di Maurizio Delli Santi (*) membro dell’Associazione Italiana Giuristi Europei e autore di pubblicazioni giuridiche. Le opinioni espresse nel presente contributo non concernono posizioni di associazioni o istituzionali

SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Il quadro giuridico di riferimento – 3. Gli “elementi” di valutazione del giudizio di avanzamento – 4. Gli orientamenti giurisprudenziali prevalenti – 5. Sul sindacato giurisdizionale – 6. Sindacato giurisdizionale e discrezionalità tecnica – 7. Il sindacato su lauree e cursus honorum- 8. Valore e disvalore – 9. Affinché Dike non perda l’orientamento – 10. Conclusioni: l’effettività dell’accesso alla giustizia.

Abstract: Il contributo analizza il particolare ambito del contenzioso amministrativo relativo ai procedimenti di valutazione della dirigenza militare, con riferimento alla più recente giurisprudenza che si è formata ad oltre dieci anni dall’entrata in vigore del codice dell’ordinamento militare. Analizzate le ben tipicizzate statuizioni della disciplina, il percorso si sofferma su alcune pronunce del giudice amministrativo che sottolineano limiti posti dalla discrezionalità tecnica e ristretti margini di sindacabilità, ma evidenziano anche incerti e difformi orientamenti. In questa prospettiva vengono perciò valutati i pregiudizi significativi per l’accesso alla giustizia e il diritto al processo equo, tutelati costituzionalmente e dal diritto europeo, proponendo mirate categorie concettuali, in un inquadramento delle norme logico e coerente, che consentono di evitare eccessivi arretramenti del sindacato giurisdizionale.

  1. Premessa

Il contesto di cui si parla è un argomento che può apparire marginale o comunque poco avvertito nel dibattito giuridico perché riconduce ai problemi di un contenzioso essenzialmente circoscritto alla ristretta categoria dei soggetti interessati, i dirigenti militari [1]. Eppure il tema si presta ad uno attento approfondimento con contenuti di puro diritto su alcuni orientamenti giurisprudenziali che pongono il problema del giusto equilibrio tra l’affermato principio della insindacabilità della “discrezionalità tecnica” dell’Amministrazione nelle procedure di avanzamento dei dirigenti militari e il non meno importante principio tutelato costituzionalmente della effettività dell’acceso alla giustizia [2]. L’argomento peraltro si presta ad una lettura più estesa nella dibattuta questione della meritocrazia  nelle scelte della dirigenza pubblica, scenario nel quale in alcuni contesti si è addivenuti addirittura ad ipotizzare un ampliamento delle funzioni dell’Autorità nazionale anticorruzione, da configurare anche come Garante del merito [3].

  • Il quadro giuridico di riferimento

In una sintesi essenziale della normativa di riferimento, va ricordato che le procedure di avanzamento degli ufficiali delle forze armate sono disciplinate dai seguenti rilevanti testi normativi [4]: 

– il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 Codice dell’ordinamento militare (cod. ord. mil.), che in particolare nel Libro quarto “Personale Militare” dedica il Titolo VII all’ “Avanzamento” con gli articoli che vanno dal 1030 al 1345;

 – il decreto del Presidente della Repubblica 24 febbraio 2010 n. 90 Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare (t.u.r.o.m.), che ancora nel Libro quarto “Personale Militare” dedica il Titolo VII all’ “Avanzamento” con gli articoli che vanno dal 700 al 711.

Nella sostanza, la normativa prevede vari tipi di avanzamento per gli ufficiali delle forze armate (ad anzianità, a scelta, per meriti eccezionali, per benemerenze d’istituto, ex art. 1031 cod. ord. mil.), ma quello che assume specifico rilievo ai fini della presente disamina è l’avanzamento a scelta, dove le commissioni di avanzamento (art. 1034 cod. ord. mil.) sono chiamate a svolgere uno specifico scrutinio sugli ufficiali interessati all’avanzamento; le stesse esprimono un punteggio finale di merito per ciascun ufficiale, che determinerà una graduatoria dalla quale saranno promossi al grado superiore i primi classificati, secondo la disponibilità del numero delle promozioni previste nell’anno per il grado.  

