Con il frequente moltiplicarsi dei centri decisionali della P.A. ha parallelamente preso vita un meccanismo corruttivo più subdolo, avente come pilastro la sussistenza di “una rete ampia e ramificata di relazioni informali” a carattere occulto, che – coinvolgendo una pluralità di attori tra loro coordinati – arriva a lambire i vertici politico-amministrativi dello Stato.
La sussistenza di tale fenomeno ha fatto propendere il legislatore, al fine di tutelare la correttezza, l’autonomia, l’imparzialità ed il buon andamento della pubblica amministrazione, ad intervenire in un primo momento attraverso l’istituzione dell’art 346 bis del Codice penale mediante la L. n. 190 del 04.11.2012 ( cd. Legge Severino) ed in seguito, al fine di ottemperare agli impegni assunti in sede della Convenzione di Strasburgo, ad un inasprimento delle sanzioni rispetto a quanto già sino ad allora previsto concretatosi con la definitiva approvazione del lella L. n. 3/2019 denominata “ Spazzacorrotti” .
In particolare, la promulgazione della legge n. 3/2019 è intervenuta circa l’implementazione degli strumenti di lotta alla corruzione.
Il testo in vigore prevede, infatti, oltre all’abrogazione del millantato credito ex art 346 c.p. che alla luce della riforma viene parificato al traffico di influenza reale, anche l’introduzione di un importante irrigidimento sia dal punto di vista sanzionatorio, con particolare riferimento alle pene accessorie previste, sia per quel che concerne il potenziamento degli strumenti investigativi per l’accertamento dei più gravi delitti contro la P.A.
Orbene , nonostante il fatto che l’introduzione normativa che ci occupa si collochi in un contesto più amplio di modifica dell’art 346 bis c.p. che trae fondamento dalle prescrizioni contenute nella Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d’Europa oltre che nell’addenda al Second Compliance Report sull’Italia approvato il 18 giugno 2018 dal Group of States against Corruption (GRECO), alla luce del suddetto processo di riforma permangono ancora numerose criticità soprattutto in ordine alla formulazione della fattispecie astratta e per ciò che comporta riguardo l’osservanza dei principi del diritto penale .
Sommario
Le origini del 346 – bis c.p.: la legge “Severino”; 2. Dalla “Severino” alla Convenzione di Strasburgo del 1997 alla riforma “Spazzacorrotti”. L’abrogazione del millantato credito; 3. Il nuovo traffico di influenze illecite; 4. Il problema della fattispecie astratta.Conclusioni
- Le origini del 346 – bis c.p. : la legge “Severino”
Una profonda ed attenta disamina del riformulato traffico di influenze illecite non può certamente prescindere dalle ragioni sottese alla contemplazione della fattispecie astratta come fatto punibile ai sensi del Codice Penale.
In effetti, il moltiplicarsi dei centri decisionali ha favorito , data la molteplicità di organi decisori all’interno dei medesimi, un fenomeno a chiara matrice corruttiva ma più subdolo nella sua estrinsecazione, basato sulla creazione di “una rete ampia e ramificata di relazioni informali”, di natura occulta, che – coinvolgendo una pluralità di attori tra loro coordinati – arriva a lambire i vertici politico-amministrativi dello Stato (1) .
Orbene, la ferma volontà del legislatore di perseguire finalità volte alla correttezza, l’autonomia nonché l’imparzialità ed il buon andamento della Pubblica Amministrazione piuttosto che le realtà connesse agli organi decisori esercenti un pubblico servizio, la legge 190 del 2012, si poneva appunto l’obiettivo di arginare il “malaffare che prospera nel sottobosco dei poteri dello stato” e che, attraverso “contatti, entrature ed aderenze”, ne condiziona indebitamente le decisioni per il tramite di un mediatore col fine di trarne un vantaggio per se stesso o finanche , nel caso di mediazione gratuita, nell’interesse dell’pubblico funzionario decisorio (2).
