MARIO MAESANO*
LA FIGURA DELL’OSS E L’ASSISTENZA SOCIALE
- IL SISTEMA INTEGRATO DELL’ASSISTENZA
L’assistenza sociale comprende l’insieme di compiti della pubblica amministrazione consistenti nella fornitura di prestazioni, normalmente gratuite, dirette all’eliminazione delle disuguaglianze economiche e sociali all’interno della società.
Il diritto all’assistenza sociale è previsto dall’art. 38 Cost., secondo cui “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”[1].
Il sistema dell’assistenza sociale è stato oggetto di un complesso processo di riforma[2] conclusosi con l’emanazione della legge n. 328 del 2000, legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali[3].
In particolare, l’art. 1, comma 1, della citata legge n. 328 del 2000 dispone che “la Repubblica “assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali, promuove interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza, previene, elimina o riduce le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia, in coerenza con gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione”.
Allo Stato è attribuita la definizione degli obiettivi, dei servizi, delle priorità, delle modalità attuative e dei livelli essenziali, previsti espressamente nell’art. 22, comma 2[4]; alle Regioni, la definizione dei piani regionali, l’organizzazione dei servizi sul territorio; ai Comuni l’integrazione tra sistema sanitario e sociale attraverso i piani di zona, adottati di intesa con le ASL.
Tuttavia, la successiva riforma del Titolo V[5], solo un anno dopo la legge quadro, modifica radicalmente questo sistema, circoscrivendo la competenza statale alla sola definizione dei livelli essenziali concernenti i diritti civili e sociali (art. 117, comma 2, lett. m.), priva lo Stato del potere di programmazione, attribuisce in via residuale la competenza in materia socioassistenziale alle Regioni, rendendo la legge n. 328 del 2000 una norma cedevole rispetto alle sopravvenienti normative regionali[6].
Allo Stato compete, altresì, la definizione e la ripartizione di diversi Fondi speciali, come il Fondo nazionale per le politiche sociali, il Fondo per le politiche della famiglia, il Fondo per le non autosufficienze, il Fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, il Fondo per le politiche giovanili, nonché l’erogazione di pensioni e assegni sociali ed indennità assistenziali varie per gli invalidi civili, sordi e ciechi civili[7].
Le Regioni disciplinano con proprie leggi, i principi, gli indirizzi, l’organizzazione e l’erogazione, tramite i comuni, dei seguenti beni e servizi sociali[8]:
La Regione, oltre a ripartire i finanziamenti statali agli enti locali, programma nel Piano sociale gli obiettivi di settore.
Le prestazioni socio-sanitarie si distinguono, come indicato dal D.P.C.M. 14 febbraio 2001, in prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, erogate contestualmente ad interventi sociali, finalizzate al contenimento di esiti degenerativi, a carico dell’Azienda sanitaria locale; prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, finalizzate a sostenere la persona disabile o emarginata la cui condizione potrebbe avere esiti negativi sulla salute, a carico del Comune o del cittadino; prestazioni socio-sanitarie integrate per le aree materno infantile, disabili, anziani e non autosufficienti, dipendenze, patologie psichiatriche e da HIV, pazienti terminali, a carico delle ASL, garantite nell’allegato 1 C del D.P.C.M. 29 novembre 2001 sui livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA)[9].
Ai Comuni, che sono titolari della gestione, esercitata singolarmente o in forma associata, degli interventi e dei servizi socio-assistenziali, spetta la definizione del piano di zona, a cui partecipano soggetti istituzionali, terzo settore e, per gli interventi socio-sanitari, ASL, per individuare:
Considerando quanto detto fino a qui, è importante evidenziare alcuni principi fondamentali per le professioni sanitarie:
In questo modo, l’operatore deve essere in grado di:
In materia, tuttavia, occorre considerare che nei principi fondamentali[10] della legge n. 328 del 2000, è sancita all’art.1, comma 3, la sussidiarietà verticale già indicata nel decreto legislativo n. 112 del 1998, dove alla programmazione[11] e all’organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali provvedono prima gli enti locali, poi le Regioni e infine lo Stato.
Mentre la suissidiarietà orizzontale[12] viene contemplata nei commi 4 e 5 dell’art.1 e consiste nel fatto che le istituzioni “riconoscono e agevolano il ruolo” dei soggetti del terzo settore operanti nella programmazione, organizzazione, gestione del sistema integrato dei servizi.
