Di. Alessandro Amaolo

In via preliminare osservo che il vigente sistema giuridico penale italiano risulta essere governato dal principio di offensività. Orbene, il predetto principio consente di sottoporre a pena soltanto tutte quelle condotte che danneggiano o espongono a pericolo un bene costituzionalmente significativo o, comunque, non incompatibile con i valori costituzionali. In questo contesto, si inserisce il delitto delle lesioni stradali gravi o gravissime all’interno del cd. diritto penale della circolazione stradale. Il delitto in commento fa parte della categoria dei reati di pericolo astratto, nei quali il pericolo è implicito, per comune esperienza, nella condotta stessa.

Con l’introduzione della legge del 23.3.2016, n. 41, le lesioni personali “stradali”, già conosciute dal codice penale, si sono arricchite di nuove forme di manifestazione del reato e di un impressionante escalation del trattamento sanzionatorio. La norma penale, di cui all’art. 590 bis c.p., è scaturita proprio dalla volontà del legislatore di garantire una maggiore sicurezza delle persone nella circolazione stradale dei veicoli a motore. In sostanza, è stato introdotto un trattamento sanzionatorio particolarmente rigido ed severo nei confronti degli utenti della strada al fine di ridurre, drasticamente, nel corso degli anni, il numero degli incidenti stradali con feriti e danni materiali ai veicoli.

Il presupposto del reato in oggetto è rappresentato dalla specifica violazione della regola generale in tema di diligenza ed attenzione da usare sulle strade (e tale regola vale per qualsiasi utente, sia esso alla guida di un veicolo, di un velocipede sia esso pedone) che è contenuta nell’articolo 140 del codice della strada (Principio informatore della circolazione – D.Lgs. 30.04.1992, n. 285) che detta nel suo primo comma : “ Gli utenti della strada devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione ed in modo che sia salvaguardata la sicurezza stradale”. Secondo tale regola, che come si vede risulta essere volutamente generica, la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che la colpa cd. stradale, oltre che concretarsi nella violazione delle specifiche norme di comportamento contenute nel codice della strada, può consistere in qualsiasi negligenza, disattenzione, imperizia o imprudenza nella circolazione sulla pubblica via.

Il meccanismo giuridico per attivare l’applicazione della norma penale, di cui all’art. 590 bis c.p., consiste nella violazione di un precetto contenuto nel codice della strada e nell’evento lesioni gravi o gravissime cagionate alla persone in conseguenza della violazione del precetto stesso.

Secondo un recente insegnamento della Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 14 Giugno 2018, n. 27425 l’articolo 590-bis codice penale delinea una figura autonoma di reato e non una circostanza aggravante ad effetto speciale del delitto previsto e punito dall’articolo 590 codice penale e pertanto non necessita di querela di parte ai fini della sua procedibilità.

In conseguenza della riforma di cui alla Legge 23 marzo 2016, n. 41, le lesioni personali derivanti ad un incidente stradale sono oggetto di un trattamento giuridico differente in base alla loro entità ed alla ricorrenza delle circostanze aggravanti di cui all’art. 583 C.P.

Difatti, mentre le lesioni lievissime o lievi continuano ad essere punite dall’art. 590 C.P. per quelle gravi o gravissime si applica la nuova previsione dell’art. 590-bis C.P.

In base a tale norma, risponde del reato di lesioni stradali chiunque, per colpa[1], e con violazione delle norme sulla circolazione stradale, provochi lesioni[2] personali gravi o gravissime. A tale fattispecie semplice sono collegate le pene della reclusione, rispettivamente da tre mesi a un anno per le lesioni gravi e da uno a tre anni per le gravissime (art. 590-bis c. 1, C.P.).

Come per l’ipotesi semplice dell’omicidio stradale, il reato é commesso da chiunque ponga in essere, sulla strada, condotte illecite violando[3] le norme in materia di circolazione stradale, cagionando lesioni personali gravi o gravissime.

