di Leonardo Milana

Sommario: 1)Alcune chiavi di lettura del processo tecnologico; 2) Le possibili distorsioni del processo democratico: il dominio sull’uomo; 3) Il diritto alla verità; 4) Conclusioni.

  1. Alcune chiavi di lettura del processo tecnologico.

La tecnologia, come fenomeno legato all’applicazione della scienza alla realtà sociale, incide ormai in maniera decisiva sulla vita dell’uomo. Anche se la stessa inizialmente è stata considerata solo come ausilio delle attività umane, nel corso del tempo, alla luce dell’evoluzione e della profonda trasformazione occorsa nel suo sviluppo,  essa ha assunto un ruolo sempre più determinante nella vita quotidiana, specie in alcuni ambiti, come quello della  comunicazione e dell’ informazione, producendo effetti rilevanti  anche nel campo della sicurezza.

Prendere le mosse da questa lente interpretativa comporta necessariamente anche il prendere atto della valenza giuridica e sociale del fenomeno che incide ormai sulla comunità a più livelli, e il ripensare sotto una nuova luce il tema della sicurezza e, quindi, della sorveglianza che l’applicazione delle moderne tecnologie può comportare limitando le libertà fondamentali[1]. Non si deve peraltro dimenticare che libertà e sicurezza, specie se intese come una sorta di diritto sociale, non sempre sono stati considerati concetti contrapposti e inconciliabili, basti pensare a Hobbes[2] oppure a Bentham[3], i quali ritenevano la sicurezza come uno strumento indispensabile per il libero perseguimento da parte dei consociati dei loro interessi, dei loro desideri e delle loro passioni.

La riflessione filosofica, quindi, può e deve investire svariati ambiti giuridici, come quelli relativi alla privacy e più ampiamente quello delle libertà costituzionalmente garantite, in virtù dell’assetto democratico delle nostre società.

Per comprendere appieno gli effetti del progresso tecnologico occorre prendere atto dei bisogni crescenti della società contemporanea da cui originano situazioni inedite che richiedono una nuova regolazione; da qui il diritto dell’informatica, che nasce quando inizia la riflessione giuridica sulle fattispecie da disciplinare e la produzione di norme che riguardano le tecnologie informatiche applicate a vari ambiti che interferiscono con diritti costituzionali fondamentali.[4].

Ne consegue che a proposito del concetto di sicurezza, esso può approcciarsi secondo il profilo della tutela della democrazia, nel suo aspetto più solenne di potere esercitato dal popolo, ovvero secondo altri aspetti che vanno dal regime dell’informazione, alla crescente digitalizzazione, allo scopo dell’azione comunicativa, al concetto di razionalità digitale[5].

Il primo profilo, quello relativo al regime dell’informazione, è inteso quale forma di dominio nel quale le informazioni e la loro diffusione comportano processi sociali, economici e politici.

Infatti, riprendendo il concetto di sicurezza nel rapporto con l’informazione, appare ben chiaro come esso sia connotato dalla potenzialità dell’abuso essendo tale aspetto della sicurezza in potenziale conflitto con altri diritti costituzionali (art.21 cost.) realizzando condizioni sociali in cui gli esseri umani vengono declassati a “bestie da dati e da consumo”[6].

Sebbene sia un processo conosciuto e applicato da tempo (l’isolamento punitivo costituisce uno strumento classico per l’esercizio del dominio[7]), nell’attuale contesto la sorveglianza si realizza  attraverso i dati e attraverso un sistema che stabilizza il dominio mediante la politica della visibilità.

Occorre prendere atto, infatti, che diversamente dal regime sovrano premoderno, l’attuale sistema si concretizza come una sorta di “società della sorveglianza”. Gli esseri umani, infatti, non stanno “sulle gradinate” ma di fronte ad una macchina che rovescia completamente il rapporto di visibilità: ad essere visibili non sono coloro che dominano, ma i dominati, sicché tali soggetti vengono costantemente esposti sotto la luce delle riflettori e tale condizione li espone alla loro sottomissione[8].

È di palese evidenza che il fenomeno sociale qui delineato, tradotto in tali termini, deve comportare la costante esigenza di tutelare l’uomo rispetto alle possibilità tecnologiche attraverso la protezione dei suoi dati che la diffusione di internet implica fin dal suo avvento, in un rapporto tra tecnologia e diritto che si caratterizza per ulteriori profili, che ancora oggi costituiscono nodi cruciali: la necessità di costruire una governance efficace e la vocazione transnazionale dei problemi, accompagnata dalla correlata necessità di garantire omogeneità nelle risposte offerte dai diversi ordinamenti[9]. Tali profili conseguono strettamente all’esigenza di una regolazione capace di disciplinare in modo adeguato l’evoluzione tecnologica.