L’introduzione del dettato codicistico de quo ha rappresentato uno dei punti più importanti della stessa riforma Severino sotto un duplice profilo di rilevanza. Da un lato l’inserimento del 346-bis nel novero degli istituti ricompresi nel codice penale assicurava una fattispecie astratta volta a garantire protezione oltre che l’imparzialità ed era sicuramente finalizzato a favorire il buon andamento della amministrazione pubblica lasciandolo scevro da qualsivoglia forma di condizionamento mediato e, sotto altro profilo, rappresentava in concreto la volontà del legislatore di adempiere alle prescrizioni contenute nella Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d’Europa e dell’ art. 18 della Convenzione ONU di Merida che imponeva l’incriminazione del Trading in influence (3).
Nella sua applicazione il 346-bis c.p. si inseriva a colmare le lacune comportate dalla formulazione del precetto ex art. 346 c.p. “millantato credito”. Tali lacune ai sensi della introduzione codicistica che ci occupa erano rappresentate da un quid pluris da rintracciarsi nell’effettiva potenzialità lesiva della relazione del mediatore (4).
Nella applicazione pratica rientrava nei compiti del giudicante la verifica di sussistenza di un concreto pericolo che l’agente – sfruttando il l’importanza del rapporto con il decisore finale – potesse alterare il buon funzionamento della cosa pubblica (5). Qualora, invece, dalle risultanze probatorie fosse emersa una capacità di condizionamento “fasulla e posticcia” – e, quindi, non potenzialmente lesiva dell’imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione – si sarebbe configurato il delitto di millantato credito ex art 346 c.p. (6), con la conseguenza che il “compratore di fumo” – da controparte di un negozio bilaterale a contenuto illecito – tornava ad essere il soggetto passivo del reato, perché inconsapevole destinatario di un raggiro messo a punto dall’agente (7).
- A VANNUCCI, Alle radici della corruzione sistematica, in R. BORSARI (a cura di), La corruzione a due anni dalla «Riforma Severino», cit., 34; G. PONTEPRINO, LA NUOVA “VERSIONE” DEL TRAFFICO DI INFLUENZE ILLECITE: LUCI E OMBRE DELLA RIFORMA “SPAZZACORROTTI”, in Sist. pen. , 1/2017, p. 5 ss.
- M. ROMANO, Commentario sistematico. I delitti contro la pubblica amministrazione. I delitti dei privati, le qualifiche soggettive pubblicistiche, IV ed., Milano, 2015, 160. Per uno sguardo d’insieme sulla Novella del 2012 si legga M. PELISSERO, Voce Amministrazione pubblica (delitti contro la PA), in Enciclopedia del diritto, Annali VII, 48 ss
- E. DOLCINI, F. VIGANÒ, Sulla riforma in cantiere dei delitti di corruzione, in Dir. pen. cont. – Riv. trim., 2012, 1, 238; C. BENUSSI, sub. art 346-bis, in E. DOLCINI, G.L. GATTA, Codice penale commentato, Milanofiori Assago, 2015, II, p. 865.
- S. MENDICINO, Traffico di influenze illecite e millantato credito: la linea di confine, nei relativi inquadramenti, che fa la differenza, in Diritto & Giustizia, 2017, 189, 10 ss
- C. CUCINOTTA, Sul concetto di influenza illecita, in Dir. pen. proc., 2018, 8, 1051 ss.
- Cass. Pen., Sez. IV, 27 settembre 2017, n. 53332;
- G. Ponteprino, LA NUOVA “VERSIONE” DEL TRAFFICO DI INFLUENZE ILLECITE: LUCI E OMBRE DELLA RIFORMA “SPAZZACORROTTI”, in Sist. pen. , 1/2017, p.101
- Dalla “Severino” alla Convenzione di Strasburgo del 1997 alla riforma “Spazzacorrotti”. L’abrogazione del millantato credito
La legge “Severino” , che per la prima volta ha introdotto la conteplazione del reato di traffico di influenze illecite nel novero normativo facente parte del codice penale all’art 346-bis, è stata oggetto di riforma da parte del legislatore per il tramite dell’intervento legislativo n. 3 del 2019 denominato come cd. “Legge Spazzacorrotti”.
Con particolare riguardo alle motivazioni sottese all’intervento legislativo in questione, appare opportuno ricordare come il 18 giugno 2018 il “Group of States against Corruption” (GRECO), organismo istituito dal Consiglio d’Europa nel 1999, ha approvato, nella sua ottantesima assemblea plenaria, la “Addenda al Second Compliance Report” sull’Italia.