  • Gli “elementi” di valutazione nel giudizio di avanzamento

In particolare, prendendo a riferimento la procedura di avanzamento al grado di generale di brigata, ai sensi dell’art. 1058 cod. ord. mil., ogni componente della commissione assegna all’ufficiale un punto da uno a trenta per ciascun complesso di elementi di cui alle seguenti lettere: 

a) qualità morali, di carattere e fisiche; 

b) benemerenze di guerra e comportamento in guerra e qualità professionali dimostrate durante la carriera, specialmente nel grado rivestito, con particolare riguardo all’esercizio del comando o delle attribuzioni specifiche, se richiesti dal presente codice ai fini dell’avanzamento, al servizio prestato presso reparti o in imbarco; 

c) doti intellettuali e di cultura con particolare riguardo ai risultati di corsi, esami, esperimenti; 

d) attitudine ad assumere incarichi nel grado superiore, con specifico riferimento ai settori di impiego di particolare interesse per l’amministrazione [5]. 

Il legislatore ha poi voluto ulteriormente tipicizzare il quadro normativo sull’avanzamento degli ufficiali delineando, con ricchezza di indicazioni, i contenuti da attribuire a ciascuna delle voci da a) a d), che si rinvengono nella articolata ricognizione compiuta dal t.u.r.om. negli articoli 704 (qualità morali, di carattere e fisiche), 705 (qualità professionali), 706 (rilevanza degli incarichi), 707 (qualità intellettuali e di cultura), 708 (attitudine ad assumere incarichi di grado superiore), 709 (tendenza di carriera). 

Questa è probabilmente la parte ancora non compiutamente esplorata dalla giurisprudenza, che in linea generale si sofferma sulle norme del cod. ord. mil., mentre sarebbero proprio le norme del t.u.r.o.m. a costituire un timone sicuro per orientare il giudicato amministrativo senza sconfinare nella insindacabilità della discrezionalità tecnica. Per tali ragioni si ritiene essenziale richiamare la lettura integrale di tale impianto normativo, che è riportato in appendice al presente contributo.

Vanno pure ricordate le previsioni specifiche sull’ avanzamento ai gradi di generale o ammiraglio, laddove per l’art. 1093 c. 2 del cod.ord.mil. i requisiti (qualità morali, culturali, professionali, etc.) devono essere posseduti “in modo eminente” e per l’art. 701 del t.u.r.o.m “in misura rilevante e in modo particolarmente spiccato”.

  • Gli orientamenti giurisprudenziali prevalenti

Ciò premesso, l’orientamento consolidato della giurisprudenza che si enuncia nella prassi in tutte le sentenze in materia è incentrato sulla premessa della “ampiezza della discrezionalità” attribuita alle commissioni di avanzamento.  Queste infatti sono chiamate di norma ad esprimersi su candidati che di solito sono tutti ufficiali dotati di ottimi profili di carriera e le cui qualità sono definibili solo “attraverso sfumate analisi di merito implicanti una ponderazione non aritmetica delle complessive qualità degli scrutinandi, da effettuarsi attraverso un apprezzamento dei titoli e dei requisiti in via di astrazione e di sintesi, non condizionato dalla meccanica valutazione delle singole risultanze documentali” (ex multis, 30 luglio 2002 n. 4074; n, 2642 del 2000; n. 1398 del 1999). Per ultimo anche la sentenza Cons. Stato, Sez. IV, 3 marzo 2020, n. 1553 ha ribadito che il giudizio di avanzamento a scelta degli ufficiali delle forze armate è “un tipico giudizio di merito, frutto di una valutazione ampiamente discrezionale da parte della commissione competente, e come tale è sindacabile in questa sede giurisdizionale di legittimità se e solo se contenga incongruenze macroscopiche, immediatamente rilevabili dall’esame delle note caratteristiche e di tutti i documenti che riguardano gli interessati”

Da tali presupposti, la giurisprudenza ha quindi tracciato le seguenti linee guida in ordine alla configurabilità dell’eccesso di potere in senso assoluto:

  • il vizio può emergere solo ove si riscontri una “illogicità in sé del criterio di valutazione adottato dall’Amministrazione, così abnorme da portare all’esclusione dall’avanzamento di un soggetto prima facie e per tabulas assolutamente eccellente”;
  • conseguentemente, tale “illogicità” può desumersi quando il profilo dell’esaminando “presenti tratti così evidenti, palesi e, per così dire, solari di assoluta e continua eccellenza nel corso del servizio, da rendere eo ipso illogica, in sé e per sé, l’attribuzione di un punto insufficiente all’utile collocazione in quadro” (fra le più recenti, Cons. Stato, Sez. IV, N. 08486/2020 Reg.Prov.Coll.- N. 00192/2019 Reg.Ric.).

