di Andrea Lestini
Sommario: 1. Premessa – 2. La questione. Gli atti inter vivos ad effetti reali – 3. Il quadro normativo ed il panorama giurisprudenziale – 3.1. La c.d. teoria formale – 3.2. La c.d. teoria sostanziale – 4. Le argomentazioni delle Sezioni Unite: la nullità testuale secondo quanto ritenuto dalla c.d. teoria formale – 4.1. L’argomento della “convalida” – 4.2. Il superamento delle nozioni di variazioni essenziali e non essenziali. Difformità totale e parziale – 4.3. Cenni sulle ipotesi di interventi edilizi successivi – 5. Le nullità urbanistiche: il contrasto all’abusivismo edilizio, l’obbligo di informazione e la diligenza dell’acquirente – 6. Gli atti inter vivos ad effetti obbligatori. Il caso del contratto preliminare – 7. Gli atti inter vivos e mortis causa: cenni sulla divisione ereditaria – 8. La giurisprudenza di legittimità successiva alla decisione delle Sezioni Unite – 9. Conclusioni
1. Premessa
Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8230 del 22 marzo 2019 [1], hanno affrontato la questione relativa alla validità degli atti di alienazione di immobili costruiti in violazione delle norme urbanistiche [2].
Si tratta, in particolare, di una decisione che ha il pregio di garantire la salvaguardia della sicurezza e della certezza del traffico giuridico, attraverso una sintesi tra le esigenze di tutela dell’acquirente e quelle di contrasto all’abusivismo [3].
Come noto, infatti, tale pronuncia, risolvendo un annoso contrasto giurisprudenziale, non solo diacronico, sorto in merito alla natura giuridica della nullità di cui all’art. 46 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (e degli art. 17 e 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47), ha statuito che tale nullità «va ricondotta nell’ambito del 3° comma dell’art. 1418 c.c., di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità “testuale”, con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un’unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell’immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell’immobile; pertanto, in presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato» [4].
2. La questione. Gli atti inter vivos ad effetti reali
La tematica della nullità del trasferimento inter vivos di beni immobili abusivi, da sempre oggetto di attenzione da parte della dottrina e della giurisprudenza riguarda, invero, la qualificazione in termini di nullità (strutturale) del contratto per impossibilità [5] o illiceità dell’oggetto [6] o per illiceità della causa [7], ai sensi dell’art. 1418 comma 2 c.c., ovvero di nullità virtuale per contrasto con le norme urbanistiche in quanto norme imperative [8], ai sensi dell’art. 1418 comma 1 c.c., ovvero ancora di nullità testuale ai sensi del comma terzo della medesima disposizione [9].
Ebbene, le Sezioni Unite, come accennato, in un contesto caratterizzato da diversi orientamenti e dalla molteplicità di prospettive, nel dirimere il contrasto interpretativo, hanno ricondotto la nullità in esame alla “nullità testuale” respingendo così le altre, pur autorevoli, ricostruzioni operate in materia.
Tale impostazione, una volta ricondotto il dibattito all’interno delle nullità testuali, coinvolge l’ulteriore profilo, anche esso oggetto di differenti interpretazioni, relativo alla natura “formale” o “sostanziale” della nullità stessa.
3. Il quadro normativo ed il panorama giurisprudenziale
Nella ampia e articolata motivazione della sentenza, si ricostruisce con estrema chiarezza il panorama normativo e giurisprudenziale relativo alla inosservanza dei precetti posti dalla normativa urbanistica.
La Corte, infatti, dopo aver premesso – ripercorrendo le diverse discipline normative che si sono succedute nel corso degli anni – la disamina dello jus aedificandi [10], così come disciplinato a partire dalla legge 17 agosto 1942, n. 1150 (c.d. legge urbanistica) fino al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (c.d. Testo Unico dell’edilizia), analizza le conseguenze relative alla inosservanza dei precetti posti da tali norme.
Da quest’ultimo punto di vista, occorre distinguere il profilo amministrativo e penale, ove l’inosservanza dei precetti posti dalla normativa urbanistica è da sempre sanzionata rispettivamente con forme di demolizione o acquisizione a titolo gratuito al patrimonio del Comune e con fattispecie contravvenzionali, da quello civile la cui disciplina è stata oggetto di una lunga evoluzione normativa.
Al riguardo, occorre rilevare come la legge urbanistica si limitasse a disporre che l’attività edificatoria realizzata senza licenza edilizia fosse sanzionata penalmente, senza tuttavia prevedere le conseguenze civilistiche degli atti traslativi tra privati aventi ad oggetto diritti reali su tali fabbricati irregolari sotto il profilo urbanistico, cosicché si ammetteva la validità dei negozi circolatori di immobili abusivi. Il rimedio del compratore sarebbe poi stato rinvenuto nella garanzia del venditore ai sensi dell’art. 1490 c.c. ovvero nella disciplina del c.d. aliud pro alio [11].
La prima disciplina (civilistica) si deve, dunque, all’art. 10 della legge 6 agosto 1967, n. 765 [12] (c.d. legge Ponte) e, successivamente, all’art. 15 comma 7 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 [13] (c.d. legge Bucalossi).
In tale contesto normativo, sotto il vigore della legge Bucalossi (ma, anche della legge Ponte) da un lato si riteneva che la costruzione di un immobile senza licenza edilizia comportasse «unicamente l’illiceità dell’attività del costruttore» [14] e quindi potesse «dar luogo ai rimedi civilisti della risoluzione per inadempimento, dell’actio quanti minoris o della garanzia per evizione» [15], senza impedire pertanto che «il proprietario del suolo acquistasse il diritto dominicale dell’edificio costruito e ne potesse liberamente disporre nei confronti dei terzi» [16]; e dall’altro lato, la disposizione di cui all’art. 15 della medesima legge, è stata valutata «in termini di invalidità relativa, deducibile solo dal contraente in buona fede ignaro dell’abuso edilizio, e volto a tutelarne, ulteriormente, le ragioni e così consentirgli di ripetere il corrispettivo pagato, o di evitarne, comunque, il pagamento qualora non fosse stato ancora versato» [17].