Lo scopo del GRECO consiste nel monitorare il livello di conformità delle legislazioni nazionali agli standard anti-corruzione codificati nella Convenzione penale sulla corruzione e rispetto ai documenti a questa correlati.
Il monitoraggio si articola in due distinte fasi: nella prima fase i paesi membri sono sottoposti ad un Ciclo di valutazione (‘Evaluation Round’) che si conclude con la formulazione di raccomandazioni finalizzate ad indicare allo Stato inadempiente quali misure adottare per adeguare la propria legislazione alla normativa del Consiglio d’Europa; nella seconda fase, invece, si verifica l’idoneità di queste misure a raggiungere gli obiettivi indicati. L’esito del giudizio viene poi sintetizzato in un rapporto, c.d. ‘Compliance Report’.Tale documento costituisce l’esito di una procedura di valutazione volta a verificare se il nostro Paese ha messo in pratica le indicazioni che gli erano state in precedenza rivolte al fine di uniformare la propria legislazione alla normativa del Consiglio d’Europa ed in particolare alla Convenzione penale di Strasburgo del 27 gennaio 1999 sulla corruzione. Ebbene, in relazione alla fattispecie del traffico di influenze illecite ex art. 346 bis , nell’Addenda venne riscontrata la necessità di ulteriori interventi per far sì che le disposizioni legislative allora previste dalla normativa italiana rispettassero pienamente gli obblighi internazionali. Secondo il GRECO, infatti, Il perimetro di operativita della norma italiana era più ristretto rispetto a quello individuato dall’art. 12 (Trading in influence) della Convenzione . Quest’ultima disposizione stabilisce infatti che gli Stati membri devono criminalizzare da un lato, la condotta di chi ottiene un vantaggio (o la promessa di un vantaggio) quale corrispettivo della asserita possibilità di esercitare un’influenza impropria su un decisore pubblico, anche se la capacità di influenza del mediatore è, nella realtà, inesistente; dall’altro il fatto di promettere, offrire o procurare qualsiasi vantaggio indebito, per sé o per terzi, a titolo di rimunerazione a chiunque afferma di essere in grado di esercitare tale influenza. In senso contrario, e nell’ottica di una minor ampiezza del campo della rilevanza penale, l’art. 346 bis cod. pen. richiede la sussistenza di una capacità del mediatore di influenzare le decisioni del pubblico ufficiale che sia effettivamente esistente. La presenza dell’art. 346 cod. pen. (Millantato credito) – che punisce, invece, la condotta di chi “millantando” un credito, in realtà inesistente, presso un pubblico ufficiale riceve o si fa promettere un vantaggio, come prezzo della propria mediazione verso il decisore pubblico – non basta a far allineare la nostra legislazione al dettato dell’art. 12 della Convenzione, rimanendo comunque esclusa dall’ambito del penalmente rilevante la condotta di chi offre o promette il vantaggio al “millantatore” di influenza; e ciò in senso contrario rispetto a quanto afferma il predetto articolo della Convenzione.
Ebbene, in concreto, le disposizioni di cui alle lettere s) e t) dell’art. 1, comma 1 della legge n. 3 del 2019 hanno proceduto all’abrogazione del millantato credito ed alla riscrittura del traffico di influenze che, stando alla Relazione introduttiva, dovrebbe inglobare le condotte prima rientranti nell’alveo dell’art. 346 c.p. (8) . L’intervento di riformulazione dell’art. 346- bis c.p. rappresenta il frutto della volontà del legisltatore nazionale di completare l’opera di adeguamento del diritto penale italiano agli accordi sovranazionali e, precisamente, a quanto statuito dalla Convenzione penale sulla corruzione firmata a Strasburgo il 27 novembre 1999 e ratificata il 13 giugno 2013.
Si ricorda, altresi, che in sede di ratifica l’Italia si era avvalsa del diritto di riserva prevista all’art. 37 della Convenzione, tenendo ferma la non punibilità del privato che, a fronte di un’influenza soltanto vantata, corrispondesse denaro o altra utilità all’asserito mediatore. Sebbene questa opzione fosse del tutto legittima, l’Addendum to the second compliance on Italy del GRECO dello scorso 18 giugno 2018 aveva comunque esortato il nostro legislatore a sciogliere la riserva e a colmare definitivamente il gap tra l’art. 12 della Criminal Law Convention e le più ristrette incriminazioni di cui agli artt. 346 e 346-bis c.p.