Per quanto concerne la censura di eccesso di potere in senso relativo, la giurisprudenza richiama più volte le statuizioni secondo cui:

  • l’avanzamento degli ufficiali delle forze armate non avviene per “merito comparativo”, ma per “merito assoluto”; 
  • la commissione “non procede ad un confronto concreto fra i vari esaminandi, ma, di contro, li compara separatamente ed individualmente – ossia, appunto, in forma absoluta – ad una figura idealtipica ed archetipica di Ufficiale, che racchiude in sé, al massimo grado e contestualmente, tutte le qualità, le doti, le capacità e le attitudini desiderabili in un Ufficiale” (cit. Cons. Stato, Sez. IV, N. 08486/2020 Reg.Prov.Coll.- N. 00192/2019 Reg.Ric.).

Da qui gli ulteriori corollari che delineano i limiti della proiezione del sindacato giurisdizionale nell’avanzamento degli ufficiali delle forze armate:

– il giudice non può procedere all’ esame comparativo  (come invece si attua per le ordinarie procedure concorsuali, che vanno distinte dalla procedure di avanzamento) degli ufficiali valutati negli scrutini di avanzamento o verificare la congruità del punteggio attribuito, “in quanto la discrezionalità tecnica attribuita alla commissione è sindacabile solo in presenza di valutazioni macroscopicamente incoerenti o irragionevoli, così da comportare un vizio della funzione” (fra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, n. 2642 del 2000 cit.; n. 1849 del 1999 cit.; n. 495 del 1998, per ultima cit. n. 1553/2020); 

– nel sindacato del giudice amministrativo sono pertanto apprezzabili solo quelle palesi aberrazioni in presenza delle quali il vizio della valutazione di merito trasmoda in eccesso di potere per la manifesta irrazionalità da cui traspare il cattivo esercizio del potere amministrativo, “… sì da far ritenere che i punteggi assegnati siano frutto di elementari errori ovvero il risultato di criteri impropri, volti al raggiungimento di finalità estranee a quella della scelta dei soggetti più idonei alle funzioni del grado superiore da conferire” (Cons. Stato, Sez. IV, n.4074 del 2002 cit.; n.2642 del 2000 cit.; n. 1849 del 1999 cit.); 

– la incoerenza o abnormità della valutazione nonché la violazione delle regole di tendenziale uniformità del criterio di giudizio debbono emergere dall’esame della documentazione “con assoluta immediatezza” (Cons. Stato, Sez. IV, n. 4074 del 2002 cit.; n. 2642 del 2000 cit.; n. 485 del 1998 cit., per ultimo n. 1446/2020).

  •  Sul sindacato giurisdizionale

Sulla base di questi principi generali affermati dalla giurisprudenza, si è venuta delineando, a dire il vero in specie in giudicati del I grado, una ulteriore progressione nella enunciazione dei limiti del sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità tecnica dell’amministrazione, su cui è opportuno soffermarsi con alcuni esempi.

In una di queste sentenze, in particolare, si afferma che il sindacato del giudice amministrativo “è confinato (…) in uno spazio assai limitato, se non angusto” e si argomenta che il metro valutativo utilizzato dall’amministrazione “è un concetto quanto mai sfuggente (…) e che “ogni tentativo di ricercare un metro oggettivo, utilizzabile anche dal Giudice per la verifica giudiziaria, non può che risultare vano” (Tar Lazio Sez.I bis n.88583/2018).

Ancora in un giudizio innanzi al Tar, nel tentativo di enucleare i criteri di attribuzione numerica dei punteggi concessi dalla Commissione, il giudice si arrende e ritiene di trovarsi di fronte ad una “attività fideistica, in alcun modo dimostrabile e, conseguentemente, ad una manifestazione di volontà, più che di giudizio, che, così, non ammette, né può ammettere prova contraria” (Tar Lazio Sez.I bis n. 9603/2016). 

Inoltre, anche il Consiglio di Stato (per ultimo Cons. Stato, Sez. IV, N. 08486/2020 Reg.Prov.Coll.- N. 00192/2019 Reg.Ric.) è intervenuto ribadendo i limiti del sindacato giurisdizionale su alcuni specifici aspetti, affermando tra l’altro:

– “non è predicabile una classificazione dell’importanza degli incarichi di comando”;

– “la valutazione circa l’attitudine al comando è – salvo casi patologici di macroscopica inconsistenza logica    – insindacabile”;

– “il sindacato di legittimità del giudice amministrativo non può estendersi sino ad una ripetizione del giudizio, determinandosi altrimenti un’inammissibile sostituzione della valutazione giudiziale a quella amministrativa (ovvero, altrimenti detto, una non consentita cognizione di merito)”.

