di Alessandro Amaolo

In via del tutto preliminare, osservo come l’articolo 1 della Legge n. 241/1990 non faccia riferimento espresso al principio generale del buon andamento. Tuttavia, il predetto principio deve essere inteso ed interpretato come un vero e proprio cardine e caposaldo della vita amministrativa in generale. Inoltre, il buon andamento ha un nesso indissolubile anche con l’articolo 28 della nostra Carta Costituzionale e si pone, in concorso con quello di imparzialità, come fondamento delle specifiche esigenze di separazione fra la politica e l’amministrazione, di continuità dell’azione amministrativa e di giusto procedimento per la revoca dei dirigenti.

In sintesi, con l’osservanza del principio in esame si persegue anche l’interesse pubblico generale primario dei cittadini.

C’è da rilevare che il suddetto principio giuridico ha mosso , oggi , le Pubbliche Amministrazioni verso uno schema di risultato : l’amministrazione è responsabile non solamente della legittimità del proprio operato, ma altresì dei singoli risultati raggiunti.

Quindi, il buon andamento si riscontra anche nella cd. procedimentalizzazione che deve essere intesa come regola generale dell’agire amministrativo. In sintesi, il principio in commento impone a ciascuna singola pubblica amministrazione di agire nel modo più adeguato e conveniente possibile.

Ebbene, alcuni corollari ( conseguenze ) del principio preso in esame sono l’economicità, l’efficacia e l’efficienza dell’azione amministrativa.

Il principio in commento impone anche alle P.A. di razionalizzare la loro attività. Proprio su quest’ultimo punto, ad esempio, i dirigenti devono rispettare specifiche esigenze finanziarie di contenimento delle piante organiche e verificare i carichi di lavoro dei singoli uffici.

Inoltre, lo scrivente ritiene opportuno osservare che la potestà di annullamento in autotutela ( inteso come provvedimento amministrativo di secondo grado ) si basa, invero, anch’essa sul principio costituzionale di buon andamento che impegna la Pubblica Amministrazione ad adottare atti il più possibile opportuni e rispondenti ai fini da realizzare.

Fra i tanti corollari del buon andamento menziono il principio di economicità che impone il minore uso di risorse possibile, in modo che i costi della gestione amministrativa non solo non superino i benefici preventivati, ma risultino altresì proporzionati ed adeguati rispetto ad essi. Lo scrivente indica come altro corollario anche il principio di efficacia che misura il rapporto tra i risultati ottenuti ed obiettivi prestabiliti. Quindi, l’efficacia attesta la capacità della Pubblica Amministrazione di raggiungere gli obiettivi programmati. Pertanto, è proprio dalla combinazione di economicità ed efficacia che deriva, poi, l’altro corollario cd. derivato del buon andamento rappresentato dal principio di efficienza. Quest’ultima mette in relazione la quantità di risorse impiegate con il risultato raggiunto; ad esempio, può accadere che la P.A. sia efficace, poiché ha conseguito i risultati auspicati, ma inefficiente in quanto ha sprecato troppe risorse. Viceversa, può succedere che la P.A. sia inefficace per il mancato raggiungimento dell’obiettivo, ma efficiente per il fatto che il risultato è comunque proporzionato e corrispondente alle risorse impiegate ed utilizzate.

Pertanto, il buon andamento della P.A. si connette e si collega anche con il principio di legalità. Proprio su quest’ultimo profilo si riporta per una migliore completezza espositiva la massima della sentenza del TAR Lombardia, sezione II, 9 giugno 2006, n. 1352 che ha stabilito e sancito quanto segue : “ L’agire della Pubblica Amministrazione deve essere in ogni sua fase retto dal principio di legalità, inteso quale regola fondamentale cui è informata l’attività amministrativa e che trova un fondamento positivo in varie disposizioni costituzionali; e, pertanto, non può esservi rispetto del buon andamento della P.A., ex art. 97 Costituzione, se non vi è nel contempo rispetto del principio di legalità ”.

Lo scrivente ritiene il buon andamento come un principio trasversale nella Pubblica Amministrazione e che riguarda ed investe, ovviamente, anche tutte le fasi delle procedure concorsuali. Infatti, proprio su quest’ultimo aspetto osservo che la regola di cui all’ultimo comma dell’art. 97 Costituzione va intesa nel senso che anche il passaggio ad una fascia funzionale superiore, comportando l’accesso ad un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate, è una figura di reclutamento soggetta alla stessa regola del pubblico concorso. Pertanto, come diretta conseguenza, i concorsi interni totalmente riservati al personale dell’amministrazione contrastano con il principio di buon andamento della P.A.

L’autore ritiene che alla realizzazione del buon andamento della Pubblica Amministrazione possono concorrere anche le osservazioni dei privati cittadini come strumento collaborativo per i piani regolatori nell’edilizia e urbanistica. Ciò è stato confermato anche dalla giustizia amministrativa con la sentenza del Tar Sicilia, Sez. I, Palermo , 7 Giugno 2007, n. 1627, ove così si afferma : “ Le osservazioni presentate dai privati nei confronti di un piano regolatore in itinere sono finalizzate a consentire che il punto di vista del soggetto potenzialmente leso assuma rilevanza e venga adeguatamente considerato, in modo che l’amministrazione si determini correttamente e compiutamente in omaggio ai principi di imparzialità e buon andamento (Cost. , art. 97) che devono presiedere all’esercizio dell’azione amministrativa; e, pertanto, che i vizi relativi al mancato recepimento delle osservazioni o al loro rigetto possono essere fatti valere esclusivamente in sede di approvazione del piano regolatore generale, momento in cui diviene attuale la lesione”.

Sempre l’autorevole giustizia amministrativa ha riscontrato ed enucleato proprio quelle che sono, nella realtà giuridica, le specifiche violazioni – lesioni al principio del buon andamento giungendo ad affermare che : “ E’ illegittimo, in quanto reso in violazione del principio del buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione, il provvedimento con il quale l’amministrazione dopo essersi avvalsa delle prestazioni di un allievo finanziere, ammettendolo al servizio militare incondizionato sia pure in esecuzione di ordinanza di Tribunale, decida poi di escluderlo per inidoneità fisica, già peraltro ritenuta inesistente all’esito di istruttoria” . ( T.A.R. Lazio, 22 Settembre 2006, n. 9186)

In conclusione, il buon andamento si completa e si integra anche con i suoi corollari che sono rappresentati dall’economicità, dall’efficienza e dall’efficacia dell’azione amministrativa. I predetti corollari sono la struttura portante , il baricentro del principio in commento e ne sono anche, ad avviso di chi scrive, il presupposto.

Proprio in ultima analisi, il buon andamento può essere considerato come il motore, il centro ed il fulcro di tutta l’attività delle Pubbliche Amministrazioni.

Sulla base di tutte le mie precedenti riflessioni e considerazioni, buon andamento sta a significare, altresì, la realizzazione dell’interesse pubblico, tenendo in giusta considerazione anche gli ulteriori interessi che sono coinvolti nell’esercizio del potere.

Alla fine di questa breve trattazione dell’argomento, l’autore ritiene opportuno di rilevare che il buon andamento si sostanzia proprio in tutti quei criteri e in quelle modalità di azione che rendono l’attività amministrativa congrua al perseguimento dello scopo prestabilito nel caso specifico.