Il tema dei diritti dei singoli con riferimento a internet riguarda diversi aspetti del rapporto tra gli utenti e la rete che è abbastanza complesso, in quanto involge la discussione sui diritti umani cosiddetti di quarta generazione e sui diritti che, in generale, devono essere tutelati nell’uso della rete e verso i fornitori di servizi internet.

Non mancano, poi, le implicazioni trai i diritti dei singoli nell’ambito del rapporto con la pubblica amministrazione ed un contesto che, riguardando la tutela dei dati personali anche nel rapporto tra diversi ordinamenti, assume valenza ampia e trasversale, in quanto relativo alla natura e all’ intensità di scambi e di servizi che la pubblica amministrazione ha con i suoi particolari utenti, anche quando opera online[10].

Occorre poi aggiungere che la politica della visibilità, propria del regime dell’informazione, si auto-qualifica come “trasparenza”, nel tentativo di dissimulare la sua vera natura e i suoi veri fini. In realtà in questo contesto, sotto le mentite spoglie di politiche di trasparenza,  emerge la coercizione sistemica del regime dell’informazione secondo l’adagio per il quale “tutto deve esistere come informazione”. Il dominio del regime dell’informazione, infatti, si occulta tramite i social media, tramite i motori di ricerca e mediante l’efficienza dello strumento informatico che si rivela informatore efficiente.

“Ormai siamo tutti infomani. Il feticismo degli oggetti appartiene probabilmente al passato. Stiamo diventando tutti feticisti delle informazioni e dei dati. Si parla addirittura di “datasexuals”.[11]

Ritornando ai profili pubblicistici, oggi è rilevante la questione del superamento del tradizionale modo di pensare l’accesso alle informazioni della pubblica amministrazione.

Dal solo accesso ai documenti di cui alla legge 241/1990 si dovrebbe giungere a considerare come un vero diritto quello di ciascuno a ricevere informazioni corrette anche se ciò significa dare una nuova lettura a disposizioni della Costituzione quali gli artt. 2 e 13 ,21 e  97 ed al tempo stesso l’art. 41 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea sul diritto ad una buona amministrazione.

  • : il dominio sull’uomo.

A questo punto del discorso, anche in virtù del condizionamento tra comunicazione e informazione, vale la pena effettuare qualche  riflessione in ordine alle possibili e pesanti distorsioni che possono determinarsi a seguito dell’ utilizzo di nuove tecnologie all’interno del processo democratico.

A tal riguardo Habermas[12], si sofferma sul rapporto tra il libro e la sfera pubblica democratica secondo uno sviluppo logico che parte dal presupposto che con il formarsi di un pubblico generale di lettori, costituito soprattutto da borghesi e cittadini, emerge  di conseguenza una civiltà determinata dalla stampa, dove il discorso pubblico tende ad essere caratterizzato da una sistemazione coerente ordinata dai fatti e delle opinioni.

Una riflessione critica seria, in virtù di quanto detto finora, dovrebbe quantomeno porsi il problema circa l’eventualità che i sistemi elettronici possano in qualche modo distruggere il discorso razionale legato alla cultura libraria ed intaccare, in tal modo, la sfera pubblica democratica soprattutto laddove le scelte politiche si assoggettino alla logica dei mass media informatici.

Viene, quindi, in emersione la discussione sulla necessità di dover definire il concetto di potere politico, posto che in dottrina[13] tale nozione coinvolge due tipi di rapporti completamente differenti: il dominio sulla natura ed il dominio sull’uomo.

Premesso che l’esercizio del potere dell’uomo sulla natura si concretizza nella comprensione delle leggi fisiche al fine di subordinare le forze naturali ai bisogni umani, secondo Neumann questo potere va definito come “apparente” in quanto non implica dominio sugli altri uomini[14].

Il potere politico invece nella sua concezione più specifica è un potere sociale centrato sullo stato che implica il controllo di altri uomini ed ha lo scopo di influenzare il comportamento dello stato nella sua attività legislativa, amministrativa e giudiziaria.

