1. Il nuovo codice dei contratti pubblici (decreto Legislativo 18 aprile 2016 n. 50) nella versione originaria era composto da 220 articoli (1.354 commi, 743 lettere e 32 sottopunti) e n. 25 allegati; é suddiviso in n. 6 Parti, n. 17 Titoli, n. 14 Capi e n. 9 Sezioni; il testo è composto da oltre 130.000 parole che comprendono 770.000 caratteri.
    • Tale corpus normativo, recante: «Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonche’ per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture» ha pressochè immediatamente subito 173 “rettifiche” o modifiche (vedasi Comunicato 15 luglio 2016 in Gazz. Uff., 15 luglio 2016, n. 164).
    • Il 20 maggio 2017, poi, è entrato in vigore (dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale n. 103 del 5 maggio 2017) il decreto Legislativo n. 56 del 19 aprile 2017 recante “Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”. Detto decreto legislativo del 19 aprile 2017 n. 56, consta di 131 articoli mercè i quali è stato integrato e corretto il d. Lgs del 18 aprile 2016 n. 50 ad un anno dalla sua emanazione così inverando la prima, annunciata “messa a punto” del codice seguendo il metodo, consueto, a più riprese suggerito dal Consiglio di Stato in sede di redazione del parere.

Ivi infatti era stata accoratamente sollecitata la necessità di una costante opera di monitoraggio, evidenziandosi come soltanto l’esperienza quotidiana sia grado di fare emergere piccole e rilevanti criticità sulle quali è necessario poi intervenire tempestivamente in sede normativa.

  • Niente di nuovo sotto il sole, per il vero.

Va infatti ricordato che nel 2006, all’epoca del recepimento (con la legge 18 aprile 2005, n. 62 -legge comunitaria per il 2004- che all’art. 25 conferiva al Governo apposita delega legislativa) delle vecchie direttive 17 e 18, gli originari 150 articoli e 38 allegati vennero “trasformati” in 616 articoli e 58 allegati (comprensivi del codice e del regolamento) e questi ultimi subirono più di 40 modifiche in meno di un decennio.

Ciò posto, va sin d’ora rammentato che i quattro i criteri direttivi sui quali era incentrata la legge delega 18 aprile 2005, n. 62 erano i seguenti:

  1. a) compilazione di un unico testo normativo recante le disposizioni legislative in materia di procedure di appalto disciplinate dalle due direttive coordinando anche le altre disposizioni in vigore nel rispetto dei principi del Trattato istitutivo dell’Unione Europea;
  2. b) semplificazione delle procedure di affidamento che non costituiscono diretta applicazione delle normative comunitarie, finalizzata a favorire il contenimento dei tempi e la massima flessibilità degli strumenti giuridici;
  3. c) conferimento all’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici,in attuazione della normativa comunitaria, dei compiti di vigilanza nei settori oggetto della delega;
  4. d) adeguamento della normativa alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee 7 ottobre 2004 nella causa C-247/02 (“contrasta con l’ 30 della direttiva 93/37/CEE la norma nazionale –art. 21, legge n. 109 del 1994– che ai fini dell’aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici, imponga, in termini generali ed astratti, alle amministrazioni aggiudicatici di ricorrere unicamente al criterio del prezzo più basso.)

1.3.1. Pur in un quadro così frastagliato, peraltro, nei due anni antecedenti alla annunciata riforma del codice, conseguente alla entrata in vigore delle direttive comunitarie suindicate 2014/23/UE 2014/24/UE e 2014/25/UE, il tentativo della giurisprudenza era stato quello di fornire risposte puntuali – e quanto più possibile didascaliche- sulle principali questioni oggetto di contenzioso, nella considerazione che l’aspirazione alla semplificazione del sistema (cfr. art. 46 comma 1 bis del d. Lgs. 12.4.2006 n. 163) era lungi dall’essersi realizzata.

Tale certosino impegno della giurisprudenza ha consentito di traslare nel “nuovo” codice di cui al d.Lgs. n. 50/2016 i principi di matrice giurisprudenziale affermati nell’ottica del perseguimento dell’obiettivo di garantire il rispetto del canone della massima apertura alla partecipazione alle gare.

1.3.2. Non sembra a chi scrive di sminuire la portata del codice vigente, richiamandosi al concetto di continuità.

Ciò in quanto, continuano a conservare preminente rilievo i sei macroprincipi fondamentali che qualificata Dottrina (ci si riferisce al fondamentale saggio risalente al 2002 del Professore Cassese, “La nuova costituzione economica”) faceva discendere dallo stratificato ed articolato sistema normativo emanato a partire dagli anni settanta dello scorso secolo.

In sostanza, le direttive 71/305 e 72/277 del 26 luglio 1972 relative agli appalti pubblici di lavori, le direttive 77/62, 80/767, 88/295, relative ad appalti di forniture, la direttiva 89/440, in materia di appalti di opere pubbliche, la direttiva 92/50, relativa agli appalti di servizi, le direttive 90/531 e 93/38, relative agli appalti nei settori dell’acqua dell’energia dei trasporti e delle telecomunicazioni (c.d. settori speciali), le direttive 93/36 e 93//37 volte a dare portata sistematica alle discipline precedenti relative agli appalti di forniture e lavori nei settori c.d. “ordinari” erano state ben tenute presenti dal legislatore comunitario, allorchè con le direttive n. 17/2004 e n. 18/2004 si era inverata l’aspirazione alla predisposizione di un quadro normativo organico, mantenendosi l‘opzione di una disciplina autonoma dei settori (direttiva n. 17/2004)e prevedendosi una disciplina uniforme per gli appalti e le concessioni di opere, servizi e forniture.

E da tale corpus normativo si ricavava la linea tendenziale incentrata sulle seguenti direttrici portanti:

  1. a) parità delle condizioni di accesso alle gare per tutte le imprese quale garanzia dell’apertura dei mercati nazionali;
  2. b) preclusione ad ogni forma di discriminazione dei contraenti realizzata attraverso la chiara indicazione dei criteri tecnici di selezione;
  3. c) conseguente massima partecipazione delle imprese comunitarie alle gare attraverso l’apertura a tutti i tipi di società ed alle associazioni temporanee di imprese;
  4. d) aspirazione alla trasparenza mercè una informazione assicurata con idonee misure di pubblicità delle gare;
  5. e) tutela della serietà dell’offerta per mezzo di una dettagliata disciplina dei criteri di aggiudicazione;
  6. f) individuazione di tre “modelli” di gara (gara aperta, cui è ammesso partecipare ogni soggetto interessato; gara ristretta, cui è ammesso a partecipare solo il soggetto invitato dall’ amministrazione aggiudicatrice; procedura negoziata, nella quale le amministrazioni scelgono i contraenti negoziando direttamente questi ultimi).

1.3.3. Tali direttrici portanti conservano, immutata, la loro attualità

  • Muovendo da queste premesse “storiche”, e venendo all’attualità, se – non senza margini di arbitrarietà- si volessero individuare tre linee di fondo rilevanti della riforma culminata nel d.Lgs. n. 50/2016, esse si potrebbero sintetizzare in questi termini:
  1. “amministrativizzazione della produzione normativa” (id est: delegificazione, -sempre consentita in materie non coperte da riserva di legge assoluta-): come è noto, (e come già indicato nel comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 107 dello 3 marzo 2016) alla vigente disciplina in tema di contratti pubblici è stata attribuita natura “autoapplicativa”: non è stata quindi prevista l’adozione di un regolamento di esecuzione e di attuazione; è stata invece stabilita l’emanazione di linee guida di carattere generale, da approvare con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, su proposta dell’Autorità nazionale anticorruzione previo parere delle competenti commissioni parlamentari;

a1) conseguente affidamento all’Anac del potere di predisporre linee-guida concernenti aspetti determinanti del regime dell’aggiudicazione degli appalti pubblici (vedasi il Parere della Commissione Speciale del Consiglio di Stato 1 aprile 2016 n. 855), che dovrebbero costituire strumenti di c.d. soft law (ma piuttosto, forse, sarebbe più appropriato definirli di fast law) idonei a garantire la trasparenza, l’omogeneità e la speditezza delle procedure ma anche la fissazione di criteri unitari, integranti atti di indirizzo generale con cui aggiornare la normativa di pari passo all’emergere di esigenze applicative ovvero a mutamenti del sistema;

a2) nell’ambito delle Linee-guida, come è noto, qualificata dottrina opera una tripartizione in:

  1. Linee guida oggetto di approvazione ministeriale che assumono forma regolamentare (art. 11 delle Preleggi);
  2. Linee guida non vincolanti;

III) Linee guida vincolanti;

  1. affrancamento dell’impugnazione proposta avverso i provvedimenti di ammissione alla gara (od esclusione dalla gara) rispetto al successivo fluire della procedura evidenziale ed immediata risoluzione mercè un rito processuale “specialissimo” e “superaccelerato” di dette controversie che si pongono a monte della procedura (l’art. 120, commi 2 bis e 6 bis, c.p.a., introdotto dall’ art. 204, d.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, che si applica al solo gravame proposto avverso i provvedimenti che determinano l’ammissione alla -e le esclusioni dalla- procedura di gara e non anche all’impugnazione dell’aggiudicazione della stessa);
  2. rinnovata attenzione verso taluni profili, di regola recessivi nell’esperienza giudiziaria amministrativa, che si pongono a monte della gara (programmazione delle gare da bandire, centrale unica di committenza, etc) ed a valle della medesima (il c.d. rating di impresa, per tutti).

 

1.5. Per completezza espositiva, si osserva invece che, se si volessero individuare le più rilevanti tendenze sistematiche – imposte dal recepimento delle Direttive comunitarie prima citate – potrebbe farsi riferimento:

  1. a) al complessivo assetto della disciplina delle concessioni di lavori, ma anche di servizi (Direttiva 2014/23/UE, considerando n. 52 sulla durata, ma anche sulla definizione di “rischio operativo”) in passato soggetta alle norme di base della direttiva 2004/18/UE (il considerando n. 4 della direttiva 2014/23/UE così testualmente dispone: «attualmente l’aggiudicazione delle concessioni di lavori pubblici è soggetta alle norme in base alla direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, mentre l’aggiudicazione delle concessioni di servizi con interesse transfrontaliero è soggetta ai principi del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea –TFUE-, in particolare ai principi della libera circolazione delle merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi, nonché ai principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza …»)ed affidata in larga parte, alla produzione giurisprudenziale;
  2. b) al –riaffermato- favor per le piccole e medie imprese (si rammenta che il considerando 2 della direttiva 2014/24/UE, ha richiamato il ruolo decisivo degli appalti pubblici nell’ambito della strategia Europa 2020, ed ha affermato espressamente che la normativa adottata ai sensi delle direttive 17 e 18 del 2004 ”dovrebbe essere rivista e aggiornata in modo da accrescere l’efficienza della spesa pubblica, facilitando in particolare la partecipazione delle piccole e medie imprese –PMI- agli appalti pubblici”) del quale costituiscono esempio l’art. 41 del codice, che, come è noto, introduce una dettagliata disciplina circa la possibilità per le amministrazioni di aggiudicare un appalto per lotti e, sul piano dei principi, l’art. 30 comma 7 su cui infra;

b1)a tale ultimo proposito, si ricorda che il considerando n. 78 della direttiva 2014/24/UE peraltro, così recita: “le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero in particolare essere incoraggiate a suddividere in lotti i grandi appalti. Tale suddivisione potrebbe essere fatta su base quantitativa, facendo in modo che l’entità dei singoli appalti corrisponda meglio alle capacità delle PMI, o su base qualitativa (…), per adattare  meglio il contenuto dei singoli appalti ai settori specializzati delle PMI (…).

L’entità e l’oggetto dei lotti dovrebbero essere determinati liberamente dall’amministrazione aggiudicatrice (…). L’amministrazione aggiudicatrice dovrebbe avere il dovere di esaminare se sia appropriato suddividere gli appalti in lotti mantenendo la facoltà di decidere autonomamente sulla base di qualsiasi motivo ritenga rilevante, senza essere soggetta a supervisione amministrativa o giudiziaria. Se l’amministrazione aggiudicatrice decide che non è appropriato suddividere l’appalto in lotti, la relazione individuale o i documenti di gara dovrebbero contenere un’indicazione dei principali motivi della scelta dell’amministrazione aggiudicatrice”

Gli Stati membri dovrebbero mantenere la facoltà di andare oltre nei loro sforzi intesi a facilitare la partecipazione delle PMI al mercato degli appalti pubblici estendendo agli appalti di entità minore la portata dell’obbligo di esaminare se sia appropriato suddividere gli appalti in lotti per appalti di entità minore, obbligando le amministrazioni aggiudicatrici a fornire una motivazione della decisione di non suddividere in lotti o rendendo la suddivisione in lotti obbligatoria in determinate condizioni”;

b2) si rammenta in proposito che la previgente disciplina era stata interpretata dalla giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, sez. III, 23 gennaio 2017,  n. 272) nei seguenti termini: “ai sensi dell’art. 2, comma 1 bis, d.lg. 12 aprile 2006 n. 163 spetta alle stazioni appaltanti – nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici e onde favorire l’accesso nel mercato nazionale delle piccole e medie imprese – suddividere gli appalti in lotti funzionali ove possibile ed economicamente conveniente e fissare i criteri di partecipazione alle gare in modo che siano tali da non escludere le piccole e medie imprese, atteso che il principio di cui al succitato art. 2, comma 1 bis, ha palesemente lo scopo di favorire la massima partecipazione agli appalti, evitando la formazione di situazioni di monopolio o di oligopolio; trattandosi di principio generale è applicabile anche ai servizi di cui all’allegato IIB, d.lg. n. 163 del 2006”;

  1. c) all’intervento sul binomio offerta economicamente più vantaggiosa – prezzo più basso, il cui equilibrio è stato alterato a vantaggio della prima (affermazione, questa, che conserva attualità anche tenendo conto delle modifiche introdotte dal decreto Legislativo n. 56 del 19 aprile 2017), il che implica il tramonto del principio della c.d. “equiordinazione” dei criteri di aggiudicazione.