Il reato di cui all’art. 590-bis C.P. prevede le medesime aggravanti di cui all’art. 589-bis C.P.

Nel diritto penale della circolazione stradale la consumazione del delitto di lesioni personali stradali gravi o gravissime, che ha natura di reato istantaneo, si verifica al momento della insorgenza della malattia[4], sicché la durata o la inguaribilità della stessa sono del tutto irrilevanti ai fini della individuazione del momento consumativo del reato.

Secondo l’insegnamento della Suprema Corte di Cassazione le contusioni costituiscono malattia, qualunque forma esse assumano, in quanto è da considerarsi malattia[5] qualsiasi alterazione anatomica o funzionale dell’organismo anche se circoscritta e non impegnativa delle condizioni organiche, ossia qualsiasi alterazione sia pur lievissima della integrità fisica personale. (Cassazione penale, sezione IV, sentenza 03 luglio 1973, n. 1660).

 

Anche l’ “ematoma”, sul piano medico – legale rientra nel generico concetto di lesione, trattandosi di un versamento ematico nei tessuti sottocutanei e quindi di un’alterazione anatomica cui fa naturalmente seguito un processo riabilitativo. (Cassazione penale, sezione I, 13 settembre 1978, n. 11000)

 

Inoltre, il delitto in commento è reato con evento di danno, la cui sanzionabilità non può prescindere dal danno stesso e dall’accertamento del relativo rapporto causale riconoscibile in termini di certezza.

Per lesioni gravi si deve intendere una malattia[6] che metta in pericolo la vita della persona offesa dal reato. In sostanza, si deve riscontrare la probabilità e non la mera possibilità, anche di durata minima della morte della persona offesa. Le lesioni gravi implicano una malattia o una incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni.

Invece, le lesioni gravissime comportano una malattia certamente o probabilmente insanabile, che sussiste allorché sia destinata a durare per tutta la vita. Nelle lesioni gravissime rientrano la perdita di un senso, la perdita di un arto o la mutilazione che lo renda inservibile, la perdita dell’uso di un organo, la difficoltà della favella e la perdita della capacità di procreare, così come la deformazione ovvero lo sfregio permanente del viso.

Il reato delle lesioni personali stradali gravi o gravissime, previsto e punto dall’articolo 590 bis del vigente codice penale, si struttura e si sviluppa in otto commi ed all’interno del quinto comma vi sono tre differenti condotte aggravanti che violano delle specifiche norme di comportamento prescritte dal codice della strada.

Il primo comma dell’art. 590 bis c.p. afferma che : “Chiunque cagioni per colpa ad altri una lesione personale con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale è punito con la reclusione da tre mesi a un anno per le lesioni gravi e da uno a tre anni per le lesioni gravissime”. In sintesi, il primo comma è il prototipo, il fulcro dal quale si snodano tutti gli altri commi che prevedono numerosi aggravamenti di pena rispetto all’ipotesi base.

I destinatari della previsione “base”, o meglio i soggetti attivi del reato, sono tutti gli utenti della strada e non soltanto i conducenti dei veicoli a motore a differenza di quanto previsto, come vedremo, nelle ipotesi aggravate. Di conseguenza, anche un conducente di un velocipede (art. 50 Cds) oppure di un veicolo a trazione animale (art. 49 Cds) può essere incluso nella sopraccitata previsione di legge.

Quindi, il secondo comma del predetto articolo afferma che: “Chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope[7] ai sensi rispettivamente degli articoli 186, comma 2, lettera c), e 187 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, cagiona per colpa a taluno una lesione personale, è punito con la reclusione da tre a cinque anni per le lesioni gravi e da quattro a sette anni per le lesioni gravissime”.

La lettera c) dell’art. 186 cds ricorre tutte le volte in cui venga accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro (g/l).

