“IL CONTROLLO PREVISTO DALLA LEGGE 258/1958 con particolare riferimento degli enti pubblici di ricerca (EPR) e alle istituzioni artistiche, culturali e di spettacolo. Problemi e prospettive.” Intervento del prof.avv. Eugenio Picozza già professore ordinario di diritto e amministrativo e di diritto pubblico dell’economia presso l’Università di Roma Tor Vergata al Convegno celebrativo dei 60 anni di approvazione della legge 259/1958 “Partecipazione della Corte dei Conti al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria” – Roma Palazzo Zuccari 23 novembre 2018.
di Eugenio Picozza
PRIMA PARTE: I PROFILI GENERALI DEL CONTROLLO SULLA GESTIONE FINANZIARIA EX LEGE 259/1958
1)Gli obiettivi di questo intervento sono essenzialmente due: mettere in luce le problematiche specifiche che emergono dal controllo di gestione ai sensi della legge 259/1958; e delineare le possibili prospettive. Tuttavia proprio al fine di inquadrare correttamente tale problematica non mi posso sottrarre a qualche riferimento generale di ordine costituzionale e legislativo in ossequio al principio e al metodo della interpretazione “costituzionalmente conforme” che è divenuto obbligatorio per le giurisdizioni ma che dovrebbe essere tenuto strettamente presente anche nella amministrazione attiva, consultiva e di controllo
1)Primo punto: le finalità generali del controllo sulla gestione finanziaria previsto dall’art.100 Cost.
La costituzione all’articolo 100 dopo aver ribadito che “La Corte dei Conti esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo e anche quello successivo sulla gestione del bilancio dello Stato”, al successivo comma prescrive che essa” partecipa nei casi e con le forme stabilite dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria. Riferisce direttamente alle Camere sul risultato del riscontro eseguito.” L’utilizzazione delle parole “controllo sulla gestione finanziaria” e “risultato del riscontro eseguito” sono state lette in senso limitativo soprattutto all’epoca piena di luci ma anche di ombre della gestione delle partecipazioni statali (v. per tutti in questo senso G.Guarino Partecipazione dello Stato al capitale di enti pubblici e controllo della Corte dei Conti in Scritti di diritto dell’economia e dell’energia Milano Giuffrè editore 1962 p.189 ss.). Ma quel periodo felice o oscuro che sia stato, ormai non c’è più: nuove tecniche, nuove metodologie della stessa gestione di imprese e di enti pubblici e privati, profit o no-profit si sono affermate in tutto il mondo, insieme alla esplosione della informatica, della comunicazione e delle reti virtuali, della intelligenza artificiale. Anche a livello giuridico, peraltro il quadro di riferimento costituzionale è cambiato in quanto l’istituto del controllo successivo della gestione trova ora anche altri riferimenti costituzionali di cui deve tenere conto, tra i quali principalmente:
a)L’articolo 97 comma zero prescrive “Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento della Unione Europea, assicurano l’equilibrio del bilancio e la sostenibilità del debito pubblico”.
Questa prescrizione che compare a livello macroeconomico nella analoga disposizione normativa dell’articolo 81 Cost. riguarda tutte le pubbliche amministrazioni (compresi tutti gli Enti Pubblici tra i quali appunto gli EPR) ma anche gli enti “privatizzati” nella misura in cui le funzioni amministrative e contabili rimangono (come effettivamente restano) atti di diritto pubblico al pari di appalti pubblici e concessioni. Orbene nell’ambito di applicazione della contabilità finanziaria non rilevano i risultati della gestione “economica” in quanto l’analisi finanziaria interna ed esterna (controllo dei revisori dei conti, riscontro della apposita sezione della corte dei conti) hanno il primo dovere nel verificare (preventivamente o a consuntivo) la capacità dell’Ente di fare fronte positivamente ai propri bisogni finanziari. Questa verifica serve appunto per stimolare e ricordare all’ente l’obiettivo dell’equilibrio finanziario che è un obiettivo costituzionale.
Ma il citato articolo 97 contiene un’altra importante prescrizione: l’ente deve assicurare la sostenibilità del proprio debito pubblico. Per valutare e in seconda istanza verificare la effettività dei risultati e dei conti prodotti dall’ente il controllore non può che inserirsi anche nella gestione economica dell’ente non certo in una prospettiva politico-amministrativa (per questo ci sono figure apicali negli enti anche privatizzati normalmente il presidente) o manageriale (in tal caso la responsabilità manageriale è del direttore generale dell’Ente medesimo); bensì allo scopo di far rispettare il principio della sostenibilità del debito pubblico dell’ente stesso. La conclusione sul primo punto è che La Costituzione finanziario-contabile non può essere interpretata più per singole norme ma va interpretata ed applicata in combinato disposto con gli articoli 81 e 97 (e per quanto occorrer possa anche con gli articoli 117 e 119). Il controllo non si limita più alla gestione finanziaria ma irrompe su quella economica nell’ambito e con le finalità proprie dell’articolo 97.
A sua volta in sede attuativa della Costituzione, legge 259/1958 deve essere applicata ed interpretata in senso estensivo laddove essa pure fa riferimento a termini come gestione finanziaria ( articolo 6) o risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria (articolo 7).
2.Il secondo punto riguarda l’accertamento dell’attuale punto di equilibrio tra produzione giuridica ed imputazione nell’ambito della attività amministrativa economica, finanziaria e contabile. Anche in tal caso possiamo parlare di obbligo di applicazione e di interpretazione costituzionalmente orientato: stavolta però a differenza del caso precedente è la costituzione materiale ad orientare la interpretazione di quella formale. Mi intendo riferire alla c.d. amministrazione di risultato che scaturisce dalla approvazione e dalla ormai lunga applicazione dell’inciso normativo contenuto nell’articolo 1 della legge 241/90 legge generale sul procedimento amministrativo secondo cui “L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell’ordinamento comunitario” Si tratta di una disposizione ricchissima di implicazioni pratiche sul nostro tema e quindi è importante isolare i principi comuni e trattarli separatamente:
a) economicità ed efficacia: sono criteri come è noto importati dalla analisi economica del diritto ma già contenuti in modo simbolico nell’antico concetto del buon andamento, già da molto tempo attualizzato con la espressione “efficienza” (Si ricordino in proposito i predittivi scritti di NIGRO e di SEPE). Pur nel rispetto del principio di legalità che anche secondo le dichiarazioni INTOSAI del 1977 deve comunque rimanere sullo sfondo i nuovi principi introducono come si diceva prima un diverso punto di equilibrio tra la fattispecie della produzione giuridica e quella della imputazione. Precedentemente infatti il fenomeno energetico del potere si manifestava attraverso la funzione e la sua forma- cioè il procedimento – per arrestarsi e cristallizzarsi nel provvedimento. Da ciò la classica teoria della efficacia giuridica del provvedimento amministrativo e di conseguenza la ratio del controllo di validità/invalidità. Massimo Severo Giannini e Angelo Falzea hanno scritto cose mirabili sul rapporto tra imputazione degli effetti ed imputazione dei risultati, e non cè alcun dubbio che oggi produzione ed imputazione dei risultati hanno una effettività giuridica almeno pari a quella della produzione degli effetti giuridici in senso formale. Tutto ciò fa quindi parte del controllo sulla gestione che non è più un mero riscontro sulla gestione ma deve rendere conto dei risultati raggiunti in termini di economicità ed efficacia da parte di una determinata pubblica amministrazione, ente pubblico, ente privato di interesse pubblico, associazioni e fondazioni comunque sottoposte al controllo della Corte dei Conti ex lege 259/1958. Tuttavia non è facile soprattutto per amministrazioni ed enti a forte impatto burocratico (cioè con un numero di impiegati sproporzionato e spesso di non completa ed adeguata preparazione) passare da una gestione formalistica dell’attività ad una gestione “manageriale” per obiettivi. Sotto questo profilo si presenta oggi per la Sezione del Controllo sulla gestione finanziaria una grande opportunità che trova le sue radici nel principio di leale collaborazione tra enti pubblici(anche esso ormai un principio costituzionale) o di sussidiarietà con le istituzioni private (questo è il caso delle istituzioni artistiche e culturali sottoposte al suo controllo). Si tratta di applicare quelle azioni provenienti da un ramo delle scienze cognitive che possono aiutare gli operatori burocratici degli enti a non commettere bias comportamentali: le tecniche ormai notissime sono quelle del nudging (ovvero spinta gentile) e dell’empowerment (aiutare l’operatore ad avere più fiducia in se stesso e a prendersi anche i rischi inerenti la responsabilità delle proprie decisioni). Non è un caso che tali studi oltre ad aver fruttato ai loro autori quantomeno due premi Nobel (SIMON, THALER) abbiano ricevuto il massimo interesse dagli ambienti governativi della Presidenza Obama trasformandosi in un preciso executive order del 15 settembre 2015. Nella premessa del decreto si legge che “ Un numero crescente di prove dimostra che le intuizioni scientifiche comportamentali – i risultati di ricerche di settori come l’economia comportamentale e la psicologia su come le persone prendono decisioni ed agiscono su di esse – possono essere utilizzate per progettare politiche governative allo scopo di servire meglio il popolo americano. Laddove le politiche federali sono state progettate per riflettere le intuizioni scientifiche comportamentali, hanno sostanzialmente migliorato i risultati per gli individui, le famiglie, le comunità e le imprese a cui tali politiche servono… “Per comprendere meglio i benefici delle intuizioni comportamentali e ottenere risultati migliori ad un costo inferiore per il popolo americano, il governo federale dovrebbe definire le sue politiche e programmi per riflettere la nostra migliore comprensione di come le persone si impegnano, partecipano, usano e rispondono a quelle politiche e programmi. Migliorando l’efficacia e l’efficienza del governo, le conoscenze scientifiche comportamentali possono supportare una serie di priorità nazionali, incluso aiutare i lavoratori a trovare posti di lavoro migliore, consentire agli americani di vivere vite più lunghe e più sane, migliorare l’accesso alle opportunità educative e il sostegno al successo a scuola; e accelerando la transizione verso un’economia a bassa emissione di carbonio”.
