di Andrea Lestini

Sommario: 1. Premessa – 2. Il contratto atipico di “catering” – 2.1. (segue). Il contratto atipico di “catering”: verso la somministrazione o l’appalto? – 3. Il contratto di “banqueting”: un contratto atipico dal carattere misto – 4. Sulla meritevolezza del contratto di “banqueting” – 4.1. Contratti che “non abbiano una particolare denominazione propria” e “contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare” – 5. Conclusioni

  1. Premessa

Una sentenza del Tribunale di Roma [1] e una ordinanza della Suprema Corte di Cassazione [2], unitamente ad una non più recentissima pronuncia del Tribunale di Monza [3], costituiscono l’occasione per affrontare un tema, particolarmente interessante e sempre più ricorrente nella prassi, come quello della qualificazione del contratto (atipico) avente ad oggetto la realizzazione del ricevimento di nozze.

In particolare, al fine di individuare la disciplina concretamente applicabile, occorre domandarsi se il contratto, avente ad oggetto tutte le prestazioni necessarie (quali la fornitura del luogo, del banchetto e delle prestazioni di servizio correlate) per l’organizzazione e lo svolgimento di un singolo evento, come per esempio, un matrimonio, corrisponda ad un tipo contrattuale previsto dal legislatore ovvero debba essere considerato come atipico; in questa seconda ipotesi, inoltre, si rende necessario verificare se tale operazione economica possa essere qualificata come contratto atipico di “catering” ovvero quale contratto atipico di “banqueting”.

La diversa qualificazione del contratto, infatti, comporta – come si vedrà nel prosieguo – l’applicazione di una differente disciplina giuridica, modellata in un caso sulla somministrazione e nell’altro sull’appalto.

Più in generale può osservarsi come il procedimento volto a ricondurre un contratto ad un determinato tipo piuttosto che ad un altro, significa attribuirgli alcuni, ma non altri, effetti naturali del medesimo. La riconduzione di un singolo e concreto contratto ad un determinato tipo consente, sotto altro profilo, di completare la disciplina che le parti abbiano lasciato lacunosa [4].

  • Il contratto atipico di “catering”

Con il contratto di catering, figura storicamente nata nel diritto della navigazione [5], una parte si obbliga, verso il corrispettivo di un prezzo, ad approvvigionare l’altra parte di pasti pronti per essere consumati [6].

L’obbligazione del somministrante, il “caterer”, è adempiuta con la consegna dei pasti precotti, confezionati secondo modalità, specifiche tecniche e qualitative definite nella quantità, nei tempi e nel luogo stabiliti dal contratto, a fronte delle quali il somministrato è, a sua volta, tenuto al pagamento del corrispettivo pattuito [7].

Si discute, peraltro, in ordine alla natura giuridica di questa fattispecie contrattuale.

Sebbene, il catering, sia menzionato in diverse disposizioni di legge [8], manca infatti una disciplina organica della materia [9], cosicché l’interprete potrebbe domandarsi se si possa discorrere di un processo di “tipizzazione giurisprudenziale”.

Ebbene, le linee di indagine tradizionali ritengono che la tipicità giurisprudenziale rappresenti l’inevitabile conseguenza di un costante atteggiamento delle Corti nel momento in cui si trovano a dover operare l’interpretazione di un contratto apparentemente non ascrivibile ad un tipo legale; si assiste, per tale via, ad una tendenza a ridurre ogni contratto ad un tipo già esistente e, qualora tale procedimento logico di sussunzione non appaia possibile, a ricorrere alla categoria dei contratti misti o dei contratti complessi [10].

A tal riguardo, non essendo tipizzato dal legislatore si ritiene, quindi, che il contratto di catering sia un contratto atipico ai sensi dell’art. 1322 comma 2 c.c. [11], ed il problema riguarda allora da un lato la meritevolezza dell’interesse perseguito e dall’altro la ricerca della disciplina applicabile.