In estrema sintesi, non può omettersi di considerare che si è difronte ad orientamenti giurisprudenziali che offrono uno spazio davvero angusto per ogni possibile valutazione del giudice amministrativo in questo particolare contesto del diritto vivente.

  • Sindacato giurisdizionale e discrezionalità tecnica 

Sulla base di tali premesse, tuttavia, va evidenziato che anche una breve ricognizione della variegata giurisprudenza in materia consente di verificare quanto lo stesso giudice amministrativo si sia invece pronunciato più volte su ambiti che a prima vista rimarrebbero esclusi al suo sindacato, secondo gli orientamenti indicati in premessa che delineano i contorni della c.d. discrezionalità tecnica dell’Amministrazione. Alcuni esempi possono essere direttamente esplicativi.

Con riferimento al principio della “non predicabile classificazione degli incarichi di comando” affermato in varie pronunce (fra cui cit. Cons. Stato, Sez. IV, N. 08486/2020 Reg.Prov.Coll.- N. 00192/2019 Reg.Ric.), in altre e numerose sentenze si rinviene invece come il Giudice amministrativo si sia espresso sulla valenza e superiorità di specifici comandi o incarichi, come ad esempio nei casi di seguito indicati:

  • nella sentenza Cons. Stato sez. IV n. 1440/2020 (cit.), il giudice compie una ricognizione sulla individuazione dei “comandi veri e propri”, e dei “comandi equipollenti” ed apprezza l’incarico di “Comandante, date le responsabilità e le funzioni attribuite in termini di disciplina, organizzazione, impiego, addestramento del personale e gestione amministrativa”
  • nella stessa pronuncia il Giudice si spinge ancora più oltre nel recepire la posizione della difesa erariale facendo propria l’osservazione di merito sulle qualità prevalenti di un incarico perché “contava il comando di quasi 6500 uomini, tra cui ben 2 Brigate e 10 Reggimenti; numeri che il Comando X (incarico di comando svolto dal ricorrente nel grado di Gen. D.) non può nemmeno lontanamente avvicinare (si pensi che, all’epoca dei fatti, il Cdo X contava il comando di 5 reggimenti, nessuna Brigata, per un totale di circa di 3500 uomini)”;
  • in Cons. Stato, Sez. IV, n. 345 /2015, si precisa che una valutazione sugli incarichi non è impedita nel sindacato del giudice “quando è la stessa Amministrazione ad attribuire particolare importanza a determinati tipi di impiego, come quelli svolti all’estero ed a carattere interforze (art. 705 d.P.R. n. 90 del 2010)”
  • in Cons. Stato Sez. IV, n. 926/ 2011, n. 926 la valutazione sui comandi si spinge a “cogliere una superiorità del controinteressato quanto meno con riferimento al periodo più recente, avendo egli svolto l’incarico di Vice Comandante di Regione e di Capo di Stato Maggiore della Regione X nel grado di colonnello e di Comandante di Comando Provinciale nel grado di tenente colonnello”.

In sostanza, il principio di un asserita “insindacabilità” o “non predicabilità” della valutazione sulla rilevanza dei comandi da parte del giudice amministrativo non appare affatto consolidato ed anzi è contraddetto, fortunatamente, da molte sentenze. Come uscire allora da questo cul de sac in cui si dovrà ancora imbattere il giudice amministrativo? In molti casi, può essere sufficiente il “senso comune” laddove è evidente che, ad esempio, un incarico operativo in contesti delicati (in “aree di crisi” per un ufficiale delle forze armate, o nelle c.d. “aree sensibili” sotto il profilo dell’ordine e della sicurezza pubblica per un ufficiale delle forze di polizia ad ordinamento militare) dovrà ritenersi prevalente rispetto ad un incarico meramente burocratico/d’ufficio. Ma ove pure il giudice non voglia erigersi in questo contesto a peritus peritorum – mandato che non può comunque dirsi escluso per il giudice amministrativo – potrà comunque munirsi degli strumenti conoscitivi appropriati, non ultime le stesse direttive interne delle forze armate che ben delineano i criteri di maggiore valenza degli incarichi/comandi nel percorso professionale degli ufficiali.