 

  1. Ciascuna delle “novità” esposte al precedente capo 1.4. si presta a sollecitare approfondite riflessioni.

In particolare:

  1. quanto al punto a) dell’elenco di cui al capo 1.4.:

1) le Linee-guida vincolanti, non destinate ad essere trasfuse in un regolamento ministeriale (es: artt. 83 ed 84 del codice) rispondono al canone costituzionale di cui agli artt. 95, 97 e 76 della Carta Fondamentale?

2) quale è la natura e la valenza delle Linee-guida non vincolanti?

 

  1. quanto al punto b) dell’elenco di cui al capo 1.4.: quale potrebbe essere l’impatto dei principi di diritto affermati nella recente decisione dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 4 del 26 aprile 2018 sul “rito superaccelerato” di cui all’art. 120, commi 2 bis e 6 bis, c.p.a.? E’ corretta l’affermazione – che emerge dai primi commenti -secondo cui ne risulta in qualche modo depotenziata la portata applicativa del detto istituto, la cui ratio è, inequivocabilmente, quella di risolvere in via preliminare, ed in termini definitivi, ogni problematica concernente i requisiti di ammissibilità alla gara in capo al contraente?

III) quanto al punto c) dell’elenco di cui al capo 1.4.:

  1. è stato tradizionalmente affermato, a quest’ ultimo proposito, che la materia degli appalti pubblici, ruota intorno a tre macrosistemi:
    I) la fase della programmazione, che si chiude con la determinazione a contrarre che, normalmente, non pregiudica interessi individuali e non costituisce provvedimento autonomamente impugnabile;
    II) la scelta del contraente, che si avvia con la pubblicazione del bando e la presentazione delle domande e che si conclude con l’aggiudicazione definitiva;
    III) la stipulazione del contratto d’appalto.
    Tali macrostrutture sono ripercorse dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 401 del 2007 (ed erano in passato individuate dall’art. 10 del Codice dei contratti pubblici di cui al d.Lgs. n. 163/2006).

La scelta del contraente è un procedimento amministrativo contraddistinto da una fase preliminare, da una fase istruttoria e da una fase decisoria.

La fase preliminare è contraddistinta dalla pubblicazione del bando di gara, del disciplinare e del capitolato dalla presentazione delle domande e delle offerte e dalla valutazione delle stesse successivamente alla scadenza per la presentazione; la fase istruttoria è caratterizzata dalla valutazione dell’offerta economica e dell’eventuale offerta tecnica e dalla verifica dell’eventuale anomalia dell’offerta: in questa fase è possibile l’esclusione per vizi intrinseci dell’offerta;.
Dall’aggiudicazione provvisoria decorre un termine entro il quale può essere effettuata una verifica dei requisiti dichiarati dal partecipante; l’aggiudicazione definitiva è il provvedimento conclusivo e deve essere comunicata a tutti i concorrenti.

Alla luce della prescrizione normativa di cui all’ art. 21 del d.Lgs. n. 50/2016 – assai più perentoria ed ampia rispetto a quella contenuta nel previgente art. 128 del d.Lg. n. 163/2006,- è possibile ipotizzare una incidenza viziante della carenza del documento di programmazione sulle successive fasi della gara?

Ed in ipotesi positiva, chi sarebbe legittimato a dolersi della mancanza/carenza di quest’ultimo, e quale dovrebbe essere la tempistica dell’impugnazione degli atti consequenziali?

 

 

2.1. Allo stato, può affermarsi che:

  1. a) quanto alla natura delle linee guida Anac:
  2. I) si riscontra assoluta concordia, in Dottrina, in ordine alla considerazione secondo cui le linee guida previste dalla legge delega e dal d.lgs. n. 50 del 2016 delle quali non è stato stabilito il carattere vincolante, si collocano nella gerarchia delle fonti su un gradino inferiore rispetto a quello delle circolari ministeriali, di talchè la loro efficacia è affidata alla c.d. moral suasion e al vincolo motivazionale che deriva dalla particolare autorità emanante; ne discenderebbe che sui destinatari di tali linee guida non graverebbe alcun dovere di conformare la propria attività a quanto ivi stabilito; secondo talune voci in dottrina, in tale ipotesi, neppure sarebbe necessario che la scelta di discostarsi da tali “istruzioni” fosse assistita da una c.d. “motivazione rafforzata”;
  3. II) quanto alle linee guida approvate con decreti ministeriali o interministeriali è stata raggiunta una sostanziale concordanza di opinioni nella condivisione di quanto affermato dal Consiglio di Stato, con il parere dell’1 aprile 2016, n. 855 (e ribadito con il successivo parere 3 marzo 2017 sullo schema di decreto correttivo –d. Lgs. n. 56/2017), laddove si è sostenuto che le dette linee guida approvate con decreti ministeriali o interministeriali possiedono una chiara efficacia innovativa nell’ordinamento, che si accompagna ai caratteri di generalità e astrattezza delle disposizioni ivi previste e che da ciò discenderebbe che, indipendentemente dal nomen juris fornito dalla delega e dallo stesso codice, esse debbano essere considerate “regolamenti ministeriali” ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della L. n. 400/1988; ne conseguirebbe, sotto il profilo della “forza applicativa” la resistenza all’abrogazione da parte di fonti sotto-ordinate e la disapplicabilità entro i limiti fissati dalla giurisprudenza amministrativa in sede giurisdizionale;

III) più articolate posizioni, come era prevedibile, si sono manifestate con riferimento alle linee guida a carattere “vincolante” adottate direttamente dall’Autorità e riconducibili all’espressione altri atti di regolamentazione flessibile; come è noto, il Consiglio di Stato, con i citati pareri n. 855/2016 e n. 1767/2016, non ha accolto la tesi secondo cui esse possiederebbero carattere normativo extra ordinem, ma, muovendo dalla natura del soggetto emanante, ( l’ANAC, come è noto, va configurata a tutti gli effetti quale Autorità amministrativa indipendente, con funzioni anche di regolazione) e dalla circostanza che dal punto di vista sostanziale, la delega riconduce le linee guida e gli atti in questione al genere degli “atti di indirizzo” (lett. t) e li qualifica come strumenti di “regolamentazione flessibili” ha sostenuto che le linee guida, e gli atti a esse assimilati, vadano a confluire nella categoria degli atti di regolazione delle Autorità indipendenti: esse, dunque, non integrerebbero regolamenti in senso proprio ma atti amministrativi generali ( di regolazione, appunto); il corollario, sarebbe quello per cui esse giammai sarebbero disapplicabili ma, ove lesive, dovrebbero esse espressamente (e tempestivamente, vien fatto di aggiungere) impugnate; se ciò “disinnesca” dubbi e perplessità sub art. 76 della Costituzione, ed al contempo consente di affermare che le stesse debbano rispettare tutte le garanzie procedimentali e di qualità della regolazione, (obbligo di sottoporre le delibere di regolazione a una preventiva fase di “consultazione; l’esigenza di dotarsi, per gli interventi di impatto significativo, di strumenti quali l’analisi di impatto della regolazione-AIR e la verifica ex post dell’impatto della regolazione-VIR,; la necessità di adottare tecniche di codificazione delle delibere di regolazione tramite la concentrazione in testi unici integrati di quelle sulla medesima materia) e di pubblicità successiva, autorevole dottrina manifesta dubbi, e si spinge a sostenere che, laddove dette linee-guida assumessero la portata di veri e propri “atti di indirizzo politico” fondatamente potrebbe sostenersi la eccentricità sistematica delle medesime (si veda, di recente, sul tema T.a.r. per la Campania –Salerno- sentenza n. 110 del 23 gennaio 2018 :“ l’eventuale mancato rispetto della delibera 21 settembre 2016 dell’A.N.A.C. potrebbe condurre ad una illegittimità del provvedimento impugnato, stante la natura provvedimentale della delibera Anac”).

 

  1. I principi ed i criteri direttivi cui è ispirato il vigente codice dei contratti pubblici:
  2. a) trovano l’antecedente logico nell’art. 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante principi e criteri direttivi generali di delega per l’attuazione del diritto dell’Unione europea (“salvi gli specifici principi e criteri direttivi stabiliti dalla legge di delegazione europea e in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare, i decreti legislativi di cui all’articolo 31 sono informati ai seguenti principi e criteri direttivi generali:
  3. a) le amministrazioni direttamente interessate provvedono all’attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture amministrative, secondo il principio della massima semplificazione dei procedimenti e delle modalita’ di organizzazione e di esercizio delle funzioni e dei servizi;
  4. b) ai fini di un migliore coordinamento con le discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, sono introdotte le occorrenti modificazioni alle discipline stesse, anche attraverso il riassetto e la semplificazione normativi con l’indicazione esplicita delle norme abrogate, fatti salvi i procedimenti oggetto di semplificazione amministrativa ovvero le materie oggetto di delegificazione;
  5. c) gli atti di recepimento di direttive dell’Unione europea non possono prevedere l’introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse, ai sensi dell’articolo 14, commi 24-bis, 24-ter e 24-quater, della legge 28 novembre 2005, n. 246;
  6. d) al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l’osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente, dell’ammenda fino a 150.000 euro e dell’arresto fino a tre anni, sono previste, in via alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti. In tali casi sono previste: la pena dell’ammenda alternativa all’arresto per le infrazioni che espongano a pericolo o danneggino l’interesse protetto; la pena dell’arresto congiunta a quella dell’ammenda per le infrazioni che rechino un danno di particolare gravita’. Nelle predette ipotesi, in luogo dell’arresto e dell’ammenda, possono essere previste anche le sanzioni alternative di cui agli articoli 53 e seguenti del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, e la relativa competenza del giudice di pace. La sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a 150 euro e non superiore a 150.000 euro e’ prevista per le infrazioni che ledono o espongono a pericolo interessi diversi da quelli indicati dalla presente lettera.

Nell’ambito dei limiti minimi e massimi previsti, le sanzioni indicate dalla presente lettera sono determinate nella loro entita’, tenendo conto della diversa potenzialita’ lesiva dell’interesse protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, di specifiche qualita’ personali del colpevole, comprese quelle che impongono particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonche’ del vantaggio patrimoniale che l’infrazione puo’ recare al colpevole ovvero alla persona o all’ente nel cui interesse egli agisce. Ove necessario per assicurare l’osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste inoltre le sanzioni amministrative accessorie della sospensione fino a sei mesi e, nei casi piu’ gravi, della privazione definitiva di facolta’ e diritti derivanti da provvedimenti dell’amministrazione, nonche’ sanzioni penali accessorie nei limiti stabiliti dal codice penale. Al medesimo fine e’ prevista la confisca obbligatoria delle cose che servirono o furono destinate a commettere l’illecito amministrativo o il reato previsti dai medesimi decreti legislativi, nel rispetto dei limiti stabiliti dall’articolo 240, terzo e quarto comma, del codice penale e dall’articolo 20 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni. Entro i limiti di pena indicati nella presente lettera sono previste sanzioni anche accessorie identiche a quelle eventualmente gia’ comminate dalle leggi vigenti per violazioni omogenee e di pari offensivita’ rispetto alle infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi. Nelle materie di cui all’articolo 117, quarto comma, della Costituzione, le sanzioni amministrative sono determinate dalle regioni;

  1. e) al recepimento di direttive o all’attuazione di altri atti dell’Unione europea che modificano precedenti direttive o atti gia’ attuati con legge o con decreto legislativo si procede, se la modificazione non comporta ampliamento della materia regolata, apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione della direttiva o di altro atto modificato;
  2. f) nella redazione dei decreti legislativi di cui all’articolo 31 si tiene conto delle eventuali modificazioni delle direttive dell’Unione europea comunque intervenute fino al momento dell’esercizio della delega;
  3. g) quando si verifichino sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse o comunque siano coinvolte le competenze di piu’ amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano, attraverso le piu’ opportune forme di coordinamento, rispettando i principi di sussidiarieta’, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione e le competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, le procedure per salvaguardare l’unitarieta’ dei processi decisionali, la trasparenza, la celerita’, l’efficacia e l’economicita’ nell’azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili;
  4. h) qualora non siano di ostacolo i diversi termini di recepimento, vengono attuate con un unico decreto legislativo le direttive che riguardano le stesse materie o che comunque comportano modifiche degli stessi atti normativi;
  5. i) e’ assicurata la parita’ di trattamento dei cittadini italiani rispetto ai cittadini degli altri Stati membri dell’Unione europea e non puo’ essere previsto in ogni caso un trattamento sfavorevole dei cittadini italiani.”);

 

