che consentissero un più agevole raffronto dei dati di bilancio con i criteri previsti dal SEC 2010 in materia di consolidamento dei bilanci pubblici.
Il terzo comma dell’art. 81 Cost. reca il fondamentale obbligo della copertura finanziaria delle leggi “Ogni legge che impone nuovi o maggiori oneri provvede ai mezziper farvi fronte” e, per la prima volta, nel definire il perimetro di applicazione – sia statale che regionale – di tale obbligo, lo riferisce ad “ogni” legge e non, come viceversa avveniva prima della novella del 2012, solamente ad ogni “altra” legge; in tal modo, mentre alla luce della precedente dizione la legge di bilancio, configurandosi quale legge formale e non sostanziale, rimaneva esclusa da tale obbligo, oggi invece vi è ricompresa, essendo venuto meno il suo carattere formale a seguito degli interventi disposticon la legge 4 agosto 2016 n. 163 (Modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, concernenti il contenuto della legge di bilancio, in attuazione dell’articolo 15 della legge 24 dicembre 2012, n. 243).
In questo innovato contesto normativo è dovuta cambiare anche la prospettiva con cui la Corte costituzionale esaminava le questioni di legittimità costituzionale riguardanti la materia di bilancio, riguardate alla luce del nuovo principio di equilibrio di bilancio di cui all’art. 81 Cost..
Il giudice delle leggi ha pertanto dovuto abbandonare il suo tradizionale approccio statico, in favore di un approccio che tenesse conto del fatto che il principio di equilibrio di bilancio è connotato dalla dinamicità e deve essere garantito nel medio-lungo periodo, in ossequio alprincipio di continuità del bilancio.
- LA TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI FINANZIARIAMENTE CONDIZIONATI NELLA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE. IL DIFFICILE RAPPORTO TRA ATTUAZIONE DEI DIRITTI E VINCOLI DI BILANCIO. DUE ORIENTAMENTI A CONFRONTO IN SENO ALLA CORTE COSTITUZIONALE.
A fronte del mutamento della disciplina di bilancio dovuto alla costituzionalizzazione del principio del pareggio di bilancio, sono sorti diversi problemi sui quali si è interrogata la Corte costituzionale.
Innanzi tutto quello della gestione del “costo” di alcune decisioni di accoglimento, le cd. sentenze onerose della Corte che, spesso a causa della loro gravosa consistenza, possono incidere negativamente sia sull’equilibrio di bilancio sia sulla effettività della tutela dei diritti fondamentali della persona.
Nel nuovo assetto di bilancio, tratteggiato dalla novella costituzionale del 2012, l’equilibrio del medesimo, ponendosi ora in chiave di valore costituzionalmente tutelato, può offrire occasioni di conflitto nei casi in cui vi sia contrapposizione con i diritti sociali e, conseguentemente, ciò può condizionarne pesantemente l’effettività della tutela, nel caso di carenza di risorse adeguate al soddisfacimento delle prestazioni essenziali di beni o servizi o comportare pesanti oneri finanziari a carico delle finanze pubbliche.
Per questo si sono iniziati a teorizzare, in dottrina e giurisprudenza, i “diritti finanziariamente condizionati”, al fine di evidenziare come l’effettività della loro tutela possa essere messa a rischio dalla mancanza di risorse pubbliche adeguate alla loro soddisfazione.
Inoltre, è necessario governare il complicato rapporto tra la tutela dei diritti fondamentali della persona e i vincoli di bilancio[13]; quando questi valori vengono in conflitto, infatti, il pericolo è che, le decisioni di accoglimento del giudice delle leggi, possano comportare un pregiudizio all’equilibrio di bilancio.
La giurisprudenza della Corte ha pertanto enucleato alcuni criteri, di cui alcuni di nuovo conio, affinché, a fronte di valori costituzionali in conflitto ugualmente meritevoli di tutela, la garanzia del principio di equilibrio di bilancio non venga riconosciuta a scapito della tutela dei diritti fondamentali della persona e viceversa.
Preliminare a questa ermenuesi è il riconoscimento, da parte della Corte costituzionale, della discrezionalità, in capo al legislatore, delle scelte di allocazione delle risorse pubbliche, notoriamente scarse e bisognose di una distribuzione che consenta l’erogazione dei sevizi e beni essenziali indispensabili per il soddisfacimento delle necessità della comunità amministrata.