Inoltre, si ribadisce che alla “gestione e all’offerta dei servizi provvedono soggetti pubblici nonché, in qualità di soggetti attivi nella progettazione e realizzazione concertata degli interventi” i soggetti del terzo settore[13]. Dove il “nonché” indica che il terzo settore si aggiunge ai soggetti pubblici, non appare soggetto con parì dignità[14].
2) L’OPERATORE SOCIO-SANITARIO
L’operatore Socio-Sanitario (OSS) è una figura professionale, istituita dall’Accordo Stato-Regioni del 22 febbraio 2001, un decreto che ha unificato le precedenti professionalità ausiliarie che operavano in ambito socio-sanitario.
Lo scopo dell’istituzione di suddetta figura è quello di formare personale in grado di collocarsi in modo professionalmente utile sia nella struttura del SSN[15] che negli ampi settori dell’assistenza sociale e socio-sanitaria, riunendo e sostituendo le figure dell’ADEST e dell’OTA[16].
L’Operatore Socio-Sanitario svolge un’attività indirizzata a soddisfare i bisogni primari della persona, nell’ambito delle proprie aree di competenza, in un contesto sia sociale che sanitario, ed a favorire il benessere e l’autonomia dell’utente.
L’Oss è stato inserito nell’area delle professioni socio-sanitarie ai sensi dell’art. 5, comma 5, della legge n. 3/2018[17].
L’attività professionale dell’Oss si sviluppa sia nel settore sociale che in quello sanitario, considerato che la nascita di questa figura professionale si era posta anche nell’ottica di unificare i distinti profili professionali del personale d’assistenza in ambito sociale (variamente denominato nelle Regioni) e l’operatore tecnico addetto all’assistenza in ambito sanitario[18].
Favorisce il benessere e l’autonomia di coloro che vivono una condizione di difficoltà a casa (assistenza domiciliare), in ospedale o nelle strutture residenziali (per anziani, comunità alloggio).
L’Accordo Stato-Regioni precisa anche che l’OSS lavora in collaborazione con gli altri professionisti specializzati nell’assistenza sanitaria e sociale, secondo il criterio del lavoro multiprofessionale.
3) L’AREA DELLE COMPETENZE
L’OSS è l’operatore che, ha seguito dell’attestato di qualifica conseguito al termine di specifica formazione professionale, svolge attività indirizzata a soddisfare i bisogni primari della persona, nell’ambito delle proprie aree di competenza, in un contesto sia sociale che sanitario, nonché a favorire il benessere e l’autonomia dell’utente.
Le attività dell’operatore socio-sanitario sono rivolte alle persone e al suo ambiente di vita e si concreta in:
- assistenza diretta ed aiuto domestico alberghiero: assiste la persona, in particolare non autosufficiente o allettata, nelle attività quotidiane e di igiene personale, realizza attività semplici di supporto diagnostico e terapeutico, collabora ad attività finalizzate al mantenimento delle capacità psico-fisiche residue ,alla rieducazione, riattivazione, recupero funzionale, realizza attività di animazione e socializzazione di singoli e gruppi; coadiuva il personale sanitario e sociale nell’assistenza al malato anche terminale e morente; aiuta la gestione dell’utente nel suo ambito di vita; cura la pulizia e l’igiene ambientale;
- intervento igienico-sanitario e di carattere sociale: osserva e collabora alla rivelazione dei bisogni e delle condizioni di rischio-danno dell’utente; collabora alla attuazione degli interventi assistenziali; valuta, per quanto di competenza, gli interventi più appropriati da proporre; collabora alla attuazione di sistemi di verifica degli interventi; riconosce e utilizza linguaggi e sistemi di comunicazione e relazioni appropriati in riferimento alle condizioni operative; mette in atto relazioni-comunicazioni di aiuto con l’utente e la famiglia, per l’integrazione sociale ed il mantenimento della identità personale;
- supporto gestionale, organizzativo e formativo: utilizza strumenti informativi di uso comune per la registrazione di quanto rilevato durante il servizio; collabora alla verifica della qualità del servizio; concorre, rispetto agli operatori dello stesso profilo, alla realizzazione dei tirocini ed alla loro valutazione; collabora alla definizione dei propri bisogni di formazione e frequenta corsi di aggiornamento; collabora, anche nei servizi assistenziali non di ricovero, alla realizzazione di attività semplici. L’accordo del 22 febbraio 2001 individua le competenze che è possibile raggruppare in tre grandi macroaree: tecnica, professionale, relazionale.