Si trattava, in particolare, di norme che avevano riguardo alla condizione di buona o mala fede dell’acquirente [18], a differenza viceversa degli artt. 17 comma 1 [19] e 40 comma 2 [20] della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (articoli relativi rispettivamente a costruzioni realizzate prima e dopo l’entrata in vigore della legge) i quali, in ottica di repressione degli abusi edilizi, sancivano (e l’art. 40 sancisce tuttora) la nullità per mancata indicazione nell’atto, da parte dell’alienante, degli estremi della concessione (ad edificare o in sanatoria), e pertanto non avevano (e l’art. 40 non ha) alcun riguardo alla conoscenza della mancanza della concessione da parte dell’avente causa.
Ebbene, con l’emanazione del D.P.R. n. 380 del 2001, l’art. 17 è stato abrogato [21], ma il relativo contenuto è stato sostanzialmente riprodotto nell’art. 46 del nuovo Testo Unico dell’edilizia, ove si dispone che «gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria. Tali disposizioni non si applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù».
Peraltro, giova sin da ora rammentare come l’art. 46 del D.P.R. n. 380 del 2001 contiene (al pari di quanto già previsto dall’art. 17 comma 4 e di quanto ancora disposto dall’art. 40 comma 3 della legge n. 47 del 1985) la possibilità della “conferma” della comminata nullità nell’ipotesi in cui la mancata indicazione nell’atto degli estremi del titolo non sia dipesa dall’inesistenza del titolo stesso.
Ciò posto, nel mutato regime normativo, vale a dire nel passaggio dalla legge Bucalossi alla legge n. 47 del 1985 e poi al D.P.R. n. 380 del 2001, occorre valutare la possibilità di ravvisare accanto alla nullità formale, unanimemente riconosciuta, e dovuta alla mancata inclusione nell’atto della dichiarazione dell’alienante, anche l’esistenza di una nullità sostanziale dell’atto ad effetti reali per l’irregolarità urbanistica della costruzione [22].
3.1 La c.d. teoria formale
Secondo la tesi della natura formale [23] della nullità prevista dagli artt. 17 e 40 della legge n. 47 del 1985 e dall’art. 46 del D.P.R. n. 380 del 2001, tale nullità sarebbe configurabile nelle (sole) ipotesi di assenza della menzione degli estremi dei titoli abilitativi nell’atto di trasferimento immobiliare, senza che alcun rilievo possa essere attribuito (anche) ai casi di irregolarità dell’immobile sul piano urbanistico.
In particolare non rileverebbe né l’effettiva esistenza del titolo né la conformità dell’immobile al medesimo titolo [24].
Le dichiarazioni rese dell’alienante costituiscono pertanto «requisito formale del contratto, sicché è la loro assenza che di per sé comporta la nullità dell’atto, a prescindere cioè dalla regolarità dell’immobile che ne costituisce l’oggetto» [25] e, quindi, «l’irregolarità del bene non rileva di per sé, ma solo in quanto preclude la conferma dell’atto» [26].
La teoria formale adotta, dunque, un approccio ricostruttivo tale per cui le fattispecie di nullità considerate – in ragione della chiarezza delle disposizioni in esame, del confronto con la disciplina previgente e della stretta interpretazione a cui sono soggette le norme che pongono limiti all’autonomia privata – non sanzionano «l’ipotesi della conformità o meno dell’edificio rispetto al titolo urbanistico» [27], in quanto «la nullità del contratto di compravendita è prevista a prescindere dalla regolarità dell’immobile che ne costituisce l’oggetto» [28].
In tale contesto, poi, l’ulteriore questione relativa alla negoziabilità di immobili affetti da irregolarità urbanistiche, non sanate o non sanabili, è stata risolta – in maniera non difforme da quanto si era ritenuto in riferimento alle disposizioni della legge Bucalossi – sul piano dell’inadempimento.
3.2 La c.d. teoria sostanziale
La teoria formale esclude, dunque, la fondatezza della tesi secondo cui accanto a tale nullità avrebbe dovuto ravvisarsi una nullità sostanziale, caratterizzata da una difformità della costruzione rispetto al titolo abilitativo.
Quest’ultima impostazione è invece sostenuta da un diverso indirizzo, noto come teoria sostanziale [29], secondo il quale la lettera delle norme – pena una incongruità del sistema [30] – consentirebbe di desumere «l’affermazione del principio generale della nullità (di carattere sostanziale) degli atti di trasferimento di immobili non in regola con la normativa urbanistica, cui si aggiunge una nullità (di carattere formale) per gli atti di trasferimento di immobili in regola con la normativa urbanistica o per i quali è in corso la regolarizzazione, ove tali circostanze non risultino dagli atti stessi» [31].
In quest’ottica, il discrimine tra le due fattispecie di nullità viene individuato nel fatto che l’omesso inserimento in atti del titolo abilitativo esistente si risolverebbe in una nullità sanabile, a differenza del caso in cui venisse indicato un provvedimento inesistente o non aderente al dato reale, perché allora la nullità sarebbe irreversibile [32].
Orbene, le previsioni legislative in materia di nullità urbanistiche avrebbero «lo scopo di garantire che il bene nasca e si trasmetta nella contrattazione soltanto se privo di determinati caratteri di abusivismo» [33], con la precisazione (come ricordato dalle Sezioni Unite) che «il prescritto obbligo di dichiarazione in seno all’atto degli estremi della licenza o della concessione edilizia (ovvero della concessione in sanatoria) presuppone che detta documentazione vi sia effettivamente e riguardi la costruzione in concreto realizzata» [34].
Resta da considerare, peraltro, come l’approccio della teoria sostanziale operi un distinguo sulla base della totale difformità del bene dal titolo abilitativo, riscontrabile nei c.d. abusi maggiori (situazione, questa, equiparata alla mancanza di titolo) rispetto alle ipotesi in cui sia ravvisabile una irregolarità urbanistica meno grave [35]. Tale ultima situazione, in particolare, sarebbe caratterizzata da interventi urbanistici eseguiti con variazioni essenziali o con parziali difformità rispetto al titolo comunque rilasciato, e darebbe vita (non già a nullità dell’atto traslativo, quanto piuttosto) ai tradizionali rimedi della risoluzione, riduzione del prezzo e risarcimento del danno [36].