Da quest’ultimo punto di vista il compito dell’interprete è, a ben vedere, quello di individuare il tipo legale analogo o affine da cui poter desumere la disciplina applicabile nel singolo caso atipico. Non sono peraltro mancate voci dottrinali volte a sostenere come «il contratto atipico si manifesta autonomo e pretende una altrettanto autonoma disciplina che il giudice deve ricavare dalla funzione concretamente svolta dall’operazione senza lasciarsi condizionare dal riferimento al tipo legale prevalente o analogo sul piano della ricostruzione statica, pur se le parti abbiano disciplinato taluni patti con riferimento ad istituti tipizzati, come anche si desume dall’art. 1374, là dove, in mancanza di legge puntuale o di usi, vale l’equità e non l’analogia» [12]. 

Sulla disciplina applicabile ai contratti atipici si tornerà più oltre, in sede di conclusioni.

  • (segue). Il contratto atipico di “catering”: verso la somministrazione o l’appalto?

Il catering, come detto, pur essendo menzionato dal legislatore non ha una propria disciplina normativa, e pertanto viene qualificato come contratto atipico; peraltro, in relazione alle modalità con cui, in concreto, si presenta, si ritiene che possa essere inquadrato nell’ambito dell’appalto di servizi o della somministrazione, allorché abbia carattere continuativo o periodico [13].

Del resto, l’attività di catering può consistere, a ben vedere, in un servizio di ristorazione posto in essere vuoi per un singolo evento determinato, vuoi con carattere periodico o continuativo.

Ebbene, se nel primo caso non vi sono dubbi che il contratto si atteggi come appalto di servizi (la mancanza di prestazione continuativa o periodica esclude in radice ogni riferimento alla somministrazione), si può ritenere come la discussione abbia per lo più riguardato i contratti di catering con prestazioni continuative o periodiche.

Con riferimento a quest’ultima ipotesi, secondo un primo orientamento potrebbe sostenersi una qualificazione in termini di somministrazione, come sembrerebbe indicare l’etimologia del termine – dall’inglese to cater: somministrare cibi – con la conseguenza che la disciplina sarebbe quella del titolo III, capo V del c.c., art. 1559 c.c. e ss. [14]; a tale orientamento si contrappone però l’opinione di coloro i quali ricostruiscono l’istituto in termini di appalto [15] (pur se, si precisa, avendo ad oggetto prestazioni continuate o periodiche, convivrebbe con la disciplina della somministrazione [16], secondo quanto previsto dall’art. 1677 c.c.).

La riconducibilità del contratto di catering all’appalto viene in particolare sostenuta in forza della normativa «per la ristrutturazione della flotta pubblica (Gruppo Finmare) e interventi per l’armamento privato» di cui alla legge 5 dicembre 1986 n. 856, anche se a ben guardare, nella stessa non compare espressamente il termine catering.

La dottrina [17], infatti, ritiene che la riconducibilità del catering all’appalto possa essere desunta dall’art. 17 della legge 856/1986, ove si prevede, che l’armatore possa appaltare, tra l’altro, «i servizi di cucina o servizi generali a bordo delle navi adibite a crociera»; in questo caso, prosegue la norma, «tali servizi sono svolti dall’appaltatore con gestione ed organizzazione propria ed il relativo personale non fa parte dell’equipaggio pur essendo soggetto alla gerarchia di bordo prevista dall’articolo 321 del codice della navigazione». Ebbene, il concetto di organizzazione e gestione a proprio rischio, tipico dell’appalto, consentirebbe, secondo tale interpretazione di inquadrare il catering proprio nel contratto di appalto.

In realtà, evitando di adottare aprioristiche soluzioni, val bene rilevare come la soluzione debba essere rinvenuta nei singoli e specifici casi che si presentano in concreto. Al riguardo, in caso di prestazione periodica o continuativa di servizi di ristorazione, si potrà ritenere di essere in presenza di un contratto di appalto qualora emerga la prevalenza del lavoro rispetto alla materia, la prevalenza della quale viceversa consentirà di sostenere di essere in presenza di un contratto di somministrazione.

Il catering con prestazioni continuative o di durata, invero, pur avendo un tratto comune individuabile nel soddisfacimento di esigenze collegate alla ristorazione collettiva, si manifesta in forme variegate [18], ma comunque riconducibili, come detto, entro le aree della somministrazione o dell’appalto.