Quindi, poiché l’uomo è un essere razionale, di conseguenza chi detiene il potere politico è costretto a provocare determinate reazioni razionali  ed emotive in coloro che governa per indurli ad accettare implicitamente o esplicitamente gli ordini dati. Mancando queste reazioni intellettuali o emotive, chi governa si trova obbligato a ricorrere alla pura violenza, quindi tale violenza se interpretata secondo la più attuale prospettiva si traduce nel fatto che gli “sciami digitali” venutisi a creare non costituiscono ipse facto un collettivo responsabile, politicamente attivo, basti pensare alla dinamica che avviene tra i followers,  identificati come i nuovi sudditi dei social media, e gli influencers, cioè coloro che dettano i trend ed orientano in una certa misura il “senso comune” delle comunità da cui sono seguiti. I primi si configurano come consumatori totalmente depoliticizzati; viene in rilievo, pertanto, il concetto distorto di comunicazione senza comunità[15].

Per tali motivi le tesi di Neumann appaiono quanto mai attuali nell’ambito della concezione della politica secondo il parametro platonico e aristotelico che ritiene che il potere politico non sia una funzione particolare della comunità organizzata, ma la stessa comunità. Il potere politico, e quindi il potere totale della comunità, è distinto da altri tipi di relazioni solo riguardo alle tecniche con cui si estrinseca. Non ci può essere quindi distinzione tra stato e società, fra economia e politica, tra morale e politica, tra religione e politica, tra cultura e politica[16].

Il concetto, se riportato al dato oggettivo dell’intelligenza artificiale, deve far comprendere che intelligenza artificiale è  “sfera politica” a tutti gli effetti e, quindi, necessita di tutte quelle garanzie normative che il sistema dei mass media in questo contesto non comprende.

Se vogliamo per certi versi è il modello agostiniano ad essere il più aderente all’attuale situazione dove la politica si configura come “male”,  ed il potere politico “coercizione”[17].

E’ questa una concezione estremista nella sua formulazione che lo stesso Neumann[18] elude nel solco dell’esigenza di non poter far a meno del potere politico nel suo concetto più democratico, il che induce, nei termini più attuali riferiti ai mass media informatici, all’esigenza di una regolamentazione che risulti più attuale, evidente ed “immanente” nel suo riferimento alla struttura sociale, posto che a disposizione del potere politico secondo l’autore ci sono tre metodi fondamentali che sono la persuasione, gli incentivi materiali e la violenza[19].

Sic stantibus rebus, il primo punto, quello della persuasione, risulta essere quello più aderente al sistema dell’intelligenza artificiale proprio perché finalizzato all’acquisizione di consenso senza l’utilizzo di metodi violenti.

Del resto, l’obiettivo della rete è (anche) quello di facilitare la propaganda in modo più esteso, condizionando il consenso dei cittadini.

Tenendo conto della crescente importanza dell’intelligenza artificiale e dei mass media informatici, vale la pena rilevare che oggi un numero crescente di decisioni, che incidono sulle libertà individuali e collettive, sono prese da intelligenze artificiali e non da esseri umani.

Il problema poi si complica ulteriormente allorquando non abbiamo  a che fare solo con dispositivi che si limitano ad eseguire ed applicare  processi frutto di decisioni che sono state preventivamente pensate da uomini, ma  anche con intelligenze informatiche che prendono autonomamente queste decisioni[20].

La complessità del nuovo mondo informatico induce molti autori a richiamare concetti propri del nichilismo dei valori di Nietzsche; tale prospettazione nasce soprattutto allorquando si perde fede nel concetto di verità, ciò a maggior ragione nell’era delle fake news, della disinformazione e delle teorie del complotto, allorquando si diffonde la sfiducia nella concretezza degli avvenimenti, cioè nella verità fattuale alla quale riferirci nella nostra azione.

Secondo Polibio la democrazia è guidata da due principi: l’isegoria e la parresia[21].

L’isegoria può intendersi come diritto concesso ad ogni cittadino di esprimersi liberamente, mentre la parresia, cioè il parlar vero, presupponendo l’isegoria, va oltre, consistendo nel dire ciò che le persone pensano, ciò che credono vero, ciò che credono veramente vero.

Pertanto, tale ultimo concetto obbliga le persone che agiscono politicamente a dire ciò che è vero, cioè a prendersi cura della comunità usando un discorso ragionevole e sincero. È per questo che la parresia è essenziale per la democrazia e si contrappone in un certo senso all’isegoria che è invece libertà di opinione.