4. Le argomentazioni delle Sezioni Unite: la nullità testuale secondo quanto ritenuto dalla c.d. teoria formale
Le Sezioni Unite, nel dibattito così ricostruito, escludono che la violazione delle norme urbanistiche, disciplinata dagli artt. 17 e 40 della n. 47 del 1985 e dall’art. 46 del T.U. edilizia possa essere ricondotta nell’alveo della nullità virtuale di cui all’art. 1418 comma 1 c.c.
Come efficacemente rilevato nella pronuncia in esame, al fine di sussumere una fattispecie nell’orbita della nullità virtuale, sarebbe necessario «presupporrebbe l’esistenza di una norma imperativa ed il generale divieto di stipulazione di atti aventi ad oggetto immobili abusivi al fine di renderli giuridicamente non utilizzabili» [37] mentre, invece, un tale divieto non sussiste, prevedendo piuttosto il legislatore specifiche ipotesi di nullità.
La nullità de qua risulta, invero, comminata da un lato per specifici atti ad effetti reali inter vivos – sicché ne restano fuori i trasferimenti mortis causa, e gli atti ad effetti obbligatori – ma, dall’altro lato, ne sono espressamente esclusi i diritti reali di garanzia e le servitù, nonché gli atti derivanti da procedure esecutive immobiliari, individuali o concorsuali, ai quali le nullità, appunto, non si applicano.
La Corte ritiene anche, sotto altro profilo, di non poter operare una qualificazione quale quella della nullità per illiceità dell’oggetto, in quanto «l’oggetto della compravendita, secondo la definizione data dall’art. 1470 c.c., è il trasferimento della proprietà della res, che, in sé, non è suscettibile di valutazione in termini di liceità o illiceità» [38].
Pertanto, seguendo il percorso argomentativo svolto nella pronuncia, si può ritenere, utilizzando una felice espressione rinvenibile nella medesima sentenza, di essere «in presenza di una nullità che va ricondotta nell’ambito del 3° comma dell’art. 1418 c.c., secondo quanto ritenuto dalla teoria c.d. formale, con la precisazione essa ne costituisce una specifica declinazione, e va definita “testuale” (…), essendo volta a colpire gli atti in essa menzionati» [39].
Tale formulazione rappresenta dunque il passaggio motivazionale, lo snodo, in cui il fenomeno del trasferimento di immobili abusivi viene ricondotto non solo nella categoria delle nullità testuali, ma si presta altresì ad essere analizzato in un’ottica e secondo le interpretazioni della c.d. teoria formale (sia pure con un temperamento, come si vedrà meglio nel prosieguo: infra, par. 4.2) [40]. Un approccio ricostruttivo particolarmente sensibile agli specifici dati normativi di riferimento non può infatti avallare la concezione propugnata dalla c.d. teoria sostanziale che, «pur mossa da un intento commendevole» [41], non trova tuttavia adeguati riscontri nel sistema.
Orbene, le norme di riferimento pongono «un medesimo, specifico, precetto: che nell’atto si dia conto della dichiarazione dell’alienante contenente gli elementi identificativi dei menzionati titoli, mentre la sanzione di nullità e l’impossibilità della stipula sono direttamente connesse all’assenza di siffatta dichiarazione (o allegazione, per le ipotesi di cui all’art. 40). Null’altro» [42].
Ne deriva che, a fronte della chiara lettera della norma – la quale, peraltro, «costituisce il limite cui deve arrestarsi, anche, l’interpretazione costituzionalmente orientata» [43] – l’esegesi propugnata dalla teoria sostanziale se per un verso «trascende il significato letterale» [44], in tal modo ponendosi in contrasto con il fondamentale canone di cui all’art. 12, 1° comma, delle disposizioni preliminari al codice civile [45], per altro verso non appare neppure in linea con il criterio di interpretazione teleologica di cui al citato art. 12 comma 1 delle Preleggi [46].
Del resto, val bene rilevare come uno scopo di tal fatta «avrebbe potuto esser agevolmente perseguito mediante una semplice previsione di nullità degli atti aventi ad oggetto siffatti immobili o d’incommerciabilità degli stessi. Il che non è stato fatto» [47].
Sotto un diverso profilo, in dottrina, è stato anche evidenziato come l’adesione alla teoria sostanziale avrebbe finito per comportare conseguenze irragionevoli, consentendo all’alienante di esperire, anche a notevole distanza di tempo, l’azione di nullità, in tal modo travolgendo retroattivamente l’atto traslativo e, quindi, consentendo allo stesso di recuperare il bene [48].
4.1 L’argomento della “convalida”
A conclusioni diverse, secondo la Corte, non si potrebbe giungere neanche argomentando dalle norme che ammettono la “conferma” (rectius: convalida) [49] degli atti nulli nelle ipotesi in cui la mancata indicazione non sia dipesa dall’insussistenza del titolo abilitativo.
Dagli artt. 17 comma 4 e 40 comma 3 della legge n. 47 del 1985 e dall’art. 46 comma 4 del Testo Unico dell’edilizia, si evince infatti che «il titolo deve realmente esistere» [50] e che «l’informazione che lo riguarda, oggetto della dichiarazione, deve esser veritiera» [51], oltre a dover «esser riferibile proprio a detto immobile» [52], pur non implicando, tale normativa, che l’edificio oggetto del negozio rispecchi fedelmente il contenuto del titolo medesimo.
Ne deriva che «in costanza di una dichiarazione reale e riferibile all’immobile, il contratto sarà in conclusione valido, e tanto a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo in esso menzionato, e ciò per la decisiva ragione che tale profilo esula dal perimetro della nullità, in quanto (…) non è previsto dalle disposizioni che la comminano» [53].
Pertanto, come osservato conclusivamente dalla Corte, «in ipotesi di difformità sostanziale tra titolo abilitativo enunciato nell’atto e costruzione, l’acquirente non sarà esposto all’azione di nullità, con conseguente perdita di proprietà dell’immobile ed onere di provvedere al recupero di quanto pagato, ma, ricorrendone i presupposti, potrà soggiacere alle sanzioni previste a tutela dell’interesse generale connesso alle prescrizioni della disciplina urbanistica» [54].