In tale prospettiva si ritiene che laddove il catering abbia ad oggetto la mera consegna di pasti preparati, la fattispecie si identificherebbe con la somministrazione di beni, a differenza delle ipotesi in cui al caterer sia richiesta anche la distribuzione, la pulizia, il riordino dei locali o altre prestazioni, perché allora il contratto sarebbe assimilabile allo schema all’appalto di servizi. 

Pertanto, è solo attraverso una concreta analisi del regolamento contrattuale che potrà svolgersi l’operazione di qualificazione del contratto [19].

Ciò posto, alla luce delle pur brevi considerazioni svolte, emerge come un problema di qualificazione non si pone – almeno in un primo momento – nel caso in cui il servizio sia previsto per un singolo e ben individuato evento, poiché tale situazione, non potendo rientrare, per mancanza della periodicità o continuità della prestazione nella somministrazione, dovrebbe configurare una ipotesi di appalto di servizi. E, tuttavia, anche in tale caso si rende opportuno un attento studio del regolamento contrattuale posto in essere dai paciscenti.

La prassi mostra infatti la molteplicità e la ricchezza contenutistica delle ipotesi che hanno ad oggetto attività di ristorazione in riferimento ad un singolo evento.

Potranno così delinearsi delle vicende in cui ciò che si richiede all’organizzatore non è la sola attività di ristorazione (sia pure correlata ad alcune attività di sistemazione dei locali) quanto, complessivamente, il servizio reso in occasione di festeggiamenti e spettacoli di vario genere, da operatori specializzati; tali soggetti dovranno reperire i locali e svolgere una complessa attività di organizzazione dell’evento nella sua interezza, secondo quanto previsto nel contratto [20].

In tale contesto, soprattutto in ambito nuziale, l’attività predisposta dalla società organizzatrice, non si esaurisce nella somministrazione di cibi (tale è il catering) quanto piuttosto in una pluralità di attività, a partire per esempio già dalla fornitura del luogo, fino alle varie prestazioni di servizio correlate, come le attività musicali, passando ovviamente per il banchetto nuziale.

Si può anzi dire che è la realizzazione e la predisposizione del ricevimento di nozze tout court che realizza l’interesse delle parti.

Orbene, poiché tutto l’affare va valutato attraverso le sue componenti, in quanto sono esse che ne indicano i profili essenziali, attraverso una globale considerazione degli interessi contrapposti, il mero contratto di catering potrebbe rivelarsi, per dir così, inadeguato, a far fronte di un servizio considerato nella sua completezza e concretezza. A tal fine, nella realtà dei traffici, è stata elaborata, specie con riferimento ai ricevimenti nuziali, la figura del contratto atipico di “banqueting”.

Si potrebbe, in tale ottica, dire che il contratto atipico di banqueting nasce quale filiazione del contratto di catering avente ad oggetto un singolo evento, dal quale tuttavia si discosta per la ricchezza del servizio reso: tanto che entrambe le ipotesi – catering predisposto per un singolo evento e banqueting – vengono ricondotti, come si vedrà, alla disciplina dell’appalto di servizi.

  • Il contratto di “banqueting”: un contratto atipico dal carattere misto

Il contratto di banqueting può essere definito, come un contratto atipico a prestazioni corrispettive e a forma libera [21], «nel quale un imprenditore, di solito un ristoratore, dietro corrispettivo, assume, mediante organizzazione dei mezzi necessari (locali, personale, cibo e bevande) e a proprio rischio, la realizzazione di un evento – nel caso in esame un banchetto in occasione delle nozze – in favore di un altro soggetto» [22].

In particolare, tale contratto ha ad oggetto, dietro il corrispettivo di un prezzo, per un verso la fornitura di un numero determinato di pasti, il cui menù viene precedentemente concordato tra le parti (numero di portate e sequenza), da consumarsi in locali appositamente scelti ed allestiti [23]; e per altro verso l’assunzione, da parte della fornitrice, di molteplici ed eterogenee obbligazioni, rivolte peraltro non solo al contraente, ma anche a terzi, come per esempio gli invitati al ricevimento [24].