3.1. LE COMPETENZE TECNICHE
Quanto alle competenze tecniche, l’operatore socio-sanitario in base alle proprie conoscenze ed in collaborazione con altre figure professionali, sa attuare i piani di lavoro. È in grado di utilizzare metodologie di lavoro comuni (schede, protocolli etc.).
Collabora con l’utente e la sua famiglia ed è in grado di curare la pulizia e la manutenzione di arredi e attrezzature, nonché la conservazione degli stessi e il riordino del materiale dopo l’assunzione dei pasti.
Sa, inoltre, svolgere attività finalizzate all’igiene personale, al cambio della biancheria, all’espletamento delle funzioni fisiologiche, all’aiuto nella deambulazione, all’uso corretto di presidi, ausili e attrezzature, all’apprendimento e mantenimento di posture corrette[19].
3.2 LE COMPETENZE PROFESSIONALI
In ordine alle competenze di natura strettamente professionale, l’operatore socio-sanitario:
- conosce le principali tipologie di utenti e le problematiche connesse;
- conosce le diverse fasi di elaborazione dei progetti di intervento personalizzati;
- riconosce per i vari ambiti, le dinamiche relazionali appropriate per rapportarsi all’utente sofferente, disorientato, agitato, demente o handicappato mentale etc…;
- è in grado di riconoscere le situazioni ambientali e le condizioni dell’utente per le quali è necessario mettere in atto le differenti competenze tecniche;
- conosce le modalità di rilevazione, segnalazione e comunicazioni dei problemi generali e specifici relativi all’utente;
- conosce le condizioni di rischio e le più comuni sindrome da prolungato allettamento e immobilizzazione;
- conosce i principali interventi semplici di educazione alla salute, rivolti agli utenti e ai loro familiari;
- conosce l’organizzazione dei servizi sociali e sanitari e quella delle reti informali.
3.3 LA COMPETENZA RELAZIONALE
In merito alle competenze di natura relazionale, l’allegato B precisa che l’operatore socio-sanitario sa lavorare in équipe.
Si avvicina e si rapporta con l’utente e con la famiglia, comunicando in modo partecipativo in tutte le attività quotidiane di assistenza; sa rispondere esaurientemente, coinvolgendo e stimolando al dialogo.
È in grado di interagire, in collaborazione con il personale sanitario, con il malato morente e deve rapportarsi con le strutture sociali, ricreative, culturali dei territori[20].
Deve sollecitare ed organizzare momenti di socializzazione, fornendo sostegno alla partecipazione ad iniziative culturali e ricreative sia sul territorio che in ambito residenziale ed è in grado di partecipare all’accoglimento dell’utente per assicurare una puntuale informazione sul servizio e sulle risorse ed è tenuto a gestire la propria attività con la dovuta riservatezza ed eticità.
3.4 LE COMPETENZE SPECIALISTICHE
A seguito del suo profilo professionale conseguente al suo riconoscimento come professionista sanitario, ad opera della legge n. 3 del 2018, l’operatore socio-sanitario acquisisce competenze più specialistiche, oltre a quelle previste dall’accordo del 2001.
Specificamente, le sue mansioni potrebbero comprendere anche, ad esempio, la somministrazione di terapia intramuscolare o sottocutanea.
Le sue mansioni, spesso variabili e in alcuni casi quasi sovrapponibili a quelle dell’infermiere, divengono quindi più certe; il professionista, infatti è tenuto a:
- garantire l’assistenza di base alla persona in situazione di difficoltà, secondo le indicazioni fornite dall’infermiere;
- utilizzo di metodi di lavoro e strumenti operativi orientati alla multi-professionalità, al lavoro di équipe;
- collaborare con l’infermiere eseguendone le prescrizioni per quanto concerne l’effettuazione di atti semplici collegati al processo diagnostico-terapeutico.