  1. b) vengono enunciati nell’articolo 1 della Legge – delega 28 gennaio /2016, n.11 (“1. Il Governo e’ delegato ad adottare, entro il 18 aprile 2016, un decreto legislativo per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, rispettivamente sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, di seguito denominato «decreto di recepimento delle direttive», nonche’, entro il 31 luglio 2016, un decreto legislativo per il riordino complessivo della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di seguito denominato «decreto di riordino», ferma restando la facolta’ per il Governo di adottare entro il 18 aprile 2016 un unico decreto legislativo per le materie di cui al presente alinea, nel rispetto dei principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, e dei seguenti principi e criteri direttivi specifici, tenendo conto delle migliori pratiche adottate in altri Paesi dell’Unione europea:
  2. a) divieto di introduzione o di mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive, come definiti dall’articolo 14, commi 24-ter e 24-quater, della legge 28 novembre 2005, n. 246;
  3. b) con il decreto di riordino, adozione di un unico testo normativo con contenuti di disciplina adeguata anche per gli appalti di lavori, servizi e forniture denominato «codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione», recante le disposizioni legislative in materia di procedure di affidamento di gestione e di esecuzione degli appalti pubblici e dei contratti di concessione disciplinate dalle tre direttive, che sostituisce il codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, garantendo in ogni caso l’effettivo coordinamento e l’ordinata transizione tra la previgente e la nuova disciplina, anche in riferimento, tra l’altro, al coordinamento con le disposizioni in materia di protezione e tutela ambientale e paesaggistica, di valutazione degli impatti ambientali, di tutela e valorizzazione dei beni culturali e di trasparenza e anticorruzione, al fine di evitare incertezze interpretative ed applicative, nel rispetto dei principi del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea;
  4. c) previsione di specifiche tecniche nei criteri di aggiudicazione di un appalto, nelle condizioni di esecuzione del medesimo nonche’ nei criteri per la scelta delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione tali da assicurare l’accessibilita’ delle persone con disabilita’, conformemente agli standard europei;
  5. d) ricognizione e riordino del quadro normativo vigente nelle materie degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, al fine di conseguire una drastica riduzione e razionalizzazione del complesso delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative vigenti e un piu’ elevato livello di certezza del diritto e di semplificazione dei procedimenti, tenendo in debita considerazione gli aspetti peculiari dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture e dei diversi settori merceologici e di attivita’ e salvaguardando una specifica normativa per il settore dei servizi sostitutivi di mensa, nel rispetto di quanto disposto dalla lettera r);
  6. e) semplificazione e riordino del quadro normativo vigente allo scopo di predisporre procedure non derogabili riguardanti gli appalti pubblici e i contratti di concessione e di conseguire una significativa riduzione e certezza dei tempi relativi alle procedure di gara e alla realizzazione delle opere pubbliche;
  7. f) recepimento degli strumenti di flessibilita’ previsti dalle tre direttive;
  8. g) previsione di una disciplina applicabile ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria e di una disciplina per l’esecuzione di lavori, servizi e forniture in economia ispirate a criteri di massima semplificazione e rapidita’ dei procedimenti, salvaguardando i principi di trasparenza e imparzialita’ della gara;
  9. h) puntuale indicazione, in materia di affidamento dei contratti nei settori speciali, delle disposizioni ad essi applicabili, anche al fine di favorire la trasparenza nel settore e la piena apertura e contendibilita’ dei relativi mercati;
  10. i) semplificazione, armonizzazione e progressiva digitalizzazione delle procedure in materia di affidamento degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, attraverso la promozione di reti e sistemi informatici, anche al fine di facilitare l’accesso delle micro, piccole e medie imprese mediante una maggiore diffusione di informazioni e un’adeguata tempistica, e di soluzioni innovative nelle materie disciplinate, con particolare riguardo allo sviluppo delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici di preminente interesse nazionale, nonche’ all’innovazione tecnologica e digitale e all’interconnessione della pubblica amministrazione;
  11. l) previsione di disposizioni concernenti le procedure di acquisizione di servizi, forniture e lavori da applicare in occasione di emergenze di protezione civile, che coniughino la necessaria tempestivita’ d’azione con adeguati meccanismi di controllo e pubblicita’ successiva, con conseguente espresso divieto di affidamento di contratti attraverso procedure derogatorie rispetto a quelle ordinarie, ad eccezione di singole fattispecie connesse a particolari esigenze collegate alle situazioni emergenziali;
  12. m) previsione di una specifica disciplina per i contratti segretati o che esigono particolari misure di sicurezza, sottoponendo tali affidamenti al controllo della Corte dei conti, con la previsione dell’affidamento del controllo preventivo a un ufficio della Corte organizzato in modo da assicurare la tutela delle esigenze di riservatezza, prevedendo che essa si pronunci sulla legittimita’ e sulla regolarita’ dei medesimi, nonche’ sulla regolarita’, sulla correttezza e sull’efficacia della gestione, individuando le circostanze che giustificano il ricorso a tali contratti e, ove possibile, le relative modalita’ di realizzazione, assicurando nelle procedure di affidamento la partecipazione di un numero minimo di operatori economici, nonche’ prevedendo l’adeguata motivazione nel caso in cui non sia possibile esperire la procedura con un numero minimo di partecipanti ovvero i casi in cui la negoziazione con piu’ di un operatore economico sia incompatibile con le esigenze di segretezza e sicurezza;
  13. n) individuazione dei contratti esclusi dall’ambito di applicazione del decreto di recepimento delle direttive e del decreto di riordino in coerenza con quanto previsto dalle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE;
  14. o) riordino e semplificazione della normativa specifica in materia di contratti relativi a beni culturali, ivi inclusi quelli di sponsorizzazione, anche tenendo conto della particolare natura di quei beni e delle peculiarita’ delle tipologie degli interventi, prevedendo altresi’ modalita’ innovative per le procedure di appalto relative a lavori, servizi e forniture e di concessione di servizi, comunque nel rispetto delle disposizioni di tutela previste dal codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e garantendo la trasparenza e la pubblicita’ degli atti;
  15. p) previsione di misure volte a garantire il rispetto dei criteri di sostenibilita’ energetica e ambientale nell’affidamento degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, facendo ricorso anche al criterio di aggiudicazione basato sui costi del ciclo di vita e stabilendo un maggiore punteggio per i beni, i lavori e i servizi che presentano un minore impatto sulla salute e sull’ambiente;
  16. q) armonizzazione delle norme in materia di trasparenza, pubblicita’, durata e tracciabilita’ delle procedure di gara e delle fasi ad essa prodromiche e successive, anche al fine di concorrere alla lotta alla corruzione, di evitare i conflitti d’interesse e di favorire la trasparenza nel settore degli appalti pubblici e dei contratti di concessione:

1) individuando espressamente i casi nei quali, in via eccezionale, e’ possibile ricorrere alla procedura negoziata senza precedente pubblicazione di un bando di gara;

2) disciplinando le suddette procedure di gara e le relative fasi e durata, sia mediante l’unificazione delle banche dati esistenti nel settore presso l’Autorita’ nazionale anticorruzione (ANAC), con esclusione della banca dati centralizzata di cui alla lettera z), sia con la definizione di idonee misure quali la previsione di poteri di vigilanza e controllo sull’applicazione delle norme in materia di appalti pubblici e di contratti di concessione, con particolare riguardo alla fase di esecuzione della prestazione, finalizzati ad evitare la corruzione e i conflitti d’interesse ed a favorire la trasparenza, e la promozione della digitalizzazione delle procedure stesse, in funzione della loro tracciabilita’;

3) assicurando comunque la trasparenza degli atti ed il rispetto della regolarita’ contributiva, fiscale e patrimoniale dell’impresa appaltatrice;

4) imponendo il ricorso a conti dedicati per le imprese aggiudicatarie di appalti pubblici attraverso i quali regolare tutti i flussi finanziari dei pagamenti verso tutti i prestatori d’opera e di lavoro e verso tutte le imprese che entrano a vario titolo in rapporto con l’impresa aggiudicataria in relazione agli appalti assegnati;

5) prevedendo un sistema amministrativo, regolato sotto la direzione dell’ANAC, di penalita’ e premialita’ per la denuncia obbligatoria delle richieste estorsive e corruttive da parte delle imprese titolari di appalti pubblici, comprese le imprese subappaltatrici e le imprese fornitrici di materiali, opere e servizi, prevedendo altresi’ uno specifico regime sanzionatorio nei casi di omessa o tardiva denuncia e individuando le norme del codice la cui violazione determina la comminazione di sanzioni amministrative da parte dell’ANAC;

6) attribuendo piena accessibilita’, visibilita’ e trasparenza, anche in via telematica, in relazione agli atti progettuali, al fine di consentire un’adeguata ponderazione dell’offerta da parte dei concorrenti;

  1. r) definizione dei requisiti di capacita’ economico-finanziaria, tecnica, ivi compresa quella organizzativa, e professionale, attinenti e proporzionati all’oggetto dell’appalto, che gli operatori economici devono possedere per partecipare alle procedure di gara, tenendo presente l’interesse pubblico ad avere il piu’ ampio numero di potenziali partecipanti, nel rispetto dei principi di trasparenza e rotazione, nonche’ a favorire l’accesso da parte delle micro, piccole e medie imprese;
  2. s) revisione della disciplina in materia di pubblicita’ degli avvisi e dei bandi di gara, in modo da fare ricorso a strumenti di pubblicita’ di tipo informatico; definizione di indirizzi generali da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con l’ANAC, al fine di garantire adeguati livelli di trasparenza e di conoscibilita’ prevedendo, in ogni caso, la pubblicazione su un’unica piattaforma digitale presso l’ANAC di tutti i bandi di gara;
  3. t) attribuzione all’ANAC di piu’ ampie funzioni di promozione dell’efficienza, di sostegno allo sviluppo delle migliori pratiche, di facilitazione allo scambio di informazioni tra stazioni appaltanti e di vigilanza nel settore degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, comprendenti anche poteri di controllo, raccomandazione, intervento cautelare, di deterrenza e sanzionatorio, nonche’ di adozione di atti di indirizzo quali linee guida, bandi-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolamentazione flessibile, anche dotati di efficacia vincolante e fatta salva l’impugnabilita’ di tutte le decisioni e gli atti assunti dall’ANAC innanzi ai competenti organi di giustizia amministrativa;
  4. u) individuazione dei casi in cui, con riferimento agli atti di indirizzo di cui alla lettera t), l’ANAC, immediatamente dopo la loro adozione, trasmette alle Camere apposite relazioni;
  5. v) previsione delle modalita’ e dei soggetti preposti alla rilevazione e alla determinazione annuale dei costi standardizzati per tipo di lavoro, di servizio e di fornitura;
  6. z) riduzione degli oneri documentali ed economici a carico dei soggetti partecipanti, con attribuzione a questi ultimi della piena possibilita’ di integrazione documentale non onerosa di qualsiasi elemento di natura formale della domanda, purche’ non attenga agli elementi oggetto di valutazioni sul merito dell’offerta, e semplificazione delle procedure di verifica da parte delle stazioni appaltanti, con particolare riguardo all’accertamento dei requisiti generali di qualificazione, costantemente aggiornati, attraverso l’accesso a un’unica banca dati centralizzata gestita dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la revisione e semplificazione dell’attuale sistema AVCpass, garantendo a tal fine l’interoperabilita’ tra i Ministeri e gli organismi pubblici coinvolti e prevedendo l’applicazione di specifiche sanzioni in caso di rifiuto all’interoperabilita’;
  7. aa) previsione che, al fine di ridurre gli oneri documentali, i partecipanti alle gare possano utilizzare il documento di gara unico europeo (DGUE) o analogo documento predisposto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per autocertificare il possesso dei requisiti;
  8. bb) razionalizzazione delle procedure di spesa attraverso l’applicazione di criteri di qualita’, efficienza, professionalizzazione delle stazioni appaltanti, prevedendo la riorganizzazione delle funzioni delle stazioni appaltanti, con particolare riferimento alle fasi di programmazione e controllo, nonche’ prevedendo l’introduzione di un apposito sistema, gestito dall’ANAC, di qualificazione delle medesime stazioni appaltanti, teso a valutarne l’effettiva capacita’ tecnica e organizzativa, sulla base di parametri obiettivi;
  9. cc) revisione ed efficientamento delle procedure di appalto degli accordi quadro, delle convenzioni e in genere delle procedure utilizzabili dalla societa’ CONSIP Spa, dai soggetti aggregatori e dalle centrali di committenza, finalizzati a migliorare la qualita’ degli approvvigionamenti e a ridurre i costi e i tempi di espletamento delle gare promuovendo anche un sistema di reti di committenza volto a determinare un piu’ ampio ricorso alle gare e agli affidamenti di tipo telematico, al fine di garantire l’effettiva partecipazione delle micro, piccole e medie imprese;
  10. dd) contenimento dei tempi e piena verificabilita’ dei flussi finanziari anche attraverso la previsione dell’obbligo per le stazioni appaltanti di pubblicare nel proprio sito internet il resoconto finanziario al termine dell’esecuzione del contratto, nonche’ attraverso adeguate forme di centralizzazione delle committenze e di riduzione del numero delle stazioni appaltanti, effettuate sulla base del sistema di qualificazione di cui alla lettera bb), con possibilita’, a seconda del grado di qualificazione conseguito, di gestire contratti di maggiore complessita’, salvaguardando l’esigenza di garantire la suddivisione in lotti nel rispetto della normativa dell’Unione europea, e fatto salvo l’obbligo, per i comuni non capoluogo di provincia, di ricorrere a forme di aggregazione o centralizzazione delle committenze, a livello di unione dei comuni, ove esistenti, o ricorrendo ad altro soggetto aggregatore secondo la normativa vigente, garantendo la tutela dei diritti delle minoranze linguistiche come prevista dalla Costituzione e dalle disposizioni vigenti;
  11. ee) introduzione di misure volte a contenere il ricorso a variazioni progettuali in corso d’opera, distinguendo in modo dettagliato tra variazioni sostanziali e non sostanziali, in particolare nella fase esecutiva e con specifico riferimento agli insediamenti produttivi strategici e alle infrastrutture strategiche private di preminente interesse nazionale di cui al comma 1 dell’articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443, e successive modificazioni; previsione che ogni variazione in corso d’opera debba essere adeguatamente motivata e giustificata unicamente da condizioni impreviste e imprevedibili e, comunque, sia debitamente autorizzata dal responsabile unico del procedimento, con particolare riguardo all’effetto sostitutivo dell’approvazione della variazione rispetto a tutte le autorizzazioni e gli atti di assenso comunque denominati e assicurando sempre la possibilita’, per l’amministrazione committente, di procedere alla risoluzione del contratto quando le variazioni superino determinate soglie rispetto all’importo originario, garantendo al contempo la qualita’ progettuale e la responsabilita’ del progettista in caso di errori di progettazione e prevedendo, altresi’, l’applicazione di uno specifico regime sanzionatorio in capo alle stazioni appaltanti per la mancata o tardiva comunicazione all’ANAC delle variazioni in corso d’opera per gli appalti di importo pari o superiore alla soglia comunitaria;
  12. ff) utilizzo, nel rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parita’ di trattamento, per l’aggiudicazione degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, del criterio dell’offerta economicamente piu’ vantaggiosa, seguendo un approccio costo/efficacia, quale il costo del ciclo di vita e includendo il «miglior rapporto qualita’/prezzo» valutato con criteri oggettivi sulla base degli aspetti qualitativi, ambientali o sociali connessi all’oggetto dell’appalto pubblico o del contratto di concessione; regolazione espressa dei criteri, delle caratteristiche tecniche e prestazionali e delle soglie di importo entro le quali le stazioni appaltanti ricorrono al solo criterio di aggiudicazione del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo piu’ basso o del massimo ribasso d’asta, nonche’ indicazione delle modalita’ di individuazione e valutazione delle offerte anomale, che rendano non predeterminabili i parametri di riferimento per il calcolo dell’offerta anomala, con particolare riguardo ad appalti di valore inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria;
  13. gg) aggiudicazione dei contratti pubblici relativi ai servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonche’ a quelli di servizi ad alta intensita’ di manodopera, definiti come quelli nei quali il costo della manodopera e’ pari almeno al 50 per cento dell’importo totale del contratto, esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente piu’ vantaggiosa, come definita dalla lettera ff), escludendo in ogni caso l’applicazione del solo criterio di aggiudicazione del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo piu’ basso o del massimo ribasso d’asta;
  14. hh) creazione, presso l’ANAC, di un albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici di appalti pubblici e contratti di concessione, prevedendo, tenuto conto, a seguito di apposite verifiche, delle precedenti attivita’ professionali dei componenti e dell’eventuale sussistenza di ipotesi di conflitti d’interesse:

1) ai fini dell’iscrizione all’albo specifici requisiti di moralita’, di competenza e di professionalita’ nello specifico settore cui si riferisce il contratto, nonche’ le cause di incompatibilita’ e di cancellazione dal medesimo albo;

2) l’assegnazione dei componenti alle commissioni giudicatrici mediante pubblico sorteggio da una lista di candidati indicati alle stazioni appaltanti in numero almeno doppio rispetto ai componenti da nominare e comunque nel rispetto del principio di rotazione;

3) che l’ANAC adotti con propria determinazione la disciplina generale per la tenuta dell’albo, comprensiva dei criteri per il suo aggiornamento;

  1. ii) garanzia di adeguati livelli di pubblicita’ e trasparenza delle procedure anche per gli appalti pubblici e i contratti di concessione sotto la soglia di rilevanza comunitaria, assicurando, anche nelle forme semplificate di aggiudicazione, la valutazione comparativa tra piu’ offerte, prevedendo che debbano essere invitati a presentare offerta almeno cinque operatori economici, ove esistenti, nonche’ un’adeguata rotazione, ferma restando la facolta’ per le imprese pubbliche dei settori speciali di cui alla direttiva 2014/25/UE di applicare la disciplina stabilita nei rispettivi regolamenti, adottati in conformita’ ai principi dettati dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea a tutela della concorrenza;
  2. ll) rafforzamento delle funzioni di organizzazione, di gestione e di controllo della stazione appaltante sull’esecuzione delle prestazioni, attraverso verifiche effettive e non meramente documentali, con particolare riguardo ai poteri di verifica e intervento del responsabile del procedimento, del direttore dei lavori nei contratti di lavori e del direttore dell’esecuzione del contratto nei contratti di servizi e forniture, nonche’ per le verifiche e i controlli relativi all’effettiva ottemperanza a tutte le misure mitigative e compensative e alle prescrizioni in materia ambientale, paesaggistica, storico-architettonica, archeologica e di tutela della salute umana, impartite dagli enti e dagli organismi competenti, prevedendo un adeguato sistema sanzionatorio nei casi di controlli lacunosi ovvero di omessa vigilanza. E’ vietata, negli appalti pubblici di lavori aggiudicati con la formula del contraente generale, l’attribuzione dei compiti di responsabile o direttore dei lavori allo stesso contraente generale o soggetto collegato, ed e’ previsto che i soggetti che realizzano insediamenti produttivi strategici privati o infrastrutture strategiche private di preminente interesse nazionale, fermo restando quanto previsto dalla lettera sss), debbano adottare forme di contabilita’ esecutiva e di collaudo analoghe a quelle previste per gli appalti pubblici di lavori;
  3. mm) creazione, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di un albo nazionale obbligatorio dei soggetti che possono ricoprire rispettivamente i ruoli di responsabile dei lavori, di direttore dei lavori e di collaudatore negli appalti pubblici di lavori aggiudicati con la formula del contraente generale, prevedendo specifici requisiti di moralita’, di competenza e di professionalita’ e la loro nomina nelle procedure di appalto mediante pubblico sorteggio da una lista di candidati indicati alle stazioni appaltanti in numero almeno triplo per ciascun ruolo da ricoprire e prevedendo altresi’ che le spese di tenuta dell’albo siano poste a carico dei soggetti interessati;
  4. nn) revisione della disciplina di affidamento degli incarichi di collaudo a dipendenti appartenenti ai ruoli della pubblica amministrazione e in trattamento di quiescenza, prevedendo il divieto di affidamento dell’incarico di collaudo per appalti di lavori pubblici di importo superiore alle soglie di rilevanza comunitaria, ubicati nella regione sede dell’amministrazione di appartenenza, e disponendo un limite all’importo dei corrispettivi;
  5. oo) valorizzazione della fase progettuale negli appalti pubblici e nei contratti di concessione di lavori, promuovendo la qualita’ architettonica e tecnico-funzionale, anche attraverso lo strumento dei concorsi di progettazione e il progressivo uso di metodi e strumenti elettronici specifici, quali quelli di modellazione elettronica e informativa per l’edilizia e le infrastrutture, limitando radicalmente il ricorso all’appalto integrato, tenendo conto in particolare del contenuto innovativo o tecnologico delle opere oggetto dell’appalto o della concessione in rapporto al valore complessivo dei lavori e prevedendo di norma la messa a gara del progetto esecutivo; esclusione dell’affidamento dei lavori sulla base della sola progettazione di livello preliminare, nonche’, con riferimento all’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e di tutti i servizi di natura tecnica, del ricorso al solo criterio di aggiudicazione del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo piu’ basso o del massimo ribasso d’asta;
  6. pp) con riferimento alle gare pubbliche per l’acquisto di beni, in linea con quanto sancito dall’articolo 42, paragrafo 2, della direttiva 2014/24/UE, previsione di specifiche tecniche relative alle gare da espletare, soprattutto in relazione a beni e strumenti informatici e componenti tecnologici, che garantiscano parita’ di accesso agli operatori e non costituiscano ostacolo alla piena attuazione del principio di concorrenza;
  7. qq) riassetto, revisione e semplificazione dei sistemi di garanzia per l’aggiudicazione e l’esecuzione degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, al fine di renderli proporzionati e adeguati alla natura delle prestazioni oggetto del contratto e al grado di rischio ad esso connesso, nonche’ al fine di salvaguardare l’interesse pubblico alla conclusione dei lavori nei costi, nei tempi e nei modi programmati anche in caso di fatti imprevisti ed imprevedibili e non imputabili alla stazione appaltante, e assicurando comunque l’entrata in vigore della nuova disciplina contestualmente a strumenti attuativi preventivamente concordati con gli istituti bancari e assicurativi che devono assumersi i rischi d’impresa;
  8. rr) revisione e semplificazione della disciplina vigente per il sistema della validazione dei progetti, stabilendo la soglia di importo al di sotto della quale la validazione e’ competenza del responsabile unico del procedimento nonche’ il divieto, al fine di evitare conflitti di interesse, dello svolgimento contemporaneo dell’attivita’ di validazione con quella di progettazione; al fine di incentivare l’efficienza e l’efficacia nel perseguimento della realizzazione e dell’esecuzione a regola d’arte, nei tempi previsti dal progetto e senza alcun ricorso a varianti in corso d’opera, e’ destinata una somma non superiore al 2 per cento dell’importo posto a base di gara per le attivita’ tecniche svolte dai dipendenti pubblici relativamente alla programmazione della spesa per investimenti, alla predisposizione e controllo delle procedure di bando e di esecuzione dei contratti pubblici, di direzione dei lavori e ai collaudi, con particolare riferimento al profilo dei tempi e dei costi, escludendo l’applicazione degli incentivi alla progettazione;
  9. ss) razionalizzazione ed estensione delle forme di partenariato pubblico privato, con particolare riguardo alla finanza di progetto e alla locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilita’, incentivandone l’utilizzo anche attraverso il ricorso a strumenti di carattere finanziario innovativi e specifici ed il supporto tecnico alle stazioni appaltanti, garantendo la trasparenza e la pubblicita’ degli atti;
  10. tt) al fine di agevolare e ridurre i tempi delle procedure di partenariato pubblico privato, previsione espressa, previa indicazione dell’amministrazione competente, delle modalita’ e delle tempistiche per addivenire alla predisposizione di specifici studi di fattibilita’ che consentano di porre a gara progetti con accertata copertura finanziaria derivante dalla verifica dei livelli di bancabilita’, garantendo altresi’ l’acquisizione di tutte le necessarie autorizzazioni, pareri e atti di assenso comunque denominati entro la fase di aggiudicazione;
  11. uu) revisione del vigente sistema di qualificazione degli operatori economici in base a criteri di omogeneita’, trasparenza e verifica formale e sostanziale delle capacita’ realizzative, delle competenze tecniche e professionali, ivi comprese le risorse umane, organiche all’impresa, nonche’ delle attivita’ effettivamente eseguite, introducendo, inoltre, misure di premialita’, regolate da un’apposita disciplina generale fissata dall’ANAC con propria determinazione e connesse a criteri reputazionali basati su parametri oggettivi e misurabili e su accertamenti definitivi concernenti il rispetto dei tempi e dei costi nell’esecuzione dei contratti e la gestione dei contenziosi, nonche’ assicurando gli opportuni raccordi con la normativa vigente in materia di rating di legalita’;
  12. vv) disciplina del procedimento per la decadenza e la sospensione delle attestazioni secondo i seguenti principi e criteri direttivi:

1) attribuzione della relativa competenza all’ANAC;

2) previsione che il curatore del fallimento possa partecipare alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, che possa essere affidatario di subappalti e che possa stipulare i relativi contratti quando l’impresa fallita e’ in possesso delle necessarie attestazioni ed e’ stato autorizzato l’esercizio provvisorio;

3) previsione che il curatore del fallimento, quando e’ stato autorizzato l’esercizio provvisorio, possa eseguire i contratti gia’ stipulati dall’impresa fallita;

4) previsione che l’impresa ammessa al concordato con continuita’ aziendale possa partecipare alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, o essere affidataria di subappalti e stipulare i relativi contratti, senza necessita’ di avvalersi dei requisiti di altro soggetto o dell’attestazione SOA di altro soggetto;

5) previsione che l’impresa ammessa al concordato con continuita’ aziendale o con cessione di beni o che ha presentato domanda di concordato a norma dell’articolo 161, sesto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, possa eseguire i contratti gia’ stipulati dall’impresa stessa;

6) disciplina dei casi in cui l’ANAC puo’, nelle fattispecie di cui ai numeri 2), 3), 4) e 5), sentito il giudice delegato alla procedura di fallimento o concordato preventivo e acquisito il parere del curatore o del commissario giudiziale, subordinare la partecipazione, l’affidamento di subappalti e la stipulazione dei relativi contratti alla necessita’ che il curatore o l’impresa in concordato si avvalgano di un altro operatore in possesso dei requisiti di carattere generale, di capacita’ finanziaria, tecnica, economica, nonche’ di certificazione, richiesti per l’affidamento dell’appalto, che si impegni nei confronti dell’impresa concorrente e della stazione appaltante a mettere a disposizione, per la durata del contratto, le risorse necessarie all’esecuzione dell’appalto e a subentrare all’impresa ausiliata nel caso in cui questa nel corso della gara, ovvero dopo la stipulazione del contratto, non sia per qualsiasi ragione piu’ in grado di dare regolare esecuzione all’appalto o alla concessione;

  1. zz) revisione della disciplina vigente in materia di avvalimento, nel rispetto dei principi dell’Unione europea e di quelli desumibili dalla giurisprudenza amministrativa in materia, imponendo che il contratto di avvalimento indichi nel dettaglio le risorse e i mezzi prestati, con particolare riguardo ai casi in cui l’oggetto di avvalimento sia costituito da certificazioni di qualita’ o certificati attestanti il possesso di adeguata organizzazione imprenditoriale ai fini della partecipazione alla gara, e rafforzando gli strumenti di verifica circa l’effettivo possesso dei requisiti e delle risorse oggetto di avvalimento da parte dell’impresa ausiliaria nonche’ circa l’effettivo impiego delle risorse medesime nell’esecuzione dell’appalto, al fine di escludere la possibilita’ di ricorso all’avvalimento a cascata e prevedendo che non possa essere oggetto di avvalimento il possesso della qualificazione e dell’esperienza tecnica e professionale necessarie per eseguire le prestazioni da affidare;

aaa) razionalizzazione dei metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale, anche in materia di esecuzione del contratto, disciplinando il ricorso alle procedure arbitrali al fine di escludere il ricorso a procedure diverse da quelle amministrate, garantire la trasparenza, la celerita’ e l’economicita’ e assicurare il possesso dei requisiti di integrita’, imparzialita’ e responsabilita’ degli arbitri e degli eventuali ausiliari; al fine di garantire l’efficacia e la speditezza delle procedure di aggiudicazione ed esecuzione dei contratti relativi ad appalti pubblici di lavori, previsione, nel rispetto della pienezza della tutela giurisdizionale, che, gia’ nella fase cautelare, il giudice debba tener conto del disposto dell’articolo 121, comma 1, del codice del processo amministrativo, di cui all’allegato 1 annesso al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, e, anche nelle ipotesi di cui all’articolo 122 e nell’applicazione dei criteri ivi previsti, debba valutare se il rispetto di esigenze imperative connesse a un interesse generale possa influire sulla misura cautelare richiesta;

bbb) revisione e razionalizzazione del rito abbreviato per i giudizi di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 119 del codice del processo amministrativo, di cui all’allegato 1 annesso al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, anche mediante l’introduzione di un rito speciale in camera di consiglio che consente l’immediata risoluzione del contenzioso relativo all’impugnazione dei provvedimenti di esclusione dalla gara o di ammissione alla gara per carenza dei requisiti di partecipazione; previsione della preclusione della contestazione di vizi attinenti alla fase di esclusione dalla gara o ammissione alla gara nel successivo svolgimento della procedura di gara e in sede di impugnazione dei successivi provvedimenti di valutazione delle offerte e di aggiudicazione, provvisoria e definitiva;