(8) GRECO, Addendum to the Second Compliance Report on Italy “Incriminations (ETS 173 and 191, GPC 2)”, 18- 22 giugno 2018, in www.coe.int, 3.
- Il nuovo traffico di influenze illecite
Il riformato dettato normativo dell’art 346-bis del codice penale pone in essere una forma di tutela anticipata dell’interesse alla legalità, buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione, diretta a punire, prima che possa perfezionarsi l’accordo corruttivo. L’agente opera in qualità di tramite/mediatore tra corrotto e corruttore esercitando la propria influenza relazionale sul primo.
Si precisa, inoltre, che ai sensi della riformulazione codicistica di che trattasi e per gli efffetti pratico applicativi della ricomprensione del millantato credito nella fattispecie de qua la condotta di sfruttamento di un rapporto reale tra il faccendiere ed il soggetto qualificato è adesso parificata all’ipotesi in cui la relazione sia soltanto asserita (9).
Per quanto attiene alla struttura del reato si evidenzia che si tratta di un reato di pericolo nonché plurisoggettivo che si consuma nel momento in cui si perfeziona il patto tra il committente ed il mediatore. Ai fini del perfezionamento del delitto è irrilevante l’esercizio dell’influenza illecita da parte del mediatore o il comportamento del pubblico agente ed in cui sono previste come punibili sia del mediatore/faccendiere che di colui il quale incarica il terzo di porre in essere la propria influenza sul decisore finale. E’, altresì, previsto un aumento della pena nel caso in cui il mediatore assuma la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio. Il precetto del reato di traffico di influenze illecite contempla due diverse ipotesi di condotta punibile: la prima è rappresentata dal c.d. traffico di influenze gratuito, che sussiste allorquando il committente dà o promette denaro o altro vantaggio patrimoniale al mediatore affinché quest’ultimo remuneri il pubblico agente in relazione all’esercizio delle sue funzioni o poteri. La seconda ipotesi è costituita, invece, dal c.d. traffico di influenze oneroso, ovvero quando il committente remunera il mediatore affinché quest’ultimo realizzi una illecita influenza sul pubblico agente. Il delitto in esame si contraddistingue, inoltre per il dolo specifico, in quanto il committente e il mediatore debbono stipulare un patto allo scopo specifico di remunerare il pubblico agente per il compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all’omissione o ritardo di un atto di ufficio, nell’ipotesi di influenze gratuite, oppure di esercitare una influenza illecita nei confronti del pubblico agente, nel caso di influenze onerose.
4. Il problema della fattispecie astratta.Conclusioni
L’intervento normativo posto in essere dal legislatore, con particolare riguardo al correttivo apportato al primo comma del riformulato 346 – bis sembra aver comportato importanti problematiche inerenti una corretta delimitazione del fatto tipico punibile.
Ed infatti, il generico riferimento all’esercizio della funzione o dei poteri del pubblico agente comporta una molto più amplia dimensione di applicatività della fattispecie delittuosa astratta completamente sprovvista, pertanto, dei criteri di specificità ed accuratezza (10) .
Secondo quanto previsto dalla norma chi dà o promette il denaro o l’altra utilità risponderà penalmente ai sensi del delitto che ci occupa sia quando agisca nella certezza di poter beneficiare di un reale potere di influenza sia quando, ingannato dalle fuorvianti vanterie del suo interlocutore, acquisti unicamente del fumo.
Ed invero, nell’ipotesi delittuosa in cui il compratore abbia a che fare con un millantatore di influenze, malgrado questi concluda un negozio avente finalità illecite, ed in virtù della rilevata discrepanza sul piano del disvalore soggettivo tra traffico di influenze “reale” e traffico di influenze cd. “putativo” (11) , sarebbe stato preferibile che il legislatore, nell’inglobare il millantato credito nel traffico di influenze, avesse quantomeno considerato una graduazione del quantum di pena irrogabile, differenziando la posizione di chi acquista un’influenza reale da quella di colui che è comunque la vittima di un inganno (12).