Peraltro, ferme le sanzioni amministrative e penali, a fronte dell’irregolarità e quindi dei vizi dell’immobile, l’acquirente potrà naturalmente «chiedere, se ne ricorrano i presupposti, la risoluzione del contratto o la tutela redibitoria o quella risarcitoria», come ricordato nell’ordinanza di rimessione della questione in esame alle Sezioni Unite [55].
4.2 Il superamento delle nozioni di variazioni essenziali e non essenziali. Difformità totale e parziale
All’indomani della pronuncia delle Sezioni Unite ci si è domandati se l’affermazione per cui, in presenza della dichiarazione (reale e riferibile all’immobile) dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico, il contratto è valido «a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato» [56], debba essere riferita pure alla totale difformità, ovvero tale fattispecie debba essere equiparata a quella dell’assenza del titolo edilizio [57].
A tal riguardo, autorevole studioso della materia [58], si è espresso nel senso che gli atti immobiliari fra vivi, aventi ad oggetto fabbricati abusivi sarebbero in ogni caso nulli, a prescindere dalle menzioni urbanistiche in esso contenuti, laddove l’immobile, pur munito all’origine di un titolo urbanistico, sia stato edificato in totale difformità dal medesimo [59].
La dottrina maggioritaria ritiene, invece, che la ricostruzione operata dalla Corte comporti l’inutilità di elaborare, al fine di individuare l’ambito entro il quale opera la nullità del contratto [60], una distinzione tra variazioni essenziali e non essenziali nonché tra difformità totali o parziali [61].
L’adesione alla tesi sostanziale, non avallata dalle Sezioni Unite, avrebbe infatti comportato notevoli complicazioni nella prassi applicativa, a causa della mancanza di criteri oggettivi (tanto nitidi sul piano teorico quanto particolarmente sfumati su quello pratico) cui poter ancorare le nozioni di abuso minore e di abuso maggiore; l’ampia discrezionalità concessa all’interprete, in particolare, non avrebbe giovato all’esigenza di sicurezza e certezza dei traffici giuridici [62].
Maggiori criticità coinvolgono, però, le ipotesi in cui l’attività di trasformazione edilizia è realizzabile mediante segnalazione certificata di inizio attività, in quanto la validità dell’atto traslativo viene qui fatta dipendere dalla autodichiarazione (la S.C.I.A., appunto) dell’alienante, «la cui menzione in atti è ritenuta sufficiente ai fini della validità del contratto» [63].
4.3 Cenni sulle ipotesi di interventi edilizi successivi
L’ipotesi di esecuzione di interventi di ristrutturazione suscita delicati problemi.
Ebbene, l’attenzione degli interpreti è stata prestata soprattutto alla distinzione fra il caso in cui l’intervento di ristrutturazione sia abusivo, ma comunque nell’atto traslativo si faccia menzione del titolo abilitativo iniziale relativo alla costruzione (iniziale), da quello in cui pur essendo stato rilasciato un titolo abilitativo per l’intervento stesso, tale titolo non sia stato però menzionato.
A tal riguardo, in estrema sintesi, può affermarsi che (nonostante la apparente contraddizione) solo nella prima ipotesi, a differenza della seconda, il contratto può essere considerato valido [64].
5. Le nullità urbanistiche: il contrasto all’abusivismo edilizio, l’obbligo di informazione e la diligenza dell’acquirente
Da quanto fin qui emerso, si delinea uno scenario in cui, la fattispecie di cui all’art. 46 del D.P.R. n. 380 del 2001 (e degli artt. 17 e 40, legge n. 47 del 1985) rappresenta una delle ipotesi di nullità testuale, secondo quanto ritenuto dalla teoria formale, ma dove sullo sfondo di quel medesimo panorama normativo non è raffigurato un principio generale ed imperativo che vieti tout court la circolazione degli immobili abusivi [65].
In tale contesto, occorre dunque valutare ed indagare la ratio sottesa alle prescrizioni di cui agli artt. 17 e 40 della legge n. 47 del 1985 e all’art. 46 del T.U. edilizia, in quanto se appare plausibile escludere che tali norme siano volte in via immediata e diretta a reprimere il fenomeno dell’abusivismo edilizio, impendendo in modo assoluto la circolazione degli edifici abusivi [66], la tesi sostenuta dalle Sezioni Unite non è, peraltro, dissonante rispetto alla finalità (meritevole di massima considerazione) di contrasto al fenomeno dell’abusivismo stesso, cui pure tendono le disposizioni in esame [67].
L’approccio ricostruttivo della Corte è, invero, nel senso che la dichiarazione dell’alienante, da cui risultino gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria, e la conseguente informazione (oggetto della dichiarazione) che riguarda il titolo abilitativo, permettono all’acquirente, utilizzando la dovuta diligenza, di svolgere le indagini ritenute più opportune per appurare la regolarità urbanistica del bene.
In tal modo, la soluzione adottata dalla Corte, se per un verso privilegia le esigenze di tutela dell’acquirente e di circolazione del bene, dall’altro sposta sull’acquirente stesso l’onere di verificare la regolarità urbanistica del bene medesimo attraverso il confronto tra la sua consistenza reale e quella risultante dalla concessione edilizia.
Resta da considerare, da ultimo, che gli estremi dei titoli edilizi devono risultare dall’atto “per dichiarazione dell’alienante”, sul quale ricade dunque – non occupandosi la sentenza del problema della responsabilità del notaio rogante in relazione alle irregolarità urbanistiche, cosicché resta immutato il panorama dottrinario e giurisprudenziale consolidato, secondo cui le dichiarazioni contenute nei rogiti costituiscono una dichiarazione della parte alienante – la relativa responsabilità [68].
6. Gli atti inter vivos ad effetti obbligatori. Il caso del contratto preliminare
Nella sentenza viene affrontato, seppur brevemente il problema dell’applicabilità delle nullità urbanistiche al contratto preliminare.
In particolare, giusta la previsione normativa che sancisce la nullità degli atti tra vivi aventi per oggetto trasferimento di diritti reali relativi ad edifici abusivi, occorre verificare la validità di un contratto preliminare avente ad oggetto un bene immobile privo del titolo abilitativo [69].
