Il settore scientifico disciplinare negli affidamenti conferiti a professori e ricercatori di ruolo nello stesso dipartimento universitario. Quid iuris?
di Vittorio Capuzza
Al di là di una prima lettura delle relative norme, non è così chiaro se sussista la possibilità di affidare a docenti di ruolo presso uno stesso Dipartimento un insegnamento di diverso settore scientifico disciplinare o comunque non affine.
Il percorso accidentato è causato da successioni e abrogazioni di singole disposizioni in materia, senza un correlato raccordo chiaro e univoco. L’arco temporale di quest’interventi a forza centrifuga investe circa un quarantennio.
Tentiamo un inquadramento.
L’art. 12 comma 5 della L. 19 novembre 1990 n. 341, prevedeva che “gli affidamenti e le supplenze possono essere conferite esclusivamente a professori di ruolo e a ricercatori confermati del medesimo settore scientifico disciplinare o di settore affine”; più in particolare, il comma 5 aveva operato questa modifica all’interno dell’art. 114 comma 1 del D.P.R. n. 382/1980, il quale, pertanto, presentava la stessa formulazione voluta dal comma 5, art. 12 della L. 341/90.
L’art. 12 è stato, poi, abrogato dal comma 22 dell’art. 1, L. 4 novembre 2005, n. 230.
Nel comma 22 dell’art. 1 ora citato era stabilito che “a decorrere dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 5” sarebbero stati abrogati l’art. 12 della legge 19 novembre 1990, n. 341, e gli articoli 1 e 2 della legge 3 luglio 1998, n. 210. Relativamente al reclutamento dei ricercatori l’abrogazione degli articoli 1 e 2 della legge n. 210 del 1998 decorre dal 30 settembre 2013 (sono state, comunque, portate a compimento le procedure in atto alla predetta data).
I decreti legislativi delegati dal comma 5 dell’art. 1 della L. n. 230/05 avevano lo scopo di procedere al riordino della disciplina concernente il reclutamento dei professori universitari garantendo una selezione adeguata alla qualità delle funzioni da svolgere; il Governo, a tal fine, era stato delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della L. n. 230/05, nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni universitarie, uno o più decreti legislativi attenendosi ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
- a) il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca bandisce, con proprio decreto, per settori scientifico-disciplinari, procedure finalizzate al conseguimento della idoneità scientifica nazionale, entro il 30 giugno di ciascun anno, distintamente per le fasce dei professori ordinari e dei professori associati, stabilendo in particolare:
1) le modalità per definire il numero massimo di soggetti che possono conseguire l’idoneità scientifica per ciascuna fascia e per settori disciplinari pari al fabbisogno, indicato dalle università, incrementato di una quota non superiore al 40%, per cui è garantita la relativa copertura finanziaria e fermo restando che l’idoneità non comporta diritto all’accesso alla docenza, nonché le procedure e i termini per l’indizione, l’espletamento e la conclusione dei giudizi idoneativi, da svolgere presso le università, assicurando la pubblicità degli atti e dei giudizi formulati dalle commissioni giudicatrici; per ciascun settore disciplinare deve comunque essere bandito almeno un posto di idoneo per quinquennio per ciascuna fascia;
2) l’eleggibilità, ogni due anni, da parte di ciascun settore scientifico-disciplinare, di una lista di commissari nazionali, con opportune regole di non immediata rieleggibilità;
3) la formazione della commissione di ciascuna valutazione comparativa mediante sorteggio di cinque commissari nazionali. Tutti gli oneri relativi a ciascuna commissione di valutazione sono posti a carico dell’ateneo ove si espleta la procedura, come previsto al numero 1);
4) la durata dell’idoneità scientifica non superiore a quattro anni, e il limite di ammissibilità ai giudizi per coloro che, avendovi partecipato, non conseguono l’idoneità;