A fronte di tale riconoscimento, però, la Corte ha individuato, per garantire l’effettività della tutela dei diritti sociali, alcuni limiti all’esercizio della discrezionalità legislativa, peraltro già consolidati nella giurisprudenza costituzionale e comunitaria, che consistono nei principi di ragionevolezza; di incomprimibilità del “nucleo essenziale” del diritto inciso dall’intervento legislativo e della tutela del legittimo affidamento a fronte di interventi normativi in peius, che si aggiungono a quello più innovativo del temperamento temporale degli effetti delle sentenze di accoglimento sopra indicato.
Inoltre occorre sempre effettuare un adeguato bilanciamento tra i valori in conflitto.
A questo punto, si è posto il problema della eventuale preminenza da riconoscere ad uno dei due valori confliggenti; la Corte ha enucleato due orientamenti, praticamente contestuali, che di seguito si esamineranno, apparentemente di segno opposto.
Il giudice delle leggi con alcune innovative decisioni ha però ritenuto, al fine di contenere le conseguenze pregiudizievoli sul bilancio dello Stato, conseguenti alle sue “sentenze onerose”, di attribuire alle medesime efficacia non più ex tunc bensì ex nunc, ovvero dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, consentendo una modulazione temporale degli effetti delle sentenze[14].
In materia di diritti fondamentali finanziariamente condizionati si è così creata, nella giurisprudenza costituzionale, una singolare situazione, che ha portato alla contemporanea coesistenza di due orientamenti dicotomici che si sono consolidati in un lasso di tempo brevissimo.
Tale situazione è ancora più singolare se si considera che il Collegio della Corte era sostanzialmente formato dagli stessi magistrati.
Indubbiamente una delle ragioni per spiegare il fenomeno risiede nel fatto che nei medesimi anni vi è stato un radicale mutamento dell’intera disciplina della materia di bilancio, determinata dall’esigenza di affrontare la crisi economica abbattutasi sull’Italia e sull’Europa dal 2008, mettendo in sicurezza il sistema della moneta unica dal rischio di eccessivi disavanzi di bilancio degli Stati membri.
Pertanto il nuovo sistema di bilancio ha utilizzato il principio del pareggio, inserito nella Carta costituzionale, come architrave sul quale fondare la nuova impostazione del bilancio, improntata all’equilibrio dello stesso ed alla sostenibilità del debito pubblico, al fine di conseguire la sana gestione delle risorse pubbliche e il buon andamento della pubblica amministrazione, ai sensi dell’art. 97 Cost..
Ciò ha determinato un cambiamento di mentalità, dovuto alla novella dell’art. 81 Cost., rendendo sensibile il giudice delle leggi ai temi relativi alla tutela del bilancio, del suo equilibrio e, più in generale, ai temi relativi alla tutela della stabilità economico-finanziaria in maniera dinamica valutando peraltro gli effetti a lungo termine delle sue decisioni anche a garanzia degli interessi intergenerazionali[15].
Sono emersi, in seno alla Corte costituzionale, due orientamenti: uno fondato sulla prevalenza degli interessi finanziari e l’altro, viceversa, sull’incomprimibilità del nucleo essenziale dei diritti fondamentali della persona.
Ma solo apparentemente le due tesi divergono poiché, a ben vedere, sono sostanzialmente rivolte entrambe alla tutela di valori costituzionali di assoluta preminenza, che necessitano solo di un adeguato bilanciamento, che non ponga a rischio l’effettività della tutela sia che si tratti di interessi finanziari dello Stato sia che si tratti di diritti finanziariamente condizionati.
- LA TESI FAVOREVOLE ALLA PREVALENZA DEL PRINCIPIO DI EQUILIBRIO DI BILANCIO.
La Corte costituzionale, indipendentemente dalla riforma delle regole del bilancio del 2012, aveva già iniziato a riconoscere meritevolezza alla tutela degli interessi della finanza pubblica valorizzandoli come interessi costituzionalmente rilevanti da bilanciare con i diritti fondamentali della persona con essi confliggenti.
Troviamo traccia di ciò nella sentenza n. 455 del 16 ottobre 1990, nella quale emerge, per la prima volta, la questione delle cd. sentenze onerose della Corte costituzionale ed iniziano ad emergere le questioni relative ai diritti finanziariamente condizionati, ovvero quei diritti che a causa della carenza di risorse finanziarie rischiano di ricevere una limitata tutela o addirittura di non riceverne affatto, determinando un vulnus nell’ordinamento.
