a cura di Roberta Travia
PREMESSA
La crisi delle moderne democrazie rappresentative, viene oggi ricondotta all’incapacità della politica tradizionale di interpretare le sempre più complesse esigenze dei cittadini[1].
In un tale contesto, negli Stati contemporanei si è operato un vero e proprio rovesciamento di ruoli e l’economia sembra essersi ormai definitivamente imposta sulla politica, in ossequio alla logica dei mercati. Non sono più le politiche economiche degli Stati a garantire la concorrenza tra le imprese, ma quest’ultime a mettere in concorrenza gli Stati, privilegiando per i loro investimenti i paesi nei quali la possibilità di sfruttare il lavoro, di inquinare l’ambiente e di corrompere i governi è maggiore. Da ciò discende direttamente una percezione della politica come funzione parassitaria.[2]
Inoltre, in conseguenza della crisi delle istituzioni democratiche, si è assistito da un lato, alla crescita progressiva del potere della magistratura, chiamata a sopperire alle inefficienze del potere legislativo e, dall’altro, all’aumento dei c.d. governi tecnici, legittimati dall’alto livello di conoscenze specialistiche seppur non dai meccanismi di democrazia rappresentativa, sia livello nazionale che internazionale[3].
1. STORIA DEI MOVIMENTI POPOLUSTI
La nascita del fenomeno del c.d. populismo moderno, è da ricondursi proprio a questa generale crisi degli Stati contemporanei, proponendo una formula politica e ideologica che valorizza il ruolo del popolo in contrapposizione al meccanismo della democrazia rappresentativa.
Storicamente, con il termine populismo si definiscono quei movimenti politici e culturali sviluppatisi nel corso del ventesimo secolo, anche se in realtà, il fenomeno è antichissimo: già in Aristotele è possibile leggere un’interpretazione del populismo come demagogia e, dunque, come degenerazione della democrazia,[4] ovvero di quella virtù politica necessaria per consentire ai cittadini di raggiungere quella che il filosofo definiva essere la pienezza umana[5].
In ogni caso, a prescindere dai diversi contesti storico – culturali di riferimento, si possono rinvenire in questi fenomeni collettivi, alcuni tratti comuni e presenti anche nelle esperienze più recenti: la visione idealizzata ed astratta del popolo, ritenuto portatore di istanze e valori positivi, posto in contrapposizione con le manchevolezze e la corruzione della c.d. élite. Sotto il profilo politico ne consegue la tendenza a svalutare le forme di democrazia rappresentativa a favore di forme di democrazia diretta, e quella di demandare ad un unico leader carismatico il compito di farsi promotore degli interessi del popolo.
Il primo fenomeno populista viene tradizionalmente individuato nel narodnicestvo (da narod, “popolo” in russo), un movimento studentesco e intellettuale affermatosi nella Russia della seconda metà dell’Ottocento[6] volto ad incentivare e guidare la potenziale forza rivoluzionaria dei popolo, ritenuto capace, se reso consapevole e istruito, di poter rovesciare il regime zarista[7].
Analogamente, nel 1891 negli Stati Uniti, sulla spinta degli agricoltori indipendenti, fu fondato il People’s Party, un partito politico con un programma di stampo socialista, con la finalità di supporto delle classi sociali più povere[8].
Più recentemente, infine, il termine populismo è stato adottato per riferirsi a quei partiti politici di forte stampo nazionalista che, in difesa dei propri valori culturali e religiosi, propugnano l’interesse interno osteggiando le politiche di immigrazione e l’apertura al mercato globale a tutela e incentivo delle imprese nazionali[9].
Il fenomeno, oltre che nei Paesi dell’America Latina[10] e dell’Europa Orientale[11], oggi si sta diffondendo, proprio come conseguenza diretta della crisi del modello della democrazia rappresentativa, anche nell’Europa Occidentale, coinvolgendo gli stessi Paesi membri dell’Unione Europea tradizionalmente di stampo democratico[12].
Le scienze politiche, individuano nel populismo una categoria dai confini non definiti, mutevole a seconda del contesto di riferimento e delle epoche storiche. Trattasi, dunque di un “atteggiamento politico favorevole al popolo, identificato nei ceti socio-economici più umili”[13].