Ebbene, come noto, un recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, debitore della teoria sostanziale, ha ritenuto nullo il contratto preliminare di vendita di un immobile irregolare dal punto di vista urbanistico per contrarietà a norma imperativa [70] ovvero per impossibilità giuridica dell’oggetto [71].
L’impostazione tradizionale e maggioritaria, viceversa, riteneva che le nullità urbanistiche non trovassero applicazione al contratto preliminare, in quanto tali disposizioni si riferiscono agli atti aventi per oggetto trasferimento, costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, laddove invece il preliminare produce un effetto meramente obbligatorio [72]. Inoltre, si affermava come ben sarebbe stato possibile il rilascio, tra la data di stipulazione del contratto preliminare e quello definitivo, della concessione in sanatoria, il che avrebbe comportato la possibilità di agire ai sensi dell’art. 2932 c.c. al fine di ottenere il trasferimento coattivo del bene.
Pertanto, secondo tale orientamento, il difetto di regolarità sostanziale del bene sotto il profilo urbanistico non rileverebbe di per sé ai fini della validità dell’atto di trasferimento, trovando piuttosto il rimedio nella disciplina dell’inadempimento contrattuale.
In tal senso si sono espresse, pur se non approfonditamente, anche le Sezioni Unite e la successiva giurisprudenza di legittimità [73], le quali consolidano la tesi tradizionale secondo la quale la nullità di cui all’art. 46 del D.P.R. n. 380 del 2001 si riferisce solo ai contratti traslativi e non anche al contratto preliminare.
La sentenza, infatti, afferma – lapidariamente [74] – che «la nullità risulta comminata per specifici atti ad effetti reali inter vivos, sicché ne restano fuori (…) gli atti ad effetti obbligatori» [75].
7. Gli atti inter vivos e mortis causa: cenni sulla divisione ereditaria
A pochi mesi di distanza dalla pronuncia in commento le Sezioni Unite, con la sentenza del 7 ottobre 2019, n. 25021, hanno affrontato la diversa questione relativa alla divisione ereditaria avente ad oggetto un immobile abusivo [76].
In tale occasione la Corte è stata chiamata a risolvere il problema della applicazione dell’art. 46 del D.P.R. 380 del 2001 alle ipotesi di divisione della comunione ereditaria avente ad oggetto un immobile abusivo.
Non essendo questa la sede per affrontare il complesso dibattito che ha portato alla decisione delle Sezioni Unite, può tuttavia osservarsi come la soluzione prospettata dalla Corte [77] passi per l’analisi di tematiche particolarmente delicate, ed in primo luogo per quella della natura inter vivos del contratto di divisione ereditaria.
8. La giurisprudenza di legittimità successiva alla decisione delle Sezioni Unite
A seguito della importante pronuncia delle Sezioni Unite, nella giurisprudenza di legittimità si segnalano, in particolare, Cass., Sez. VI, Ord., 14 gennaio 2021, n. 514; Cass., Sez. II, Sent., 25 giugno 2020, n. 12654; Cass., Sez. II, Sent., 22 novembre 2019, n. 30555.
9. Conclusioni
Alla luce delle considerazioni svolte può osservarsi come la sentenza in oggetto pare risolvere diversi profili interpretativi pur esponendosi, secondo alcuni commentatori, ad alcuni rilievi critici a partire dalla previsione di un sistema che è stato definito di “nullità formale temperata” [78].
La Corte, peraltro, nella articolata motivazione, ha affrontato – e, questo pare essere il punto centrale della questione – un delicato bilanciamento fra due valori, quali l’esigenza di contrastare l’abusivismo edilizio, realizzabile mediante l’inibizione della circolazione degli immobili irregolari e la salvaguardia della sicurezza e della certezza del traffico giuridico, la quale sarebbe potuta risultare compromessa dalla previsione di una generalizzata (e di incerta determinazione) comminatoria di nullità.
Si tratta di un approdo ermeneutico frutto di un complesso e pragmatico bilanciamento degli interessi in gioco che «ha il pregio di render chiaro il confine normativo dell’area della non negoziabilità degli immobili, a tutela dell’interesse alla certezza ed alla sicurezza della loro circolazione» [79], e che «meglio rappresenta la sintesi tra le esigenze di tutela dell’acquirente e quelle di contrasto all’abusivismo» [80].
[1] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, in Nuova. giur. civ. comm., 2019, 727, con nota di C. Natoli, La natura «testuale» della nullità urbanistica.
[2] La bibliografia è particolarmente ricca. Per un primo confronto, oltre agli scritti citati nel testo, si veda: M. Costantino, Vendita di terreni, lottizzazioni abusive e responsabilità del notaio rogante, in Riv. not., 1980, 1532; A. Monaco, Abusi edilizi e compravendita di case. Profili generali, Padova, 1984, 176; O. Bottaro, Legge di sanatoria dell’abusivismo, ruolo del notaio, in Riv. not., 1985, 840; Id., La l. 28 febbraio 1985, n. 47, nella contrattazione immobiliare. Problemi ed esperienze dei primi due anni, in Riv. not., 1987, 8 ss.; S. Cardarelli, La legge 28 febbraio 1985, n. 47, nei suoi riflessi sull’attività notarile, in Riv. not., 1986, 269 ss.; G. Alpa, sub art. 17, in Commento alla l. n. 47/1985, in Nuove leg. civ. comm., 1985, 1079 ss.; Id., Questioni relative alla nozione di nullità nella legge sul condono edilizio, Riv. giur. ed., 1986, 89 ss.; Marani, sub art. 17, in Condono edilizio ed innovazioni alla disciplina urbanistica nella l. 28 febbraio 1985, n. 47, a cura di R. Gianolio, Maggioli, 1985, 234 ss.; Tondo, Commento all’art. 17, in Abusivismo edilizio: condono e nuove sanzioni, a cura di A. Predieri, Nuova Italia Scientifica, 1985, 220 ss.; G. Baralis – P. Ferrero – D. Podetti, Prime considerazioni sulla commerciabilità degli immobili dopo la legge 28 febbraio 1985, n. 47, in Riv. not., 1985, 521 ss.; A. Luminoso, I nuovi regimi di circolazione giuridica degli edifici, dei terreni e degli spazi a parcheggio (prime impressioni sulla legge 28.2.1985, n. 47), in Quadrimestre, 1985, 323 ss.; Id., Contrattazione immobiliare e normativa urbanistica, in AA.VV., Abusivismo edilizio ed invalidità negoziale (Atti Pavia, 12 giugno 1993), Giuffrè, 1994, 47 ss., e in Riv. trim. dir. proc. civ., 1993, 975 ss; C. Donisi, Abusivismo edilizio e invalidità negoziale, Napoli, 1986; Checchini, Nullità formale e nullità sostanziale nell’alienazione di immobili irregolari, in Riv. giur. urb., 1986, 387 ss.; A. Cataudella, Nullità formali e nullità sostanziali nella normativa sul condono edilizio, in Quadrimestre, 1986, 487 ss.; G. Mariconda, Nullità urbanistiche e disciplina generale del contratto nullo: le nullità relative ai terreni, in Corr. giur., 1987, 751 ss.; U. Salvestroni, Incommerciabilità di beni e autonomia negoziale, Cedam, 1989; G. Mengoli, Compravendita immobiliare e normativa urbanistica, Milano, 2011; G. Santarcangelo, Condono edilizio. Formalità e nullità degli atti tra vivi, Giuffrè, 1991; Id., Le nullità nella legge 28 febbraio 1985, n. 47: casi e questioni, in AA.VV., Abusivismo edilizio, cit., 132; E. Bancheri, Trasferimenti immobiliari, irregolarità urbanistiche, rimedi civilistici: il dibattito dottrinale e l’evoluzione della giurisprudenza, in Nuova giur. civ. comm., 2015, 209.