Nella sentenza n. 455 del 1990 viene in rilievo la tutela del diritto alla salute in contrapposizione con un interesse finanziario della Provincia, in altri termini si pone un contrasto tra un diritto fondamentale della persona, sub species del diritto alla salute, ed il correlato esborso per le finanze pubbliche.
La Corte costituzionale ha infatti dichiarato non fondata la questione di legittimità della Legge finanziaria della Provincia autonoma di Trento, laddove era prospettato un conflitto tra il diritto alla salute riconosciuto e garantito dall’art. 32 della Costituzione come un “diritto primario e fondamentale che (…) impone piena ed esaustiva tutela” (v. sent. n. 992 del 1988, nonché sentt. nn. 88 del 1979, 184 del 1986, 559 del 1987, 1011 del 1988, 298 e 307 del 1990” e la possibilità che la Provincia potesse porre dei limiti, in base al costo pro-capite, alla fornitura di prestazioni sanitarie erogate dalle ASL.
La Corte ha affermato che, essendo il diritto alla salute un diritto erga omnes, esso è immediatamente “garantito dalla Costituzione e come tale meritevole di tutela (v. sentt. nn. 88 del 1979, 184 del 1986, 559 del 1987) ma nel contempo il diritto alle prestazioni sanitarie è oggetto di attuazione da parte del legislatore ordinario (v. sent. n. 142 del 1982, nonché sentt. nn. 81 del 1966, 112 del 1975, 104 e 175 del 1982, 212 e 226 del 1983, 342 del 1985, 1011 del 1988); pertanto, nel caso concreto, trattandosi di prestazioni aggiuntive e integrative apprestate dalla Provincia autonoma di Trento rispetto a quelle previste dal SSN bisogna tenere conto della copertura finanziaria di tali prestazioni finanziate da un apposito fondo della Provincia con risorse aggiuntive rispetto a quelle che devono finanziare il SSN.
Il conflitto riguarda dunque opposti valori costituzionali di arduo bilanciamento: la spesa pubblica e conseguentemente la necessità del suo contenimento e la tutela del diritto alla salute, che è un diritto fondamentale ed incomprimibile e, pertanto, seppur finanziariamente condizionato[16] dalla limitatezza delle risorse finanziarie disponibili, non può essere privato di adeguata tutela.
A fronte della criticità appena illustrata è necessario precisare che la Corte costituzionale ha da sempre riconosciuto che il legislatore gode di ampia discrezionalità nella allocazione delle risorse finanziarie disponibili, ma è altrettanto vero che vi sono dei diritti incomprimibili nel loro nucleo centrale. Conseguentemente, osserva la Corte, la scarsa disponibilità delle risorse può comportare, in taluni frangenti e a determinate condizioni di urgenza e necessità, anche misure che limitino i diritti fondamentali purché tale limitazione, seppure comporti mutamenti in peius della situazione soggettiva degli aventi diritto, abbia caratteretemporaneo.
La tutela dell’equilibrio del bilancio consente, dunque, di ritenere costituzionalmente legittime temporanee limitazioni anche di diritti soggettivi perfetti ma ciò sempre previo bilanciamento tra gli opposti diritti in conflitto e sempre che la nuova regolamentazione sia “razionale e non arbitraria e non pregiudichi in modo irragionevole la situazione oggetto dell’intervento e sussista una causa normativa adeguata e giustificata da un’inderogabile esigenza di intervenire o da un interesse pubblico generale, entrambi riguardati alla luce della consistenza giuridica che ha assunto in concreto l’affidamento”[17].
Ciò emerge, come detto, nei casi in cui venga in contestazioneil diritto alla salute[18] laddove, posto il principio costituzionale di cui all’art. 32 Cost., l’attuazione del medesimo è lasciata nelle mani del legislatore ordinario che deve provvedervi fornendo adeguate risorse finanziarie ed organizzative, al fine di garantire il nucleo essenziale[19] del diritto ed evitare che si crei quel vuoto di tutela che potrebbe derivare dal bilanciamento con altri diritti o interessi di pari valore costituzionale eventualmente confliggenti.