Tentando quindi una sintesi delle mansioni dell’OSS, possiamo dire che l’OSS può:
- rilevare i parametri vitali;
- aiutare il paziente a deambulare;
- prevenire le ulcere da decubito;
- collaborare con l’infermiere per attuare le prescrizioni mediche;
- fare delle piccole medicazioni;
- servire da supporto nell’assunzione delle terapie orali;
- sbrigare delle pratiche burocratiche;
- assistere il malato affinché mantenga una corretta postura.
È importante sottolineare che la comunicazione e la relazione diventa vero aiuto quando spiccano anche gli aspetti legati all’umanità. Ovviamente la gentilezza, il sorriso e le buone maniere sono indispensabili legati indissolubilmente alla competenza tecnica e alle abilità (prestare attenzione, rispondere, iniziare, e comunicare).
“L’aspetto più difficile del processo di aiuto è riuscire ad andare al di là di dove l’altro è attualmente” (R. Carkhuff)[21].
Il processo d’aiuto è un’operazione complessa e richiede la massima attenzione da parte di chi lo eroga (personale sociosanitario).
Chi chiede aiuto desidera essere trattato con professionalità tramite un rapporto serio ed efficiente[22].
Il giusto mezzo che l’operatore dovrebbe usare nei confronti dell’utente è quello dell’empatia (capacità di comprendere a pieno lo stato d’animo altrui, sia che si tratti di gioia, che di dolore), tramite essa si può capire la vita dell’altro, per aiutarlo a comprendere meglio ciò che gli succede, senza però, cosa fondamentale, interferire sui sentimenti, sulle ideologie, sulle emozioni e sui vissuti.
L’obiettivo che l’operatore sociosanitario dovrà sempre avere a mente è quello di riuscire ad avere sempre una comunicazione efficace tramite:
- L’ascolto
- Comprensione (superficiale e profonda)
- Mettersi al servizio
- Silenzio
- Chiedere conferma della comprensione
- Utilizzo di un linguaggio semplice ma professionale
- Proporre, consigliare ed aiutare
È quindi fondamentale la conoscenza dettagliata del problema e la ricerca di tutte le migliori tecniche e l’utilizzo degli strumenti utili a favorire il miglioramento delle situazioni di criticità.
L’operatore lavora con persone che vivono in una condizione di disagio sociale o che sono malate.
Esse possono essere anziani con problemi sociali e sanitari, famiglie, bambini e ragazzi problematici, persone disabili, adulti in difficoltà o con problemi psichiatrici, degenti in ospedale, ecc.
Collabora, a secondo del tipo di progetto, con operatori di differente professionalità (assistenti sociali, educatori, medici, infermieri, fisioterapisti, animatori, ecc.).
L’OSS svolge il proprio lavoro nei servizi sanitari e sociali gestiti da enti pubblici, da cooperative sociali e da privati.
Può quindi lavorare in ospedale e negli altri servizi sanitari, nei servizi sociali (comunità alloggio, residenze per anziani, centri diurni, ecc.) o a casa della persona[23].
4. LA FORMAZIONE
La formazione dell’operatore socio-sanitario è di competenza delle Regioni e Province autonome, che provvedono alla organizzazione dei corsi e delle relative attività didattiche. Esse possono delegare la formazione ad istituti pubblici o ad aziende private che operano nel settore sanitario.
Infatti, esse sulla base del proprio fabbisogno annualmente determinato, accreditano le ASL, le aziende ospedaliere e le istituzioni pubbliche e private, che rispondono ai requisiti minimi specificati dal Ministero della Salute con apposite linee guida, alla effettuazione dei corsi di formazione.
Ogni corso di formazione, di durata annuale, comprende i seguenti moduli didattici:
- un modulo di base;
- un modulo professionalizzante.
A questi si aggiungono esercitazioni/stages ed il tirocinio guidato, presso le strutture ed i servizi nel cui ambito la figura professionale dell’operatore socio-sanitario è prevista.
La frequenza ai corsi è obbligatoria. Il percorso include un tirocinio guidato che si svolge presso le strutture e i servizi nel cui ambito la figura professionale dell’OSS è inclusa.
Al termine, gli allievi sono sottoposti ad una prova teorica e ad una prova pratica da parte di una apposita commissione d’esame, la cui composizione è individuata dal citato provvedimento regionale e della quale fa parte un esperto designato dall’Assessorato regionali alle politiche sociali.