[3] Così C. Cicero, La menzione dei titoli urbanistici tra “nullità sostanziale’’ e “nullità formale”, in Giur. it., 2020, 307.
[4] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 735.
[5] La tesi dell’impossibilità dell’oggetto, sull’assunto che la disciplina urbanistica seleziona gli immobili che possono divenire beni in senso giuridico e quindi costituire oggetto di contrattazione, è stata sostenuta da A. Monaco, Abusi edilizi, cit. 176; C. Donisi, Abusivismo edilizio, cit., 92; F. Longobucco, Circolazione di immobili abusivi e giusto rimedio civile, in Riv. giur. ed., 2015, 243.
Esclude, viceversa, la tesi della nullità per impossibilità dell’oggetto (e per illiceità dell’oggetto), tra gli altri, G. Petti, La circolazione degli immobili urbani tra requisiti di commerciabilità e forma del contratto, in Contr., 2018, 178.
[6] Si è espresso nei termini dell’illiceità dell’oggetto, A. Marrese, Qualità del bene immobile e validità del contratto, in Pers. merc., 2014 165.
In senso contrario si è tuttavia argomentato [si veda, per esempio, G. Alpa, Questioni, cit., 91] che se l’oggetto del contratto fosse illecito, ciò varrebbe con riferimento a qualunque contratto che lo contemplasse, mentre la legge prevede la validità di alcuni contratti avente ad oggetto l’immobile abusivo. Inoltre, si sottolinea [G. Villa, Contratto e violazione di norme imperative, Milano, 1993, 232] come l’oggetto della compravendita non è il bene in sé e per sé considerato quanto piuttosto il trasferimento della res, il quale trasferimento non è suscettibile di valutazione in termini di liceità o illiceità. Per la tesi che, esclude l’illiceità dell’oggetto si veda in particolare A. Gambaro, Il diritto di proprietà, Milano, 1995, 383 ss.
[7] F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, Esi, 2019, 1128.
[8] Nei termini di una nullità virtuale per contrasto con norme imperative si è espresso G. Casu, La commercializzazione dei fabbricati tra testo unico sull’edilizia e l. n. 47 del 1985 sul condono edilizio, Consiglio nazionale del notariato, studio 4509/2003.
Esclude, tra gli altri, la configurabilità di nullità virtuali, G. Mengoli, Compravendita immobiliare e normativa urbanistica, Milano, 2011.
[9] G. Alpa, Questioni, cit., 89.
[10] C. Cicero – A. Leuzzi, Le nullità delle menzioni urbanistiche negli atti traslativi, in Riv. not., 2019, 341: «Il diritto di edificare, pur costituendo una facoltà connaturale al diritto di proprietà fondiaria, deve essere esercitato nel rispetto degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente».
[11] Cfr. C. Cicero – A. Leuzzi, Le nullità, cit., 342.
[12] Art. 10, L. 765/1967: «L’articolo 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, è sostituito dal seguente: (…) Gli atti di compravendita di terreni abusivamente lottizzati a scopo residenziale sono nulli ove da essi non risulti che l’acquirente era a conoscenza della mancanza di una lottizzazione autorizzata (…)».
[13] Art. 15 comma 7, L. 10/1977: «Gli atti giuridici aventi per oggetto unità edilizie costruite in assenza di concessione sono nulli ove da essi non risulti che l’acquirente era a conoscenza della mancanza della concessione».
Occorre evidenziare fin da subito come tale disposizione menzioni unicamente l’assenza della concessione edilizia, senza conferire alcun rilievo alla eventuale difformità (totale o parziale) della costruzione realizzata rispetto al titolo. Cfr. G. Petrelli, Dottrina e problemi del notariato. Argomenti e attualità, in Riv. not., 2019, 373.
[14] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 730.
[15] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 730.
[16] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 730.
[17] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 730.
[18] In particolare, tanto la legge Ponte quanto la legge Bucalossi subordinavano l’applicazione della nullità dell’atto alle sole ipotesi in cui l’avente causa fosse stato a conoscenza dell’abuso, e a condizione che tale consapevolezza risultasse dalla documentazione presente nel rogito (attraverso una dichiarazione di abusività resa per tabulas dall’alienante), non trattandosi di manifestazione desumibile aliunde. In tal senso si veda C. Cicero – A. Leuzzi, Le nullità, cit., 342.
[19] Art. 17 comma 1, L. 47/1985: «Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo l’entrata in vigore della presente legge, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi della concessione ad edificare o della concessione in sanatoria rilasciata ai sensi dell’articolo 13. Tali disposizioni non si applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù».