Successivamente, il terzo comma si collega strettamente al precedente poiché afferma che: “Le pene di cui al comma precedente si applicano altresì al conducente di un veicolo a motore di cui all’articolo 186 bis, comma 1, lettere b), c) e d), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, il quale, in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell’articolo 186, comma 2, lettera b), del medesimo decreto legislativo n. 285 del 1992, cagioni per colpa a taluno lesioni personali gravi o gravissime”. La lettera b) dell’art. 186 cds ricorre tutte le volte in cui venga accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,8 grammi per litro (g/l) e non superiore a 1,5 grammi per litro (g/l) , cd. ebbrezza media.

In particolare, il predetto articolo 186 bis del Codice della strada ha come destinatari i conducenti di età inferiore a ventuno anni , i neo – patentati e chi esercita professionalmente l’attività di trasporto di persone o di cose.

Il quarto comma, poi, stabilisce che: “salvo quanto previsto dal terzo comma, chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell’articolo 186, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, cagioni per colpa a taluno lesioni personali, è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a tre anni per le lesioni gravi e da due a quattro anni per le lesioni gravissime” . Dalla lettura di questo quarto comma emerge un trattamento sanzionatorio meno rigoroso rispetto al secondo e ciò si giustifica in relazione al tasso alcolemico che, anziché essere superiore a 1,5 grammi per litro (g/l), risulta essere compreso fra 0,8 (g/l) e non superiore a 1,5 grammi per litro (g/l).

E’ orientamento consolidato che la prova dello stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcooliche può essere fornita anche mediante elementi di giudizio diversi dall’etilometro, a condizione che siano rilevati direttamente dal pubblico ufficiale operante e che costituiscano un insieme coerente ed univoco. In sintesi, in mancanza della prova legale fornita dall’etilometro, che dà piena certezza scientifica dello stato d’ebbrezza, la valutazione è discrezionalmente affidata all’esperienza del singolo agente accertatore.

Quindi, anche il quinto comma si ricollega, almeno in parte per il medesimo trattamento sanzionatorio, al comma quarto.

Orbene, in questo ulteriore comma quinto dell’art. 590 bis c.p. il legislatore penale ha stabilito che le pene di cui al comma precedente (il quarto) si applicano altresì:

  • al conducente di un veicolo a motore che, procedendo in un centro urbano ad una velocità pari o superiore al doppio di quella consentita e comunque non inferiore a 70 km/h, ovvero su strade extraurbane ad una velocità superiore di almeno 50 km/h rispetto a quella massima consentita, cagioni per colpa a taluno lesioni personali gravi o gravissime;
  • al conducente di un veicolo a motore che, attraversando un’intersezione con il semaforo disposto al rosso ovvero circolando contromano, cagioni per colpa a taluno lesioni personali gravi o gravissime;
  • al conducente di un veicolo a motore che, a seguito di manovra di inversione del senso di marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi o a seguito di sorpasso di un altro mezzo in corrispondenza di un attraversamento pedonale o di linea continua, cagioni per colpa a taluno lesioni personali gravi o gravissime.

Il successivo sesto comma contiene al suo interno una sorta di cosiddetta aggravante di carattere generale ed alternativa da poter utilizzare per le ipotesi previste nei precedenti commi. Pertanto, il legislatore afferma che: “Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti la pena è aumentata se il fatto è commesso da persona non munita di patente di guida o con patente sospesa o revocata, ovvero nel caso in cui il veicolo a motore sia di proprietà dell’autore del fatto e tale veicolo sia sprovvisto di assicurazione obbligatoria”.

Il penultimo comma, opportunamente, prevede una specifica circostanza attenuante a effetto comune. Infatti, il legislatore stabilisce che: “Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti, qualora l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole, la pena è diminuita fino alla metà”. La predetta circostanza consente di adattare la pena alla reale portata offensiva del fatto commesso, tenendo conto di tutti gli avvenimenti[8] che si verificano nel caso concreto. Quindi, l’introduzione di questa circostanza attenuante permette di realizzare una sempre maggiore individualizzazione della responsabilità penale, adeguando l’entità della pena all’effettiva gravità del fatto. E non solo, la circostanza attenuante di cui sopra limita anche la libertà (meglio, la discrezionalità) del giudice nello stabilire la pena, poiché egli dovrà infliggere la sanzione penale attenendosi scrupolosamente ai limiti minimi e massimi che derivano dall’applicazione delle circostanze.