Sussistono, inoltre, alcuni interrogativi circa la funzione del cd. “compratore di fumo” in relazione ai fondamentali principi di materialità e di necessaria offensività della fattispecie di reato. Ebbene, secondo quanto previsto dalla norma, viene punito un soggetto che dà o promette un’utilità, perché indotto in errore dalla vanteria del presunto faccendiere, la cui condotta , il cui apporto materiale al soddifacimento del fine illecito del compratore risulta completamente inidonea ad influenzare l’operato del decisore finale (13).
Orbene, posto che può anche essere condivisibile l’orientamento del legislatore volto a favorire una desistenza dall’ intraprendere qualsivoglia azione/relazione volta ad inficiare il corretto funzionamento della amministrazione pubblica, sarebbe però oltremodo auspicabile un intervento correttivo, una espunzione dall’ambito applicativo in ordine alla sanzione tale da differenziare la pena da infliggere al compratore di fumo dalla sanzione prevista per il compratore di una reale intervento avente concreta influenza sul decisore finale senza che il bene giuridico protetto venga mai, in concreto, messo in pericolo .
Sotto altro profilo, avendo particolare riguardo circa il rapporto tra la condotta oggetto di riforma ex L 3/2019 ed il principio di tassatività. La ferma volontà del legislatore di inasprire gli aspetti sanzionatori e , più in generale, di porre in essere azioni volte al contrasto alla corruzione nel nostro Paese paese a 360 gradi, sembrerebbe dar luce nel suo riscontro pratico oggettivo ad un aperto contrasto con i principi fondamentali.
A fronte di ipotesi delittuose con un basso coefficiente di determinatezza, spetterà infatti al singolo giudice il compito di svolgere quella complessa opera di “supplenza ermeneutica” volta al ripristino dell’equilibrio costituzionale tradito dal legislatore(14).
L’indeterminatezza della fattispecie incriminatrice sul punto comporta il rischio di attrarre nella sfera del penalmente rilevante condotte che, pur opache o scarsamente trasparenti, potrebbero non essere patologiche e sarebbero comunque di difficile oggettivizzazione e con cio ne risulterebbe leso conseguentemente il principio di legalità.
Serve quindi individuare un elemento certo al quale assegnare efficacia tipizzante e non può che consistere nella finalità perseguita attraverso la mediazione: questa è illecita solo quando ha il fine di propiziare la commissione di un fatto di reato capace di produrre vantaggi per il committente.
Conformemente con l’idea di necessita di superare un precetto cosi poco determinato anche la giurisprudenza è intevenuta al fine di perimetrare l’alveo della condotta punibile.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. pen., SU, 27 aprile 2017, n. 40076) e, da ultimo, due pronunce della Consulta (la n. 24 e la n. 25 del 2019) hanno confermato la bontà della cd. interpretazione “tassativizzante” o “tipizzante” – secondo la quale l’avverbio indebitamente sia sintomatico di una mera illiceità espressa e non ricoprirebbe alcuna altra funzione se non quella di rimarcare il carattere antigiuridico della prestazione del mediatore – cioè una circoscrizione del perimetro applicativo della fattispecie e spetterà dunque al magistrato la verifica se le condotte oggetto di imputazione esprimano un contenuto di disvalore tale da giustificare l’irrogazione della pena prevista per il tipo astratto di reato e, in caso di esito negativo, escluderne l’integrazione (15).
Per di più, anche in relazione alla condotta onerosa, la assoluta genericità del precetto ha costretto la Corte di Cassazione (Cass pen. 1182/2022) a evidenziare la netta differenza tra intercessione al fine di obiettivo lecito ed illecito. In pratica la Suprema Corte ha stabilito che al fine della sussitenza del delitto in esame non basta la prova di una forte relazione personale fra intermediario e pubblico agente per ritenere integrato il reato ma è necessaria la prova tangibile della funzione perturbatrice dell’azione pubblica da parte del mediatore faccendiere.
Alla luce di ciò gli ermellini hanno escluso che possa assumere rilievo il mero “uso” di una relazione personale, preesistente o potenziale, in ragione del conseguimento di un dato obiettivo lecito. perchè consapevole della relazione, della possibilità di contatto tra il “mediatore” ed il pubblico agente, da cui dipende il conseguimento dell’obiettivo perseguito.