Dopo la novella del 2012, la questione delle cd. sentenze onerose, a seguito della costituzionalizzazione del principio del pareggio di bilancio, si è arricchita di ulteriori nuovi spunti che hanno determinato l’emersione di altre criticità, dal momento che la novella dell’art. 81 Cost. ha subordinato l’intervento del legislatore anche all’assolvimento dell’obbligo della copertura finanziaria di ogni legge.
Ciò ha reso necessaria un’approfondita riflessione sul valore da riconoscere agli interessi finanziari oggetto di bilanciamento, nei casi di un’eventuale contrapposizione con i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione.
In particolare, deve osservarsi che la costituzionalizzazione del principio del pareggio di bilancio conseguente alla novella dell’art. 81 Cost., ha comportato, naturaliter il sindacato della Corte Costituzionale sul rispetto del vincolo, posto in sede europea, dell’equilibrio di bilancio.
In un primo momento è emerso, in seno alla Corte Costituzionale, un orientamento favorevole alla prevalenza degli interessi finanziari rispetto ad altri diritti fondamentali con essi confliggenti.
Testimoniano tale orientamento tre emblematiche sentenze emesse dal giudice delle leggi.
La sentenza n. 10 dell’11 febbraio 2015[20], ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dei commi 16, 17 e 18 del d.l. n. 112/2008, istitutivo della c.d. Robin Tax, con l’art. 81, operando esso una “discriminazione qualitativa” del reddito senza considerare che l’ammontare del medesimo può esprimere capacità contributive diverse e, pertanto, giustificare prelievi diversi.
La sentenza riveste particolare interesse con riferimento al riconoscimento della limitazione dei suoi effetti ex nunc, ovvero ai soli rapporti “non antecedenti” alla data successiva quella della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e non, come di consueto, ai rapporti non ancora esauriti.
La limitazione temporale ex nunc degli effetti della decisione comporta una sorta di “incostituzionalità differita” ed è stata assunta dalla Corte costituzionale a causa del rilevante impatto che la sentenza di accoglimento avrebbe avuto sulle risorse pubbliche, derivante dalle restituzioni dei versamenti tributari effettuati sulla base della norma dichiarata illegittima.
Nel medesimo solco si muove la sentenza n. 173 del 13 luglio 2016, con la quale è stata esclusa l’illegittimità costituzionale del contributo di solidarietà e del blocco della perequazione automatica imposti sulle pensioni dalla legge 27 dicembre 2013.
La Corte costituzionale ha affermato che il contributo di solidarietà, imposto alle cd pensioni d’oro possa “ritenersi misura consentita al legislatore ove la stessa non ecceda i limiti entro i quali è necessariamente costretta in forza del combinato operare dei principi, appunto, di ragionevolezza, di affidamento e della tutela previdenziale (artt. 3 e 38 Cost.), il cui rispetto è oggetto di uno scrutinio “stretto” di costituzionalità, che impone un grado di ragionevolezza complessiva ben più elevato di quello che, di norma, è affidato alla mancanza di arbitrarietà“.
Il giudice delle leggi ha altresì riconosciuto che il predetto contributo “opera all’interno del sistema previdenziale, che concorre a finanziare, in un contesto di crisi del sistema stesso, acuitasi negli ultimi anni, per arginare la quale il legislatore ha posto in essere più di un intervento, contingente o strutturale, tra cui, in particolare, proprio quelli per salvaguardare la posizione dei lavoratori cosiddetti “esodati”[21].
Ciò nonostante l’impatto sulle risorse finanziarie dello Stato sarebbe stato imponente e, per tale motivo, la Corte costituzionale, pur riconoscendo la prevalenza degli interessi di contenimento della spesa, ha comunque limitato pro futuro gli effetti della sua decisione.
Altra sentenza, stavolta di inammissibilità e/o non fondatezza, che si pone nel solco dell’orientamento della necessità di un adeguato bilanciamento tra la tutela dei diritti sociali e la necessità di offrire garanzia al principio di equilibrio di bilancio, è la n. 234 del 9 novembre 2018, sempre in materia di contributo di solidarietà imposto alle pensioni d’oro e di una limitazione relativo al meccanismo di rivalutazione automatica della indicizzazione del calcolo della pensione.
Con riferimento a tale limitazione, la Corte ha ritenuto che essa non si ponga in contrasto con quei criteri di ragionevolezza e proporzionalità individuati dal giudice delle leggi quali criteri per un sindacato positivo sulle norme che impongono limitazioni in peius dei diritti fondamentali e, nel caso concreto, ha rilevato “margini di resistenza delle pensioni di importo più alto rispetto agli effetti dell’inflazione”.