Anche in Italia questo decreto (che intende rivoluzionare il tradizionale rapporto amministrativo inteso in senso giuridico) ha avuto una vasta eco e risonanza anche presso la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione ora Scuola Nazionale dell’Amministrazione che ha istituito appositi master e corsi di formazione anche in virtù di un apposito protocollo di intesa con la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Anche se ovviamente il primo fruitore di queste nuove acquisizioni scientifiche resta il cittadino e per quanto qui interessa l’amministrato e/o il fruitore di servizi pubblici collettivi o individuali, non bisogna sottovalutare il progressivo impatto globale che è lecito attendersi dai suggerimenti di queste nuove discipline.
b)imparzialità, pubblicità, trasparenza. Se la verifica del rispetto dei suddetti principi riguarda certamente prima di tutto il controllo di legalità della attività dell’ente nondimeno essa pertiene anche al modo di gestire la cosa pubblica e anche in questo caso la verifica dei risultati della gestione è estremamente rilevante. Anche in questo campo si è affermato come nel caso precedente un nuovo istituto e procedura che può essere posto accanto agli atti e documenti previsti dall’articolo 4 della legge 259/1958 e cioè il bilancio di esercizio.
Questo recente istituto e documento è stato oggetto di una attenzione quasi ventennale da parte della Unione Europea, attraverso i seguenti documenti e comunicazioni:
-Libro Verde Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese; (Nruxelles 18.7.2001 COM(2001) 366 definitivo;
-Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo e l comitato delle regioni “Strategia rinnovata della UE nel periodo 2011/2014 in materia di responsabilità sociale delle imprese (Bruxelles 25.10.2011 COM (2011) 681 definitivo;
-Comunicazione della Commissione: Orientamenti sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario (metodologia per la comunicazione di informazioni di carattere finanziario): Bruxelles 26.6.2017 C(2017) 4234 finale
Nel contempo anche molte organizzazioni ed istituti di ricerca nazionale hanno studiato l’istituto, i suoi presupposti, gli elementi costitutivi, le priorità, gli orientamenti: in particolare va ricordato il pregevole documento preparato dal Gruppo di Studio per il Bilancio Sociale e denominato Standard GBS 2013 Principi del Bilancio Sociale edito da Assirevi e dalla Associazione dei Dottori Commercialisti con la casa editrice Giuffrè. Proprio l’articolo 2 fissa i seguenti obiettivi del bilancio sociale:
Principi di redazione 17
- Obiettivi del Bilancio Sociale Il Bilancio Sociale si propone di conseguire i seguenti obiettivi:
. fornire a tutti gli stakeholder un quadro complessivo delle performance dell’azienda, aprendo un processo interattivo di comunicazione sociale;
. fornire informazioni utili sulla qualita` dell ’attivita` aziendale per ampliare e migliorare — anche sotto il profilo etico sociale— le conoscenze e le possibilita` di valutazione e di scelta degli stakeholder.
In particolare cio` significa: dare conto della identita` e del sistema di valori di riferimento assunti dall’azienda e della loro declinazione nelle scelte strategiche, nei comportamenti gestionali nonche´ nei
loro risultati ed effetti;
. fornire l’idea di bilanciamento tra le aspettative degli stakeholder ed indicare gli impegni assunti nei loro confronti;
. rendere conto del grado di adempimento degli impegni nei confronti degli stakeholder;
. esporre gli obiettivi di miglioramento che l’azienda si impegna a perseguire;
. fornire indicazioni sulle interazioni fra l’azienda e l’ambiente nel quale essa opera;
. rappresentare il Valore Aggiunto creato nell’esercizio e la sua ripartizione.
Come è noto i dati essenziali del bilancio sociale sono tre: l’identità aziendale;il rendiconto-socio economico;
la relazione sociale.
Giuridicamente cioè come atto giuridico, il bilancio sociale si pone a cavaliere tra l’esercizio del potere di autonomia pubblica, amministrativa, economica e finanziaria dell’ente pubblico (peraltro fortemente già ridotta dalla direttiva europea n. 95/2011 sui bilanci tipo secondo la normazione europea) e i principi generali del diritto civile e commerciale in materia di bilanci delle imprese con particolare riferimento alle s.p.a. “Sono state messe a punto procedure per l’individuazione degli stakeholders (cioè i portatori di interessi) e per la valutazione, la rendicontazione e la verifica della responsabilità sociale dell’impresa. Inoltre, nelle forme più avanzate di bilancio sociale viene stimato il “valore aggiunto” ed, a volte, in queste stime, seguendo tecniche e procedure di economia del benessere e di analisi costi benefici, viene dato un peso speciale al risparmio creato od attivato dall’impresa. Il bilancio sociale ha un ruolo critico nella rendicontazione delle attività di imprese senza fine di lucro, come sono ad esempio le istituzioni artistiche. Musicali e culturali o scientifiche in quanto permette di verificare non solo l’impiego economicamente e finanziariamente legittimo e logico delle proprie risorse, ma anche di valutarne l’impatto sui portatori di interessi e sulle comunità che sono collegate a quel tipo di ente. Potrebbe dunque essere interessante almeno in prima battuta studiare l’applicazione di questi principi agli enti che sono soggetti al controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria.
L’apporto della Corte potrebbe riguardare sia la formazione del personale addetto alla redazione del bilancio sociale che la stesura di linee guida alla preparazione del Bilancio Sociale, condivise con i revisori interni e con l’ANVUR.
c)i principi generali del diritto comunitario in particolare quelli finanziari e contabili coinvolgenti la Corte dei Conti Europea.
Come si è sopra riportato l’articolo 1 della legge generale sul procedimento amministrativo n. 241/1990 contiene anche il riferimento all’obbligo di osservanza, da parte della attività amministrativa, dei principi dell’ordinamento comunitario. Non è un caso che le modifiche agli articoli 81, 97,117 e 119 della Costituzione siano nati dalle disposizioni normative del Diritto Europeo anche se (con riferimento alla vicenda del pareggio di bilancio) si discute della legittimità costituzionale europea di tali disposizioni, in quanto inserite sono parzialmente nei Trattati TUE e TFUE ed in realtà oggetto precipuo di accordi interistituzionali europei e di fonti del diritto derivate (regolamenti, direttivi, decisioni ed anche atti informali quali le comunicazioni). In ogni caso l’obbligo non cambia in quanto pur ascritti al livello del diritto derivato della Unione Europea sono pur sempre principi generali a cui si applica il criterio ermeneutico della primazia e della diretta applicazione.
Orbene, il TFUE dopo aver affermato genericamente all’articolo 285 che “la Corte dei Conti assicura il controllo dei conti dell’Unione” specifica all’articolo 287 quali sono i caratteri essenziali di questo controllo:
“1. La Corte dei Conti esamina i conti di tutte le entrate e le spese della Unione. …La Corte dei Conti presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una dichiarazione in cui attesta l’affidabilità dei conti e la legittimità e la regolarità delle relative operazioni, che è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Unione Europea. Detta dichiarazione può essere completata da valutazioni specifiche per ciascuno dei settori principali della attività dell’Unione”.
“2. La Corte dei Conti controlla la legittimità e la regolarità delle entrate e delle spese ed accerta la sana gestione finanziaria. Nell’esercitare tale controllo, essa riferisce in particolare su ogni caso di irregolarità”. Come si può agevolmente desumere il controllo che si ispira chiaramente ai modelli di auditing britannici e nord americani prevede non solo il riscontro ma anche l’attestazione, cioè un procedimento ed un provvedimento dichiarativo con funzioni di scienza e di conoscenza (in quanto pubblicato nella G.U.C.E.) legale all’esito di una delicata funzione di accertamento.