Infine, l’ultimo comma dell’articolo 590 bis c.p. (Lesioni personali stradali gravi o gravissime) prevede un ulteriore aggravante nel caso in cui il conducente provochi lesioni a più persone. Infatti, il legislatore stabilisce che: “Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti, qualora il conducente cagioni lesioni a più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni sette”.

Restano ancora da analizzare alcune brevi note procedurali per il reato preso in esame. Si tratta di un delitto che rientra nella competenza del Tribunale in composizione monocratica (art. 33-ter c.p.p.) che è procedibile di ufficio (art. 50 c.p.p.) e dove la declaratoria di non punibilità per tenuità del fatto risulta essere possibile, se non sono conseguite lesioni gravissime (art. 131 – bis c.p.). Di conseguenza, essendo il reato di lesioni stradali gravi o gravissime, di cui all’art. 590 bis c.p., un delitto perseguibile d’ufficio sussiste obbligo di referto in capo al sanitario che ne venga a conoscenza nell’esercizio della sua professione. In particolare, affinché per il sanitario sorga l’obbligo di referto è necessario che lo stesso abbia prestato la propria opera o la propria assistenza. Con il termine “assistenza” si intende una prestazione professionale continuativa mentre, invece, con il termine “opera” ci si riferisce anche alla prestazione professionale singola od occasionale. In sintesi, in forza delle previsioni di cui all’articolo 365 c.p. l’esercente una professione sanitaria (ad esempio i medici pubblici o privati, i chirurghi, farmacisti, veterinari, infermieri professionali etc..) che, mentre sta esercitando la propria opera o prestando assistenza, viene a conoscenza di un delitto perseguibile di ufficio, è necessariamente obbligato a segnalarlo tempestivamente all’autorità giudiziaria o ad altra autorità (polizia giudiziaria) che, alla predetta, ha l’obbligo di riferire.

Il termine di prescrizione è di 6 anni per la generalità delle fattispecie, invece, di 7 anni per le sole lesioni gravissime cagionate in violazione dei commi II e III.

Inoltre, l’azione penale si esercita con l’emissione del decreto di citazione diretta a giudizio ex articolo 550 c.p.p. , previa notifica dell’avviso all’indagato di conclusione delle indagini preliminari ex articolo 415 bis C.P.P. Infatti, il legislatore è intervenuto modificando l’articolo 550 comma due C.P.P inserendo (sub lettera e – bis) le lesioni stradali, anche se aggravate, e quindi tutte le ipotesi dettate a norma dell’articolo 590 bis C.P., anche se punite dunque con pena superiore ai 4 anni di reclusione, nell’elencazione dei reati definibili con esercizio dell’azione penale mediante citazione diretta in giudizio. Inoltre, è stato previsto un nuovo termine massimo di trenta giorni tra la scadenza del termine di chiusura delle indagini preliminari e l’emissione del decreto di citazione a giudizio (art. 552, comma 1-bis c.p.p.) per il delitto di lesioni personali stradali gravi o gravissime.

Oltre a ciò, è stato anche introdotto un nuovo termine massimo di novanta giorni tra l’emissione del decreto di citazione a giudizio e l’udienza di comparizione (art. 552, comma 1-ter c.p.p.) per il delitto previsto e punito dall’articolo 590 bis c.p.