 In ogni caso assolutamente dirimente sul punto è il dato normativo di riferimento, che consente al giudice amministrativo di verificare se l’amministrazione ha compiutamente motivato l’atto in conformità alle previsioni dell’art.706 del t.u.r.o.m., in base al quale va riconosciuta “preminenza” agli incarichi validi “ai fini dei periodi di comando” e a quelli “che richiedono spiccate capacità professionali e che comportano gradi di autonomia e responsabilità elevati”. Un’ altra norma di rango primario che può essere adoperata come “bussola” del giudice chiamato a valutare la prevalenza di una tipologia di comando è pure quella riferita alle funzioni del “Comandante di Corpo”, che ai sensi dall’art. 726 del t.u.r.om. è “L’ufficiale preposto, secondo le disposizioni in vigore, al comando o alla direzione di unità, di ente o servizio organicamente costituito e dotato di autonomia nel campo dell’impiego e in quello logistico, tecnico e amministrativo”, il quale “oltre ai doveri generali comuni a tutti i superiori, ha doveri particolari. Egli, nell’ambito del corpo, è direttamente responsabile della disciplina, dell’organizzazione, dell’impiego, dell’addestramento del personale, della conservazione dei materiali e della gestione amministrativa. Esplica, inoltre, le funzioni di polizia giudiziaria militare secondo   l’ordinamento vigente nei riguardi dei propri dipendenti”. 

Su questi aspetti sembrerebbe dunque che una buona parte della giurisprudenza amministrativa proceda con “una navigazione a vista”, laddove però non può sottacersi che questa sia sbilanciata da una deriva forse un po’ troppo vicina ad una parte, quella dell’amministrazione.  Non a caso gli esempi che si sono citati sul sindacato espresso anche sulla valutazione dei comandi si riferiscono per lo più a posizioni del giudice allineate su quella della difesa erariale. Si tratta  di una circostanza che va vista come meritoria per la tutela degli interessi più immediati dell’ Amministrazione, ma se tali criteri non vengono seguiti quando si tratti di tutelare i ricorrenti – ufficiali di norma di elevatissimo profilo che, in generale, hanno forti remore morali nel promuovere i rimedi giurisdizionali consentiti –  certamente l’agire amministrativo e giurisdizionale non risponde ai principi di imparzialità ed equità, soprattutto in vista degli interessi più generali della collettività – tutelati dalla Costituzione e dalla CEDU – al buon andamento della pubblica amministrazione e ad un effettivo riconoscimento del diritto di accesso alla giustizia.

  • Il sindacato su lauree e cursus honorum 

Il profilo della “discrezionalità tecnica” lasciata all’ambito proprio dell’amministrazione si è declinata ancora in alcuni orientamenti giurisprudenziali che hanno recepito in pieno talune posizioni espresse nelle memorie erariali, che tuttavia possono portare ad una più ampia delibazione. Il tema di cui si tratta riguarda la particolare connotazione di alcuni specifici requisiti, quali: 1) la provenienza dai corsi regolari di Accademia [6]; 2) il conseguimento di una o più lauree – quadriennali secondo il vecchio ordinamento, ovvero specialistiche secondo il nuovo – in particolare della laurea in giurisprudenza, ritenuta “qualificante” per gli ufficiali appartenenti a forze di polizia ad ordinamento militare e per i corpi/ruoli di commissariato e amministrazione delle forze armate;  3) il valore delle Medaglie al merito di lungo comando, nei vari gradi, oro, argento, bronzo corrispondenti al riconosciuto merito nelle funzioni di comando rispettivamente   per 20, 15, 10 anni;  4) il valore della Medaglia Mauriziana, che viene concessa, con Decreto del Presidente della Repubblica, “al merito di 10 lustri di carriera militare”. 