Il secondo punto essenziale è che la Corte dei Conti accerta la “sana gestione finanziaria” e quindi si tratta di un controllo tutto orientato alla gestione economica, patrimoniale e finanziaria oltre che di legittimità. E’ sintomatico che il TFUE non parli espressamente di vizi di legittimità ma di errori compiuti dalla istituzione. Da queste disposizioni possiamo trarre due direttrici di obblighi per gli stati membri della Unione Europea;
-uno è diretto: quando attraverso il controllo delle istituzioni europee vi è una connessione con l’operato degli stati membri (ad esempio in materia di fondi strutturali) occorrerà “ non solo che l’azione degli Stati membri sottoposti a controllo presenti un nesso sufficientemente diretto con le finanze della Unione, bensì anche che gli Stati membri, nell’effettuare le azioni sottoposte a controllo, fossero tenuti a rispettare i precetti del diritto dell’Unione” (Punto 69 delle conclusioni dell’Avvocato Generale V. Trstenjak del 25 maggio 2011 inerenti la causa C539/09 Commissione europea contro Repubblica federale di Germania). Ancora più preciso sul punto è l’articolo 120 delle Regolamento Finanziario 1995 del Consiglio del 12 dicembre 2006: “Ogni decisione o convenzione di sovvenzione prevede espressamente il controllo della Commissione e della Corte dei Conti, in base a documenti e sul posto, di tutti i contraenti e subcontraenti che hanno beneficiato di fondi comunitari”. Il principio di leale collaborazione europea vale quindi anche per la Corte dei Conti italiani sia nell’esercizio della funzione di controllo, anche sulla gestione, sia in sede giurisdizionale.
-l’altro è indiretto: potremmo parlare più propriamente di “principi ispiratori europei” del controllo sulla gestione degli enti cui lo Stato partecipa in via ordinaria ai sensi dell’articolo 100 della Costituzione.[1] In effetti appare evidente che in ordine agli esiti del controllo finanziario la Corte dei Conti Europea si pone in una logica diversa rispetto a quella tipica di diversi ordinamenti statali, ivi compresa l’Italia. Essa, infatti, non suole fare riferimento ai termini illegittimità o irregolarità bensì all’”errore” (G. Cogliandro La legalità finanziaria nell’ordinamento italiano e in quello europeo in Corte dei Conti e Commissione Europea 2010; ID. Legittimità : variazioni su sul tema tra sinonimia e polisemia in www. Giustizia amministrativa. It).[2] Ciò risulta ancora più chiaro dalla messa in luce di quelli che sono i caratteri essenziali del paradigma della sana gestione finanziaria come testualmente si desumono dall’articolo 27 del regolamento finanziario: I flussi finanziari europei debbono essere gestiti nel pieno rispetto dei seguenti criteri:
-principio dell’economicità, i mezzi impiegati dalla istituzione per la realizzazione delle proprie attività sono resi disponibili in tempo utile, nella quantità e qualità appropriate e ad un prezzo migliore;
-principio della efficienza: deve essere ricercato il miglior rapporto tra i mezzi impiegati e le realizzazioni o i risultati conseguiti;
-principio della efficacia: Gli obiettivi specifici fissati devono essere raggiunti e devono essere conseguiti i risultati attesi.
Sarebbe ancora più interessante soffermarsi sugli indici di sana gestione finanziaria sopra illustrati ma lo spazio del presente intervento non me lo consente.[3] Ma è oltremodo interessante notare che il filo europeo si riallaccia ai principi del diritto amministrativo nazionale di cui al medesimo articolo 1 primo comma della legge generale sul procedimento amministrativo 7/8/1990 N. 241 e successive modificazioni e integrazioni.[4]
SECONDA PARTE ALCUNE APPLICAZIONI AGLI ENTI DI RICERCA, ARTE, CULTURA E SPETTACOLO.
2.L’ambito e la portata del controllo della Corte dei Conti su questi Enti pubblici e privati presenta alcune caratteristiche e peculiarità che lo diversificano di non poco rispetto al controllo sugli enti pubblici strumentali quali ad esempio gli Enti previdenziali e assistenziali. In effetti la stessa Costituzione pone tra i principi generali il compito della Repubblica di promuovere lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnologica (articolo 9). E che la creazione artistica faccia parte del concetto di cultura è ormai scontato in quanto espressamente inserita tra le varie forme di diversità culturale dalla apposita Convenzione di Parigi. Inoltre l’articolo 33 della Costituzione (sui rapporti etico-sociali) proclama l’autonomia e la indipendenza degli enti pubblici artistici, culturali, didattici e scientifici quali Università, Accademie e Istituti di Alta Cultura (ma anche gli Enti pubblici di ricerca equiparati alle Università fin dalla legge quadro n. 168 del 1989). Sembrerebbe dunque che gli spazi per il controllo sulla gestione siano molto ristretti. Ma in realtà dei limiti sono espressamente fissati per gli enti di ricerca sia dal principio generale pure contenuto nell’articolo 33 secondo cui l’autonomia pubblica si svolge nei limiti fissati dalle leggi dello Stato: sia dalle leggi numerose che riguardano gli EPR ed in particolare dal recente decreto legislativo sul loro riordinamento n.218/2016.
Per quanto poi riguarda gli enti di spettacolo devo obbligatoriamente ricordare che lo spettacolo sia dal vivo e attraverso i mass media è solo una forma di diffusione della creazione artistica quindi non coincide con essa anche se l’affascinante tema della interpretazione (se cioè abbia carattere esecutivo o creativo) ci porterebbe molto lontano. Sta di fatto che da un lato le fondazioni lirico-sinfoniche sono espressamente regolate da apposite leggi di privatizzazione puntualmente ricordate dalla Sezione nel riscontro per il 2016 e nella recente audizione della Presidente alla Camera dei Deputati. Dall’altro valgono comunque i principi generali del codice civile sulle associazioni e fondazioni senza scopo di lucro integrati con gli specifici riferimenti al bilancio di tipo civilistico di cui al dlgs 93/2011 sulla armonizzazione dei documenti contabili.
2.1. Regime e prospettive del controllo di cui alla legge 259/1958 sugli Enti Pubblici di Ricerca.
Si tratta dunque di indicare presuntivamente entro quali ambiti si muova il controllo sulla gestione: qui si intreccia il tema specifico con quello generale sopra brevemente tratteggiato. Infatti se l’obiettivo del controllo si deve limitare al riscontro della legittima e regolare gestione finanziaria dell’EPR esso appare tutto sommato abbastanza modesto: ci sono già allo scopo i revisori dei conti (considerati addirittura un organo e non ufficio interno); ci sono i nuclei di valutazione di cui parla la prof.sa Luisa Torchia), che altro dovrebbe fare la Corte dei Conti?. Ma come si è visto non sono questi gli obiettivi verso i quali ci spingono concordemente i principi nazionali e comunitari sulla attività amministrativa fissati dall’articolo 97 della Costituzione, e dall’articolo uno primo comma della legge generale sul procedimento amministrativo. Essi tendono decisamente verso un controllo sulla sana (e aggiungerei prudente) gestione finanziaria dell’ente in piena applicazione del paradigma finanziario costituito dalle note tre E efficienza, efficacia ed economicità della gestione. Non si tratta certamente di valutare la qualità scientifica o didattica della ricerca: per questo compito ci sono non solo i nuclei di valutazione interni ai singoli enti ma anche l’Agenzia Nazionale di Valutazione della Qualità della Ricerca. Ma a mio avviso rientra pienamente nei compiti della Corte die Conti il controllo sui risultati attesi rispetto alla pianificazione generale del MIUR e dei Singoli Enti di Ricerca.
Esemplificando il quadro di riferimento e senza la pretesa di fornire una analisi dettagliata, la Corte dei Conti può accertare e riscontrare:
a)Il rispetto da parte degli EPR vigilati degli indirizzi strategici declinati dal MIUR nel quadro del Programma Nazionale della Ricerca e dei conseguenti obiettivi.(articolo 6 del delgs 218/2016) soprattutto nella elaborazione del singolo piano triennale di Attività (ad esempio sulla consistenza e variazioni dell’organico e sul dimensionamento del fabbisogno di personale);
- b) la coerenza della attività annuale rispetto agli indirizzi ed obiettivi del piano triennale di cui all’articolo 7
- c) il rispetto delle indicazioni fornite dall’articolo 9 del dlgs citato sul fabbisogno , budget e spese di personale (articolo 9)
- d) il rispetto da parte dei ricercatori e tecnologi dell’obiettivo di assicurare una gestione finanziaria dei fondi nel rispetto dei vincoli di trasparenza ed efficienza contabile (articolo 2) ed il rispetto delle regole fissate dall’articolo 13 per il rimborso delle spese di missione.