ccc) miglioramento delle condizioni di accesso al mercato degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, anche con riferimento ai servizi di architettura e ingegneria e agli altri servizi professionali dell’area tecnica, per i piccoli e medi operatori economici, per i giovani professionisti, per le micro, piccole e medie imprese e per le imprese di nuova costituzione, anche attraverso il divieto di aggregazione artificiosa degli appalti e l’obbligo di motivazione della mancata suddivisione in lotti, prevedendo in particolare che la dimensione degli appalti ed il conseguente valore delle gare e dei lotti in cui queste risultino eventualmente suddivise siano adeguati al fine di garantire l’effettiva possibilita’ di partecipazione da parte delle micro, piccole e medie imprese nonche’ introducendo misure premiali per gli appaltatori e i concessionari che coinvolgano i predetti soggetti nelle procedure di gara e nell’esecuzione dei contratti;

ddd) valorizzazione delle esigenze sociali e di sostenibilita’ ambientale, mediante introduzione di criteri e modalita’ premiali di valutazione delle offerte nei confronti delle imprese che, in caso di aggiudicazione, si impegnino, per l’esecuzione dell’appalto, a utilizzare anche in parte manodopera o personale a livello locale ovvero in via prioritaria gli addetti gia’ impiegati nel medesimo appalto, in ottemperanza ai principi di economicita’ dell’appalto, promozione della continuita’ dei livelli occupazionali, semplificazione ed implementazione dell’accesso delle micro, piccole e medie imprese, tenendo anche in considerazione gli aspetti della territorialita’ e della filiera corta e attribuendo un peso specifico anche alle ricadute occupazionali sottese alle procedure di accesso al mercato degli appalti pubblici, comunque nel rispetto del diritto dell’Unione europea;

eee) garanzia di adeguati livelli di pubblicita’ e trasparenza delle procedure anche per gli appalti pubblici e i contratti di concessione tra enti nell’ambito del settore pubblico, cosiddetti affidamenti in house, prevedendo, anche per questi enti, l’obbligo di pubblicazione di tutti gli atti connessi all’affidamento, assicurando, anche nelle forme di aggiudicazione diretta, la valutazione sulla congruita’ economica delle offerte, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, e prevedendo l’istituzione, a cura dell’ANAC, di un elenco di enti aggiudicatori di affidamenti in house ovvero che esercitano funzioni di controllo o di collegamento rispetto ad altri enti, tali da consentire gli affidamenti diretti. L’iscrizione nell’elenco avviene a domanda, dopo che sia stata riscontrata l’esistenza dei requisiti. La domanda di iscrizione consente all’ente aggiudicatore, sotto la propria responsabilita’, di conferire all’ente con affidamento in house, o soggetto al controllo singolo o congiunto o al collegamento, appalti o concessioni mediante affidamento diretto;

fff) previsione di una disciplina specifica per gli appalti pubblici di servizi, diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli ad alta intensita’ di manodopera, definiti come quelli nei quali il costo della manodopera e’ pari almeno al 50 per cento dell’importo totale del contratto, prevedendo l’introduzione di «clausole sociali» volte a promuovere la stabilita’ occupazionale del personale impiegato, prendendo a riferimento, per ciascun comparto merceologico o di attivita’, il contratto collettivo nazionale di lavoro che presenta le migliori condizioni per i lavoratori ed escludendo espressamente il ricorso al solo criterio di aggiudicazione del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo piu’ basso o del massimo ribasso d’asta, comunque nel rispetto del diritto dell’Unione europea;

ggg) previsione di una disciplina specifica per gli appalti pubblici di lavori e servizi che introduca clausole sociali volte a promuovere la stabilita’ occupazionale del personale impiegato e stabilisca che i contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni devono intendersi quelli stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente piu’ rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attivita’ oggetto dell’appalto e svolta dall’impresa, anche in maniera prevalente;

hhh) disciplina organica della materia dei contratti di concessione mediante l’armonizzazione e la semplificazione delle disposizioni vigenti, nonche’ la previsione di criteri per le concessioni indicate nella sezione II del capo I del titolo I della direttiva 2014/23/UE, nel rispetto dell’esito del referendum abrogativo del 12-13 giugno 2011 per le concessioni nel settore idrico, introducendo altresi’ criteri volti a vincolare la concessione alla piena attuazione del piano finanziario e al rispetto dei tempi previsti dallo stesso per la realizzazione degli investimenti in opere pubbliche, nonche’ al rischio operativo ai sensi della predetta direttiva 2014/23/UE, e a disciplinare le procedure di fine concessione e le modalita’ di indennizzo in caso di subentro; previsione di criteri volti a promuovere le concessioni relative agli approvvigionamenti industriali in autoconsumo elettrico da fonti rinnovabili nel rispetto del diritto dell’Unione europea;

iii) obbligo per i soggetti pubblici e privati, titolari di concessioni di lavori o di servizi pubblici gia’ esistenti o di nuova aggiudicazione, di affidare una quota pari all’80 per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo superiore a 150.000 euro mediante procedura ad evidenza pubblica, stabilendo che la restante parte possa essere realizzata da societa’ in house per i soggetti pubblici ovvero da societa’ direttamente o indirettamente controllate o collegate per i soggetti privati, ovvero tramite operatori individuati mediante procedure ad evidenza pubblica, anche di tipo semplificato, nonche’ modalita’ di verifica del rispetto di tali previsioni affidate anche all’ANAC, introducendo clausole sociali per la stabilita’ del personale impiegato e per la salvaguardia delle professionalita’ e prevedendo, per le concessioni gia’ in essere, un periodo transitorio di adeguamento non superiore a ventiquattro mesi ed escludendo dal predetto obbligo unicamente le concessioni in essere o di nuova aggiudicazione affidate con la formula della finanza di progetto e le concessioni in essere o di nuova aggiudicazione affidate con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell’Unione europea per le quali continuano comunque ad applicarsi le disposizioni in materia di affidamento di contratti di appalto vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge;

lll) avvio delle procedure ad evidenza pubblica per l’affidamento delle nuove concessioni autostradali non meno di ventiquattro mesi prima della scadenza di quelle in essere, con revisione del sistema delle concessioni autostradali, con particolare riferimento all’introduzione di un divieto di clausole e disposizioni di proroga, in conformita’ alla nuova disciplina generale dei contratti di concessione;

mmm) previsione di una particolare disciplina transitoria per l’affidamento delle concessioni autostradali che, alla data di entrata in vigore del decreto di recepimento delle direttive, siano scadute o prossime alla scadenza, onde assicurare il massimo rispetto del principio dell’evidenza pubblica, nonche’, per le concessioni per le quali l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore esercita sul concessionario un controllo analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi, dei principi desumibili dall’articolo 17 della direttiva 2014/23/UE;

nnn) individuazione, in tema di procedure di affidamento, di modalita’ volte a garantire i livelli minimi di concorrenzialita’, trasparenza, rotazione e parita’ di trattamento richiesti dalla normativa europea anche attraverso la sperimentazione di procedure e sistemi informatici gia’ adoperati per aste telematiche;

ooo) promozione di modalita’ e strumenti telematici e di procedure interamente telematiche d’acquisto, garantendo il soddisfacimento dell’obiettivo del miglior rapporto qualita’/prezzo piuttosto che l’indicazione di uno specifico prodotto;

ppp) trasparenza nella partecipazione dei portatori qualificati di interessi nell’ambito dei processi decisionali finalizzati alla programmazione e all’aggiudicazione di appalti pubblici e contratti di concessione nonche’ nella fase di esecuzione del contratto;

qqq) introduzione di forme di dibattito pubblico delle comunita’ locali dei territori interessati dalla realizzazione di grandi progetti infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale aventi impatto sull’ambiente, la citta’ o sull’assetto del territorio, prevedendo la pubblicazione on line dei progetti e degli esiti della consultazione pubblica; le osservazioni elaborate in sede di consultazione pubblica entrano nella valutazione in sede di predisposizione del progetto definitivo;

rrr) introduzione nei contratti di lavori, servizi e forniture di una disciplina specifica per il subappalto, prevedendo in particolare: l’obbligo per il concorrente di indicare in sede di offerta le parti del contratto che intende subappaltare; l’espressa individuazione dei casi specifici in cui vige l’obbligo di indicare, in sede di offerta, una terna di nominativi di subappaltatori per ogni tipologia di attivita’ prevista in progetto; l’obbligo di dimostrare l’assenza in capo ai subappaltatori indicati di motivi di esclusione e di sostituire i subappaltatori relativamente ai quali apposita verifica abbia dimostrato la sussistenza di motivi di esclusione; l’obbligo per la stazione appaltante di procedere al pagamento diretto dei subappaltatori in caso di inadempimento da parte dell’appaltatore o anche su richiesta del subappaltatore e se la natura del contratto lo consente, per i servizi, le forniture o i lavori forniti; ove il subappaltatore sia una microimpresa o una piccola impresa, l’espressa individuazione delle fattispecie in cui la stazione appaltante procede al pagamento diretto, fatta salva la facolta’ per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, sulla base dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione e nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea, di disciplinare ulteriori casi di pagamento diretto dei subappaltatori;

sss) espresso superamento delle disposizioni di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, con effetto dalla data di entrata in vigore del decreto di riordino, prevedendo l’aggiornamento e la revisione del piano generale dei trasporti e della logistica, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo 2001, pubblicato nel supplemento straordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 163 del 16 luglio 2001, la riprogrammazione dell’allocazione delle risorse alle opere in base ai criteri individuati nel Documento pluriennale di pianificazione, previsto dall’articolo 2 del decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 228, e successive modificazioni, nonche’ l’applicazione delle procedure di valutazione ambientale strategica e di valutazione di impatto ambientale di cui alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni; previsione che nel Documento di economia e finanza sia contenuta una dettagliata relazione sullo stato di avanzamento delle opere programmate; previsione di norme di coordinamento e transitorie per gli interventi per i quali vi siano obbligazioni giuridiche vincolanti e definizione delle funzioni e dell’organizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, anche con riferimento alle disposizioni del capo IV del titolo III della parte II del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni.

  1. Nell’esercizio delle deleghe di cui al comma 1, la Presidenza del Consiglio dei ministri coordina, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sentita l’ANAC, lo svolgimento delle consultazioni delle principali categorie di soggetti pubblici e privati destinatari della nuova normativa.
  2. I decreti legislativi di cui al comma 1, corredati della relazione tecnica di cui all’articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, che dia conto della neutralita’ finanziaria dei medesimi ovvero dei nuovi o maggiori oneri da essi derivanti, sono adottati, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentiti i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della giustizia, dell’economia e delle finanze e della difesa, previa acquisizione del parere del Consiglio di Stato e della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, che si pronunciano entro venti giorni dalla trasmissione. Gli schemi dei decreti legislativi sono contestualmente trasmessi alle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si pronunciano entro trenta giorni dalla trasmissione. Decorsi inutilmente i termini di cui al primo e al secondo periodo, i decreti legislativi possono essere adottati anche in mancanza dei pareri. Ove il parere delle Commissioni parlamentari indichi specificamente talune disposizioni come non conformi ai principi e criteri direttivi di cui alla presente legge, il Governo, con le proprie osservazioni e con eventuali modificazioni, ritrasmette il testo alle Camere per il parere definitivo delle Commissioni parlamentari competenti, da esprimere entro quindici giorni dall’assegnazione; decorso inutilmente tale termine il decreto legislativo puo’ essere comunque emanato.
  3. Il decreto di recepimento delle direttive dispone l’abrogazione delle parti incompatibili del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e di altre disposizioni, espressamente indicate, anche prevedendo opportune disposizioni di coordinamento, transitorie e finali. Il decreto di riordino dispone, altresi’, l’abrogazione delle ulteriori disposizioni del medesimo codice di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, e di altre disposizioni, espressamente indicate, nonche’ prevede opportune disposizioni di coordinamento, transitorie e finali. Tale decreto legislativo comprende al suo interno il contenuto del decreto di recepimento delle direttive con le eventuali e opportune disposizioni correttive e integrative.
  4. Sulla base del decreto di riordino sono, altresi’, emanate linee guida di carattere generale proposte dall’ANAC e approvate con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che sono trasmesse prima dell’adozione alle competenti Commissioni parlamentari per il parere.
  5. L’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE e’ disciplinata dalle regioni a statuto speciale e dalle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto dei principi e criteri direttivi desumibili dalle disposizioni della presente legge che costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale.
  6. Gli organi costituzionali stabiliscono nei propri ordinamenti modalita’ attuative dei principi e criteri direttivi previsti dalla presente legge nell’ambito delle prerogative costituzionalmente riconosciute.
  7. Entro un anno dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1 il Governo puo’ adottare disposizioni integrative e correttive nel rispetto dei principi e criteri direttivi e della procedura di cui al presente articolo.
  8. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, e’ comunque vietata negli appalti pubblici di lavori, affidati a contraente generale ai sensi dell’articolo 176 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, l’attribuzione di compiti di responsabile o di direttore dei lavori allo stesso contraente generale. Il suddetto divieto si applica anche alle procedure di appalto gia’ bandite alla data di entrata in vigore della presente legge, incluse quelle gia’ espletate per le quali la stazione appaltante non abbia ancora proceduto alla stipulazione del contratto con il soggetto aggiudicatario.
  9. In caso di successione di imprese nel contratto di appalto con il medesimo committente e per la medesima attivita’ di call center, il rapporto di lavoro continua con l’appaltatore subentrante, secondo le modalita’ e le condizioni previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro applicati e vigenti alla data del trasferimento, stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative sul piano nazionale. In assenza di specifica disciplina nazionale collettiva, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto adottato sentite le organizzazioni datoriali e sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, definisce i criteri generali per l’attuazione del presente comma. Le amministrazioni pubbliche e le imprese pubbliche o private che intendono stipulare un contratto di appalto per servizi di call center devono darne comunicazione preventiva alle rappresentanze sindacali aziendali e alle strutture territoriali delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale.
  10. A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di riordino sono abrogate le disposizioni in materia di garanzia globale di cui agli articoli 129, comma 3, e 176, comma 18, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni. Dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino alla data di entrata in vigore del decreto di riordino, e’ sospesa l’applicazione delle disposizioni di cui ai predetti articoli 129, comma 3, e 176, comma 18; agli affidamenti ai quali sarebbero stati applicabili, nel periodo considerato, i citati articoli 129, comma 3, e 176, comma 18, non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 113, comma 3, del predetto codice di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, e successive modificazioni. Quanto previsto dal presente comma si applica anche alle procedure i cui bandi sono stati pubblicati anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, prevedendo comunque la riapertura dei termini per la presentazione delle offerte e purche’ non sia gia’ intervenuta l’aggiudicazione provvisoria.
  11. Nel caso in cui il Governo adotti un unico decreto legislativo per le materie di cui all’alinea del comma 1:
  12. a) il termine di cui al comma 1, lettera sss), e’ fissato al 18 aprile 2016;
  13. b) si applica all’unico decreto legislativo la procedura di cui al comma 3;
  14. c) l’unico decreto legislativo determina l’abrogazione del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, anche prevedendo opportune disposizioni di coordinamento, transitorie e finali;
  15. d) le linee guida di cui al comma 5 sono adottate sulla base dell’unico decreto legislativo;
  16. e) le disposizioni integrative e correttive di cui al comma 8 sono adottate entro un anno dalla data di entrata in vigore dell’unico decreto legislativo;
  17. f) le disposizioni in materia di sistema di garanzia globale richiamate al comma 11 sono abrogate dalla data di entrata in vigore dell’unico decreto legislativo. La sospensione dell’applicazione della garanzia globale prevista dal medesimo comma 11 e’ disposta dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino alla data di entrata in vigore dell’unico decreto legislativo.”);