A tal riguardo, alle obbligazioni di dare, quali la preparazione e fornitura delle pietanze per gli invitati si affiancano invero anche quelle di fare, come per esempio il servizio ai tavoli e l’allestimento dei locali, nonché le obbligazioni di mettere a disposizione dei commensali i locali e gli altri spazi appositamente allestiti e di poter anche ascoltare della musica [25]; si sostiene dunque, in ragione della pluralità di obbligazioni dedotte in contratto, che riassumono elementi di diversi tipi contrattuali, l’esistenza «di un contratto misto, che presenta alcuni elementi di contratti nominati come l’appalto d’opera, l’appalto di servizi e la locazione, con connotati del contratto a favore di terzo» [26].

Anche la giurisprudenza di legittimità ha affermato che il contratto di banqueting configura «un contratto atipico (…) dal carattere misto, che presenta elementi propri di più contratti tipici» [27].

Il carattere atipico-misto del contratto in esame non comporta però che nessuna disciplina dei contratti tipici trovi ad esso applicazione, in quanto secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, «in tema di contratto misto, la relativa disciplina giuridica va individuata in quella risultante dalle norme del contratto tipico nel cui schema sono riconducibili gli elementi prevalenti (cosiddetta teoria dell’assorbimento o della prevalenza)» [28].

Pertanto, al contratto di banqueting, in base alla teoria dell’assorbimento, deve ritenersi applicabile la disciplina giuridica dell’appalto di servizi, al cui schema causale sono in prevalenza riconducibili gli elementi del contratto concluso tra le parti, quali la preparazione delle pietanze, servizio ai tavoli e buffet, organizzazione della serata musicale [29].

  • Sulla meritevolezza del contratto di “banqueting”

Prima di concludere, giova segnalare il secondo aspetto dei contratti atipici – oltre a quello della disciplina applicabile – vale a dire la meritevolezza degli interessi perseguiti.

Che il contratto di catering sia diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico non è lecito dubitare, come dimostrano le diverse normative di settore che, pur non offrendo una tipica qualificazione del contratto ed una concreta disciplina applicabile, menzionano in più occasioni tale fattispecie.

Potrebbe, per altro verso, ritenersi anche che tale contratto, già socialmente tipico, rappresenti in realtà una delle «figure derivanti dal modello codicistico dell’appalto di servizi [che] sono state coniate nella pratica degli affari, e con alcune leggi di derivazione internazionale o comunitaria sono assurte al rango di autonomi tipi di contratto nominato» [30].

Quanto al contratto (sicuramente) atipico o atipico-misto di banqueting, il discorso si pone in termini parzialmente diversi in quanto nessuna norma (ad eccezione della legislazione emergenziale) fa espresso riferimento a tale figura, peraltro molto frequente nella prassi.

Orbene, tale operazione economica rappresenta un ulteriore ed importante manifestazione della capacità di dar vita a contratti sempre nuovi, in sintonia con l’evoluzione della realtà sociale e che consente di riflettere, ancora una volta, sulla meritevolezza dell’interesse perseguito dalle parti di cui all’art. 1322 comma 2 c.c.

  • Contratti che “non abbiano una particolare denominazione propria” e “contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare”

L’art. 1322 comma 2 c.c. ammette la possibilità per i privati di «concludere contratti non appartenenti ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico».

Tale disposizione – come efficacemente osservato da G.B. Ferri, in un importante studio intitolato “Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico” [31] – si ricollega, sostituendola, a quella contenuta nell’art. 1103 c.c. del 1865, nella quale, anziché di contratti tipici si parla di contratti, aventi una particolare denominazione propria. Ebbene, si osserva altresì come «sarebbe tuttavia un errore considerare l’art. 1322 c.c. come la riproduzione con formule diverse, dell’art. 1103 c.c. 1865». 

A tal riguardo, sotto il vigore del codice del 1865 «ogni fenomeno contrattuale non riconducibile immediatamente ad un tipo, doveva esservi ricondotto attraverso una analisi più o meno complessa del suo contenuto, diretta a stabilire quale fosse la prestazione principale» [32], e tale situazione conduceva alla «conseguenza che il contratto atipico veniva fatto rientrare nel tipo al quale corrispondeva la prestazione principale» [33]. In altri termini, come pure è stato messo in evidenza, la tipicità sociale emergeva, a livello giuridico, solo in quanto rappresentata ed espressa nella particolare determinazione propria dei contratti “nominati” dal legislatore; viceversa, per ciò che riguardava la disciplina del contratto “innominato”, si finiva sempre per ricondurla a quella del contratto nominato, con il quale il primo presentava un maggior numero di analogie [34].