Inoltre in applicazione del principio costituzionale di leale collaborazione tra organi ed enti pubblici, la Sezione della Corte può collaborare anche informalmente con il Ministero Vigilante e con l’ANVUR nell’ambito delle rispettive competenze per la definizione delle linee guida in tema di valutazione dei risultati della ricerca, organizzativi ed individuali, per la parte di sua professionalità e cioè in relazione agli obiettivi di una sana e prudente gestione finanziaria enucleando anche il rispetto dei vincoli procedimentali e fattuali europei. Questa disposizione normativa come è noto non si applica peraltro agli EPR vigilati dal MIUR per i quali valgono le disposizioni dell’articolo 5 (programmazione e finanziamento degli EPR vigilati dal MIUR circa la ripartizione del fondo ordinario di cui all’articolo 7 del decreto legislativo 5 giugno 1998 n. 204. In tale ambito assume particolare valore e delicatezza la previsione contenuta nel secondo comma “Salvo quanto previsto dal comma 1, le quote del fondo ordinario assegnate in sede di riparto, per specifiche finalità che non possono essere più utilizzate per tali scopi,- previa motivata richiesta e successiva autorizzazione del Ministero – possono essere destinate ad altre attività o progetti attinenti alla programmazione degli enti”. Anche qui il riscontro sulla sana gestione finanziaria delle somme in relazione alla deroga rispetto alla ripartizione del FFO costituisce operazione importante e complessa.
–Sicuramente la innovazione di maggiore interesse è costituita dalla previsione normativa dell’articolo 14 comma 2 del dlgs (controlli della Corte dei Conti), secondo cui la Corte dei Conti esercita sugli enti il controllo previsto dall’articolo 12 della legge 21 marzo 1958 n. 259 : “Il controllo previsto dall’articolo 100 della Costituzione sulla gestione finanziaria degli enti pubblici ai quali l’Amministrazione dello Stato o un’azienda autonoma statale contribuisca con apporto di capitale o servizi o beni ovvero mediante concessione di garanzia finanziaria è esercitato, anziché nei modi previsti dagli articoli 5 e 6, da un magistrato della Corte dei Conti, nominato dal Presidente della Corte stessa, che assiste alle sedute degli organi di amministrazione o di revisione”. La novità della previsione (peraltro già anticipata da precedenti disposizioni di leggi specifiche per singoli EPR) deve far riflettere adeguatamente in quanto assimila il controllo finanziario sugli EPR a quello delle società a partecipazione pubblica. Infatti a parte il ruolo che il Magistrato riveste ai fini degli adempimenti di cui agli articoli 4 e 5 della legge, l’interrogativo essenziale è quello sulla sua “funzione di assistenza”. Se teniamo presenti tutti gli spunti trattati nella prima parte di questa Relazione non può che rifiutarsi la concezione di un ruolo meramente neutrale e passivo del Magistrato contabile. Al contrario la sua funzione di controllo deve principalmente essere di tipo collaborativo e rientrare nella figura del counsel economico, finanziario e contabile proprio del finance audit. Non mi nascondo che questo mutamento implica probabilmente anche un aggiornamento delle metodologie finora seguite nella prassi ma sono fermamente convinto che lungi dal rappresentare una funzione “neutrale” si tratti di una assistenza vera e propria non diversa nello spirito se non nel campo di applicazione dalla funzione di assistenza legale degli avvocati o dalle rispettive funzioni di assistenza di altre categorie di professionisti.
2.2. Il controllo finanziario sulla gestione degli enti di cultura e di spettacolo.
Ho una osservazione preliminare di metodo per quanto riguarda il settore restrittivamente denominato arte e spettacolo: il controllo sulla gestione è stato riservato solo ad alcuni enti privati di interesse pubblico (fondazioni Liriche Sinfoniche) mentre cè una complessa e articolata realtà musicale nel solo settore lirico-sinfonico che spesso dà risultati artistici pari o addirittura superiori a taluno dei primi (si pensi ai numerosi Teatri di Tradizione, alle Istituzioni Concertistiche ed Orchestrali e ad Associazioni Musicali Private che ricevono cospicui contributi pubblici, tutte ancora disciplinate dalla indimenticata legge Corona 800/1967 e dalle norme di attuazione del F.U.S. (in particolare i decreti ministeriali culle modalità e contenuti di attribuzione delle sovvenzioni ministeriali che negli ultimi tempi sono stati frequentemente impugnati al TAR). Sarebbe molto positivo che nel DLGS di attuazione della legge di rifoma dello spettacolo n. 175/2017 e cioè nel c.d. codice dello spettacolo si disciplinasse in modo uniforme non solo gli standard che queste istituzioni pubbliche o private debbono mantenere per accedere ai finanziamenti pubblici, ma anche la tipologia dei controlli che spesso finiscono per essere quelli giurisdizionali o para giurisdizionali (invito a dedurre o citazione a giudizio per errata percezione o comunque gestione dei contributi ricevuti)..
Per quanto riguarda gli enti culturali ,poi, vediamo soggetti al controllo sulla gestione delle “eccellenze” italiane in questo ambito quali l’Accademia della Crusca, l’Accademia Nazionale dei Lincei, l’Istituto nazionale di Romani la Scuola archeologica italiana di Atene, la Fondazione Centro Italiano di studi sull’alto medioevo (Fondazione CISAM) ,Istituto nazionale di Studi Verdiani, l’Istituto nazionale Ferruccio Parri -Rete degli Istituti per la storia della Resistenza e per l’età contemporanea, l’Istituto per gli Studi di politica internazionale (ISPI) e la Società italiana per l’organizzazione internazionale (SIOI). Essendo questi tutti enti di pura creazione, produzione e diffusione della cultura in settori importantissimi dal punto di vista storico, politico e sociale il controllo di cui all’articolo 2 appare a mio avviso sufficiente ed appropriato. Come ricordavo in una parte precedente della relazione, lo sviluppo dell’arte e della cultura costituisce un principio fondamentale inalienabile dello stato che fa parte dei principi supremi fondatori della identità dello Stato italiano (le libertà fondamentali degli articoli da 13 a 21 per tutelare le quali è possibile addirittura apporre controlimiti al diritto internazionale ed europeo secondo la giurisprudenza della Sovrana Corte Costituzionale italiana). Di conseguenza il controllo sulla gestione non può invadere gli spazi di libertà artistica e culturale mentre l’accertamento della oculata gestione delle (scarse) risorse e la possibilità di individuare margini di spending review vi rientrano perfettamente.
-Non così a mio avviso per il vasto gruppo di Fondazioni sottoposte finora al controllo ex articolo 2 della legge 259/258. Infatti, oltre le 15 Fondazioni lirico-sinfoniche e il ROF Rossini Opera Festival dobbiamo quantomeno ricordare le Fondazioni la Biennale di Venezia, la Quadriennale di Roma, la Fondazione MAXXI (Museo Nazionale delle arti del XXI secolo) la Fondazione Istituto Nazionale del Dramma Antico (INDA). Orbene tranne quest’ultima e la Fondazione MAXXI (che sono soggette all’articolo 12) le altre continuano ad essere soggette al solo controllo cartolare. E’ opportuno a questo punto introdurre una breve distinzione “tipologica” che può meglio indurre a comprendere le ragioni di modernizzare il controllo ed assimilarlo per esempio a quello -già sopra trattato -degli enti pubblici di ricerca (EPR). Si impone sul punto una prima grande distinzione: le fondazioni lirico-sinfoniche o assimilate sono essenzialmente enti di spettacolo (per riprendere un’antica ma molto chiara distinzione), il ROF come la Fondazione Festival dei Due Mondi è un Festival cioè una esibizione straordinaria anche se felicemente a cadenza annuale. La Biennale di Venezia ,la Quadriennale di Roma sono pure assimilabili ai festival in quanto si tratta di esibizioni temporanee anche se di lunga durata. E quindi comprendono dei valori aggiunti rispetto a mere manifestazioni di spettacolo. Infine la Fondazione Istituto del Dramma Antico ha finalità sia di conservazione della antica cultura che di spettacolo. Dal punto di vista della teoria generale del diritto pubblico e anche delle categorie artistiche che costituiscono i c.d. concetti giuridici indeterminati che in qualche momento vengono sussunti e giuridificati dal legislatore.
Ma la l recente legge delega in materia di spettacolo fissa non solo i principi generali generali dichiarattdall’articolo 1, nonchè le relative forme di spettacolo che si ritengono rientrarvi[5]
Ma anche gli standard qualitativi e quantitativi che le categorie di enti individuati debbono rispettare per accedere al finanziamento pubblico (articolo 1 comma 4) [6].