Anche sotto questo profilo, comunque, si evidenzia la centralità e l’idealizzazione del concetto di popolo: organismo depositario di ogni virtù politica e sociale che trova nei movimenti populisti la sua legittimazione e la rivalsa dai raggiri dei ceti dominanti. Da ciò il fenomeno di diffidenza, riscontrabile anche nella politica italiana attuale, nei confronti di tecnici ed esperti, ritenuti asserviti ai c.d. ai “poteri forti” e, per ciò stesso, incapaci di tutelare e perseguire i reali interessi del popolo.
È interessante notare, peraltro, come la teoria populista, in tutte le esperienze in cui si è manifestata, abbia sempre poggiato su un’astrazione del concetto di popolo, considerato corpo unitario e massa indistinta. Diversamente il popolo, inteso come cittadinanza di uno Stato, è espressione di una collettività composita e variegata, composta da classi sociali e ceti i cui interessi spesso confliggono, da un’appartenenza culturale, religiosa e ideologica molto diversificata. Ciò che in effetti accomuna i molti popoli che costituiscono un Paese è la legge fondamentale che, a seconda delle epoche storiche, riconduce la diversità a unità nel rispetto di un’unica costituzione vincolante per tutti e, per ciò stesso, garanzia di effettiva uguaglianza e parità di trattamento.
2. IL MODELLO DI DEMOCRAZIA DIRETTA E L’UTILIZZO DEL WEB
I movimenti populisti affermatisi nel corso dei secoli sono sempre stati oggetto di analisi politica, volta a cogliere tratti comuni e possibili classificazioni definitorie. In effetti, si tratta di un’operazione di sintesi molto complessa, attesi i diversi contesti sociali e storici di riferimento[14].
Volendo, tuttavia, evidenziare una caratteristica comune di questi movimenti – che ne costituisce anche il limite – si può affermarne il carattere plebiscitario, piuttosto che democratico in senso moderno.
A ben vedere, infatti, i movimenti populisti del Novecento si sono caratterizzati proprio come manifestazioni di rottura e di contestazione del c.d. Stato liberale che, in quanto incentrato sul modello di democrazia c.d. rappresentativa su base censuaria, veniva percepito come espressione della sola élite[15].
Tale sentimento, peraltro, è stato a lungo fondato su un dato di realtà; basti pensare all’esperienza Italiana e alla struttura costituzionale dello Statuto Albertino, in cui una sola camera del Parlamento (la c.d. Camera bassa) si formava su base elettiva e, in ogni caso, in esito a un voto cui partecipavano solo alcuni cittadini selezionati sulla base del sesso e per censo.
Il paradosso politico e giuridico che, però, è possibile notare, è che tali movimenti arrivano a proporre una forma di democrazia diretta che, tuttavia, si riduce comunque a una dittatura della c.d. maggioranza che opera e viene legittimata proprio in ragione di quell’astrazione del concetto di popolo, di cui si è detto nel paragrafo precedente[16].
Traslata l’ideologia sul piano politico concreto, infatti, occorre rilevare che anche la minoranza parlamentare è espressione dei cittadini, ovvero di quello stesso popolo che attraverso una semplificazione artificiosa viene spogliato della sua dimensione civile e politica complessa, per divenire massa.
Il modello dei movimenti populisti moderni vorrebbe, in effetti, ricalcare quello di democrazia diretta dell’antica Grecia, sul potere della c.d. assemblea, oggi sostituita dal web: dalla discussione e dal voto virtuale[17].
In ciò risiede anche l’ulteriore questione, cara ai movimenti in parola, del rapporto tra politica e informazione, quest’ultima ritenuta asservita alla prima e, come tale, mezzo di controllo dell’opinione pubblica[18].
In realtà, il tema è attualissimo, atteso che l’utilizzo dei social network come strumento di informazione alternativa e di lotta politica contro i c.d. “poteri forti” se, da un lato, si pone come mezzo di attuazione della forma più piena di democrazia diretta, di fatto rischia di cadere – in difetto di un reale approfondimento e contradditorio in merito alle singole questioni trattate – in vere e proprie involuzioni autoritarie e di controllo delle masse[19] [20].