Non v’è dubbio che il possesso di tali requisiti non possono che delineare di per sé un profilo di eccellenza dell’Ufficiale mentre se mancassero – specie se tutti insieme considerati – in uno degli ufficiali promossi, l’Amministrazione non avrebbe ottemperato alle previsioni in base alle quali l’accesso alla promozione ai vari gradi di generale richiede che i requisiti siano posseduti “in modo eminente”, e “in misura rilevante e in modo particolarmente spiccato” (artt.1093 c. 2 del cod.ord.mil. e 701 del t.u.r.o.m.) e pertanto potrebbero configurarsi quegli elementi “macroscopici” indicatori dell’eccesso di potere anche in senso assoluto. Sotto tali profili, infatti, è pacificamente riconosciuta dalla stessa giurisprudenza amministrativa la prevalenza della formazione degli Ufficiali provenienti dalle Accademie Militari rispetto a quella degli Ufficiali provenienti dal complemento (v. nota in calce 6; ex multis, Cons. Stato Sez. IV, 1450/2012; 4649/2012). Inoltre, con riferimento alla valenza delle lauree, benché in alcuni casi la difesa erariale sia giunta a sostenere che “la giurisprudenza non riconosce alcun inscindibile nesso tra il possesso di titoli di studio e la dirigenza superiore militare”, il portato letterale dei citati artt. 1093 del cod.ord.mil. e 701 del t.u.r.o.m, sui requisiti “eminenti” e “spiccati”,induce a considerare dirimente sul punto l’osservazione che l’ordinamento delle forze di polizia ad ordinamento militare, oggi, pone come obbligo formativo per gli Ufficiali di Accademia il conseguimento della laurea in giurisprudenza e che la laurea triennale è richiesta per il ruolo Marescialli. Quanto poi sia evidente un ingiustificato arretramento del sindacato giurisdizionale che convalidasse la posizione assunta in questo ambito di discrezionalità dall’Amministrazione, lo si deduce in relazione alle espresse previsioni:

  • dell’art. 707 del t.u.r.o.m., che qualifica come “elementi essenziali da valutare”, l’iter formativo e i “titoli culturali”;
  • degli artt. 594 c. 3 e 4, all’art. 595 c. 1 lett. a), e all’art. 601 c.4 del t.u.r.o.m., che nell’ordinamento militare impongono la formazione universitaria;
  • dell’art. 1231 del cod.ord.mil. “Mancato conseguimento del diploma di laurea”, in base al quale il mancato conseguimento della laurea in giurisprudenza è causa di esclusione dai “ruoli normali” degli ufficiali dell’arma dei carabinieri. 

Peraltro, in Cons. Stato Sez. IV, Sent. 24/3/2010 n.1714 si era già censurata la condotta della commissione di avanzamento per non aver valutato che erano “state attribuite valutazioni di eccellenza con aggettivazioni superlative quando, oggettivamente, i titoli posseduti erano inferiori (una sola laurea ed alcuni corsi professionali)”. 

Infine, va ricordato quanto statuito in Cons. Stato Sez. IV sul ric. 04877/2009 RG dep. 25/6/2010, e più recentemente in Cons. Stato, sez. IV, Sent. 10-6-2013 n. 3185, secondo cui la laurea in giurisprudenza rappresenta “titolo accademico indubbiamente qualificante e significativo per un ufficiale dell’arma, che svolge anche e soprattutto delicatissime funzioni nel settore dell’ordine e della sicurezza pubblica”.

  • Valore e disvalore

Un altro profilo che viene ad assumere rilievo nelle valutazioni discrezionali dell’Amministrazione concerne il mancato riconoscimento di alcuni titoli, ai fini di un’adeguata maggiorazione di punteggi negli avanzamenti, riferiti in particolare alle onorificenze rappresentate dalle Medaglie d’oro, d’ argento di bronzo concesse “al merito di lungo comando”, e della Medaglia Mauriziana concessa “al merito” di 10 lustri carriera.  La posizione della difesa erariale è stata qui recepita integralmente dal Giudice amministrativo in alcune pronunce [7] ove si afferma che “la medaglia mauriziana e la medaglia d’oro al merito di lungo comando non sottendono un giudizio di particolare e specifico pregio dell’Ufficiale, ma conseguono al mero dato temporale della maturazione di una certa anzianità in ruolo ovvero in incarichi di comando”.

Sul punto possono formularsi diverse osservazioni. Una prima considerazione concerne una diversa rilevanza data alla Medaglia d’oro al Merito di lungo Comando dal Parere del Consiglio di Stato, Sez. II, n. 870 del 06.04.2016, richiamato anche in:

– Cons. Stato Sez. IV, Sent., (ud. 12/04/2018) 30-05-2018, n. 3233: “non solo vanta la Medaglia militare d’oro al merito di lungo comando di reparto, a differenza del parigrado -OMISSIS-insignito solo della Medaglia militare di bronzo al merito di lungo comando di reparto”;

 – Cons. Stato Sez. IV, Sent. (ud. 13/11/2012) 24-01-2013, n. 432: “il G. ha espletato un servizio di comando di più lungo periodo – quasi venti anni – rispetto agli altri parigrado (sì da meritare la Medaglia d’oro al merito di lungo comando) e tale circostanza assume una valenza particolarmente significativa cui non può non corrispondere una relativa differenziazione nel giudizio di avanzamento (cfr Cons. Stato Sez. IV 5 maggio 2009 n.4864), ciò che non risulta sia stato rilevato da parte della Commissione giudicatrice”.