Il problema più attuale è che oggi il concetto di parresia è degenerato, in quanto viene confuso come libertà concessa a tutti di dire qualsiasi cosa, anzi qualsiasi cosa che sia finalizzata al raggiungimento dei propri interessi.

Forse è per tale motivo che Platone contrappone la parresia, come arbitrarietà della ragione, alla parresia che sia finalizzata al pubblico interesse e che quindi sia, appunto, buona e coraggiosa. Ecco, allora, che l’indagine che nasce con Nietzsche, applicata alle nuove tecnologie, si perfeziona e trova compiutezza con il contributo di Michel Foucault[22] in merito alla svolta moderna fra il pote­re di sovranità, tipico delle monarchie dell’ancien régime, e il potere di disciplina, che caratterizza le società post-illuministe.

Il supplizio che apre l’opera sulla sorveglianza e la punizione è il legame fra la crudeltà dell’episodio riportato dal filosofo francese e una concezione profonda del legame fra sovrano e sudditi in cui solo il primo è socialmente e stabilmente visibile, mentre i secondi lo diventano solo nel caso di una messa in discussione del potere del sovrano.

Questa provoca il martirio che si esercita sul corpo del suddito proprio perché esso appartiene al re, come l’intero stato immaginato dall’assolutismo. Nel supplizio di Foucault è rappresentata la contrapposizione del regolamento di una istituzione totale ( in questo caso un carcere minorile) in cui appare auto-evidente che la disciplina si configura come controllo preventivo su ogni momento e ogni atto del suddito, mentre è più oscuro, anonimo e remoto il potere già burocratizzato negli apparati carcerari, nell’esercito, nelle scuole, nelle consorterie mediche e psichiatriche.

Di qui, la rievocazione del concetto iniziale del controllo.

Il problema si sposta sull’applicazione del modello dell’indagine foucaultiana alla rete.

L’attenzione maggiore cade su tre tipi di soggetti.

Il primo tipo è rappresentato dalle tradizionali istituzioni politiche, la cui forza repressiva è ovviamente più evidente nei Paesi non democratici.

Anche le democrazie applicano i controlli sulla rete, sebbene essi siano vincolati da leggi che proteggono la privacy dei cittadini e garantiscono loro la libertà di espressione.

Come dimostra il recente fenomeno francese, dove è in discussione all’Assemblée nationale l’accesso ai social per i minori di 15 anni e l’avvio di controlli serrati per verificare che i giovani non trovino un sistema per infrangere le norme, i meccanismi del controllo preventivo rimangono attivi nonostante sia necessaria la contrapposizione giuridica della protezione dei diritti del cittadino.

Il secondo tipo riguarda le agenzie non istituzionali, come le grandi compagnie attive sulla rete, cioè Google, Facebook…, che gestiscono i dati dei naviganti e che possono utilizzarli per interessi commerciali (oltre che per fini di «polizia interna»), sia in proprio, sia cedendoli ad altri soggetti aziendali.

Nonostante la tipizzazione normativa della loro azione, il rapporto con le istituzioni è complesso ed a volte, come in Francia, comporta l’applicazione di provvedimenti sanzionatori.

Il terzo tipo è rappresentato dagli stessi utenti.

Si tratta del fenomeno della sorveglianza orizzontale, derivante dalla “pressione comunicativa” a cui i consociati sono esposti, che si concretizza nell’incessante esigenza di mostrare sulle vetrine social ogni aspetto della propria vita. È una sorveglianza a cui molti, in realtà, si espongono volentieri, che può essere definita come la modalità specifica di adattamento a questa pressione e che giustifica la motivazione sociale per cui i cittadini si sottomettono volontariamente al potere, e, anzi, ne assumono la forma relazionale anche nei propri comportamenti.

  • Conclusioni.

Il concetto di intelligenza artificiale è caratterizzato, come abbiamo tentato di chiarire, da numerose sfaccettature  e da molte contraddizioni che riflettono di conseguenza le modalità di applicazione  che coinvolgono gli utenti della rete, in primo luogo, e poi le modalità decisionali che si riflettono su tutta la società.

Il sistema esaminato è dettato dall’affermazione di un concetto che deve essere il più veritiero possibile, dal controllo che ha la funzione di verificare la verità di tale concetto attraverso limiti non ben definiti ed in un certo senso pericolosi per la stessa comunità controllata e dalla libertà di non aderire a tale sistema.