- LA TESI DELLA PREVALENZA DEI DIRITTI FINANZIARIAMENTE CONDIZIONATI.
Come accennato, in caso di conflitto, contemporaneamente all’affermarsi della tesi favorevole alla prevalenza del principio di equilibrio di bilancio sui diritti sociali, vi sono delle pronunce della Corte Costituzionale di segno opposto dove sono i diritti sociali ad affermarsi e a prevalere sul principio di equilibrio di bilancio.
Si va affermando il principio secondo il quale deve essere la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio e non, viceversa, l’equilibrio di quest’ultimo a condizionare la loro doverosa erogazione.
Infatti sempre nel 2015, la Corte con la sentenza n. 70 del 30 aprile 2015[22], ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 25 dell’art. 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), nella parte in cui, per gli anni 2012 e 2013, ha limitato la rivalutazione dei trattamenti pensionistici nella misura del 100%, esclusivamente alle pensioni di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS[23].
E’ evidente che da tale decisione sarebbe derivato a carico del bilancio dello Stato un onere rilevante ma la Corte ha ritenuto che, sebbene il legislatore goda di discrezionalità nella scelta del meccanismo perequativo diretto all’adeguamento delle pensioni, nel caso concreto era incorso nella violazione dei limiti di ragionevolezza e proporzionalità, poiché nell’evocare la “contingente situazione finanziaria” ha mancato di illustrare gli interessi finanziari sottesi e contrapposti ai diritti fondamentali incisi a seguito del giudizio di bilanciamento.
Infatti l’ordinamento consente l’introduzione di norme, sia pure in forma transitoria ed eccezionale, ma il “blocco della perequazione si traduce in una lesione del combinato disposto di cui agli artt. 3 e 53 Cost.”, in quanto la norma censurata limita il perimetro di applicazione ai soli percettori del trattamento pensionistico, in violazione del principio della universalità della imposizione.
Il giudice delle leggi evidenzia, inoltre, la tendenza sempre più frequente a reiterare le misure transitorie che, con il passare del tempo, si prestano a diventare strutturali e tale tendenza è presente nel meccanismo di azzeramento della rivalutazione del trattamento pensionistico.
In tal modo è stato evidenziato il carattere sempre più strutturale di alcune disposizioni, così modulate, che comportano il rischio di violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità, poiché incidono strutturalmente sul potere di acquisto della moneta creando un pregiudizio ai soggetti che percepiscono la pensione.
Insomma il legislatore sbaglia nel “richiamare genericamente la «contingente situazione finanziaria», senza che emerga dal disegno complessivo la necessaria prevalenza delle esigenze finanziarie sui diritti oggetto di bilanciamento, nei cui confronti si effettuano interventi così fortemente incisivi. Anche in sede di conversione (legge 22 dicembre 2011, n. 214), non è dato riscontrare alcuna documentazione tecnica circa le attese maggiori entrate, come previsto dall’art. 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, recante «Legge di contabilità e finanza pubblica» (sentenza n. 26 del 2013, che interpreta il citato art. 17 quale «puntualizzazione tecnica» dell’art. 81 Cost.)”.
La sentenza n. 275 del 19 ottobre 2016, va a completare il quadro già tratteggiato dalle sentenze n. 10, n. 70 e n. 178 del 2015, precedentemente esaminate, dichiarando la illegittimità costituzionale di una norma della Regione Abruzzo che limitava, a causa della scarsa disponibilità di risorse, il finanziamento di alcuni servizi connessi al diritto allo studio e, in particolare, del servizio di trasporto per studenti affetti da disabilità[24].
Questa sentenza si pone nel solco delle precedenti, seppure con un infinitamente minore impatto finanziario, per la determinata presa di posizione con riferimento al principio per cui “è la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione”[25].
La sentenza 275 del 2016[26] segna dunque una precisa presa di posizione della Corte costituzionale e, in un certo senso un’inversione di tendenza nell’orientamento favorevole alla prevalenza del principio di equilibrio di bilancio sui diritti sociali.
Le sentenze esaminate sono tutte fondate sulla considerazione che, in presenza di una crisi economica, i meccanismi posti in essere dal legislatore per affrontarla, possano determinare pesanti incisioni dei diritti sociali ma si giunge ad affermare che i diritti sociali sono dotati di un “nucleo incomprimibile” che non è suscettibile di alcun affievolimento neppure quando si contrappongono agli interessi finanziari dello Stato.