Ma sul punto soccorrono in primis anche le norme di rango primario che disciplinano le onorificenze e il loro valore negli avanzamenti. Intanto, tale tipologia di onorificenze rientra certamente nei titoli da valutare ope legis ai sensi dell’articolo 705 comma 1, e dell’articolo 706 comma 1, ove peraltro si attribuisce “preminenza” agli “incarichi validi ai fini dei periodi di comando”. Inoltre, il conferimento di tali onorificenze è sottoposto ad una specifica attività istruttoria volta proprio ad accertare i requisiti quali i prolungati periodi di servizio e di comando esperiti con “merito” (es. senza incorrere in sanzioni disciplinari, procedimenti penali, etc.)ed è tipicizzato da norme di rango primario, ex art. 1464 del cod.ord.mil. e art.840 e ss. del t.u.r.o.m., che prevedono determinazioni del Vertice della Difesa, e, ai sensi dell’art. 1459 e ss. del cod.ord.mil., per la Medaglia Mauriziana il Decreto del Presidente della Repubblica. 

La stessa attribuzione “al merito” è definita ope legis nelle denominazioni della Medaglia Mauriziana concessa ex art. 1459 del cod.ord.mil. “al merito” di dieci lustri di carriera” e della “Medaglia al merito di lungo comando” (la definizione al merito è contrapposta a quella adoperata per altre onorificenze in cui il legislatore non a caso adopera la definizione di “medaglia d’onore”, “distintivo d’onore” ex art.1464 del C.O.M.). Se tale è la volontà espressa dal legislatore nel nomen il giudice non può disconoscerne il valore meritorio anche in considerazione dell’art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale secondo cui “nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole”.

È comunque anche il caso di sottolineare che chiunque anche solo superficialmente si accosta all’ordinamento militare, fondato per definizione sul principio di gerarchia e sulla funzione di comando, può ben cogliere come tutto il quadro normativo di riferimento delinea  la rilevanza delle attribuzioni di  comando, peraltro da valutare per configurare i “requisiti eminenti” ex art. 1093 c.2 ed anche ai fini della “tendenza di carriera” ex art. 709 del t.u.r.o.m, la cui valenza trova riscontro oggettivo proprio nell’avvenuta concessione delle citate onorificenze.

Un’ultima considerazione sul cursus honorum va fatta, prima di pervenire alle conclusioni. Gli esempi fatti sono di più diretta evidenza, ma se si volessero sviscerare le varie situazioni all’esame di questo delicato settore del contenzioso amministrativo vi sarebbero altre argomentazioni per sostenere proprio l’esigenza di far riconsiderare l’arretramento del sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità delle commissioni di avanzamento. Molto discutibile, per esempio, è ancora l’affidamento che tanto l’Amministrazione quanto il Giudice amministrativo compiono nel dare particolare rilievo nei giudizi di avanzamento alla c.d. documentazione caratteristica. Si tratta del sistema di valutazione annuale/periodica che chiama i superiori dell’ufficiale ad esprimere giudizi con “qualifiche” che vanno dall’ insufficiente, inferiore alla media, a nella media, superiore alla media, eccellente: solo questo dice la norma, l’art. 1026 del cod.ord.mil.. Beninteso gli ufficiali che accedono al giudizio di avanzamento nei gradi di generale hanno tutti – tranne rarissime e davvero particolari eccezioni – lusinghieri giudizi di eccellenza e allora l’amministrazione si è affidata ad una prassi che ha introdotto l’utilizzo delle c.d. “espressioni elogiative” che si estendono in una gradualità di giudizi di valore molto ampia, sino a dieci livelli: si va dall’apprezzamento (che progredisce in vivo, più vivo, vivissimo apprezzamento) al compiacimento (ancora in progressione da vivo, a più vivo, e vivissimo compiacimento), cui si aggiungono anche al massimo di valenza l’ “incondizionato” e poi anche il  “convinto” compiacimento , e ancora in alcuni casi si esprime anche la “lode”. Questa prassi rientra evidentemente in scelte amministrative discrezionali, ma pone una serie di problemi: se le “qualifiche” indicate dall’art. 1026 sono “tipicizzate” dalla legge, solo queste (la massima è “eccellente”) dovrebbero produrre effetti giuridici ai fini dell’avanzamento e ciò a garanzia di un criterio di imparzialità e oggettività che evidentemente chi ha concepito la norma voleva tutelare. In altri termini, è fin   troppo chiaro che queste sfumate aggettivazioni non possono trovare riscontro oggettivo in specifici gradi di soddisfazione sul rendimento, ma sono per lo più sussumibili in una rappresentazione esclusivamente soggettiva del superiore diretto. E su questo percorso il Consiglio di Stato, non a caso, è già intervenuto statuendo che tutte le espressioni “vivissimo”, “più vivo”, “vivissimo e incondizionato” compiacimento “sono da ritenersi in sostanza equivalenti” (Cons. Stato Sez. IV Sent. 1119/2012), ma si tratta di un orientamento che non sempre è tenuto a riferimento in altre pronunce. 