[20] L’art. 40 comma 2, L. 47/1985, «in relazione agli atti aventi per oggetto diritti reali (esclusi diritti di garanzia e servitù) riferiti a costruzioni realizzate prima dell’entrata in vigore della legge stessa, ha previsto quali titoli abilitativi oggetto di dichiarazione dell’alienante la licenza e la concessione in sanatoria (che la legge introduceva), la domanda di concessione corredata dalla prova del versamento delle prime due rate dell’oblazione o la dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante che l’opera era stata iniziata prima del 2 settembre 1967»: così Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 729.
[21] L’art. 40 è rimasto, invece, in vigore.
[22] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 732.
[23] In giurisprudenza si veda Cass., 17 agosto 1999, n. 8685, in Vita not., 1999, 1384; Cass., 15 giugno 2000, n. 8147, in Contr., 2001, 13, con nota di A. Angiuli; Cass. 5 aprile 2001, n. 5068; Cass., 24 marzo 2004, n. 5898, in Mass. giur. it., 2004; Cass., 20 aprile 2004, n. 7534, in Gius, 2004, 3402; Cass. 7 dicembre 2005, n. 26970, in Contr., 2006, 660; Cass. 22 maggio 2008, n. 13225, in Not., 2008, 490; Cass., 5 luglio 2013, n. 16876, in Imm. propr., 2013, 599.
In dottrina si veda L. Malaguti, La validità degli atti di disposizione di fabbricati alla luce della L. 28 febbraio 1985, n. 47, in Riv. not., 1986, 431; G. Baralis – P. Ferrero – D. Podetti, Prime considerazioni, cit., 530; G. Morello, La circolazione dei beni immobili e l’attività del notaio, in Corr. giur., 1985, 1159; P. Zanelli, Il condono edilizio: vecchie e nuove nullità, in Contr. impr., 1995, 1233; Id., in Commento all’art. 40, in Nuove leg. civ. comm., 1985, 237.
La tesi della nullità formale è stata recentemente sostenuta anche da S. Monticelli, Sulla natura «equivoca» delle nullità degli atti traslativi di immobili abusivi (relazione al convegno presso la Corte di cassazione, Roma, 22 febbraio 2019, «Questioni di diritto civile all’esame delle sezioni unite. La disciplina urbanistica e le declinazioni delle nullità: nullità formali, sostanziali, e testuali»), in www.cortedicassazione.it
[24] D.M. Traina, Abusi edilizi e nullità civili: finalmente un punto fermo, in Riv. giur. ed., 2019, 962.
[25] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 731.
[26] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 731.
[27] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 731.
[28] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 731.
[29] Cass., 18 settembre 2009, n. 20258, in Imm. propr., 2009, 799; Cass. 17 ottobre 2013, n. 23591, in Nuova giur. civ. comm., 2014, 182, con nota di M. Nicolini.
In dottrina si veda G. Alpa, Questioni, cit., 91; A. Cataudella, Nullità formali, cit., 1986, 487; E. Bancheri, Trasferimenti immobiliari, cit., 209; G. Rizzi, Circolazione degli immobili e normativa edilizia, in Not., 2015, 483.
[30] Cfr. Cass., sent., 17 ottobre 2013, n. 23591.
[31] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 732.
[32] Cfr. C. Cicero – A. Leuzzi, Le nullità, cit., 345.
[33] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 732.
[34] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 732.
[35] G. Casu, Tipo di abuso edilizio e commerciabilità del bene, in Condono edilizio, Circolari, studi e riflessioni del Notariato, Milano, 1999, 228.
[36] Il dibattito è ricostruito da C. Cicero – A. Leuzzi, Le nullità, cit., 346.
[37] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 734.
[38] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 734.
[39] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 734.
[40] G. Petrelli, Dottrina, cit., 679.
[41] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 733.
[42] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 733.
[43] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 733.
[44] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 733.
[45] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 733.
[46] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 733.
[47] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 733.
[48] Cfr. C. Cicero, La menzione, cit., 307.
[49] Rascio, Sulla conferma dell’atto privo della menzione della concessione edilizia e sulla sua forma, in Quadrimestre, 1987, 583; I. Maestroni, Il recupero del negozio nullo nella legge 28 febbraio 1985, n. 47, in AA.VV., Abusivismo edilizio ed invalidità negoziale, cit.; Tozzi, La peculiare conferma prevista negli artt. 17, 4 comma, e 40, 3 comma, della legge n. 47 del 1985, in Giur. it., 1994, 653 ss.
[50] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 734
[51] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 734. Secondo le Sezioni Unite, «ipotizzare, infatti, la validità del contratto in presenza di una dichiarazione dell’alienante che fosse mendace, e cioè attestasse la presenza di un titolo abilitativo invece inesistente, svuoterebbe di significato i termini in cui è ammessa la previsione di conferma e finirebbe col tenere in non cale la finalità di limite delle transazioni aventi ad oggetto gli immobili abusivi che la norma, pur senza ritenerli tout court incommerciabili, senz’altro persegue, mediante la comminatoria di nullità di alcuni atti che li riguardano». Pertanto «la dichiarazione mendace va assimilata alla mancanza di dichiarazione» e quindi «l’indicazione degli estremi dei titoli abilitativi in seno agli atti dispositivi previsti dalla norma non ne costituisce un requisito meramente formale», rilevando piuttosto, «quale veicolo per la comunicazione di notizie e per la conoscenza di documenti»; in particolare, essa «ha valenza essenzialmente informativa nei confronti della parte acquirente».
In tal modo le Sezioni Unite – come rilevato in dottrina [F. Magliulo, Le menzioni urbanistiche negli atti traslativi: quale nullità?, in Not., 2019, 276] – «nell’aderire alla teoria della nullità formale, ne effettuano tuttavia un significativo temperamento, in quanto escludono che possa fondare la validità dell’atto una dichiarazione mendace nel senso sopra precisato. Siffatto temperamento, sul piano della logica astratta, lascia perplessi, in quanto anche l’indicazione di un titolo edilizio inesistente o riferibile ad altro immobile metterebbe l’acquirente in condizione, effettuando i controlli ritenuti opportuni, di rilevare che l’immobile è in realtà irregolare».