Le sentenze della Corte costituzionale in questi casi hanno dimostrato di poter essere talmente onerose da mettere in pericolo l’equilibrio di bilancio, con gravi ripercussioni anche in sede europea dove lo Stato è chiamato a rispondere del rispetto dei vincoli posti a tutela della permanenza dell’Italia nel sistema della moneta unica.
Per risolvere il problema della onerosità di tali sentenze la Corte, nel corso degli anni, ha cercato di trovare la “quadratura del cerchio” ora appellandosi alla prevalenza del principio di equilibrio di bilancio (sentenza n. 10/2015) ora alla prevalenza dei diritti sociali (sentenza n. 70 del 2015), altre volte mediante la modulazione temporale dei loro effetti.
Con riferimento alla modulazione temporale si osserva che, nel caso della sentenza n. 178 del 2015, all’equilibrio di bilancio e al diritto di libertà sindacale, in conflitto, sono stati riconosciuti effetti prevalenti per entrambi ma sono stati modulati temporalmente, rispettivamente il primo con effetto ex tunc ed il secondo con effetto ex nunc.
In continuità con tale orientamento si pone la sentenza n. 109 dell’11 maggio 2017, dove oggetto dello scrutinio è la disciplina transitoria derivante da un intervento di depenalizzazione, in relazione al principio di irretroattività della pena applicato, appunto, alle nuove sanzioni amministrative che succedono alle preesistenti figure di reato.
Nel rigettare la questione di illegittimità costituzionale, viene affermato che lo Stato, nell’esercizio della potestà legislativa che gli compete, “non è libero di limitare concretamente l’erogazione dei livelli essenziali in materia sanitaria attraverso indifferenziate riduzioni della spesa pubblica”.
Si pone così l’accento sull’effettività della tutela da riconoscere ai servizi essenziali e sul rispetto del principio di certezza del diritto, entrambi messi a rischio ogni qualvolta vi sia una carenza di risorse finanziarie tale da non consentire né l’erogazione delle prestazioni essenziali né la loro tutela; nel caso si accordasse indefettibilmente la prevalenza al principio di equilibrio di bilancio questo non può comunque comprimere “il nucleo essenziale” di diritti fondamentali, sia pure finanziariamente condizionati, che attengono alla persona.
La tecnica decisoria della graduazione degli effetti delle sentenze onerose, consentendo alla Corte di scegliere di posticipare il momento dal quale far valere l’accertata incostituzionalità della normativa di volta in volta impugnata, si è consolidata nel corso degli anni (C. Cost. 71 del 2018; 74 del 2018; 246 del 2019).
Più di recente con la sentenza 152 del 23 giugno 2020, ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 38, comma 4, della legge n. 448 del 2001 nella parte in cui stabiliva che i benefici incrementativi spettanti agli invalidi civili totali fossero concessi “ai soggetti di età pari o superiore a sessanta anni”, anziché “ai soggetti di età superiore a diciotto anni”.
Anche in questo caso la Corte ha ritenuto di utilizzare la tecnica della modulazione temporale degli effetti della sua sentenza, dettata dalla necessità di effettuare un “ragionevole bilanciamento tra i diritti e i principi coinvolti”, facendoli decorrere (solo) dal giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Da ultimo, la Corte nel dichiarare, con la sentenza 234 del 9 novembre 2020, l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 261, della legge n. 145 del 2018nella parte in cui stabilisce la riduzione dei trattamenti pensionistici ivi indicati e l’imposizione del contributo di solidarietà a carico delle pensioni di importo più elevato “per la durata di cinque anni”, anziché “per la durata di tre anni” ha ritenuto che la durata quinquennale del contributo risulta eccessiva non solo rispetto all’orizzonte triennale del bilancio di previsione, fissato dall’art. 21 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica) ma anche in considerazione del fatto che il limite imposto alle pensioni di importo rilevante è stata concordato con la Commissione europea, sulla base degli impatti finanziari stimati per il solo triennio 2019-2021.
- CONCLUSIONI.