3. IL POPULISMO AUTORITARIO
La Costituzione italiana riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo e l’uguaglianza sostanziale anche nei confronti delle leggi costituzionali, distinguendo i poteri pubblici in ragione di attribuzioni volte all’attuazione di finalità o di valori costituzionalmente prefissati (rispettivamente, articoli 2 e 3). La nozione di Repubblica è più ampia di quella di Stato, in quanto comprensiva delle autonomie territoriali (articolo 5) e di molte tra le formazioni sociali che connotano il principio pluralistico (articolo 2).
Quanto indicato trova riscontro nell’organizzazione dell’ordinamento giuridico e degli organi costituzionali. Le Costituzioni europee si ispirano al principio di separazione dei poteri, finalizzato ad impedire la concentrazione del potere in capo a un solo organo[21]. Tale principio, tuttavia, non presuppone necessariamente anche la separazione delle relative funzioni. Se, ad esempio, l’indipendenza del potere giudiziario in Italia è costituzionalmente garantita sotto entrambi i profili (indipendenza del potere e indipendenza della funzione)[22], lo stesso non può sempre dirsi con riguardo all’organizzazione dei rapporti tra potere legislativo e potere esecutivo. Infatti, se è vero che la funzione normativa è espressione del solo Parlamento[23], nell’esercizio dell’indirizzo politico sussiste una commistione tra le due funzioni in parola, espressa dal meccanismo della c.d. fiducia parlamentare, necessaria affinché il Governo possa assumere le proprie funzioni e mantenere l’incarico nel corso della legislatura.
Il fatto che il principio di separazione dei poteri non coincida sempre con la distribuzione costituzionale delle funzioni, è dimostrato anche dalla presenza di organi, quali il Presidente della Repubblica e la Corte costituzionale che, pur non essendo organi costituzionali in senso stretto, sono preordinati alla garanzia dell’ordinamento repubblicano.
Il populismo ha messo in crisi la sovranità democratica nazionale, è diventato uno strumento politico di mobilitazione e unificazionedelle istanze insoddisfatte provenienti da una società frammentata, con il fine di dar vita ad un nuovo senso di comunità e di appartenenza.
Tuttavia, il tendenziale accentramento di tutti i poteri nelle mani di un unico leader, passando dal modello di democrazia rappresentativa a quello preferenziale di democrazia diretta, di fatto mina il principio di separazione dei poteri e, di riflesso, lo stato di diritto, con il rischio di derive totalitariste.
Come è stato acutamente affermato[24], nel linguaggio politico attuale, nazionalismo, sovranismo e populismo tendono ad essere considerati sinonimi. Vero è che il nazionalismo è una ideologia che, per affermarsi, ha sempre avuto bisogno di un nemico esterno, a differenza del sovranismo che, invece, è un fenomeno più recente e che ha bisogno di un nemico soprattutto interno. In questo senso, il populismo può considerarsi il collegamento ideologico tra questi due fenomeni, in quanto entrambi, per affermarsi, hanno bisogno di un riferimento diretto ai concetti astratti di popolo e nazione.
La pervasività del populismo oggi, tuttavia, pone l’esigenza di mutare la prospettiva di analisi giuridica del fenomeno. Come è stato autorevolmente sostenuto, il vuoto di etica pubblica nel sistema italiano ha comportato una anomia diffusa cui il diritto dovrebbe sopperire, ponendo e garantendo quel tessuto di valori condivisi in cui ogni società civile dovrebbe potersi riconoscere[25].
Ed invero, la semplificazione populista, pur recando con sé le buone ragioni dello “stare insieme”, minando i princìpi fondativi dello Stato costituzionale, pone l’esigenza di profondi ripensamenti sul fenomeno onde trovare nuove vie per ricostruire quel tessuto plurale della società che oggi appare lacerato o distrutto[26]. Non a caso, il populismo inteso come risposta alla crisi della democrazia moderna, è stato ricondotto alla c.d. categoria dei sostituti funzionali del fascismo[27]. Infatti, pur mostrando differenze significative dal modello originale, condivide con esso la passivizzazione della politica della società. Trattandosi, dunque, di un fenomeno che si pone come anomalia interna alla democrazia, è proprio da essa che dovrà muovere qualsiasi riflessione giuridica e politica.