Il superamento di tale concezione avvenne con gradualità, attraverso i tentativi compiuti per staccare il problema del tipo dal problema del nomen iuris che portarono a differenziare, senza però operare una contrapposizione, la tipicità legale e la tipicità sociale [35].

Ne è derivato un sistema in cui «la nozione di contratto atipico non coincide, dunque, con quella di contratto innominato, ma ricomprende quegli atti individuali che non si possono ricondurre a nessun tipo, né legale né sociale» [36].

  • Conclusioni

Alla luce del quadro (giurisprudenziale) così delineato possono svolgersi alcune riflessioni conclusive di carattere più generale.

È nota, infatti, la tendenza tipizzante della giurisprudenza, volta a teorizzare – nelle ipotesi in cui l’operazione economica realizzata dai privati presenti taluni elementi di un tipo e taluni elementi di altro tipo contrattuale – l’esistenza di un contratto misto piuttosto che di un contratto atipico.

Peraltro, in entrambi i casi (contratto misto e atipico), si pone il problema di individuare la concreta disciplina applicabile alla operazione concreta predisposta dalle parti, questione che se appare risolta, allo stato, mediante l’applicazione, in caso di contratto misto, del criterio della prevalenza, presenta ancora maggiore incertezza con riferimento al contratto atipico.

Sul punto sono state elaborate diverse ricostruzioni, agli estremi delle quali si pongono da una parte la teoria volta a considerare il contratto atipico in termini di assoluta autonomia, senza alcun condizionamento dal tipo prevalente o analogo e dall’altra l’opinione di chi ritiene applicabile la sola disciplina del contratto in generale. Nel mezzo, quasi in una posizione mediana, si registra un atteggiamento molto simile a quello che emerge in materia di contratti con causa mista, ovvero che consente di individuare la disciplina il più possibile adatta a regolare il caso concreto mediante una estensione del tipo o la combinazione di più tipi legali.

Ciò posto, per ritornare alle fattispecie oggetto della presente analisi, si potrebbe concludere nel senso che, pur essendo un contratto atipico, il servizio di catering disposto per un singolo evento, consentendo di rinvenire elementi tipici dell’appalto, permetterebbe di essere accostato a tale fattispecie, mentre qualora abbia ad oggetto una prestazione continuativa o periodica dovrebbe alternativamente essere ricondotto, a seconda della concreta conformazione del contratto così come predisposto dalle parti, alle figure dell’appalto di servizi o della somministrazione.

Tale contratto di catering, tuttavia, avendo ad oggetto il solo servizio di ristorazione pare inidoneo a regolare le molteplici situazioni in cui, a fianco a tale attività, si pongano, quali prestazioni essenziali, anche quelle volte a fornire i luoghi di ricevimento, l’allestimento del banchetto e tutte le prestazioni correlate richieste, specie, in occasione di ricevimenti nuziali.

A tal fine è stata elaborata nella prassi la figura del contratto atipico di banqueting, rispetto al quale – attraverso una qualificazione in termini di contratto misto ovvero di contratto atipico dal carattere misto – nelle tre pronunce esaminate si è ritenuto di poter applicare la disciplina dell’appalto.

È noto, infatti, come non avendo il contratto misto una propria disciplina tipica, si pone il problema di individuare i referenti normativi da poter applicare. Ed è altresì noto come in giurisprudenza si ritenga che la disciplina del contratto misto dovrebbe essere quella del tipo contrattuale prevalente, in applicazione della teoria dell’assorbimento, orientamento che si è imposto sulla teoria della combinazione.

Resta però da chiedersi se, tale ragionamento, sicuramente condivisibile discorrendo di contratto misto (o atipico-misto), possa considerarsi valido – su di un piano generale – anche in ipotesi di contratto atipico, essendo tale questione oggetto di maggiore discussione in dottrina.

[1] Tribunale di Roma, Sez. XI, Sent., 8 gennaio 2020.

[2] Cass. civ. Sez. II, Ord., (ud. 06-03-2019), 17 ottobre 2019, n. 26485.