La misura pre-cautelare dell’arresto è facoltativa in flagranza di reato mentre, invece, il fermo di indiziato di delitto viene consentito (art. 384 c.p.p.) nei casi di cui ai commi 2 e 3, purché le lesioni siano gravissime. Più in particolare, è prevista una nuova ipotesi di arresto facoltativo in flagranza (art. 381, comma 2, lett. m – quinquies c.p.p.) nell’ipotesi di lesioni gravi o gravissime stradali aggravate ai sensi dei commi 2, 3, 4 e 5 dell’articolo 590 – bis c.p. In sintesi, la legge n. 41/2016, come sopra evidenziato, ha legittimato l’arresto facoltativo in flagranza di reato anche per le lesioni stradali (art. 381, co. 2, lett. m-quinquies c.p.p.), purché commesse in presenza di una delle circostanze di cui ai commi 2, 3, 4, 5 e 6 dell’art. 590-bis c.p.

Inoltre, sono applicabili le altre misure coercitive ex art. 280 comma 1 c.p.p. in caso di lesioni gravissime.

La misura cautelare reale del sequestro probatorio dei veicoli (art. 354[9] c.p.p.) risulta essere ammissibile per la Polizia Giudiziaria. Presupposto del sequestro probatorio ex art. 354 c.p.p. è la commissione di un reato, sia pure accertato in via incidentale nella sua astratta configurabilità, e non la mera intenzione di commetterlo.

Infatti, in caso di sinistro stradale produttivo di lesioni a persone, che appaiano già nell’immediatezza suscettibili di guarigione in oltre 40 giorni, la Polizia Giudiziaria deve di regola procedere al sequestro penale probatorio dei veicoli coinvolti nell’incidente, trattandosi ormai di delitto perseguibile di ufficio. Nella predetta situazione la P.G. operante si deve normalmente consultare con il sostituto procuratore di turno e deve procedere, nell’immediatezza, ad opportuni ed accurati rilievi (fotografici o videoregistrati).

In ultima analisi, la ratio legis della norma in commento consiste proprio nella volontà del legislatore penale di apportare una migliore tutela alle vittime di incidenti stradali.

Più in particolare, la ratio dell’articolo 590 bis c.p. (Lesioni personali stradali gravi o gravissime) è individuabile nell’esigenza di una più intensa e penetrante tutela penale in un settore della vita di relazione particolarmente importante dal punto di vista socio-economico, caratterizzato da un alto livello di rischio per l’incolumità individuale.

(a cura del Dott. Alessandro Amaolo , Specializzato nelle Professioni Legali con indirizzo Giudiziario – Forense ed abilitato all’esercizio della Professione di Avvocato c/o la Corte di Appello di Ancona)

 

[1] In tema di responsabilità per reato colposo nel corso della circolazione stradale l’incidente causato da sonno fisiologico, prevedibile per stanchezza, caldo o precedente consumazione del pasto, è sempre addebitabile al conducente a titolo di colpa, mentre il sonno dovuto a cause patologiche, improvviso ed imprevedibile può costituire ipotesi di caso fortuito. Tale ipotesi deve essere rigorosamente provata dall’imputato che invoca l’esimente. (Cassazione penale, sezione IV, sentenza 28 marzo 1988, n. 4023)

[2] Il concetto legale di malattia comprende in sè anche le manifestazioni terminali evolutive, anteriori al perfetto riequilibrio della salute e della capacità, che, collegandosi ad una reale minorazione delle forze organiche e ad un processo di restaurazione delle stesse, devono essere tenute presenti al fine di calcolare la durata della malattia stessa e la gravità del delitto di lesione personale. (Cassazione penale, sezione I, sentenza 9 ottobre 1970, n. 900)

[3] In tema di responsabilità per reato colposo commesso in violazione di norme sulla circolazione stradale, non è il numero delle infrazioni commesse da ciascun protagonista dell’incidente a determinare la misura dell’entità del concorso di colpa, bensì la gravità di ciascuna di esse. Infatti, nel caso de quo è stata ritenuta più grave, sotto il profilo dell’efficienza causale alla produzione dell’evento, l’infrazione commessa dalla vittima (pedone), che circolava in tempo di notte spostato al centro di una strada in curva, con visibilità limitata anche a causa della pioggia, rispetto alle infrazioni commesse dall’imputato, relative alla mano da tenere etc..(Cassazione penale, sezione IV, sentenza 30 aprile 1987, n. 5388)