All’allievo che supera le prove, è rilasciato dalla Regione e dalla Provincia autonoma, un attestato di qualifica valido su tutto il territorio nazionale, e spendibile nelle strutture, attività e servizi sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali.
L’Accordo del 22 febbraio 2001 stabilisce quanto segue in merito agli obiettivi di modulo e alle materie di insegnamento:
- primo modulo (200 ore di teoria);
- secondo modulo (250 ore di teoria, 100 ore di esercitazione, 450 ore di tirocinio);
- modulo facoltativo: tematica professionale specifica: (50 ore teoria, 50 ore di esercitazione, 100 ore di tirocinio) per approfondire le competenze acquisite con speciale riferimento ad una particolare tipologia di utenza o ad uno specifico ambiente assistenziale[24].
L’insegnamento di materie nelle seguenti aree disciplinari: socio-culturale (legislazione socio-sanitaria, legislazione del lavoro, etica, orientamento al ruolo), psicologico-sociale (sociologia, psicologia socio-relazionale, psicologia applicata), igienico-sanitaria (igiene, igiene dell’ambiente e comfort domestico alberghiero) e tecnico-operativa (elementi di assistenza, assistenza alla persona nelle cure igieniche, nell’alimentazione, nella mobilizzazione, assistenza di primo soccorso, assistenza alla persona anziana, disabile, con disturbi mentali, tecniche di animazione, disposizioni generali in materia di protezione alla salute e della sicurezza dei lavoratori)
Al termine del corso è previsto un esame finale che si articola in una prova pratica e una prova teorica, da sostenere davanti ad una commissione giudicatrice.
Nella Conferenza Stato/Regione del 16/01/2003 si disciplina la Formazione Complementare dell’operatore socio-sanitario, stabilendo che all’operatore socio sanitario che ha conseguito con successo un percorso di formazione complementare di assistenza sanitaria di 300 ore di cui 150 di tirocinio, è consentito collaborare con l’infermiere o con l’ostetrica; nonché di svolgere alcune attività assistenziali, in base all’organizzazione dell’unità funzionale di appartenenza, e conformemente alle direttive del responsabile dell’assistenza infermieristica e/o ostetrica.
A conclusione, di questa breve dissertazione va brevemente rammentato che l’Operatore sociosanitario è un profilo inquadrato in categoria B, livello economico Bs., che ha fatto la sua apparizione nelle aziende sanitarie nel 2001 con l’art. 4 del CCNL del 20.9.2001 come evoluzione del profilo di Operatore tecnico addetto all’assistenza (Otaa) – istituito dall’art. 40, comma 3 del DPR 384/1990 – che venne contestualmente posto ad esaurimento.
L’art. 5 della cosiddetta legge Lorenzin[25] (n. 3 del 2018) che ha istituito formalmente l’area delle professioni sociosanitarie, con anni 18 anni di ritardo rispetto a quanto previsto dall’articolo 3-octies del d.lgs. 502/1992.
Per riassumere l’attuale quadro di insieme, il personale del S.S.N. è oggi articolato in: 5 ruoli = sanitario, professionale, tecnico, amministrativo e sociosanitario. I primi risalenti all’art. 1 del DPR 761/1979 e il quinto istituito con l’art. 34, comma 9-ter della legge n. 106 del 2021[26].
Per quanto concerne l’OSS la legge n. 106 del 2021 stabiliche che “Al fine di dare completa attuazione all’integrazione sociosanitaria e di fare fronte al perdurare dell’emergenza epidemiologica da COVID-19[27], il personale dipendente del Servizio sanitario nazionale appartenente ai profili professionali di assistente sociale, di sociologo e di operatore sociosanitario, già collocato nel ruolo tecnico di cui all’ articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, in attuazione di quanto previsto dall’ articolo 5 della legge 11 gennaio 2018, n. 3, è collocato nel ruolo sociosanitario istituito dal presente comma, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.
Finalmente queste figure, indispensabili per l’integrazione socio-sanitaria, vengono valorizzate con il giusto riconoscimento giuridico e a tal fine occorre lavorare ancora per la categoria degli operatori sociosanitari/sanitari affinché il percorso formativo sia univoco, superando l’attuale frammentarietà di insegnamento a livello regionali.
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*Avvocato e Professore di diritto ed econonia.