- b) sono stabiliti i criteri e le modalità per riservare, nei giudizi di idoneità per la fascia dei professori ordinari, una quota pari al 25% aggiuntiva rispetto al contingente di cui alla lettera a), numero 1), ai professori associati con un’anzianità di servizio non inferiore a quindici anni, compreso il servizio prestato come professore associato non confermato, maturata nell’insegnamento di materie ricomprese nel settore scientifico-disciplinare oggetto del bando di concorso o in settori affini, con una priorità per i settori scientifico-disciplinari che non abbiano bandito concorsi negli ultimi cinque anni;
- c) nelle prime quattro tornate dei giudizi di idoneità per la fascia dei professori associati è riservata una quota del 15% aggiuntiva rispetto al contingente di cui alla lettera a), numero 1), ai professori incaricati stabilizzati, agli assistenti del ruolo ad esaurimento e ai ricercatori confermati che abbiano svolto almeno tre anni di insegnamento nei corsi di studio universitari. Un’ulteriore quota dell’1% è riservata ai tecnici laureati già ammessi con riserva alla terza tornata dei giudizi di idoneità per l’accesso al ruolo dei professori associati bandita ai sensi del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, e non valutati dalle commissioni esaminatrici;
- d) nelle prime quattro tornate dei giudizi di idoneità per la fascia dei professori associati di cui alla lettera a), numero 1), l’incremento del numero massimo di soggetti che possono conseguire l’idoneità scientifica rispetto al fabbisogno indicato dalle università è pari al 100% del medesimo fabbisogno;
- e) nelle prime due tornate dei giudizi di idoneità per la fascia dei professori ordinari di cui alla lettera a), numero 1), l’incremento del numero massimo di soggetti che possono conseguire l’idoneità scientifica rispetto al fabbisogno indicato dalle università è pari al 100% del medesimo fabbisogno.
Dinnanzi a tale quadro di riordino era stato ritenuto superato, e perciò era stato espressamente abrogato, quanto previsto nell’art. 12 della L. n. 341/90.
A sua volta, però, tutto il comma 5 dell’art. 1 della L. n. 230/05 è stato successivamente abrogato dal comma 4 dell’art. 9, D.P.R. 14 settembre 2011, n. 222. A seguito di tale ultima operazione legislativa, rimasto cancellato anche l’art. 12 della L. n. 341/90, le possibilità ermeneutiche relative alla questione qui trattata sono due e necessariamente una fra esse deve essere preferita alla luce della ragionevolezza dei canoni interpretativi lungo i quali tenta di muoversi questa analisi. Così, da un lato – non considerando l’autonomia di una disposizione normativa anche se generata da una successiva modifica legislativa, poi abrogata – si potrebbe configurare la caducazione “per effetto domino” dell’art. 114 comma 1 del decreto del 1980 provocata meccanicisticamente dalla cancellazione del comma 5 dell’art. 12 L. 341/90 che aveva a sua volta operato la modifica proprio di quel comma 1 art. 114. La tesi, però, non terrebbe conto del fatto che espressamente il comma 1 dell’art. 114 non è stato mai abrogato, nonostante il suo contenuto sia stato disegnato da una legge successiva (1990), poi cancellata (2005), per attuare un progetto organizzativo, a sua volta mai attuato e perciò nel 2011 sottratto dal quadro del diritto positivo in materia.
D’altra parte, invece, si può considerare vigente (perché ormai autonomo rispetto alla legge che lo ha voluto) il limite espresso dal comma 1 dell’art. 114 del D.P.R. n. 382/80; accettando una tale impostazione occorre valutare quale sia la vox legis vigente e due sono le alternative conseguenze logiche: ha mantenuto comunque vigenza il disposto contenuto nel comma 1 dell’art. 114 del D.P.R. n. 382/80 come modificato nel 1990, ovvero il contenuto di quel medesimo comma ha avuto una reviviscenza secondo la formulazione del 1984, cioè quella vigente prima dell’intervento operato dalla L. 341/90.[1] Tertium non datur.