Questi principi, metodi ed obiettivi dovrebbero essere dettagliati nel c.d. codice dello spettacolo (v. articolo 2 della legge 175/2017)[7] ma già il non lieve contenuto della legge di delega costituisce sicuro indice per orientare il controllo nel verso giusto. Come ho sopra affermato lo spettacolo dal vivo ha avuto diverse e significative funzioni nel lunghissimo percorso storico che lo ha accompagnato nelle variegate vicende del mondo. E’ stato di volta in volta strumento di celebrazione del potere temporale e/o spirituale, della potenza delle Corti e delle singole Cattedrali, svago per la nobiltà o perla milizia. Solo nell’epoca borghese con l’introduzione del biglietto a pagamento e l’apertura di luoghi pubblici 8poi spesso divenuti teatri comunali) esso ha anche acquisito una funzione educativa, formativa e culturale oltre che di piacere di svago. Sulla funzione culturale punta appunto la legge delega, ma non disgiunta da quella turistica evidentemente e mi sembra ciò sia sufficiente a delimitare il confine piuttosto ampio del controllo della Corte dei Conti ai sensi della legge 295/1958 in attesa che si possa attraverso il codice introdurre il particolare controllo di cui all’articolo 12 della medesima legge. Non sta evidentemente alla Corte valutare la qualità artistica degli spettacoli di musica, danza, teatro delle fondazioni che rientrano nell’ambito del controllo sulla gestione.
Tali aspetti sono infatti di competenza dei comitati e commissioni che distribuiscono le quote del FUS ovvero esaminano i progetti e dispongono l’erogazione dei relativi finanziamenti.
Ma, attenzione, la scarsa qualità può essere un indice “indiretto” del mancato raggiungimento degli obiettivi di pianificazione artistica, così come i sintomi dell’eccesso di potere sono la spia dei vizi di legittimità dell’atto amministrativo. Il confine tra la natura giuridica dell’accertamento e quella dell’apprezzamento è del resto molto sottile come sappiamo per esperienza personale nella materia dei contratti della pubblica amministrazione. Inoltre rientra sicuramente nell’ambito del controllo della gestione, l’esame critico delle modalità con le quali si fanno e si esibiscono gli spettacoli: tra le tante variabili come giustamente ricordava la Presidente della Sezione nella recente audizione ma anche nel Report 2018 innanzitutto la distinzione tra rappresentazione a stagione piuttosto che a repertorio, la giustificazione di nuovi allestimenti scenici o delle concomitanee rappresentazioni di stesse opere; la mancanza di cooperazione e collaborazione, il basso grado di internazionalizzazione ecc. Come è noto la realtà virtuale è in agguato: i supporti fissi e oggi addirittura on line hanno tolto margini significativi alla redditività dello spettacolo dal vivo. Paradossalmente vi sono realtà regionali e comunali nelle quali togliendo lo spettacolo si estirpa una delle poche dure radici culturali contro il conformismo e la massificazione. Non è certo compito della Corte provvedere ad una legislazione sapiente ed equilibrata, ma l’apporto che essa può dare in sede formale di Riscontro annuale e soprattutto informale, è importantissimo per le scienze politiche e sociali. Ho dato sopra un esempio con la raccomandazione di introdurre il c.d. “bilancio sociale” già praticato volontariamente dal ROF. Molto più di tanti numeri esso può rappresentare il valore aggiunto di quella istituzione. In conclusione la legge 259/1958 che compie 60 anni non è una essere della terza età ma grazie alla sua radice le riserva costituzionale, contenuta nell’articolo 100 secondo comma- secondo periodo, può essere riempita nella visione neocostituzionalista di nuovi valori e metodi.
[1] A prescindere dalle dispute – oramai sopite – atte a qualificare la dimensione strutturale del paradigma, deve riscontrarsi come la sua definizione in termini positivi è contenuta all’art. 287, co. 2, TFUE. In forza del quale, la Corte dei conti è chiamata a controllare la legittimità ([1]) e la regolarità delle entrate e delle spese, nonché ad accertare la sana gestione finanziaria.
Il dato letterale della norma sembrerebbe far scorgere la sussistenza di tre paradigmi, rappresentati rispettivamente dal controllo di legittimità, di regolarità e di sana gestione finanziaria.
Tuttavia, la prassi operativa della Corte ha dimostrato come legittimità e regolarità siano ascrivibili al solco unitario del controllo finanziario (audit financier o financial audit) sulle operazioni per mezzo delle quali l’Unione finanzia e dà esecuzione al proprio bilancio.
Siffatta tipologia di controllo consente di vagliare la legittimità delle operazioni rispetto al diritto positivo comunitario originario e derivato (il bilancio, il regolamento finanziario, le norme interne di gestione ecc.) e la regolarità dei flussi finanziari, verificandone l’esatta imputazione alle voci di bilancio e la conformità tra il documento di rendicontazione e il conto gestione presentato dalle Istituzioni.
In proposito, si rilevi come «a partire dal 2005, i conti annuali consolidati delle Comunità europee sono stati compilati secondo i principi della contabilità per competenza. Tale cambiamento è estremamente importante: l’introduzione della contabilità per competenza sposta il centro di attenzione dei conti dalla semplice registrazione delle operazioni di tesoreria alla registrazione di entrate ed uscite di risorse non appena queste avvengono, o addirittura non appena venga contratto un impegno a tal fine. La contabilità per competenza rafforza, inoltre, il concetto di separazione degli esercizi. Le spese devono essere registrate nel momento in cui sorgono e le entrate all’atto della loro acquisizione. In breve, la contabilità per competenza fornisce informazioni più complete sugli impegni reali. Ciò dovrebbe facilitare la gestione dei fondi comunitari e, contemporaneamente, fornire informazioni più pertinenti agli osservatori esterni. L’approccio adottato dalla Corte nell’audit dei conti comunitari si basa sulla metodologia standard dell’audit finanziario
La teleologia delle predette procedure è quella di consegnare alla Corte un quadro esaustivo di elementi probatori che consentano alla stessa «di stabilire, con ragionevole certezza, se le operazioni siano conformi alle intenzioni del legislatore e dell’autorità di bilancio e se i relativi importi siano stati calcolati in maniera corretta»
Dunque, le stesse mirano a vagliare che la riscossione delle entrate ed il pagamento delle spese, oltre ad essere eseguiti in applicazione della normativa vigente, esistano e siano stati determinati in maniera corretta; nonché, ad appurare se gli eventuali beneficiari dei finanziamenti di provenienza comunitaria abbiano adempiuto agli obblighi di loro spettanza.
L’auditing in questione offre una minore discrezionalità in capo ai controllori, i quali sono tenuti ad operare un raffronto rispetto ai criteri stabiliti dal quadro normativo sottostante
[2] Una scelta questa dettata da una pluralità di esigenze: è stato rilevato come il termine “errore” garantisce una maggiore sobrietà sul versante linguistico. Accanto a tale questione, dalle vesti squisitamente estetico/nomologiche, si è sollevato l’ulteriore e indubbio vantaggio che tale categoria offre, vale a dire quello «di segnalare l’esistenza di una situazione di reversibilità e, conseguentemente, la necessità dell’intervento correttivo». La Corte, infatti, ritiene come «Partendo dal principio di ragionevolezza (…) non è realistico pensare che una gestione possa essere immune di errori (…), a irregolarità zero» (Cogliandro op. ict.).
Quanto detto, in sede di analisi della struttura sistemica comunitaria, consente di identificare in maniera netta il discrimen tra l’attività amministrativa di controllo e quella giurisdizionale.
A riprova, se è vero che l’illegittimità accertata dagli organi giurisdizionali può sfociare nell’annullamento dell’atto impugnato, ovvero nella disapplicazione del regolamento viziato, lo stesso principio non pare potersi rinvenire avuto riguardo alla funzione esercitata dalla Corte; dato che il suo operato «mira a sollecitare gli organi interessati alla riconduzione della propria azione nell’alveo della legalità e della regolarità (…), nonché a stimolare ove condivisa, l’ulteriore controllo politico del Parlamento Europeo, che può anche sfociare (…) nella mozione di censura alla Commissione» (.(M.Sciascia e M.Sciascia Il controllo della Corte dei conti sulle gestioni pubbliche in Italia e in Europa Milano 1997 p.288).
[3] Lo studio del paradigma della sana gestione finanziaria deve dispiegarsi nelle tre variabili che lo compongono, tenuto conto della loro diversità sostanziale e metodologica.
In questo frangente l’efficacia opera quale indicatore del “tasso di successo” per l’amministrazione, cioè della capacità di perseguire gli obiettivi e di definire un ottimale rapporto tra i risultati previsti e quelli effettivamente perseguiti ([3]).
L’introduzione di un accertamento di siffatta portata appare dettata da un duplice ordine di ragioni riconducibili, rispettivamente, alla scarsa propensione della politica a percepire e curare in termini concreti i bisogni della collettività; ed alla paritetica condizione di inadeguatezza delle amministrazioni pubbliche.
Affinché, dunque, il ricorso a siffatta tipologia di verifica possa essere considerato in termini di effettività e, dunque, porti all’individuazione delle distorsioni predette è necessaria un’attenta ponderazione degli obiettivi sottesi all’attività. La discrezionalità tecnica rimessa alla Corte presuppone la chiarezza nell’esplicazione e nell’individuazione degli obiettivi; diversamente si potrebbe sconfinare «nella condizione di interferire sulle scelte di carattere politico, travalicando i limiti di un riscontro di carattere tecnico, puntuale e preciso» ([3]).