[1] L’art. 38 Cost., garantisce l’assistenza e la previdenza sociale. Gli artt. 3, 2 e 38 sono stati attuati con la legge 328 del 2000 rubricata “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”.
[2] Prima dell’approvazione della legge n. 328 del 2000, sull’assistenza sociale, il settore era ancora disciplinato dalla legge 17 luglio 1890, n. 6972, e successive modificazioni, cosiddetta “legge Crispi”;
Cfr. La legge 833/78, con la quale è stato istituito il Sistema Sanitario Nazionale, che ha come obiettivo la tutela della salute fisica e psichica del Cittadino; Il Decreto Legge 502/92 regola la programmazione sanitaria nazionale e definisce dei livelli uniformi di assistenza in tutto il Paese.Viene delineato il Piano sanitario nazionale, di durata triennale. Questo deve essere adottato dal Governo entro il 31 luglio dell’ultimo anno di vigenza del piano precedente e può essere modificato nel corso del triennio, anche per quanto riguarda i limiti ed i criteri di erogazione delle prestazioni e le eventuali forme di partecipazione alla spesa da parte degli assistiti in relazione alle risorse stabilite dalla legge finanziaria.
L’articolo 2 del decreto indica le competenze regionali: in particolare stabilisce che le funzioni legislative ed amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera siano di responsabilità delle Regione e delle Provincie Autonome. Importante anche l’articolo 3 del Decreto Legge 502/92, poiché definisce l’organizzazione delle Unità Sanitarie Locali.
Sono definiti dal punto di vista legislativo anche i LEA, ovvero i Livelli Essenziali di Assistenza, ovvero le prestazioni e i servizi che il SSN è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o in compartecipazione, grazie alle risorse raccolte attraverso la fiscalità generale. Sui i LEA si veda F.G., CUTTAIA, Entrati in vigore i nuovi LEA, in Astridsanità, 2017.
[3] Il sistema integrato di interventi e servizi sociali si realizza mediante politiche e prestazioni coordinate nei diversi settori della vita sociale, integrando servizi alla persona e al nucleo familiare con eventuali misure economiche, e la definizione di percorsi attivi volti ad ottimizzare l’efficacia delle risorse, impedire sovrapposizioni di competenze e settorializzazione delle risposte.
[4] V. FARGION, Geografia della cittadinanza sociale: ragioni e politiche assistenziali dagli anni Settanta agli anni Novanta, il Mulino, Bologna, 1997.
[5] Dopo la riforma costituzionale del 2001 (legge n. 3/2001), l’assistenza sociale è diventata una competenza residuale disciplinata dalle Regioni e amministrata dal Comune. Allo Stato rimane la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali (art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.), che devono essere emanati con modalità partecipative.
L’esigenza di adeguare l’ordinamento al nuovo assetto costituzionale è stata evidentemente alla base dell’approvazione dell’art. 46, comma 3, della legge n. 289/2002, che, al fine di predisporre uno strumento per l’adozione dei livelli essenziali delle prestazioni nella materia dei servizi sociali, ha disciplinato ex novo la procedura per la loro approvazione, indicando i vincoli posti dalla finanza pubblica, il potere di proposta rimesso al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, e l’intesa con la Conferenza unificata. È stata così riformata la precedente regolamentazione prevista dalla legge n. 328/2000, dal momento che la natura della nuova competenza regionale, di tipo residuale e non più concorrente, risultava incompatibile con la previsione di un piano statale nazionale e con l’indicazione da parte dello Stato di principi ed obiettivi di politica sociale, nonché delle caratteristiche e dei requisiti delle prestazioni sociali comprese nei livelli essenziali (sentenza Cost. n. 296/2012).
[6] G.M. NAPOLITANO, L’assistenza sociale da materia a politica multilevel, in Rivista giuridica on-line – ISSiRFA – CNR, 2, 2020.
[7] Cfr. Temi dell’attività parlamentare, in Camera.it.
[8] Per servizi sociali, si intendono, ai sensi dell’art. 128 del D.Lgs. 112/1998, tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia.
[9] Cfr. P. TORRETTA, La legge n. 328/2000 e i livelli essenziali di assistenza sociale, in Federalismi.it, 23, 2021.