Sotto altro profilo ed in particolare per cio che attiene l’aspetto sanzionatorio, i profili di contrasto con i canoni costituzionali sono da ritenersi ancor più evidenti. Ed invero, nonostante la Riforma abbia inciso in via soltanto marginale sulle pene principali – già notevolmente innalzate dalla legge n. 190/2012 e, a stretto giro, dalla legge n. 69 del 27 maggio 2015 – significativo è il potenziamento delle sanzioni interdittive accessorie, a cui si aggiunge la limitazione alla fruibilità dei benefici penitenziari. Il legislatore ha, di fatto, equiparato il trattamento repressivo della corruzione a quello dei delitti in materia di crimine organizzato (16).
Balza agli occhi evidente come la ratio sottesa all’inasprimento delle sanzioni accessorie non sia sorretta da alcuna valutazione concreta; se infatti è vero che le organizzazioni criminali si avvalgono dello strumento corruttivo al fine di agevolare i proprio giro di affari è altrettanto vero che corruzione e crimine organizzato non abbiano una correlazione sic et simpliciter.
Il nuovo inasprimento sanzionatorio che, come rilevato, costituisce la vera cifra caratteristica della legge n. 3/2019, sembra tradursi in una malcelata forma di “populismo penale”( 17) ed invero la tendenza a considerare il diritto penale strumento di eccellenza per “combattere” ed “estirpare” la corruzione si pone nettamente in contrasto con la funzione di extrema ratio del medesimo.
La riforma de qua, pertanto, seppur mossa dal nobile intento di preservare l’indipendenza ed il buon funzionamento della Pubblica Amministrazione necessiterebbe, a nostro avviso, di un’ ulteriore importante intervento di riforma volto sicuramente a proseguire nel solco di tutela della macchina amministrativa dello Stato ma anche rivolto alla piena osservanza dei principi fondanti l’ordinamento penale; anche magari tenendo presente la possibilità di considerare come strumento deterrente il potenziamento delle strategie preventive, che nel caso che ci occupa, potrebbero essere ben rappresentate ad esempio da una chiara e puntuale regolamentazione sulle lobby.
Il precetto in buona sostanza necessiterebbe di una perimetrazione definitiva da parte del legislatore nazionale, come ad esempio avvenuto con il D.l. Semplificazioni del 2020 per quanto disposto in ordine all’abuso d’ufficio, della fattispecie astratta del 346-bis al fine di determinare con precisione le condotte punibili nella piena osservanza dei precetti fondanti il sistema penale italiano. (9) Cass. pen., 30 aprile 2019, n. 17980
(10) V. MANES, Corruzione senza tipicità, in Riv. it. dir. proc. pen, 2018, 3, 1127 ss
(11) G. Ponteprino, LA NUOVA “VERSIONE” DEL TRAFFICO DI INFLUENZE ILLECITE: LUCI E OMBRE DELLA RIFORMA “SPAZZACORROTTI”, in Sist. pen. , 1/2017, p. 5 ss
(12) R. CANTONE, A. MILONE, Verso la riforma del delitto,
(13) N.PISANI, Il disegno di legge ‘spazzacorrotti’,
(14) F. PALAZZO, Legalità fra law in the books e law in action, in Dir. pen. cont. – Riv. trim., 2016, 3, 5; si richiamano, inoltre, i contributi di V. MANES, Dalla “fattispecie” al “precedente”: appunti di “deontologia ermeneutica, in Cass. pen., 2018, 6, 2222 ss., nonché di M.DONINI, Fattispecie o case law? La “prevedibilità del diritto” e i limiti alla dissoluzione della legge penale nella giurisprudenza, in Quest. Giust. Web., 2018, 4, 79 ss.