 

  1. c) sono stati compendiati sub art. 29 (“1. Tutti gli atti delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori relativi alla programmazione di lavori, opere, servizi e forniture, nonche’ alle procedure per l’affidamento di appalti pubblici di servizi, forniture, lavori e opere, di concorsi pubblici di progettazione, di concorsi di idee e di concessioni, compresi quelli tra enti nell’ambito del settore pubblico di cui all’articolo 5, alla composizione della commissione giudicatrice e ai curricula dei suoi componenti ove non considerati riservati ai sensi dell’articolo 53 ovvero secretati ai sensi dell’articolo 162, devono essere pubblicati e aggiornati sul profilo del committente, nella sezione “Amministrazione trasparente”, con l’applicazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33. Al fine di consentire l’eventuale proposizione del ricorso ai sensi dell’ articolo 120, comma 2-bis, del codice del processo amministrativo, sono altresi’ pubblicati, nei successivi due giorni dalla data di adozione dei relativi atti, il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni all’esito della verifica della documentazione attestante l’assenza dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80, nonche’ la sussistenza dei requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali. Entro il medesimo termine di due giorni e’ dato avviso ai candidati e ai concorrenti, con le modalita’ di cui all’articolo 5-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante il Codice dell’amministrazione digitale o strumento analogo negli altri Stati membri, di detto provvedimento, indicando l’ufficio o il collegamento informatico ad accesso riservato dove sono disponibili i relativi atti. Il termine per l’impugnativa di cui al citato articolo 120, comma 2-bis, decorre dal momento in cui gli atti di cui al secondo periodo sono resi in concreto disponibili, corredati di motivazione. Nella stessa sezione sono pubblicati anche i resoconti della gestione finanziaria dei contratti al termine della loro esecuzione con le modalita’ previste dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33. Gli atti di cui al presente comma recano, prima dell’intestazione o in calce, la data di pubblicazione sul profilo del committente. Fatti salvi gli atti a cui si applica l’articolo 73, comma 5, i termini cui sono collegati gli effetti giuridici della pubblicazione decorrono dalla data di pubblicazione sul profilo del committente.
  2. Gli atti di cui al comma 1, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 53,sono, altresi’, pubblicati sul sito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sulla piattaforma digitale istituita presso l’ANAC, anche tramite i sistemi informatizzati regionali, di cui al comma 4, e le piattaforme regionali di e-procurement interconnesse tramite cooperazione applicativa.
  3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano collaborano con gli organi dello Stato alla tutela della trasparenza e della legalita’ nel settore dei contratti pubblici. In particolare, operano in ambito territoriale a supporto delle stazioni appaltanti nell’attuazione del presente codice ed nel monitoraggio delle fasi di programmazione, affidamento ed esecuzione dei contratti.
  4. Per i contratti e gli investimenti pubblici di competenza regionale o di enti territoriali, le stazioni appaltanti provvedono all’assolvimento degli obblighi informativi e di pubblicita’ disposti dal presente codice, tramite i sistemi informatizzati regionali e le piattaforme telematiche di e-procurement ad essi interconnesse, garantendo l’interscambio delle informazioni e l’interoperabilita’, con le banche dati dell’ANAC, del Ministero dell’economia e delle finanze e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

4-bis. Il Ministero dell’economia e delle finanze, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l’ANAC e la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome per i sistemi di cui ai commi 2 e 4 condividono un protocollo generale per definire le regole di interoperabilita’ e le modalita’ di interscambio dei dati e degli atti tra le rispettive banche dati, nel rispetto del principio di unicita’ del luogo di pubblicazione e di unicita’ dell’invio delle informazioni. Per le opere pubbliche il protocollo si basa su quanto previsto dal decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229. L’insieme dei dati e degli atti condivisi nell’ambito del protocollo costituiscono fonte informativa prioritaria in materia di pianificazione e monitoraggio di contratti e investimenti pubblici”)

e 30 (“1. L’affidamento e l’esecuzione di appalti di opere, lavori, servizi, forniture e concessioni, ai sensi del presente codice garantisce la qualita’ delle prestazioni e si svolge nel rispetto dei principi di economicita’, efficacia, tempestivita’ e correttezza. Nell’affidamento degli appalti e delle concessioni, le stazioni appaltanti rispettano, altresi’, i principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalita’, nonche’ di pubblicita’ con le modalita’ indicate nel presente codice. Il principio di economicita’ puo’ essere subordinato, nei limiti in cui e’ espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti nel bando, ispirati a esigenze sociali, nonche’ alla tutela della salute, dell’ambiente, del patrimonio culturale e alla promozione dello sviluppo sostenibile, anche dal punto di vista energetico.

2.Le stazioni appaltanti non possono limitare in alcun modo artificiosamente la concorrenza allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici o, nelle procedure di aggiudicazione delle concessioni, compresa la stima del valore, taluni lavori, forniture o servizi.

3.Nell’esecuzione di appalti pubblici e di concessioni, gli operatori economici rispettano gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali elencate nell’allegato X.

4.Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni e’ applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente piu’ rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attivita’ oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente.

  1. In caso di inadempienza contributiva risultante dal documento unico di regolarita’ contributiva relativo a personale dipendente dell’affidatario o del subappaltatore o dei soggetti titolari di subappalti e cottimi di cui all’articolo 105, impiegato nell’esecuzione del contratto, la stazione appaltante trattiene dal certificato di pagamento l’importo corrispondente all’inadempienza per il successivo versamento diretto agli enti previdenziali e assicurativi, compresa, nei lavori, la cassa edile.

5-bis. In ogni caso sull’importo netto progressivo delle prestazioni e’ operata una ritenuta dello 0,50 per cento; le ritenute possono essere svincolate soltanto in sede di liquidazione finale, dopo l’approvazione da parte della stazione appaltante del certificato di collaudo o di verifica di conformita’, previo rilascio del documento unico di regolarita’ contributiva.

  1. In caso di ritardo nel pagamento delle retribuzioni dovute al personale di cui al comma 5, il responsabile unico del procedimento invita per iscritto il soggetto inadempiente, ed in ogni caso l’affidatario, a provvedervi entro i successivi quindici giorni. Ove non sia stata contestata formalmente e motivatamente la fondatezza della richiesta entro il termine sopra assegnato, la stazione appaltante paga anche in corso d’opera direttamente ai lavoratori le retribuzioni arretrate, detraendo il relativo importo dalle somme dovute all’affidatario del contratto ovvero dalle somme dovute al subappaltatore inadempiente nel caso in cui sia previsto il pagamento diretto ai sensi dell’articolo 105.
  2. I criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le microimprese, le piccole e le medie imprese.
  3. Per quanto non espressamente previsto nel presente codice e negli atti attuativi, alle procedure di affidamento e alle altre attivita’ amministrative in materia di contratti pubblici si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, alla stipula del contratto e alla fase di esecuzione si applicano le disposizioni del codice civile.”) del d. Lgs n. 50 del 2016.

 

3.1. Con particolare riferimento ai principi enunciati dall’articolo 30, si osserva che:

  1. a) taluni di essi sono comuni sia alla fase di aggiudicazione che a quella di esecuzione dei contratti (principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza);
  2. b) talaltri ineriscono specificamente alla fase dell’affidamento degli appalti e delle concessioni (principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità); si rammenta in proposito che per consolidata giurisprudenza (cfr. ex multis, Stato n. 1582 del 2011; n. 6795 del 2012) laddove la procedura di gara sia caratterizzata — come nell’ipotesi di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa — da una netta separazione tra la fase di valutazione dell’offerta tecnica e quella dell’offerta economica, il principio di segretezza comporta che, fino a quando non si sia conclusa la valutazione degli elementi tecnici, è interdetta al seggio di gara la conoscenza di quelli economici, per evitare ogni possibile influenza sull’apprezzamento dei primi; il principio della segretezza dell’offerta economica è, infatti, presidio dell’attuazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, sub specie della trasparenza e della par condicio dei concorrenti, che garantisce il corretto, libero ed indipendente svolgimento del processo intellettivo-volitivo che si conclude con il giudizio sull’offerta tecnica ed in particolare con l’attribuzione dei punteggi ai singoli criteri attraverso cui quest’ultima viene valutata; in questi casi, la peculiarità del bene giuridico protetto dal principio di segretezza dell’offerta economica, impone che la tutela si estenda a coprire non solo l’effettiva lesione del bene, ma anche il semplice rischio di pregiudizio al medesimo, perché anche la sola possibilità di conoscenza dell’entità dell’offerta economica, prima di quella tecnica, è idonea a compromettere la garanzia di imparzialità dell’operato dell’organo valutativo; da ciò si è fatto discendere che le offerte economiche devono restare segrete per tutta la fase procedimentale in cui la commissione compie le sue valutazioni sugli aspetti tecnici delle offerte, al fine di evitare che gli elementi di valutazione di carattere automatico possano influenzare la valutazione degli elementi discrezionali; con la conseguenza che la componente tecnica dell’offerta e la componente economica della stessa devono essere inserite in buste separate, proprio al fine di evitare la suddetta commistione, e che pertanto “laddove la procedura di gara sia caratterizzata (come nell’ipotesi di aggiudicazione con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa) da una netta separazione tra la fase di valutazione dell’offerta tecnica e quella dell’offerta economica, il principio di segretezza comporta che, fino a quando non si sia conclusa la valutazione degli elementi tecnici, è interdetta al seggio di gara la conoscenza di quelli economici, per evitare ogni possibile influenza sull’apprezzamento dei primi;
  3. c) nessuno di tali principi (salvo quanto di seguito si va ad osservare) ha portata radicalmente innovativa, in quanto i medesimi già in passato, (anche nel settore delle concessioni che, come prima riferito, non era specificamente ed organicamente normato dal previgente d.Lgs n. 163 del 2006) erano stati a più riprese affermati dalla giurisprudenza amministrativa e comunitaria, ovvero, comunque, erano già presenti nel previgente codice.

Esemplificativamente:

  1. I) il comma 2 dell’art. 30 rinviene il proprio antecedente storico nell’art. 29, comma 4, del d.Lgs n. 163/2006, ( “nessun progetto d’opera né alcun progetto di acquisto volto ad ottenere un certo quantitativo di forniture o di servizi può essere frazionato al fine di escluderlo dall’osservanza delle norme che troverebbero applicazione se il frazionamento non vi fosse stato” ed è “ribadito” dall’art. 35, comma 6 (“La scelta del metodo per il calcolo del valore stimato di un appalto o concessione non puo’ essere fatta con l’intenzione di escluderlo dall’ambito di applicazione delle disposizioni del presente codice relative alle soglie europee. Un appalto non puo’ essere frazionato allo scopo di evitare l’applicazione delle norme del presente codice tranne nel caso in cui ragioni oggettive lo giustifichino.) del vigente codice;
  2. II) il comma 4 dell’art. 30 rinviene il proprio antecedente storico nell’art. 118, comma 6, del d.Lgs n. 163/2006 (“l‘affidatario è tenuto ad osservare integralmente il trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni; è, altresì, responsabile in solido dell’osservanza delle norme anzidette da parte dei subappaltatori nei confronti dei loro dipendenti per le prestazioni rese nell’ambito del subappalto. L’affidatario e, per suo tramite, i subappaltatori, trasmettono alla stazione appaltante prima dell’inizio dei lavori la documentazione di avvenuta denunzia agli enti previdenziali, inclusa la Cassa edile, assicurativi e antinfortunistici, nonché copia del piano di cui al comma 7. Ai fini del pagamento delle prestazioni rese nell’ambito dell’appalto o del subappalto, la stazione appaltante acquisisce d’ufficio il documento unico di regolarita’ contributiva in corso di validita’ relativo all’affidatario e a tutti i subappaltatori) ed è “doppiato” dall’art. 105, comma 9 (“L’affidatario e’ tenuto ad osservare integralmente il trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni. E’, altresi’, responsabile in solido dell’osservanza delle norme anzidette da parte dei subappaltatori nei confronti dei loro dipendenti per le prestazioni rese nell’ambito del subappalto. L’affidatario e, per suo tramite, i subappaltatori, trasmettono alla stazione appaltante prima dell’inizio dei lavori la documentazione di avvenuta denunzia agli enti previdenziali, inclusa la Cassa edile, ove presente, assicurativi e antinfortunistici, nonche’ copia del piano di cui al comma 16 17. Ai fini del pagamento delle prestazioni rese nell’ambito dell’appalto o del subappalto, la stazione appaltante acquisisce d’ufficio il documento unico di regolarita’ contributiva in corso di validita’ relativo all’affidatario e a tutti i subappaltatori) e 10 (“Per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, in caso di ritardo nel pagamento delle retribuzioni dovute al personale dipendente dell’esecutore o del subappaltatore o dei soggetti titolari di subappalti e cottimi, nonche’ in caso di inadempienza contributiva risultante dal documento unico di regolarita’ contributiva, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 30, commi 5 e 6) del vigente codice; in sostanziale continuità con la elaborazione giurisprudenziale formatasi in costanza della previgente normativa la giurisprudenza ha precisato in proposito che (Consiglio di Stato, sez. III, 12 marzo 2018,  n. 1574) “ai sensi dell’ 30, comma 4, d.lg. 18 aprile 2016, n. 50 è un atto dovuto il provvedimento di esclusione dalla gara del concorrente che ha fatto ricorso ad un contratto collettivo nazionale di lavoro diverso da quello proprio, essendo la previsione della norma, di applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, volta a garantire che il personale impiegato sia adeguatamente tutelato e percepisca una retribuzione proporzionata rispetto all’attività in concreto svolta”;
  3. la semplice lettura del disposto di cui al previgente art. 2 del d. Lgs. 12 aprile 2006 n. 163 conforta una ricostruzione che muove dalla parola –chiave “continuità” (art. 2 del d. Lgs. 12 aprile 2006 n. 163 :“l‘affidamento e l’esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture, ai sensi del presente codice, deve garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza; l’affidamento deve altresì rispettare i principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché quello di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice.