Esclusa la seconda ipotesi in quanto i settori scientifico disciplinari sono stati disegnati sostanzialmente dopo il 1984 (pur se va detto che anche in quella versione era richiesta la “stessa materia” o la “materia affine”), occorre allora considerare che nel D.P.R. 11 luglio 1980 n. 382 – Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica (pubblicato nella Gazz. Uff. 31 luglio 1980, n. 209, S.O.), l’art. 114 ha tuttora ad oggetto il conferimento di insegnamenti e, esattamente come il comma 5 dell’abrogato art. 12 della L. n. 341/90, sancisce che gli affidamenti possono essere conferiti esclusivamente a professori di ruolo e a ricercatori del medesimo settore scientifico-disciplinare o di settore affine, appartenenti alla stessa facoltà (i.e. dipartimento); in mancanza, con motivata deliberazione, a professori di ruolo e a ricercatori di altra facoltà della stessa università ovvero di altra università. L’art. 114 è stato interpretato autenticamente dall’art. 11-quater, D.L. 21 aprile 1995, n. 120 e, successivamente, così modificato dall’art. 1, comma 11, L. 14 gennaio 1999, n. 4. In particolare, il D.L. n. 120/1995 – Disposizioni urgenti per il funzionamento delle università all’art. 11-quater (aggiunto dalla legge di conversione 21 giugno 1995, n. 236) è stabilito che il primo comma dell’art. 114 del D.P.R. n. 382/1980, così come da ultimo modificato dall’art. 12, comma 5, della legge 19 novembre 1990, n. 341, va interpretato nel senso che le università, compatibilmente con le risorse disponibili nei propri bilanci, possono conferire affidamenti retribuite ai ricercatori confermati, qualora l’impegno didattico conseguente superi quello stabilito nell’art. 32 e successive modificazioni del medesimo decreto.
Quindi, per tornare alla questione centrale, l’art. 114 del D.P.R. 11 luglio 1980 n. 382 “stabilisce che, ove non sia possibile la chiamata di professori di ruolo, si può conferire la “supplenza” (in realtà si trattava di reggenza) [e attualmente è più corretto parlare solo di affidamenti, n.d.A.] esclusivamente a professori ordinari e straordinari, a professori associati (…), della stessa materia o di materia affine, appartenenti alla stessa facoltà” (Consiglio di Stato, Sez. Sic., sentenza del 30 gennaio 1991, n. 10).
Detto in altri termini, il comma 1 dell’art. 114, se si opta per la lettura che lo vede attualmente vigente, è stato nel tempo sostituito dapprima dall’art. 3, L. 13 agosto 1984, n. 477, e da ultimo dall’art. 12, comma 5, L. 19 novembre 1990, n. 341, a sua volta, però, abrogato dall’art. 1, comma 22, L. 4 novembre 2005, n. 230 che ha riportato alla iniziale formulazione il comma in parola. Questa apparente contraddizione invero si spiega dalla ratio della portata della progettata idea di riordino voluta dalla L. n. 230/05 ma che ha trovato cancellazione nel 2011, postulando la necessità che rimanesse come disciplina vigente quella che dal 1990 era stata operata all’interno della formulazione risalente al 1980 dell’art. 114 del D.P.R. n. 382/80.
“Scire leges non est verba earum tenere, sed vim ac potestatem”, insegna Celso (L. 17, D. de leg. 1, 3).
Di conseguenza, ancora oggi sembra coerente con il dettato normativo vigente sostenere che non sia possibile affidare un incarico di insegnamento, che non rientri nell’alveo dell’art. 23 della L. n. 240/2010 del conferimento mediante contratto di diritto privato, a docenti di ruolo che non siano del medesimo settore scientifico disciplinare o di settore affine. Comunque, appare percorribile la via per la quale in ambito regolamentare il singolo Ateneo possa individuare una linea ermeneutica fra le due che alternativamente discendono dalla confusa legge nazionale.
[1] Il testo del comma 1 dell’art. 114 ad opera della Legge 13 agosto 1984, n. 477 – Supplenze del personale docente delle Università (Gazz. Uff. del 21 agosto 1984, n. 229) era il seguente: “Fino all’espletamento delle tornate dei giudizi di idoneità per professore associato, gli insegnamenti rimasti vacanti per qualsiasi ragione, sempreché per l’insegnamento che si intende ricoprire per supplenza sia stato richiesto il posto di ruolo, e per i quali sia comprovata l’impossibilità di chiamata di professori di ruolo, possono essere conferiti per supplenza esclusivamente a professori ordinari e straordinari, a professori associati ovvero a professori incaricati stabilizzati, della stessa materia o di materia affine, appartenenti alla stessa facoltà; in mancanza, con motivata deliberazione, a professori ordinari o straordinari, a professori associati, ovvero a professori incaricati stabilizzati di altra facoltà della stessa università ovvero di altra università. Non possono comunque essere coperti per supplenza gli insegnamenti sdoppiati, salvo che il numero degli esami sostenuti negli insegnamenti stessi nell’ultimo anno accademico sia superiore a 250 per ciascun corso attivato”.