Quest’ultimo aspetto è il più delicato anche perché l’esposizione sulla rete di informazioni sulla nostra personalità, di immagini, storie, pensieri e opinioni che ci riguardano, è percepita come un prezzo per la possibilità di avere a disposizione relazioni, informazioni, immagini e pensieri di altri. È, quindi, evidente il rischio che i dati personali forniti a un sito di commercio online possano essere utilizzati in modo improprio e da noi non previsto, sebbene ripagato dalla rapidità della transazione e dal risparmio ottenuto.

La velocità con cui l’intelligenza artificiale si sviluppa e con essa tutti gli altri sottosistemi governati dai mass media e dai social della rete, esige di sviluppare considerazioni sul diritto a non essere sottoposto ad una decisione che produca effetti rilevanti sulla propria sfera giuridica, basato unicamente su un processo automatizzato[23].

In tal senso, occorre che sia garantito il principio di conoscibilità. Infatti, i sistemi dotati di intelligenza artificiale non sempre sono comprensibili in termini di logica deterministica e, pertanto, bisogna prendere atto della necessità di tutelare la libertà della persona[24].

Si tratta, quindi, di creare le condizioni per un “costituzionalismo precauzionale”, inserendo nel processo di programmazione dell’algoritmo la decisione umana in virtù del rispetto di ogni libertà e diversità.

È questa la vera sfida per il futuro che riguarderà il processo di programmazione, il quale non potrà essere affidato esclusivamente a tecnici informatici e scienziati  ma dovrà  necessariamente presupporre un dialogo tra giuristi, filosofi e, più in generale, saperi umanistici.


[1] Fondamentale, al riguardo, l’interessante opera ricostruttiva di E. Picozza, Politica, diritto amministrativo and Artificial Intelligence, in Giur. It, 2019, 1761 e ss. che delinea l’intelligenza artificiale come complesso di tecnologie, così come le scienze cognitive sono un complesso di discipline indirizzate verso uno scopo comune. Secondo l’ Autore si tratta di un progresso che sancisce non solo la fine di un’epoca, ma addirittura di un’era.

[2] T. Hobbes, Il Leviatano, Milano, 2011.

[3] J. Bentham, Panopticon ovvero la casa d’ispezione, Marsilio – Venezia, 2002.

[4] E. Picozza, Politica, diritto amministrativo and Artificial Intelligence, cit, passim.

[5] Si vedranno nel prosieguo della presente trattazione, le implicazioni sulla sicurezza secondo il pensiero di Michel Foucault. 

[6] B. Chul Han, Infocrazia, Torino, 2023, 10 e ss.

[7] M. Focault, Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, Torino, 2014, 147 e ss.

[8] B. Chul Han, cit.,10 e ss.

[9] Cfr. E. Picozza, op. cit., 1762.

[10] Si veda l’ampia ricostruzione dell’azione nel diritto amministrativo in materia di organizzazione, attività e giustizia, in E. Picozza, op. cit., 1764 e ss.

[11] B. CHUL HAN, Le non cose, Roma, 2022, p. 6.

[12] J. Habermas, Storia e critica dell’opinione pubblica, Bari, 2020.

[13] F. Neumann, Lo stato democratico e lo stato autoritario, Bologna, 1973.

[14] F. Neumann, op. cit, 11 e ss.

[15] B. Chul Han, op. cit., 36.

[16]F. Neumann, op. cit., 15

[17]F. Neumann, ibidem.

[18]F. Neumann, op. cit., 18

[19]F. Neumann, op. cit., 19; M. Foucault Il coraggio della verità. Il governo di sé e degli altri. Corso al Collège de France 1983-1984, Feltrinelli, Milano, 2011, 48 e ss.

[20] Cfr. E. Picozza, op. cit., passim.

[21] M. Foucault, Il coraggio della verità. Il governo di sé e degli altri, cit., 181 e ss.

[22] M. Foucault, Surveiller et punir. Naissance de la prison, Gallimard, Paris, 1975; tr. it. Einaudi, Torino 1976.

[23] F. Colombo, Controllo, identità, parresia, Un approccio foucaultiano al web 2.0, in Comunicazioni sociali, 2012, n. 2, 197-212.

[24] A. Simoncini, Intelligenza artificiale e futuro delle libertà costituzionali, in L’amministrazione pubblica con i big data: da Torino un dibattito sull’intelligenza artificiale, a cura di R. Cavallo Perin, Quaderni del dipartimento di giurisprudenza dell’università di Torino, 20/2021, 59.