[3] Tribunale Monza Sez. IV, 8 febbraio 2007.

[4] Cfr. E. Gabrielli, La nozione di contratto (Appunti su contratto, negozio giuridico e autonomia privata), in Giur. it., 2018, pag. 2802.

[5] V. Cuffaro, I contratti di appalto privato, 2011, pag. 33; il catering rappresenterebbe dunque uno schema di contratto con cui le navi e gli aerei si riforniscono nei vari porti e aeroporti per la ristorazione dei passeggeri e degli equipaggi. Successivamente tale fattispecie si sarebbe estesa anche ad altri settori, quale il trasporto ferroviario, per poi essere introdotta nella prassi contrattuale anche nei rapporti di diritto privato.

[6] G. Petrillo: Catering, in Dig. comm., III, 1988, pag. 60 ss.

[7] G. Petrillo: Catering, cit.

[8] Si veda, in particolare, l’art 59 del D.lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (c.d. codice del consumo) e l’art. 1, comma 54 lett. i-ter della Legge 6 novembre 2012, n. 190. Il contratto di catering è altresì menzionato nei provvedimenti dettati dalla legislazione emergenziale.

[9] Sebbene non abbia ricevuto una disciplina legale propria, nonostante il progetto di legge C-5577 del 20-01-1999, il catering è richiamato per esempio nel d.lgs. 13 gennaio 1999 n. 18 e nel D.M. 4 aprile 2005 n. 95. Cfr. G. Cassano, I singoli contratti, I, 2010.

[10] Cfr. E. Gabrielli, La nozione di contratto (Appunti su contratto, negozio giuridico e autonomia privata), cit., pag. 2802.

[11] Tribunale di Roma, cit.

[12] F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 2019, XIX ed., p. 825.

[13] G. Bausilio, Contratti atipici, 2014, pag. 109 ss.

[14] G. Petrillo: Catering, cit.

[15] Tra i contratti atipici riconducibili all’appalto, rientrerebbe anche il catering: G. Presti – M. Rescigno, Corso di diritto commerciale, Bologna, 2004.

[16] V. Cuffaro, I contratti di appalto privato, cit.

[17] V. Cuffaro, I contratti di appalto privato, cit.; F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, cit., pag. 1163.

[18] G. Cassano, I singoli contratti, cit.

[19] Peraltro, potrebbe poi rilevarsi, su di un piano pratico, come – almeno prendendo in esame la maggior parte dei casi che si presentano nella concreta vita di relazione – i contratti di catering aventi per oggetto prestazioni e attività di ristorazione continuative o periodiche, sembrerebbero rientrare nella disciplina della somministrazione, in ragione della prevalenza dei beni o delle cose rispetto al lavoro.

[20] G. Cassano, I singoli contratti, cit.

[21] Tribunale Monza, cit.

[22] Cass., ord., n. 26485/2019.

[23] Tribunale Monza, cit.

[24] Tribunale Monza, cit.

[25] Tribunale Monza, cit.

[26] Tribunale Monza, cit.

[27] Cass., ord., n. 26485/2019.

[28] Cass., sez. un., n. 11656/2008, richiamata da Cass., ord., n. 26485/2019.

[29] Cass., ord., n. 26485/2019; Tribunale di Roma, cit.

[30] V. Cuffaro, I contratti di appalto privato, cit., il quale precisa come «la figura del contratto di catering può trovarsi spesso commista con lo schema della somministrazione quando l’impiego della fornitura del servizio abbia i caratteri della continuità o periodicità, e della sua corrispondenza al fabbisogno del somministrato».

[31] G.B. Ferri, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1966, pag. 231 ss.

[32] G.B. Ferri, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, cit. pag. 233.

[33] G.B. Ferri, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, cit. pag. 233.

[34] Cfr. G.B. Ferri, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, cit. pag. 234.

[35] G.B. Ferri, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, cit. pag. 233, il quale avverta che «non può farsi addirittura una contrapposizione tra tipi legali e tipi sociali» perché «i primi non rappresentano che la recezione, da parte dell’ordinamento giuridico, di tipi che già si sono affermati nella realtà sociale».

[36] G.B. Ferri, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, cit. pag. 241.