In proposito, la Corte, nel proprio Manuale operativo, suole distinguere varie tipologie di obiettivi secondo il seguente criterio tassonomico:
- obiettivi operativi: l’auditing consiste nel valutare in che misura sono state ottenute le realizzazioni volute e include generalmente l’esame delle operazioni interne alle organizzazioni responsabili dell’attuazione dell’intervento;
- obiettivi immediati: il controllo consiste nel valutare se l’intervento ha prodotto risultati chiari e positivi per i destinatari diretti una volta ultimata la loro partecipazione e include generalmente un esame delle informazioni di monitoraggio prodotte dalle organizzazioni attuatrici nonché l’ottenimento di informazioni da parte dei destinatari diretti; immediati (risultati);
- obiettivi intermedi e globali: l’esame va oltre l’ambito dell’entità controllata e misura gli impatti dell’intervento pubblico. A tal fine, il controllo deve tener conto dei fattori esogeni e produrre elementi comprovanti che gli impatti siano stati effettivamente prodotti dall’intervento pubblico in causa e non siano conseguenza di tali fattori intermedi o globali (impatti).
Orbene, gli obiettivi globali e, per certi versi, anche quelli intermedi si presentano strutturati in maniera eccessivamente generalistica. Tale modalità esplicativa si ripercuote in termini di difficile parametrazione e, consequenzialmente, di scarsa fattibilità di operare accertamenti sugli stessi.
Gli obiettivi operativi o immediati, dal canto loro, costituiscono la vera base della verifica. Ciononostante siffatta affermazione deve essere ulteriormente corroborata dal fatto che gli obiettivi dovranno rispondere alla formula condensata nell’acronimo SMART. Essi, infatti, per poter costituire oggetto di valutazione dovranno rispondere ad una serie canoni, dovendo essere: specifici, misurabili, adeguati, realistici e soggetti a vincoli temporali.
In ordine al canone dell’efficienza si riscontra come essa debba essere intesa quale indice di rendimento, che palesa l’attitudine a massimizzare gli obiettivi a fronte di un utilizzo minimale di risorse impiegate. La cui natura va letta in termini inferenziali rispetto al concetto di produttività.
L’intentio è quella di rilevare, al di là da del rapporto risultati/risorse, se vi siano perdite connesse ad un uso sperequato delle predette risorse.
Ciò detto, appare opportuno differenziare la fisiologia di tale controllo a seconda che esso miri alle realizzazioni ovvero ai risultati.
Al ricorrere della prima ipotesi, quella cioè sulle realizzazioni, la verifica avrà riguardo ai processi con cui una certa struttura organizzativa trasforma un dato quantitativo di risorse. Le modalità che vengono all’uopo apprestate operano, in relazione al caso concreto, attraverso la definizione di un costo unitario delle realizzazioni o di indicatori di efficienza del lavoro. Oppure, a mezzo di un raffronto dei dati concreti con criteri comunemente accettati, frutto cioè di standard riferibili a realtà produttive similari.
A contrario, lo studio dei risultati presuppone il ricorso ad una dotazione economica che consenta di captare la capacità “reale o potenziale” del soggetto sottoposto al controllo di perseguire i risultati prefissati ad un certo costo.
L’impalcatura in esame viene poi completata attraverso il filtro dell’economicità, che assurge quale prodromo dei costi delle performance, in virtù di una comparazione tra i risultati previsti e quelli effettivamente perseguiti. Dunque, consente di verificare se i mezzi utilizzati dalle Istituzioni, per la realizzazione dei propri fini, siano resi disponibili in tempo utile, nella quantità e/o qualità appropriate ed al prezzo migliore.
In siffatta evenienza, gli auditors sono chiamati a constatare in via prioritaria l’esistenza di “sprechi”, avuto riguardo della comparazione tra gli esborsi di dotazioni finanziarie ed i risultati attesi e conseguiti in relazione all’attività sottoposta a controllo.
L’economicità non si esaurisce nel mero accertamento delle possibili anomalie sussistenti nei rapporti costi/ricavi. Essa, infatti, si spinge a ravvisare ulteriori forme di irregolarità insite nella gestione economico/finanziaria di un ente, quali possono essere i “pagamenti in eccesso”, le “spese voluttuarie” (cc.dd. gold-plating) ovverosia l’acquisto di risorse improntato su una gestione poco “razionale”.
Quanto detto induce all’analisi dei processi decisionali specie nel novero delle procedure, poste in essere da realtà soggettive suscettibili di controllo, inerenti appalti di beni, servizi, lavori e forniture. In tal senso, l’accertamento sarà diretto ad un apprezzamento in termini di qualità/prezzo.
Nel tentativo di verificare la reale portata delle operazioni amministrative il controllo prenderà le mosse dall’avvio del procedimento ad evidenza, già in seno al bando di gara. A tal proposito, si indagherà sul telos sotteso all’appalto, sulle modalità di identificazione dei beni e servizi in termini di quantità e qualità degli stessi; nonché, si estenderà alle fasi successive, constatando come nel corso della gara siano stati applicati i suddetti criteri.
Il quadro tracciato svela come il telos del controllo realizzato dalla Corte non miri ad apprezzare, in maniera del tutto avulsa, la bontà della gestione (sostituendo così i propri parametri di giudizio a quelli dell’amministrazione). Diversamente, lo stesso mira a riscontrare se il management sia condotto in conformità con l’esigenza di ottimizzazione del risultato. La Corte, pertanto, è chiamata ad individuare le lacune che si frappongono al raggiungimento di un risultato ottimale, tenuto conto dei parametri testé citati.
L’analisi in commento si incentra, dunque, sugli automatismi e sui sistemi interni che governano le entrate e le spese oggetto di accertamento e dovrà, altresì, considerare le loro peculiarità. A seconda del settore, ciò comporterà lo studio di dati e informazioni di vario tipo quali: dati interni ed esterni all’amministrazione, od organismo interessato, dati macro-economici, studi comparativi di altri sistemi di gestione etc. I controllori testano, così, in che misura l’amministrazione responsabile della gestione si sia adoperata per acquisire gli strumenti necessari ad assicurare il rispetto degli obiettivi.
Nello scenario descritto l’organo di auditing ha ben inteso operare una rivendicazione delle proprie prerogative in termini di adeguatezza degli strumenti giuridici consegnatigli per il perseguimento della propria mission.
Pertanto, l’etero-controllo posto in essere dalla Corte si canalizza nel solco dei controlli sulla gestione. Una fattispecie che, spingendosi oltre le verifiche contabili incentrate esclusivamente sul controllo finanziario, mira invece a raccordare, attraverso l’accountability gestionale, il mero giudizio sull’attività amministrativa all’analisi dei parametri delle 3 “E
[4] In generale v. sul punto tra gli altri [4] A. Carosi, Il metodo ed il procedimento nel controllo sulla gestione, in www.amcorteconti.it. Sui principi di economicità, efficacia ed efficienza stante la vastità della letteratua e il rilievo in chiave aziendalistica, oltre che prettamente giuridica, dell’argomento si vedano ex multis: M. Nigro, L’azione dei pubblici poteri. Lineamenti generali, in Manuale di diritto pubblico, (a cura di, G. Amato e A. Barbera), Bologna 1984, p. 832; G. Maione, Efficienza o efficienze della pubblica amministrazione, in Riv. it. sc. amm., 1988, pp. 81 ss.; S. Cassese, L’inefficienza della pubblica amministrazione e i suoi costi, in Riv. it. sc. amm., 1989, pp. 71 ss.; Aa.Vv., L’efficacia dei poteri locali, (a cura di, B. Dente), Bologna 1991; G. Pennella, Tecniche di valutazione economica nella pubblica amministrazione, Roma 1993; Aa.Vv., La misurazione dei costi e dei rendimenti nelle unità periferiche dell’amministrazione statale, (a cura di, A. Mancini), Roma 1995; M. Gigante, Verso un nuovo ruolo dei tecnici nel processo decisionale pubblico: la funzione di valutazione, in Politici e burocrati al governo dell’amministrazione, (a cura di, G. D’Auria e P. Bellucci), Bologna 1995, pp. 225 ss.; Aa.Vv., Gli indicatori di efficacia e di efficienza dell’azione amministrativa, in Riv. trim. sc. amm., 1996, n. 2; N. Stame, L’esperienza della valutazione, Roma 1998; R. Mussari, La valutazione dei programmi nelle aziende pubbliche, Torino 1999; G. Rebora, La valutazione dei risultati nelle amministrazioni pubbliche, Milano 1999; Id., La valutazione: una risorsa per le istituzioni, in Riv. trim. sc. amm., 2000, n. 3, pp. 5 ss.; M. Del Vecchio, Dirigere e governare le amministrazioni pubbliche. Economicità, controlli e valutazione dei risultati, Milano 2001, pp. 61 ss.; A. Romano Tassone, Sulla formula Amministrazione per risultati, in Scritti in onore di E. Casetta, Napoli 2001, II, pp. 813 ss.; M. Sisti, Indicatori o analisi di performance? Implicazioni dall’esperienza statunitense di performance measurement, in Riv. trim. sc. amm., 2002, n. 2, p. 31 ss.; Aa.Vv., Lo sviluppo del benchmarking nelle aziende e nelle amministrazioni pubbliche in Italia, in Il benchmarking nelle aziende e nelle amministrazioni pubbliche. Logiche ed esperienze a confronto, (a cura di, G. Lucianelli e A. Tanese), Torino 2002, pp. 23 ss.