Alla luce di quanto premesso, è evidente che la graduazione temporale degli effetti delle sentenze di accoglimento, è una tecnica decisoria, inaugurata dalla Corte Costituzionale a partire dalla sentenza n. 10 del 2015, che non sterilizza del tutto il rischio dell’impatto delle sentenze onerose ma che consente di contemperare tutti i principi e i diritti in gioco, garantendo “il rispetto dei principi di uguaglianza e di solidarietà, che, per il loro carattere fondante, occupano una posizione privilegiata nel bilanciamento con gli altri valori costituzionali” (C. Cost. n. 264 del 2012).
Una tecnica utilizzata dalla Corte quando ha avuto di mira la salvaguardia dei principi di solidarietà, uguaglianza e della continuità istituzionale.
Restando impregiudicata, per il legislatore, la possibilità di garantire i diritti sociali[27] rimodulandone la disciplina[28], in modo che ad essi venga assicurata l’effettività della tutela fornendo una ragionevole e credibile copertura degli effetti finanziari delle sentenze onerose della Corte costituzionale anche con modalità dilazionate nel tempo rispetto agli esercizi di competenza dei relativi oneri.
Pertanto una volta che questi siano stati correttamente individuati, non è più possibile limitarne la tutela mediante la riduzione indifferenziata della spesa pubblica poiché in tal caso si verrebbero a creare vuoti di tutela in quanto l’effettività del diritto “non può che derivare dalla certezza delle disponibilità finanziarie per il soddisfacimento del medesimo diritto” [29].
Anche la Sezione Autonomie della Corte dei Conti intervenuta di recente, in sede di audizione innanzi alle Commissioni parlamentari che si occupano di autonomia differenziata, ha sottolineato che nel “rapporto tra principio dell’equilibrio del bilancio e tutela dei diritti costituzionali” la Corte costituzionale ha precisato l’ordine di priorità ritenendo necessario, dapprima individuare gli interventi di attuazione dei diritti, di seguito, e di conseguenza, decidere la composizione del bilancio[30].
Ed inoltre ha suggerito che in questa prospettiva “ferma restando l’auspicabile invarianza degli effetti finanziari” i conseguenti oneri derivanti dall’approvazione di nuove leggi “potrebbero essere finanziati – qualora eccedenti le coperture attuali – attraverso la rimodulazione della spesa o, eventualmente, per il tramite di nuove entrate”.
In tal modo confermando la preclusione a ridurre gli spazi di tutela offerti dall’ordinamento a fronte della riduzione indifferenziata della spesa pubblica, la quale va rimodulata, invece proprio per garantire l’effettività dei diritti e della loro tutela.
[1] M. Caredda, Giudizio incidentale e vincoli di finanza pubblica. Il giudice delle leggi prima e dopo la crisi, 2019, 15.
[2] A titolo esemplificativo, v. Camera dei Deputati, XVI Legislatura, Servizio Studi – Dipartimento bilancio, Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’art. 81, sesto comma, della Costituzione – Legge 24 dicembre 2012, n. 243. Schede di lettura n. 736/2 del 17 gennaio 2013; M. Luciani, L’equilibrio di bilancio e i principi fondamentali: la prospettiva del controllo di costituzionalità, in Il principio dell’equilibrio di bilancio secondo la riforma costituzionale del 2012, Atti del seminario svoltosi in Roma, Palazzo della Consulta, 22 novembre 2013, Milano 2014.
[3] M. Luciani, Diritti sociali e livelli essenziali delle prestazioni pubbliche nei sessant’anni della Corte Costituzionale, Rivista ATC 2017, n. 3, dove si ritiene, ma tutti i diritti, compresi quelli di libertà, configurandosi spesso anch’essi come “diritti di prestazione”.
[4] L’espressione si deve a F. Merusi, Servizi pubblici instabili, Bologna, 1990, 30.
[5] La legge cost. n. 1/2012 nel titolo fa riferimento all’introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale mentre nel testo tale espressione è sostituita esclusivamente dall’equilibrio dei bilanci.
[6] D. Morgante, La costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, ivi, n. 14/2012; A. BRANCASI, Il principio del pareggio di bilancio in Costituzione, in Osservatorio sulle fonti, n. 2/2012.
[7] P. Canaparo, La legge costituzionale n. 1 del 2012: la riforma dell’articolo 81, il pareggio di bilancio e il nuovo impianto costituzionale in materia di finanza pubblica, in Federalismi.it, n. 13/2012.
[8] L’art. 5, comma 1, lett. d legge cost. n. 1 del 2012 precisa che per eventi eccezionali sono da intendersi gravi recessioni economiche, crisi finanziarie e gravi calamità naturali.