[10] La programmazione e l’organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali compete agli enti locali, alle regioni ed allo Stato ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e della presente legge, secondo i princìpi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità ed unicità dell’amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali.
[11] G. MERLO, La programmazione sociale: principi, metodi e strumenti, Carocci, Roma, 2014.
[12] 4. Gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell’àmbito delle rispettive competenze, riconoscono e agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese operanti nel settore nella programmazione, nella organizzazione e nella gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
5. Alla gestione ed all’offerta dei servizi provvedono soggetti pubblici nonché, in qualità di soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi, organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato e altri soggetti privati. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali ha tra gli scopi anche la promozione della solidarietà sociale, con la valorizzazione delle iniziative delle persone, dei nuclei familiari, delle forme di auto-aiuto e di reciprocità e della solidarietà organizzata.
[13] Si veda il Codice del Terzo settore (Decreto Legislativo 3 luglio 2017, n. 117 emanato a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106. Pubblicato in GU Serie Generale n.179 del 02-08-2017 – Suppl. Ordinario n. 43) entrato in vigore il 03/08/2017 e aggiornato con le modifiche apportate dal Dlgs correttivo 105/2018.
[14] S. DURONE, Sussidiarietà e solidarietà nel sistema dei servizi, in St. Zancan, 2, 2001.
[15] Cfr. G. GIARELLI, V. GIOVANNETTI, Il Servizio Sanitario Nazionale italiano in prospettiva europea, FrancoAngeli, 2019. Sul punto, va rammentato che il Servizio sanitario nazionale (SSN) è un sistema di strutture e servizi che hanno lo scopo di garantire a tutti i cittadini, in condizioni di uguaglianza, l’accesso universale all’erogazione equa delle prestazioni sanitarie, in attuazione dell’art.32 della Costituzione, che recita:
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.
La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. I principi fondamentali su cui si basa il SSN dalla sua istituzione, avvenuta con la legge n.833 del 1978, sono l’universalità, l’uguaglianza e l’equità.
[16] AA.VV., Corso OSS e OSSS, Edizioni Simone, Napoli, 2021.
[17] Sono compresi nell’area professionale di cui al presente articolo i preesistenti profili professionali di operatore socio-sanitario, assistente sociale, sociologo ed educatore professionale. Resta fermo che i predetti profili professionali afferiscono agli Ordini di rispettiva appartenenza, ove previsti.
[18] F. MANGANARO, V. MOLASCHI, R. MORZENTI PELLEGRINI, D. SICLARI, (a cura di), Manuale di legislazione dei servizi sociali, Giappichelli Editore, Torino, 2020.
[19] G. RECCHIA, La figura dell’oss e le sue competenze professionali, in InfoNurse, 2020.
[20] Cfr. P. DONATI, Introduzione alla sociologia relazionale, FrancoAngeli, Milano, 1993.
[21] R. CARKHUFF, L’arte di aiutare, Erickson, 1987.
[22] F. FOLGHERAITER, Teoria e metodologia del servizio sociale. La prospettiva di rete, Franco Angeli, Milano, 1998.
[23] AA.VV., Corso OSS e OSSS… op. cit.
[24] AA.VV., Corso OSS e OSSS… op. cit.
[25] Con l’approvazione definitiva dell’area delle professioni sanitarie si aprono finalmente le porte della categoria C.
[26] S. SIMONETTI, Il Sostegni-bis battezza il ruolo sociosanitario dell’Oss: tutti i risvolti del nuovo profilo, in Sanità24, 2021; S. TOTAFORTI, F. PILOZZI (a cura di), Domande di salute. Significati, immaginari e prospettive multidisciplinari per comprendere il futuro del benessere, Rubettino, 2019.
[27] Forma abbreviata di Coronavirus disease 2019, denominazione attribuita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel febbraio 2020 alla malattia respiratoria provocata dall’agente patogeno 2019-nCoV, un nuovo ceppo di Coronavirus (temporaneamente denominato ncp, Novel coronavirus pneumonia, dalla National Health Commission della Cina, e successivamente definito SARS-CoV-2) causa di un focolaio di casi di polmonite ad eziologia non nota registratosi dal dicembre dell’anno precedente nella città di Wuhan (prov. dell’Hubei, Cina), e successivamente diffusosi, con morbilità e mortalità variabili, in vari Paesi del mondo.