1-bis. Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, al fine di favorire l’accesso delle piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti devono, ove possibile ed economicamente conveniente, suddividere gli appalti in lotti funzionali. Nella determina a contrarre le stazioni appaltanti indicano la motivazione circa la mancata suddivisione dell’appalto in lotti . I criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le piccole e medie imprese (1).

1-ter. La realizzazione delle grandi infrastrutture, ivi comprese quelle disciplinate dalla parte II, titolo III, capo IV, nonché delle connesse opere integrative o compensative, deve garantire modalità di coinvolgimento delle piccole e medie imprese (2).

  1. Il principio di economicità può essere subordinato, entro i limiti in cui sia espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti dal bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute e dell’ambiente e alla promozione dello sviluppo sostenibile.
  2. Per quanto non espressamente previsto nel presente codice, le procedure di affidamento e le altre attività amministrative in materia di contratti pubblici si espletano nel rispetto delle disposizioni sul procedimento amministrativo di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni.
  3. Per quanto non espressamente previsto nel presente codice, l’attività contrattuale dei soggetti di cui all’articolo 1 si svolge nel rispetto, altresì, delle disposizioni stabilite dal codice civile.”);
  4. semmai, è curioso notare che, per ragioni “storiche”, che affondano le proprie radici nelle ricostruzioni dogmatiche che affermatesi all’inizio del secolo scorso hanno a lungo permeato il diritto amministrativo nazionale, il legislatore delegato continua a sentire (si veda il comma 8 dell’art. 30 del vigente codice ed il comma 4 dell’art. 2 del decreto legislativo n. 163 del 2006) l’esigenza di ribadire nel Codice un principio che, in realtà, costituisce un cardine del vigente sistema ed è espressamente contenuto al comma 1 bis dell’art. 1 della legge n. 241 del 18 agosto 1990 in quanto aggiuntovi dall’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 11 febbraio 2005, n. 15 (“La pubblica amministrazione, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente “).

4.A questo punto dell’esposizione, si può provare a fornire risposta a due quesiti che appaiono strettamente aderenti alla tematica oggetto di esame.

4.1. In primo luogo:

  1. a) era/è necessario un “Codice”?

a1) la risposta è positiva, incondizionatamente, sol che si tenga conto della politica di semplificazione

legislativa perseguita in Italia quantomeno a far data dalla approvazione della legge n. 229 del 29 luglio 2003.

Conservano attualità le affermazioni contenute nel parere del Consiglio di Stato sullo schema del previgente Codice laddove, dopo avere richiamato il proprio precedente parere n. 2 del 2004 sul “Codice della proprietà industriale” è stato affermato che il concetto di semplificazione «è andato evolvendosi notevolmente negli anni, secondo un processo che risulta identificabile dalla prassi internazionale, dall’uso legislativo corrente e dalle esigenze segnalate, anche di recente, da parte delle associazioni rappresentative delle categorie produttive e dei consumatori».

In questa chiave, la semplificazione realizza l’equilibrio tra le apparentemente contrapposte esigenze della deregolazione, (volta ad implementare e rendere più agevole ingresso degli operatori economici sul mercato) e della rigorosa disciplina della concorrenza e degli interessi, in massima parte economici, ma non soltanto economici, essenziale alla realizzazione piena della concorrenza per il mercato;

  1. b) il sistema dei “contratti pubblici” è “speciale” rispetto all’ordinario sistema di diritto amministrativo, siccome “descritto”, (o, se si vuole, “integrato”) dal comma 1 bis dell’art. 1 della legge n. 241 del 18 agosto 1990?

b1) la risposta, in questo caso, è meno agevole.

Come è noto, non si è mai negato, neppure in un risalente passato, che la pubblica amministrazione possa perseguire le proprie finalità non solo mediante l’adozione atti unilaterali di imperio muniti di esecutorietà ed esecutività, ed in quanto tali immediatamente produttivi di conseguenze giuridiche sulla sfera del privato (la c.d. “autarchia”) ma anche mediante negozi giuridici di diritto privato.

Ma tale affermazione di principio, è stata in passato circondata da cautele di ogni natura (che si riflettono anche in un sistema processuale che non consente il giuramento decisorio stante l’indisponibilità dell’oggetto del processo) ascrivibili alla difficoltà di conciliare l’immagine tradizionale della posizione sovraordinata della pubblica amministrazione, espressione della sovranità dello Stato, con la struttura della autonomia privata che presuppone la formale uguaglianza dei soggetti.

Grazie alle ineguagliate riflessioni del Cammeo, la dottrina si risolse ad affermare l’esistenza di una capacità giuridica

speciale della pubblica amministrazione.

Fermo restando che l’autorità dello Stato garantiva la libertà dei consociati astenendosi dall’interferire con i loro negozi mantenendosi rispetto ad essi in una posizione di supremazia, l’attività “a regime di diritto amministrativo” si strutturava prevalentemente nella adozione di atti di imperio, esterni all’autonomia dei privati, mentre la scelta di operare quale soggetto di diritto privato costituiva una ipotesi (infrequente) riconducibile, ad un regime normativo speciale.

Di qui, la distinzione tra il diritto privato comune (applicato ai rapporti tra cittadini) ed il diritto

privato speciale (applicato ai rapporti tra amministrazione e cittadini).

E di qui, l’affermazione – come prima anticipato- della tesi della “specialità” della capacità giuridica della pubblica amministrazione.

Il progressivo intervento statuale nel settore economico ha edulcorato, se non del tutto superato, tale impostazione.

Che però – come meglio si chiarirà immediatamente di seguito- a tratti riaffiora, o rischia di riemergere, come un fiume carsico, per ragioni “nuove” (ed in parte imprevedibili) e soprattutto, investe un settore diverso da quello della c.d. “fase negoziale”.

Sempre con un’occhio al passato, data per acquisita la possibilità per l’Amministrazione di ricorrere all’attività negoziale per perseguire scopi di interesse generale, in passato era stata proposta dalla dottrina una distinzione tra l’attività privata dell’amministrazione (consistente nella gestione da parte della pubblica amministrazione del proprio patrimonio)e l’ attività amministrativa di diritto privato (volta al perseguimento finalità pubblicistiche che, in quanto tali, potevano legittimare anche l’adozione di atti autoritativi)

Senonchè, la distinzione non ebbe fortuna, in quanto ben presto si fu costretti a riconoscere che tutta l’attività a monte della fase negoziale, sebbene estranea alla dinamica sinallagmatica, doveva di necessità essere ricondotta al regime giuridico generale delle decisioni della pubblica amministrazione.

In ciò sta l’essenza del contratto pubblico: la decisione di stipulare, precedente la manifestazione della volontà a contrarre, non si sviluppa, come per i privati, in un ambito di indifferenza giuridica ma, integra il proprium dell’azione pubblica dell’amministrazione (e come tale soggiace – rectius: deve soggiacere-al rispetto dei principi di imparzialità e di perseguimento del buon andamento).

Da ciò si fece discendere una duplice disciplina giuridica dell’attività negoziale bipartita in due fasi: quella della formazione

della volontà (l’individuazione dell’obiettivo da raggiungere, la scelta del tipo di contratto da stipulare, la scelta del contraente), soggetta alle norme di diritto pubblico che regolano il procedimento e il provvedimento amministrativo, e la fase che, aprendosi con la manifestazione della volontà, doveva restare invece soggetta alle norme di diritto privato (con qualche devianza, giustificata dalla natura degli interessi che vengono in giuoco).

Ma la prima, fase condiziona la seconda

Ciò che però sta accadendo, anche e soprattutto attraverso l’impulso della produzione normativa comunitaria, è che è proprio la fase pubblicistica della formazione della volontà ad assumere caratteristiche “speciali” rispetto alla tradizionale impostazione del diritto amministrativo “comune”.

 

4.2. Tanto si vuole sottolineare nella considerazione che la materia dei contratti pubblici ha -sin da epoca risalente- suscitato l’interesse dell’interprete sia intrinsecamente considerata ma, più ancora, in un’ottica di anticipazione di future innovazioni di matrice legislativa o giurisprudenziale.

Ed in questa chiave, non possono essere disconosciute alcune considerazioni.

L’ importanza della disciplina normativa che regola tale nevralgico settore del diritto amministrativo (e del diritto civile) è strettamente connessa all’impatto della medesima sul sistema economico: è questa la ragione per cui l’impostazione complessiva della legislazione è andata via via trasformandosi con l’emergere di mutamenti sociali ed economici, e con l’emergere di nuovi –e talvolta contingenti – obiettivi.

Volgendo lo sguardo al passato, in Italia la legislazione del secolo scorso (legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F. regio decreto 25 maggio 1895, n.350, Regolamento di contabilità) muoveva da un’ottica di protezione dell’Amministrazione che contrattava con il privato, al fine di tenere la prima al riparo da possibili frodi nei propri confronti.

Di qui, una regolamentazione minuta e “pignola” sia dei contratti “passivi” che di quelli “attivi” e l’affermazione del “momento” evidenziale quale garanzia per assicurarsi la migliore prestazione al minor prezzo.

L’intervento sempre crescente dell’Amministrazione nell’economia che ha contraddistinto la fase dell’immediato dopoguerra, ha fatto emergere la necessità di garantire che non venisse alterato l’equilibrio del mercato a scapito delle imprese private ed a vantaggio dello Stato-imprenditore.

Il saldo inserimento dell’Italia nel sistema comunitario europeo, ha poi determinato l’ulteriore progredire degli obiettivi che si intendevano affidare alla legislazione in materia.

L’emergere del concetto di “concorrenza per il mercato” ha imposto una vera rivoluzione copernicana: l’Amministrazione viene considerata un importante committente (rectius: il più importante tra i committenti) che peraltro – laddove a propria volta operi nel mercato come “fornitore”- deve operare su un piano di parità con il privato; non v’è più una “entità” da proteggere, ma semmai, il valore da assicurare è quello del dispiegarsi della concorrenza assicurata dalla par condicio, sia in ambito infranazionale (in via immediata) che europeo.

In sostanza, alla (in passato preminente) cura dell’interesse pubblico, cui era diretta la disciplina della fase precontrattuale, si è affiancata la cura dell’interesse dei privati ad operare sul mercato in condizioni di parità.

Quanto più in particolare all’Italia, nel tempo della crisi economica, si è passati dall’ horror che la legislazione post-tangentopoli (il riferimento è alla legge c.d. “Merloni” 11 febbraio 1994 n. 109) manifestava verso le forme di collaborazione “orizzontale” tra imprese, alla incentivazione dell’avvalimento quale istituto volto a garantire l’apertura piena del mercato alla concorrenza; dal prevalere del criterio del “minor prezzo” alla affermata recessità di tale criterio di aggiudicazione a vantaggio della offerta più conveniente.

Al diritto comunitario, in particolare, si deve l’affermarsi di prescrizioni normative settoriali la cui vis espansiva ha profondamente permeato l’intero sistema (il riferimento è, ovviamente, al riconoscimento, sotto la spinta dell’ordinamento comunitario, dell’azione di risarcimento -davanti al giudice ordinario previo annullamento dell’atto ad opera del giudice amministrativo- ai soggetti che abbiano subito una lesione a causa di atti compiuti in violazione del diritto comunitario in materia di appalti pubblici di lavori o di forniture –ai sensi dell’ art. 13 della legge n. 142 del 1990, di recepimento della direttiva comunitaria n. 665-89, la cui disciplina è stata successivamente estesa agli appalti di servizi ed ai c.d. settori esclusi-) sino a sovvertire la giurisprudenza “pietrificata” attestata sulla non risarcibilità dell’interesse legittimo.

In tempi più recenti, si è assistito all’emersione, per via normativa ed anche giurisprudenziale, di istituti estranei alla tradizione giuridica nazionale (in particolare, si ricorda il c.d. “subentro” nel contratto -art. 2-quinquies della direttiva ricorsi 2007/66/CE- e la responsabilità svincolata dalla colpa sul versante risarcitorio -Corte di giustizia CE, sez. III, 30 settembre 2010 in causa C-314/2009), ovvero al superamento della impostazione in tema di necessaria interdipendenza tra la fase pubblicistica di scelta del contraente e quella privatistica di esecuzione del contratto stipulato (quanto a tale profilo si fa riferimento alle limitazione delle ipotesi di declaratoria della inefficacia del contratto ex artt. 121 e 122 del c.p.a.; si consideri, in proposito, che facendo riferimento alla previgente legislazione, ancora di recente la Suprema Corte di Cassazione – sez. I, 8 febbraio 2016, n. 2408- ha così tratteggiato il sistema:la L. del 1865, art. 345 al pari dell’art. 1671 c.c. per gli appalti di diritto comune, concede al committente la facoltà di recedere dal contratto di appalto in qualunque tempo per cui la norma presuppone necessariamente l’esistenza di un contratto valido ed operante, e, costituendo una eccezione ai principi stabiliti dagli artt 1372 e 1373 c.c. per il fatto che il suo esercizio è rimesso alla mera volontà della stazione appaltante (che perciò non commette alcun illecito), si preoccupa di tenere indenne l’appaltatore dalle conseguenze pregiudizievoli della risoluzione, attribuendogli una speciale indennità e stabilendo i criteri cui commisurarla. Il diritto a tale indennità, pertanto, non sorge allorchè l’aggiudicazione dei contratto di appalto sia stata annullata dal giudice amministrativo, stante il carattere retroattivo dell’annullamento, il quale comporta che l’appalto debba considerarsi come mai venuto ad esistenza, e da qualificare tamquam non esset -cfr. Cass. n. 17693 del 2004, n. 3185 2008,n. 24438 del 2011”).