[1] FERRAJOLI, L., Democrazia e populismo, 30 luglio 2018, in Rivista AIC, n.3/2017, p. 3.
[2] FERRAJOLI, L., Democrazia e populismo, 30 luglio 2018, in Rivista AIC, n.3/2017, p. 7.
[3] PINELLI, C., The Populist Challenge to Constitutional Democracy, in European Constitutional Law Review, 7/2011 p. 12.
[4] ARISTOTELE, Politica, Libro IV, capo 4, 1292.
[5] COSTA, P., Cittadinanza, Roma, Bari, Laterza, 2009.
[6] Si trattava di un movimento volto a garantire l’istruzione anche in quei villaggi di stampo ancora feudale. In tal senso TAGGART, P., Populism and the Pathology of Representative Politics, in Y. MENY e Y. SUREL (a cura di), Democracy and the Populist Challenge, Basingstoke, Gran Bretagna, 2002, specie pp. 80 ss.
[7] Rivoluzione che venne realizzata invece dalla classe operaia delle fabbriche e che portò nel 1881 all’assassinio dello zar Alessandro II.
[8] YOKOYAMA, R., “Populism” and “populism”: Aporia of the Historiography of the American Populism, in Nanzan Review of American Studies, n. 39/2017.
[9] MANETTI, M., Costituzione, partecipazione democratica, populismo, 11 luglio 2018, in Rivista AIC, n. 3/2018, p. 376.
[10] SOMMA, A., Il diritto latinoamericano tra svolta a sinistra e persistenza dei modelli neoliberali, in Diritto Pubblico Comparato ed Europeo, n.1/2018, p. 75.
[11] BLOKKER, P., Populist, Nationalism, Anti-Europeanism, Post-nationalism, and the East-West Distonction, in German Law Journal, 2005, pp. 371 ss.
[12] BETZ, H.G., Exclusionary Popolism in Western Europe in the 1990s and Beyond. A Threat to Democracy and Civil Rights? in Identities, Conflict and Cohesion, Programme Paper Number 9, October 2004, United Nations Research Institute for Social Development.
[13] ESPOSITO R. e GALLI C., L’Enciclopedia del pensiero politico Laterza, 2005.
[14] Storicamente si possono individuare tre filoni di stampo politico molto diversi tra loro:
1. Il nazionalpopulismo che comprende il nazionalismo e militarismo includendo nazismo, il fascismo e, anche se non tutti gli studiosi sono concordi, il peronismo dell’argentino Juan Domingo Perón (1895-1974).
2. Il populismo rivoluzionario, autoritario e nazionalista, che trae le sue origini dai giacobini di Robespierre. Durante il Novecento lo stalinismo e, per i loro detrattori, il castrismo e il “chavismo” che si rifà al presidente venezuelano Hugo Chavez (1954-2013).
Infine c’è il populismo democratico, che trova origine alla fine dell’Ottocento nel già citato People’s Party americano, pluralista all’interno, nazionalista e isolazionista in politica estera.
In tal senso, MARTINELLI A., Populism and the Crisis of Representative Democracy, in IDEM (a cura di) Populism on the Rise: Democracies Under Challenge? Milano, 2016, p. 14.
[15] KELSEN, H., Vom Wesen und Wert der Demokratie, Tubingen (Germania), 1920, II ed. ampliata e rivista 1929, tr. It. Essenza e valore della democrazia, in IDEM, La democrazia, Bologna, 1998, p.72.
[16] PINELLI, C., The Populist Challenge to Constitutional Democracy, in European Constitutional Law Review, 7/2011 p. 29.
[17] Si tratta tuttavia di una grossolana semplificazione del modello greco di riferimento, atteso che l’assemblea ateniese, la c.d. ecclesia, riunita nell’Agorà, non rappresentava l’intero popolo, ma soltanto i cittadini liberi, spesso aristocratici e di sesso maschile. E di questi solo una parte, quasi tutti aristocratici, partecipavano alle assemblee: un concetto in realtà “ristretto” di popolo.