[4] In tema di lesioni personali, per malattia deve intendersi qualsiasi alterazione anatomica o funzionale, ancorchè localizzata o circoscritta, che importi un processo di reintegrazione sia pure di breve durata. La contusione escoriata costituisce, perciò, malattia, perchè ledendo sia pure superficialmente, il tessuto cutaneo, non si esaurisce in una semplice sensazione dolorosa, ma importa un’alterazione patologica dell’organismo. (Cassazione penale, sezione VI, sentenza 16 marzo 1971, n. 343)

[5] In tema di lesioni personali la durata della malattia, che i giudici abbiano valutato in base alle regole della pratica medica, costituisce accertamento di fatto incensurabile in sede di legittimità. (Cassazione penale, sezione IV, sentenza 17 dicembre 1982, n. 12035)

[6] Lo stato di malattia perdura sino a quando sono in atto quelle manifestazioni terminali di evoluzione verso la guarigione che, anteriori ad un completo ristabilimento della salute, sono rilevanti a determinare la persistenza delle condizioni morbose. Anche il tempo occorso per la consolidazione del callo osseo rientra nella durata della malattia, perchè, costituendo malattia qualsiasi stato di alterazione della normalità anatomica e funzionale prodotta dalla lesione, lo stato di malattia deve ritenersi in atto finchè dura il processo di reazione e di restaurazione dell’organismo, anche quando l’alterazione cagionata dalla lesione non abbia comportato e non comporti più menomazioni funzionali, ma persistano solo alterazioni anatomiche in via di riparazione, ed anche quando il regolare andamento della malattia non richieda ulteriori cure. (Cassazione penale, sezione I, sentenza 20 febbraio 1973, n. 242)

[7] Ai fini della configurabilità del reato di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope è indispensabile che lo stato di alterazione del conducente conseguente all’assunzione di dette sostanze venga accertato nei modi previsti dall’art. 187, comma 2, nuovo c.s., con esclusione, pertanto, della possibilità (da ritenersi ammessa, invece, nel caso di guida in stato di ebbrezza), che esso possa essere validamente desunto da elementi sintomatici esterni, essendo quindi suscettibili soltanto di giustificare il ragionevole sospetto di sussistenza del reato e, quindi, l’accompagnamento del soggetto presso una delle strutture pubbliche indicate dalla norma, per l’effettuazione dei prelievi organici e dei successivi esami di laboratorio. (Cassazione penale, sezione IV, sentenza 14 febbraio 2003, n. 51)

[8] Il conducente di veicolo, coinvolto in sinistro stradale, che alleghi a propria giustificazione l’improvviso malore da lui subito mentre era alla guida, è tenuto a provare il suo assunto in ordine all’asserita ipotesi di caso fortuito. (Fattispecie relativa a reato di lesioni personali colpose). Cassazione penale, sezione IV, sentenza 06 ottobre 1987, n. 10401

[9] L’art. 354 consente alla polizia giudiziaria gli accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone, onde assicurare che “le tracce e le cose pertinenti al reato siano conservate e che lo stato dei luoghi e delle cose non venga mutato prima dell’intervento del pubblico ministero”. Trattasi di attività di accertamento e rilevazione che spetta alla polizia giudiziaria organizzare secondo ragionevoli modalità, considerate le condizioni di tempo e di luogo e la natura delle indagini in corso. Se il pubblico ministero non può intervenire tempestivamente, la polizia giudiziaria non è affatto obbligata a disporre subito il sequestro, ma, come bene indica l’art. 354 comma 2, può provvedere solo “se del caso” ed intanto rientra nella sua facoltà tenere sul posto le cose oggetto dell’accertamento informandone il P.M. (Cassazione penale, sezione III, sentenza 15 giugno 1994 – 30 luglio 1994, n. 1935)