[52] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 734.
[53] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 735.
[54] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 735.
[55] Cass., Sez. II, Ord., 30 luglio 2018, n. 20061, in Nuova. giur. civ. comm., 2018, 1734, con nota di C. Natoli. Sul punto cfr. F. Magliulo, Le menzioni, cit., 278.
[56] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 735.
[57] Su tali profili si veda F. Magliulo, Le menzioni, cit., 278 ss.
[58] G. Rizzi Considerazioni sulla nullità degli atti negoziali per violazione delle norme in materia urbanistica ed edilizia alla luce della Sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in www.federnotizie.it
[59] F. Magliulo, Le menzioni, cit., 279.
[60] M. Dianin, La natura della nullità urbanistica. Il contrasto giurisprudenziale e la soluzione accolta dalle Sezioni Unite del 2019, in Studium iuris, 2019, 1477.
[61] G. Petrelli, Dottrina, cit., 680: La Corte evidenzia «l’irrilevanza delle difformità costruttive ai fini della validità dell’atto, senza distinguere tra difformità totali o parziali o variazioni essenziali».
[62] C. Cicero – A. Leuzzi, Le nullità, cit., 349.
[63] Su tali questioni cfr. C. Cicero – A. Leuzzi, Le nullità, cit., 349 e F. Magliulo, Le menzioni, cit., 278 ss.
[64] G. Petrelli, Dottrina, cit., 684.
[65] F. Magliulo, Le menzioni, cit., 275, il quale evidenzia come alle menzionate ipotesi normative citate dalle Sezioni Unite (artt. 46, comma 5, T.U. n. 380 del 2001; 17, comma 5 e 40, comma 5, della L. n. 47 del 1985), vada altresì aggiunto come «nel sistema della L. n. 47/85 la commerciabilità degli immobili abusivi è consentita, anche per quanto attiene a tutti gli atti ad effetti reali inter vivos, laddove essi abbiano ad oggetto edifici la cui costruzione sia iniziata in data anteriore al 1° settembre 1967. È, infatti, opinione consolidata in dottrina ed in giurisprudenza che questi ultimi immobili siano commerciabili, anche laddove risultino essere totalmente abusivi, in quanto sprovvisti di alcun titolo urbanistico, sempreché nel relativo atto di trasferimento sia contenuta la dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante che le opere sono iniziate anteriormente al 1° settembre 1967, fatta salva l’applicazione delle sanzioni amministrative che (…) sono munite del carattere delle realità (e dunque sono applicabili anche nei confronti dell’acquirente dall’autore dell’abuso) e dell’imprescrittibilità».
[66] In tal senso F. Magliulo, Le menzioni, cit., 276.
[67] Così, Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 735.
[68] F. Magliulo, Le menzioni, cit. pag. 285, secondo il quale «il notaio è tenuto solo ad inserire in atto la dichiarazione di parte, ma non ad accertarsi della corrispondenza al vero della stessa, a meno che non abbia assunto uno specifico incarico al riguardo».
[69] Sul rapporto tra contratto preliminare e sistema della nullità di cui alla L. n. 47/1985 si veda, Areniello, Validità del preliminare di vendita di fabbricati abusivi, in Corr. giur., 1994, 85 ss.
[70] Cass. 17 ottobre 2013, n. 23591, cit. 182;Cass. 17 dicembre 2013, n. 28194, in Vita Not., 2014, 269.
[71] Cass. 29 aprile 2016, n. 8483, in Urb. app., 2016, 779.
[72] Si veda, per esempio, Cass. civ. Sez. II, Ord., 7 marzo 2019, n. 6685.
[73] Cass. civ. Sez. II, Ord., (ud. 03-03-2020), 21 gennaio 2021, n. 1131; Cass. civ. Sez. III, Ord., (ud. 27-09-2019) 15 novembre 2019, n. 29717.
[74] Così F. Magliulo, Le menzioni, cit., 285.
[75] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 733.
[76] Cass. civ., Sez. Un., 7 ottobre 2019, n. 25021, in Not., 2019, 649, con nota di C. Romano.
[77] Cass. civ., Sez. Un., 7 ottobre 2019, n. 25021, cit., 652: «Gli atti di scioglimento della comunione ereditaria sono soggetti alla comminatoria della sanzione della nullità, prevista dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 46, comma 1, (già L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 17) e dalla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40, comma 2, per gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali relativi ad edifici o a loro parti dai quali non risultino gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria».
[78] F. Magliulo, Le menzioni, cit., 277. Secondo A.M. Siniscalchi, Né formale né sostanziale ma testuale. Che cosa cambia per la nullità «urbanistica» dopo le sezioni unite 22 marzo 2019, n. 8230?, in Foro it., 2019, I, 2795, «può rilevarsi come la Cassazione giunga a comporre il conflitto tra le due tesi contrapposte configurando una nullità ibrida – la c.d. “nullità testuale” – che presenta caratteri in parte della nullità formale ed in parte di quella sostanziale (a seconda del punto di vista prescelto, si configura come una “nullità formale impropria”, in quanto assegna rilievo anche a profili sostanziali o, cambiando prospettiva, come una “nullità sostanziale ridotta”, perché non attribuisce rilevanza a qualsiasi ipotesi di abuso edilizio, ma solo a quello che dipende dalla mancanza del titolo abilitativo e della sua riferibilità all’immobile oggetto del trasferimento)».
[79] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 735.
[80] Cass. civ., Sez. Un., 22 marzo 2019, n. 8230, cit., 735. Fra i primi commentatori, inoltre, vi è anche chi [C. De Lorenzo, Le c.d. «nullità edilizie» e le sezioni unite: cosa resterà di quegli anni ottanta?, in Foro it., 2019, I, 2791] ritiene che il legislatore «consapevole dell’insufficienza dell’apparato sanzionatorio amministrativo e penale per la prevenzione e la repressione di un fenomeno, quale l’abusivismo edilizio, dalle dimensioni gigantesche, abbia escogitato di colpire il fenomeno nel momento della sua monetizzazione economica, e cioè nel momento della vendita e della realizzazione del prezzo del trasferimento della costruzione abusivamente realizzata».