[18] Esempi recenti dell’influenza dei social media sull’orientamento elettorale e sui relativi risultati, possono rinvenirsi nelle ultime elezioni presidenziali statunitensi, in cui la Russia parrebbe aver avuto in peso determinante. MEZZA M., Algoritmi di libertà. La potenza del calcolo tra dominio e conflitto, Roma, 2018.
Di stampo pluralista sono anche i movimenti che hanno condotto in Italia il Movimento 5 Stelle al Governo e, recentemente, il Regno Unito a uscire dall’Unione Europea con la c.d. Brexit.
[19] Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Nature nel 2016 da Adam Kucharski, epidemiologo della London School of Hygiene & Tropical Medicine, le fake news si propagano nel Web seguendo schemi paragonabili a quelli delle epidemie.
Così come una malattia può evolversi e modificarsi all’interno di una popolazione, allo stesso modo le fake news si rafforzano o si indeboliscono a seconda del contesto in cui si trovano. È il mondo in cui far arrivare il messaggio al giusto destinatario conta più che far arrivare un messaggio giusto. Dove affermare conta più che dimostrare.
[20] Il populismo trova il suo sostegno proprio nello sviluppo tecnologico, realizzando una sorta di “democrazie elettronica” attraverso il dibattito senza contradditorio sui social networks.
Un interessante studio del periodico L’Espresso ha ricostruito che oggi la metà degli adulti italiani utilizza il social networks – in primis Facebook – come fonte prioritaria per l’acquisizione delle notizie; un terzo degli stessi, inoltre, non si curerebbe della fonte di tali notizie, con la conseguenza che oggi il popolo elettori/utenti non sarebbe in grado di distinguere una notizia affidabile dalla disinformazione e/o dalla propaganda politica, volta a condizionarne l’orientamento elettorale. MUNAFO’,V.M., Movimento 5 Stelle, ecco come funziona la propaganda su Facebook, in L’Espresso, 20 novembre 2018.
[21] Lo Statuto Albertino, come detto, pur prevedendo a livello formale la piena separazione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, di fatto le relative funzioni erano accentrate sotto il controllo del sovrano che avere potere di nomina e revoca dei membri del senato, dei ministri e dei magistrati, con un accentramento in capo allo stesso di tutti e tre i poteri fondamentali dello Stato. In effetti, il potere del re risultava attenuato, in chiave liberale, dalla previsione di una camera (c.d. camera bassa) di nomina elettiva e formata dai rappresentanti del popolo (ferma restando le limitazioni dell’elettorato attivo: solo maschile, capace di leggere e scrivere e in grado di pagare il c.d. censo allo Stato).
[22] Ciò si evince dalla definizione della magistratura come “«ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere» (articolo 104 Cost.), dai poteri attribuiti al Consiglio Superiore della Magistratura e dalle funzioni concernenti lo status dei magistrati (artt. 104 e 105 Cost.). I giudici sono dunque soggetti soltanto alla legge (art. 101 Cost.) inteso come atto normativo.
[23] Tenuto conto del carattere d’urgenza degli atti equiparati alla legge (artt.76 e 77 Cost.) di fonte governativa.
[24] SABATTINI G., Sergio Romano, sovranismo e nazionalismo, due concetti legati al populismo, in Rivista Avanti on line, articolo del 17 gennaio 2020.
[25] DONINI M., Il diritto penale come etica pubblica, Mucchi, Modena, 2014, p. 38.
[26] BIXIO A., Riflessioni sul diritto naturale e sulla naturalità del diritto, in E. Bilotti, D. Farace, M. C. Malaguti (a cura di), Cultura giuridica per un nuovo umanesimo, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2015, p. 21.
[27] SEERA P., Populismo, democrazia e limiti del potere politico, in Questione Giustizia, Rivista trimestrale on line, n.1/2019, rinvenibile in internet: http://www.questionegiustizia.it/rivista/2019/1/populismo-democrazia-e-limiti-del-potere-politico_624.php