E pertanto:

  1. si assiste all’emersione di istituti “anomali” rispetto al generale sistema sostanziale e processuale del diritto amministrativo siccome conosciuto sinora, quali (esemplificativamente, e senza pretesa di esaustività):
  2. la nozione di “interesse strumentale”;
  3. le modalità di esercizio dell’autotutela;
  • il regime della responsabilità amministrativa;
  1. sembra quindi lecito interrogarsi:
  2. sulla possibile “vis espansiva” di tali istituti (sino a questo momento, come è noto, negata dalla giurisprudenza amministrativa: si veda esemplificativamente, quanto al regime della responsabilità dell’amministrazione, Consiglio di Stato, sez. V, 25 febbraio 2016,  n. 772) e sull’impatto dei medesimi sul sistema generale del diritto amministrativo, siccome sinora conosciuto;
  3. sulla compatibilità di un sistema di diritto amministrativo “nazionale” che potrebbe definirsi “a doppio binario”, che nel settore dei contratti pubblici si fonda su principi almeno in parte distonici rispetto a quelli predicati dal diritto amministrativo generale.
  4. Sotto un angolo prospettico più limitato –o, per meglio dire concentrato sulle singole previsioni del neonato codice dei contratti- sarà interessante verificare, quali saranno le risposte che la giurisprudenza vorrà fornire rispetto a quelle che – a sommesso avviso di chi scrive- costituiscono le novità di maggiore rilievo sul piano dei principi rinvenibili nel vigente codice dei contratti pubblici, e segnatamente:
  5. a) la previsione dell’ultima parte del comma primo dell’art. 30, laddove si stabilisce che il principio di economicità deve essere contemperato (rectius: puo’ essere subordinato, nei limiti in cui e’ espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice,) con i “criteri, previsti nel bando, ispirati a esigenze sociali, nonche’ alla tutela della salute, dell’ambiente, del patrimonio culturale e alla promozione dello sviluppo sostenibile, anche dal punto di vista energetico;

a1) è bene avvertire che il concetto di “economicità” cui fa riferimento il comma primo dell’art. 30 va inteso quale sinonimo dell’aspirazione, degli Enti aggiudicatori e delle Amministrazioni aggiudicatrici a procacciarsi prestazioni ad un costo il più contenuto possibile; è agevole preconizzare che la sintesi di tali “esigenze” che astrattamente si collocano su un piano antagonista si rinverrà nella determinazione della stazione appaltante di attribuzione dei punteggi all’offerta economicamente più vantaggiosa;

a2) sul punto, come è noto, si rinviene un consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui nelle gare pubbliche, relativamente a quanto attiene alla valutazione delle offerte in sede di gara, il punteggio numerico espresso sui singoli oggetti di valutazione opera alla stregua di una sufficiente motivazione quando l’apparato delle voci e sottovoci fornito dalla disciplina della procedura, con i relativi punteggi, è sufficientemente chiaro, analitico e articolato, sì da delimitare adeguatamente il giudizio della Commissione nell’ambito di un minimo e di un massimo e da rendere con ciò comprensibile l’iter logico seguito in concreto nel valutare i singoli progetti in applicazione di puntuali criteri predeterminati, permettendo così di controllarne la logicità e la congruità: onde solo in difetto di questa condizione si rende necessaria una motivazione dei punteggi numerici (in tal senso, ex multis, Cons Stato, IV, 20 aprile 2016, n. 1556; id., III, 7 marzo 2016, n. 921; id., V, 18 gennaio 2016, n. 120).Ne consegue che, tanto più è dettagliata l’articolazione dei criteri e sub-criteri di valutazione, tanto più risulta esaustiva l’espressione del punteggio in forma numerica (sul punto, ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 3 dicembre 2010, n. 8410);

a3) costituirà un importante banco di prova, per la giurisprudenza, la verifica della “tenuta” del suindicato principio rispetto alla “nuova” fattispecie riposante nel giudizio di recessività dell’elemento “costo” rispetto a quello/i ispirati ad “ esigenze sociali, nonche’ alla tutela della salute, dell’ambiente, del patrimonio culturale e alla promozione dello sviluppo sostenibile, anche dal punto di vista energetico;

a4) muovendo lo sguardo al passato (necessitata, in armonia con il consueto canone del tempus regit actum ma manifestando attenzione anche verso le recenti innovazioni legislative , si segnala la recente sentenza della Quinta Sezione del Consiglio di Stato, 30 aprile 2018,  n. 2602: “secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, «la scelta operata dall’Amministrazione appaltante, in una procedura di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, relativamente ai criteri di valutazione delle offerte, ivi compreso il peso da attribuire a tali singoli elementi, specificamente indicati nella lex specialis, e ivi compresa anche la disaggregazione eventuale del singolo criterio valutativo in sub-criteri, è espressione dell’ampia discrezionalità attribuitale dalla legge per meglio perseguire l’interesse pubblico; e come tale è sindacabile in sede di legittimità solo allorché sia macroscopicamente illogica, irragionevole ed irrazionale ed i criteri non siano trasparenti ed intellegibili, non consentendo ai concorrenti di calibrare la propria offerta” (Cons. Stato, V, 18 giugno 2015, n. 3105; III, 2 maggio 2016, n. 1661; V, 8 aprile 2014 n. 1668). L’ampiezza di tale discrezionalità, che emerge anche dal testo dell’art. 83 del d.lgs. 163 del 2006, applicabile ratione temporis alla procedura in esame (disposizione che non prevede affatto l’obbligo di attribuire punteggi graduati tra un minimo e massimo ai singoli criteri di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, prescelti dalla stazione appaltante, ed anzi laddove fa riferimento alla possibilità di prevedere sub-punteggi – comma 4 -, precisa che questa operi “ove necessario”) ben si giustifica con l’esigenza (e si coordina con il fine) di selezionare l’operatore più idoneo allo svolgimento del servizio.Ciò posto, la scelta dell’amministrazione appaltante circa le modalità di attribuzione del punteggio, di tipo on/off, riconoscibile nella sola misura massima per l’ipotesi in cui il richiesto possesso dell’attestazione e/o certificazione ricorra per tutti gli interpreti impiegati nel servizio, non risulta manifestamente irragionevole, irrazionale, sproporzionata o illogica.Con simile previsione la lex specialis intende infatti garantire un efficace servizio di interpretariato in grado di assicurare esigenze di operatività estremamente flessibili, conseguenti all’impossibilità di prevedere ex ante le lingue prevalenti dei richiedenti asilo, in relazione alle modificazioni della composizione dei flussi migratori in tempi brevi (spesso a causa di crisi regionali in rapida evoluzione), sì da attribuire il previsto punteggio soltanto alle imprese concorrenti che si avvalgono completamente di interpreti muniti dell’attestazione o della certificazione, dando così piena garanzia della propria qualificazione in relazione alle esigenze del servizio.”;

  1. b) la disposizione di cui al penultimo comma dell’art. 30 secondo cui “i criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le microimprese, le piccole e le medie imprese trova verifica, essenzialmente, allorchè ci si trovi al cospetto della “scelta” della stazione appaltante di non suddividere in lotti un determinato appalto;

b1) tanto, in relazione alla circostanza che la giurisprudenza formatasi nella vigenza del d.Lgs. n. 163 del 2006 ha chiarito che il favor per le micro, piccole e medie imprese non si spinge sino ad ipotizzare che le stesse godano di una “franchigia” in termini di rispetto degli oneri formali, ovvero di disposizioni in tema di controlli delle stazioni appaltanti (si veda Ta.r. Lazio – Roma – sez. II, 24 giugno 2016,  n. 7344 “l’art. 13, comma 4, l. n. 180 del 2011, per cui la Pubblica Amministrazione e le autorità competenti, nel caso di micro, piccole e medie imprese, chiedono solo all’impresa aggiudicataria la documentazione probatoria dei requisiti di idoneità previsti dal d.lg. 12 aprile 2006, n. 163, va interpretato nel senso di prevedere una limitazione dei controlli ex art. 48, d.lg. n. 163 del 2006 solo con riferimento al secondo comma del medesimo art. 48 ovvero quando sia individuata l’impresa aggiudicataria, in quanto, in mancanza di una diversa espressa previsione normativa, non vi sono ragioni per sottrarre le micro, piccole e medie imprese ai controlli a campione, previsti dal comma 1 dell’art. 48, che riguardano i concorrenti di volta in volta sorteggiati, la cui ratio è quella di garantire che le procedure ad evidenza pubblica non siano appesantite, con incremento degli oneri economici e amministrativi, dalla partecipazione di imprese prive dei requisiti prescritti.”), né tampoco che possa per tal via essere obliterato il principio di par condicio (T.a.r. Molise – Campobasso-sez. I, 4 ottobre 2012,  n. 509 “l’affidamento senza gara ad un’impresa pubblica della gestione dei fondi regionali di garanzia e d’intervento a favore delle piccole e medie imprese viola principi generali della normativa comunitaria, a tenore dei quali la scelta dell’operatore economico cui affidare la gestione di fondi pubblici deve avvenire con procedura di evidenza pubblica e nel rispetto della piena concorrenza, della parità di trattamento, della trasparenza, della non discriminazione, della libera prestazione di servizi, di cui agli art. 28, 30, 43, 45, 49 e 86, trattato Ue; inoltre, è la stessa normativa nazionale -art. 27 comma 1, 30 comma terzo e 91 comma 2, d.lg. 12 aprile 2006 n. 163- a vietare misure di favore a vantaggio di imprese pubbliche, le quali godano di diritti speciali di esclusiva.”);

b2) allo stato, una recente risposta della giurisprudenza (Consiglio di Stato, sez. V,3 aprile 2018,  n. 2044) è rimasta nel solco della tradizione: ”è pur vero che l’art. 51 d.lgs. n. 50 del 2016 ha mantenuto il principio della suddivisione in lotti, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese alle gare pubbliche, già previsto dall’art. 2, comma 1-bis, d.lgs. n. 163 del 2006; tuttavia, nel nuovo regime, il principio non risulta posto in termini assoluti ed inderogabili, giacché il medesimo art. 51, comma 1, secondo periodo afferma che “le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito o nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139”.

Il principio della suddivisione in lotti può dunque essere derogato, seppur attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata (cfr. Cons. St., Sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4669) ed è espressione di scelta discrezionale (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 16 marzo 2016, n. 1081), sindacabile soltanto nei limiti della ragionevolezza e proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria, in ordine alla decisione di frazionare o meno un appalto” e non sembra del tutto in linea con una precedente decisione (Consiglio di Stato, sez. III, 13novembre 2017,  n. 5224) dal cui percorso argomentativo sembrava emergere la tensione verso l’affermazione di un onere di motivazione (della scelta di non suddividere in lotti)

“rafforzato”: ”la tendenziale preferenza per una ragionevole divisione in lotti rappresenta uno dei cardini del documento di indirizzo delle politiche dell’Unione europea denominate “Small Business Act (SBA)”. Il predetto principio, diretto al fine di facilitare l’accesso al mercato degli appalti pubblici da parte delle piccole e medie imprese, è stato recepito dal legislatore nazionale rispettivamente prima con l’art. 13, l. 11 novembre 2011, n. 180, poi con l’art. 2, comma 1-bis, dell’abrogato d.lgs. n. 163 del 2006 ed infine nel nuovo Codice appalti. Anche la Dir. 2014/24/UE al “Considerando (2)” pone il sostegno delle PMI tra i cardini informatori dell’attuazione della strategia “Europa 2020”.

La scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico costituisce una decisione normalmente ancorata, nei limiti previsti dall’ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico. In tali ambiti, il concreto esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione circa la ripartizione dei lotti da conferire mediante gara pubblica deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto e resta delimitato, oltre che dalle specifiche norme sopra ricordate del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza.

L’intero impianto dei lotti di una gara non deve dar luogo a violazioni sostanziali dei principi di libera concorrenza, di par condicio, di non-discriminazione e di trasparenza di cui all’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006 e s.m.i. (cfr.: Cons. St., Sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4669; Cons. St., Sez. V, 20 marzo 2007 n. 1331).

A corollario dell’effettività della regola generale, è quindi stata posta la previsione di un specifico obbligo di motivazione delle ragioni circa la divisione dei lotti proprio perché il precetto è in funzione della tutela della concorrenza, ed a tale situazione deve essere equiparata la previsione di lotti di importo spropositato e riferiti ad ambiti territorialmente incongrui.

E’ illegittima la suddivisione in lotti di un appalto pubblico laddove integri la duplice violazione del principio della libera concorrenza sia in senso oggettivo che in senso soggettivo”.

b3) di certo, è da ritenersi superato il (già minoritario, per il vero) orientamento secondo il quale (T.a.r. Lazio – Roma-, sez. II, 15 novembre 2016,  n. 11323) “né il Codice dei contratti né le Direttive europee contemplano un obbligo di suddivisione della gara in lotti bensì soltanto una mera facoltà, rispondente ad esigenze organizzative della Stazione Appaltante, che in quanto tale può essere esercitata dall’Amministrazione senza l’esplicitazione di una particolare motivazione che non sia quella che si evince dalla natura e dalle finalità stesse del bando”.

  1. Insomma: sotto più profili, sembra di potere affermare che ci si trova al cospetto di una nuova, affascinante, puntata di un lungo percorso teso all’adeguamento del diritto amministrativo al divenire della realtà sociale e che, mai come in questo caso, appare incerto preconizzare quale sarà il definitivo assetto di interessi che ne dovrà discendere.

Fabio Taormina

Consigliere di Stato

La presente relazione costituisce sintesi dell’intervento svolto al Convegno Nazionale “Il Nuovo Codice degli Appalti: primi orientamenti e problemi aperti” tenutosi a Capaccio Paestum il 22 e 23 giugno 2018