(15) V. MANES, Corruzione senza tipicità, cit., 1126 ss
(16) V. MANES, L’estensione dell’art. 4-bis ord. Pen., cit., 4., C.E. PALIERO, Criminalità economica e criminalità organizzata: due paradigmi a confronto, in M. Barillaro (a cura di), Criminalità organizzata e sfruttamento delle risorse territoriali, Milano, 2004, 141 ss
(17) : G. FIANDACA, Populismo politico e populismo giudiziario, in www.discrimen.it, 2013, 95 ss. e, più di recente, M. DONINI, Populismo e ragione pubblica, Modena, 2019
BIBLIOGRAFIA
– A VANNUCCI, Alle radici della corruzione sistematica, in R. BORSARI (a cura di), La corruzione a due anni dalla «Riforma Severino», cit., 34;
– G. Ponteprino, LA NUOVA “VERSIONE” DEL TRAFFICO DI INFLUENZE ILLECITE: LUCI E OMBRE DELLA RIFORMA “SPAZZACORROTTI”, in Sist. pen. , 1/2017, p. 5 ss.
– M. ROMANO, Commentario sistematico. I delitti contro la pubblica amministrazione. I delitti dei privati, le qualifiche soggettive pubblicistiche, IV ed., Milano, 2015, 160. Per uno sguardo d’insieme sulla Novella del 2012 si legga M. – – PELISSERO, Voce Amministrazione pubblica (delitti contro la PA), in Enciclopedia del diritto, Annali VII, 48 ss
– E. DOLCINI, F. VIGANÒ, Sulla riforma in cantiere dei delitti di corruzione, in Dir. pen. cont. – Riv. trim., 2012, 1, 238; -C. BENUSSI, sub. art 346-bis, in E. DOLCINI, G.L. GATTA, Codice penale commentato, Milanofiori Assago, 2015, II, p. 865.
-S. MENDICINO, Traffico di influenze illecite e millantato credito: la linea di confine, nei relativi inquadramenti, che fa la differenza, in Diritto & Giustizia, 2017, 189, 10 ss
-C. CUCINOTTA, Sul concetto di influenza illecita, in Dir. pen. proc., 2018, 8, 1051 ss.
Cass. Pen., Sez. IV, 27 settembre 2017, n. 53332;
-G. Ponteprino, LA NUOVA “VERSIONE” DEL TRAFFICO DI INFLUENZE ILLECITE: LUCI E OMBRE DELLA RIFORMA “SPAZZACORROTTI”, in Sist. pen. , 1/2017, p.101
– V. MANES, Corruzione senza tipicità, in Riv. it. dir. proc. pen, 2018, 3, 1127 ss
– R. CANTONE, A. MILONE, Verso la riforma del delitto,
– N.PISANI, Il disegno di legge ‘spazzacorrotti’,
– F. PALAZZO, Legalità fra law in the books e law in action, in Dir. pen. cont. – Riv. trim., 2016, 3, 5; si richiamano, inoltre, i contributi di V. MANES, Dalla “fattispecie” al “precedente”: appunti di “deontologia ermeneutica, in Cass. pen., 2018, 6, 2222 ss.,
– M.DONINI, Fattispecie o case law? La “prevedibilità del diritto” e i limiti alla dissoluzione della legge penale nella giurisprudenza, in Quest. Giust. Web., 2018, 4, 79 ss.
– V. MANES, Corruzione senza tipicità, cit., 1126 ss
– V. MANES, L’estensione dell’art. 4-bis ord. Pen., cit., 4., C.E. PALIERO, Criminalità economica e criminalità organizzata: due paradigmi a confronto, in M. Barillaro (a cura di), Criminalità organizzata e sfruttamento delle risorse territoriali, Milano, 2004, 141 ss
– G. FIANDACA, Populismo politico e populismo giudiziario, in www.discrimen.it, 2013, 95 ss. e, più di recente, M. DONINI, Populismo e ragione pubblica, Modena, 2019
GRECO, Addendum to the Second Compliance Report on Italy “Incriminations (ETS 173 and 191, GPC 2)”, 18- 22 giugno 2018, in www.coe.int, 3.
– Cass. Pen., Sez. Un., 25 febbraio 2010, n. 15208 ; Cass. Pen., Sez. VI, 5 aprile 2018, n. 20842
– F. CONSULICH, Millantato credito e traffico di influenze, cit., 627. Contra, V. MAIELLO, Il delitto di traffico di influenze indebite, cit., 431; P. SEMERARO, Fatto tipico e traffico di influenze illecite, in Arch. Pen., 2018
– Cass. pen. sez. VI 40518-2021
di LUIGI DE ROSE