[5] Legge 22.11.2017
Art. 1. Princìpi 1. La Repubblica, in attuazione degli articoli 9, 21, 33 e 36 della Costituzione e nel quadro dei princìpi stabiliti dall’articolo 167 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, dalla Convenzione Unesco per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, fatta a Parigi il 17 ottobre 2003, di cui alla legge 27 settembre 2007, n. 167, e dalla Convenzione Unesco sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali, adottata a Parigi il 20 ottobre 2005, di cui alla legge 19 febbraio 2007, n. 19: a) promuove e sostiene lo spettacolo, nella pluralità delle sue diverse espressioni, quale fattore indispensabile per lo sviluppo della cultura ed elemento di coesione e di identità nazionale, strumento di diffusione della conoscenza della cultura e dell’arte italiane in Europa e nel mondo, nonché quale componente dell’imprenditoria culturale e creativa e dell’offerta turistica nazionale; b) riconosce il valore formativo ed educativo dello spettacolo, anche per favorire l’integrazione e per contrastare il disagio sociale, e il valore delle professioni artistiche e la loro specificità, assicurando altresì la tutela dei lavoratori del settore; c) riconosce l’utilità sociale dello spettacolo, anche ai sensi della legge 6 giugno 2016, n. 106. 2. La Repubblica promuove e sostiene le attività di spettacolo svolte in maniera professionale, caratterizzate dalla compresenza di professionalità artistiche e tecniche e di un pubblico, in un contesto unico e non riproducibile, e in particolare: a) le attività teatrali; b) le attività liriche, concertistiche, corali; c) le attività musicali popolari contemporanee; d) le attività di danza classica e contemporanea; e) le attività circensi tradizionali e nelle forme contemporanee del circo di creazione, nonché le attività di spettacolo viaggiante; f) le attività a carattere interdisciplinare e multidisciplinare quali espressioni della pluralità dei linguaggi artistici; g) i carnevali storici e le rievocazioni storiche. 3. La Repubblica riconosce altresì: a) il valore delle pratiche artistiche a carattere amatoriale, ivi inclusi i complessi bandistici e le formazioni teatrali e di danza, quali fattori di crescita socio-culturale; b) il valore delle espressioni artistiche della canzone popolare d’autore; c) la peculiarità del linguaggio espressivo del teatro di figura, sia nelle forme tradizionali sia nelle interpretazioni contemporanee; d) la tradizione dei corpi di ballo italiani; e) l’apporto degli artisti di strada alla valorizzazione dei contesti urbani e extra-urbani; f) l’attività dei centri di sperimentazione e di ricerca, di documentazione e di formazione nelle arti dello spettacolo. |
[6] 4. L’intervento pubblico a sostegno delle attività di spettacolo favorisce e promuove, in particolare:
- a) la qualità dell’offerta, la pluralità delle espressioni artistiche, i progetti e i processi di lavoro a carattere innovativo, riconoscendo il confronto e la diversità come espressione della contemporaneità;
- b) la qualificazione delle competenze artistiche e tecniche, nonché l’interazione tra lo spettacolo e l’intera filiera culturale, educativa e del turismo;
- c) le attività di spettacolo realizzate con il diretto coinvolgimento dei giovani fin dall’infanzia;
- d) il teatro e altre forme dello spettacolo per ragazzi, incentivando la produzione qualificata e la ricerca;
- e) l’accesso alla fruizione delle arti della scena, intese come opportunità di sviluppo culturale per tutti i cittadini, con particolare attenzione alle nuove generazioni di pubblico, fin dall’infanzia;
- f) il riequilibrio territoriale e la diffusione nel Paese dell’offerta e della domanda delle attività di spettacolo, anche con riferimento alle aree geograficamente disagiate;
- g) lo sviluppo di circuiti regionali di distribuzione, promozione e formazione tra i diversi soggetti e le strutture operanti nel settore dello spettacolo, anche con riferimento alle residenze artistiche, al fine di assicurare, anche in collaborazione con gli enti del terzo settore di cui alla legge 6 giugno 2016, n. 106, un’offerta di qualità su tutto il territorio nazionale e favorire la collaborazione con il sistema dell’istruzione scolastica di ogni ordine e grado;
- h) la diffusione dello spettacolo italiano all’estero e i processi di internazionalizzazione, in particolare in ambito europeo, attraverso iniziative di coproduzione artistica, collaborazione e scambio, prevedendo forme di partenariato culturale, anche attraverso gli organismi preposti alla promozione all’estero, e favorendo la circolazione delle opere con specifico riguardo alle produzioni di giovani artisti;
- i) la trasmissione dei saperi, la formazione professionale e il ricambio generazionale, al fine di valorizzare il potenziale creativo dei nuovi talenti;
- l) la conservazione del patrimonio musicale, teatrale, coreutico, nonché della tradizione della scena e dei suoi mestieri;
- m) l’iniziativa dei singoli soggetti, volta a reperire risorse ulteriori rispetto al contributo pubblico;
- n) le attività di spettacolo realizzate in luoghi di particolare interesse culturale, tali da consentire una reciproca azione di valorizzazione tra il luogo e l’attività;
- o) le modalità di collaborazione tra Stato ed enti locali per l’individuazione di immobili pubblici non utilizzati o che versino in stato di abbandono o di degrado o di beni confiscati da concedere, nel rispetto di quanto previsto dalle disposizioni vigenti in ordine all’utilizzazione, alla valorizzazione e al trasferimento dei beni immobili pubblici, per le attività di cui al comma 2.
[7] Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il coordinamento e il riordino delle disposizioni legislative e di quelle regolamentari adottate ai sensi dell’articolo 24, comma 3-bis, del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160, in materia di attività, organizzazione e gestione delle fondazioni lirico-sinfoniche e degli enti di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, e di cui alla legge 11 novembre 2003, n. 310, nonché per la riforma, la revisione e il riassetto della vigente disciplina nei settori del teatro, della musica, della danza, degli spettacoli viaggianti, delle attività circensi, dei carnevali storici e delle rievocazioni storiche, mediante la redazione di un unico testo normativo denominato «codice dello spettacolo», al fine di conferire al settore un assetto più efficace, organico e conforme ai princìpi di semplificazione delle procedure amministrative e ottimizzazione della spesa e volto a migliorare la qualità artistico-culturale delle attività, incentivandone la produzione, l’innovazione, nonché la fruizione da parte della collettività, con particolare riguardo all’educazione permanente, in conformità alla raccomandazione 2006/962/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006.
- I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati tenuto conto delle disposizioni di cui all’articolo 1 e nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
- a) adeguamento agli articoli 117e 118 della Costituzione, anche alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale intervenuta nelle materie oggetto di delega;
- b) razionalizzazione degli interventi di sostegno dello Stato, mantenendo o prevedendo, tra l’altro, tra le attribuzioni statali:
1) la gestione del Fondo unico per lo spettacolo di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163;
2) la determinazione dei criteri per l’erogazione e delle modalità per la liquidazione e l’anticipazione dei contributi a valere sul Fondo unico per lo spettacolo con decreti non aventi natura regolamentare, da emanare sentito il Consiglio superiore dello spettacolo istituito dall’articolo 3 della presente legge e previa intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
3) l’armonizzazione degli interventi dello Stato con quelli degli enti pubblici territoriali anche attraverso lo strumento dell’accordo di programma;
4) la promozione della diffusione delle produzioni italiane ed europee dello spettacolo e delle opere di giovani artisti e compositori emergenti di cui al comma 2 dell’articolo 7 del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112, attraverso appositi spazi di programmazione nelle piattaforme radiotelevisive anche mediante specifici obblighi di trasmissione nel contratto di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la RAI – Radiotelevisione italiana s.p.a.;
5) l’attivazione di un tavolo programmatico tra Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ed ENIT – Agenzia nazionale del turismo, finalizzato all’inserimento delle attività di spettacolo nei percorsi turistici in tutto il territorio nazionale;
6) la promozione tra le giovani generazioni della cultura e delle pratiche dello spettacolo, anche mediante le nuove tecnologie, attraverso misure rivolte alle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e agli enti o istituti di alta formazione;
7) la promozione dell’integrazione e dell’inclusione, attraverso attività formative, nonché mediante la pratica e la fruizione delle attività di spettacolo anche in contesti disagiati;
8) l’individuazione, d’intesa con la Conferenza unificata, di strumenti di accesso al credito agevolato anche attraverso convenzioni con il sistema bancario, ivi incluso l’Istituto per il credito sportivo;
- c) indicazione esplicita delle disposizioni abrogate, fatta salva l’applicazione dell’articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile;
- d) coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo;
- e) aggiornamento delle procedure, prevedendo la più estesa e ottimale utilizzazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, anche nei rapporti con i destinatari dell’azione amministrativa;
- f) riconoscimento dell’importanza di assicurare la più ampia fruizione dello spettacolo, tenendo conto altresì delle specifiche esigenze delle persone con disabilità, secondo i princìpi stabiliti dalle convenzioni internazionali applicabili in materia.