[9] Art. 97, comma 1, Cost.: “Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico”.
[10] Art. 119, comma 1, Cost., come modificato dall’art. 4 della legge cost. n. 1 del 2012: “I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea”; mentre al comma 6: “I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento, con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio. È esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti”.
[11] D. Cabras, La legge di attuazione del principio costituzionale del pareggio di bilancio, in Quad. cost., 2013, 124-125;
[12] Camera dei deputati – XVII Legislatura – Dossier di documentazione – Servizio Biblioteca – Il principio del “pareggio di bilancio”.
[13] G. Scaccia, La giustiziabilità della regola del pareggio di bilancio, anche in Il Filangieri, Quaderno 2011, Napoli 2012, 211-212 ss; G. Rivosecchi, L’equilibrio di bilancio: dalla riforma costituzionale alla giustiziabilità, in Rivista AIC, n. 3/2016.
[14] A. Lanzafame, La limitazione degli effetti retroattivi delle sentenze di illegittimità costituzionale tra tutela sistemica dei principi costituzionali e bilanciamenti impossibili, in Rivista AIC, 2/2015; M. Polese, L’equilibrio di bilancio come limite alla retroattività della sentenza di accoglimento, in Rivista AIC 2/2015.
[15] Corte Cost. sentenza n. 18 del 2019; N. Lupo, Costituzione europea, pareggio di bilancio ed equità tra le generazioni. Notazioni sparse, in Amministrazione in cammino, 25 ottobre 2011.
[16] M. Luciani, Lanterna magica. I diritti finanziariamente condizionati, Riv. Corte dei conti, 2018, 647.
[17] Sentenze nn. 349 del 1985, 417 del 1996, 457 del 1998.
[18] Sentenza n. 304 del 1994 dove la Corte pur assegnando carattere di diritto “finanziariamente condizionato” al diritto alla salute, precisando che nel bilanciamento dei contrapposti valori costituzionali “le esigenze relative all’equilibrio della finanza pubblica non possono assumere un peso assolutamente preponderante”, tale da comprimere il nucleo essenziale del diritto alla salute connesso all’inviolabile dignità della persona umana, costituendo altrimenti esercizio macroscopicamente irragionevole della discrezione legislativa”.
[19] D. Messineo, La garanzia del “contenuto essenziale” dei diritti fondamentali. Dalla tutela della dignità umana ai livelli essenziali delle prestazioni, Torino, 2012.
[20] R. Romboli, Natura incidentale del giudizio costituzionale e tutela dei diritti: in margine alla sentenza n. 10 del 2015, in Quad. cost., 2015, 607 ss.
[21] C. Salazar, Crisi economica e diritti fondamentali, in Riv. AIC 2013, n. 4, 20.
[22] M. A. Procopio, La legittimità costituzionale delle pensioni d’oro: il singolare “dietrofront” operato dal giudice delle leggi, in Giurisprudenza tributaria, 11/2016, 836 ss.
[23] E. Monticelli, Il complesso dibattito in materia di diritti previdenziali e vincoli di bilancio: un commento della sentenza n. 70 del 2015.
[24] L. Madau, È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione, in Rivista ATC 2017, n. 1; M. Massa, Corte costituzionale e giustiziabilità dell’equilibrio di bilancio: dal principio alle regole (e ritorno), in Osservatorio sulle fonti, n. 3/2019.
[25] M. Caredda, op. cit., 127.
[26]E. Furno, Pareggio di bilancio e diritti sociali: la ridefinizione dei confini nella recente giurisprudenza costituzionale in tema di diritto dell’istruzione dei disabili, in Consultaonline, Fasc. 1/2017, 105, ss.
[27] Salazar Crisi economica e diritti fondamentali, Riv. AIC 2019, n. 4, 8; Corte cost., sentenze 12 dicembre 1996, n. 417; 9 aprile 1998, n. 127; 16 dicembre 1998, n. 457.
[28]C. Cost., sentenze 8 luglio 1992, n. 356; 5 maggio 1993, n. 243; 1994, 8 giugno 1994, n. 240.
[29] Corte cost., sentenza n. 169 del 2017; L. Carlassare, Diritti di prestazione e vincoli di bilancio, in Costituzionalismo.it, 2018, n. 3.
[30] C. Cost., sentenza, 19 0ttobre 2916, n. 275.