- Con particolare riferimento alle fondazioni lirico-sinfoniche, i decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati nel rispetto del seguente criterio direttivo specifico: revisione dei criteri di ripartizione del contributo statale, anche tramite scorporo dal Fondo unico per lo spettacolo delle risorse ad esse destinate, in coerenza con le disposizioni adottate ai sensi dell’articolo 24, comma 3-bis, del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160, e con i princìpi di riparto delle risorse di cui all’articolo 1, comma 583, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nonché sulla base dei seguenti ulteriori parametri:
- a) rafforzamento della responsabilità del sovrintendente sulla gestione economico-finanziaria delle singole fondazioni;
- b) revisione delle modalità di nomina e dei requisiti del sovrintendente e del direttore artistico prevedendo in particolare, nei casi di responsabilità accertata per lo scorretto svolgimento delle funzioni relative alla gestione economico-finanziaria, che al sovrintendente sia preclusa la possibilità di essere nominato per lo stesso ruolo o ruoli affini, anche in altre fondazioni;
- c) realizzazione di coproduzioni nazionali e internazionali;
- d) promozione e diffusione della cultura lirica, con particolare riguardo alle aree disagiate;
- e) risultati artistici e gestionali del triennio precedente.
- Con particolare riferimento ai settori del teatro, della musica, della danza, degli spettacoli viaggianti e delle attività circensi, dei carnevali storici e delle rievocazioni storiche, i decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:
- a) ottimizzazione dell’organizzazione e del funzionamento dei diversi settori sulla base dei princìpi di tutela e valorizzazione professionale dei lavoratori, di efficienza, corretta gestione, economicità, imprenditorialità e sinergia tra i diversi enti e soggetti operanti in ciascun settore o nell’ambito di settori diversi, anche al fine di favorire l’intervento congiunto di soggetti pubblici e privati, sostenendo la capacità di operare in rete tra soggetti e strutture del sistema artistico e culturale, adeguando il quadro delle disposizioni legislative alla pluralità dei linguaggi e delle espressioni dello spettacolo contemporaneo;
- b) riconoscimento del ruolo dell’associazionismo nell’ambito della promozione delle attività di spettacolo;
- c) miglioramento e responsabilizzazione della gestione;
- d) ottimizzazione delle risorse attraverso l’individuazione di criteri e modalità di collaborazione nelle produzioni;
- e) previsione, ai fini del riparto del Fondo unico per lo spettacolo, che i decreti non aventi natura regolamentare di cui al comma 2, lettera b), numero 2), definiscano i seguenti criteri:
1) l’adozione di regole tecniche di riparto sulla base dell’esame comparativo di appositi programmi di attività pluriennale presentati dagli enti e dagli organismi dello spettacolo, corredati di programmi per ciascuna annualità;
2) la valorizzazione della qualità delle produzioni;
3) la definizione di categorie tipologiche dei soggetti ammessi a presentare domanda, per ciascuno dei settori della danza, della musica, del teatro, delle attività circensi, degli spettacoli viaggianti, dei carnevali storici e delle rievocazioni storiche;
4) l’adozione di misure per favorire la mobilità artistica e la circolazione delle opere a livello europeo e internazionale;
5) il finanziamento selettivo di progetti predisposti da giovani di età inferiore ai trentacinque anni;
6) l’erogazione di contributi per manifestazioni e spettacoli all’estero;
7) l’attivazione di piani straordinari, di durata pluriennale, per la ristrutturazione e l’aggiornamento tecnologico di teatri o strutture e spazi stabilmente destinati allo spettacolo, con particolare riferimento a quelli ubicati nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti;
8) il sostegno ad azioni di riequilibrio territoriale e diffusione, anche tramite la realizzazione di specifici progetti di promozione e di sensibilizzazione del pubblico, da realizzare in collaborazione con gli enti territoriali, mediante i circuiti di distribuzione che includano anche i piccoli centri urbani;
- f) in relazione al settore delle attività musicali di cui alla legge 14 agosto 1967, n. 800, revisione e riassetto della disciplina al fine di assicurare:
1) l’interazione tra i diversi organismi operanti nel settore, con particolare riguardo alle fondazioni lirico-sinfoniche, ai teatri di tradizione, alle istituzioni concertistico-orchestrali e ai complessi strumentali;
2) l’estensione delle misure di sostegno alle attività musicali popolari contemporanee quali componenti fondamentali del patrimonio culturale, artistico, sociale ed economico del Paese, nonché quali elementi di coesione sociale e di aggregazione e strumenti centrali per lo sviluppo dell’offerta turistico-culturale;
3) la definizione delle figure che afferiscono all’organizzazione e alla produzione di musica popolare contemporanea e dei criteri e requisiti per l’esercizio della suddetta attività;
4) la valorizzazione delle musiche della tradizione popolare italiana, anche in chiave contemporanea, con progetti artistico-culturali di valenza regionale e locale;
5) il progressivo superamento dello strumento del contrassegno SIAE di cui all’articolo 181-bis della legge 22 aprile 1941, n. 633, per quanto concerne la registrazione di opere musicali;
- g) in relazione al settore della danza:
1) revisione della normativa in materia di promozione delle attività di danza, d’intesa con le altre amministrazioni competenti, con l’introduzione di disposizioni finalizzate a dare impulso alle opere di ricostruzione del repertorio coreutico classico e contemporaneo, alla produzione artistica e alla sperimentazione;
2) introduzione di una normativa relativa all’istituzione delle scuole di danza e al controllo e vigilanza sulle medesime nonché, al fine di regolamentare e garantire le professionalità specifiche nell’insegnamento della danza in questi contesti, individuazione di criteri e requisiti finalizzati all’abilitazione di tale insegnamento tramite la definizione di percorsi formativi e professionalizzanti certificati e validi su tutto il territorio nazionale;
- h) revisione delle disposizioni nei settori delle attività circensi e degli spettacoli viaggianti, specificamente finalizzata al graduale superamento dell’utilizzo degli animali nello svolgimento delle stesse;
- i) introduzione di norme, nonché revisione di quelle vigenti in materia, volte all’avvicinamento dei giovani alle attività di spettacolo e finalizzate a creare un efficace percorso di educazione delle nuove generazioni, con riserva di un importo complessivo pari ad almeno il 3 per cento della dotazione del Fondo unico per lo spettacolo per la promozione di programmi di educazione nei settori dello spettacolo nelle scuole di ogni ordine e grado in coerenza con l’articolo 1, comma 7, lettere c) e f), della legge 13 luglio 2015, n. 107, e con l’articolo 5 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 60;
- l) riordino e introduzione di norme che, in armonia e coerenza con le disposizioni generali in materia, disciplinino in modo sistematico e unitario, con le opportune differenziazioni correlate allo specifico ambito di attività, il rapporto di lavoro nel settore dello spettacolo, nel rispetto, quanto agli aspetti retributivi, dell’articolo 36 della Costituzione e dell’articolo 2099 del codice civile, tenuto conto anche del carattere intermittente delle prestazioni lavorative con riferimento alle specificità contrattuali e alle tutele sociali, anche previdenziali e assicurative;
- m) fermo restando quanto previsto dai decreti adottati in attuazione dell’articolo 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124, introduzione di disposizioni volte a semplificare gli iter autorizzativi e gli adempimenti burocratici relativi allo svolgimento di attività di pubblico spettacolo, ivi inclusa, di concerto con le altre amministrazioni competenti, l’autorizzazione di pubblica sicurezza;
- n) sostegno alla diffusione dello spettacolo italiano all’estero e ai processi di internazionalizzazione, in particolare in ambito europeo, attraverso iniziative di coproduzione artistica, collaborazione e scambio, favorendo la mobilità e la circolazione delle opere, lo sviluppo di reti di offerta artistico-culturale di qualificato livello internazionale, ferme restando le competenze del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300;
- o) sostegno all’internazionalizzazione delle produzioni di giovani artisti italiani, nonché degli spettacoli di musica popolare contemporanea, anche attraverso iniziative di coproduzione artistica e collaborazioni intersettoriali.