In sostanza, piuttosto che enfatizzare nel giudizio di avanzamento la documentazione caratteristica che reca le massime “espressioni elogiative” meglio sarebbe per il giudice amministrativo rintracciare elementi marcatamente oggettivi (tipologia di incarichi, ricompense, titoli culturali, etc.) secondo i criteri diffusamente esplicati dagli artt. 704 e ss. del t.u.r.o.m.. 

  • Affinché Dike non perda l’orientamento

Come si è visto, il giudice amministrativo si trova dunque a dover affrontare uno scenario che richiede una profonda conoscenza dell’universo militare ed è dunque comprensibile la resa di quei giudici che hanno lamentato, da un lato, lo spazio “confinato”, “assai limitato, se non angusto” del giudicato consentito e, dall’altro, il carattere della valutazione degli avanzamenti “quanto mai sfuggente”  e impermeabile “a qualunque tentativo di ricercare un metro oggettivo” (cit. Tar Lazio Sez.I bis n.88583/2018), rivelandosi ai più un’”attività fideistica, in alcun modo dimostrabile”  (cit. Tar Lazio Sez.I bis n. 9603/2016). 

Ma sul punto, la giustizia smarrita potrebbe avvalersi di una bussola infallibile, purché sia ben tarata su alcuni assi cardinali: 1) i principi generali di trasparenza, imparzialità, equità, buon andamento dell’amministrazione; 2) le norme di rango primario che hanno “tipicizzato” i criteri e le regole poste alla base del procedimento di avanzamento, nonché i titoli da considerare rilevanti ope legis; 3) le pronunce giurisprudenziali rilevanti.

Così ad esempio, dati per assodati i principi del diritto amministrativo che il giudice ben conosce, dovrà orientarsi in primo luogo a verificare il fumus della violazione dell’imparzialità del giudizio, secondo il principio che “l’imparzialità amministrativa è bensì vulnerata dalla potenzialità astratta della lesione della parità di trattamento e, quindi, dal solo sospetto di una disparità”, con connessa esclusione della necessità di “allegare e comprovare che il rischio di parzialità si sia effettivamente concretato in un risultato illegittimo”(C.d.S., Sez. V, 1 aprile 2009, n. 2070). Proseguirà quindi verificando l’osservanza del principio di legalità ex art. 1, 1° comma l.n. 241/90 smi, in base al quale “la valutazione della rilevanza di un singolo elemento è sottratta alla normale competenza dell’organo amministrativo, essendo invece svolta a monte dalla stessa disciplina di rango primario, ed è quindi predominante rispetto agli intendimenti della stessa Commissione” (Cons. Stato Sez.IV, Sent., 20-6-2012, n.3617).

In successione, il giudice andrà a constatare l’uniformità e la coerenza dei criteri di attribuzione dei punteggi per valutare se vi è stata disparità di trattamento e per esprimere a pieno il proprio sindacato, tenendo conto dei principi di diritto efficacemente sintetizzati nella Sentenza Consiglio di Stato, Sez. IV, 27 aprile 2012, n. 2483: “(seppure) le differenze di valutazione in conseguenza finiscono per essere sovente affidate ad elementi estremamente specifici o sfumati, l’alta discrezionalità tecnica attribuita alla commissione è invece sempre sindacabile dal giudice amministrativo (cfr. Consiglio Stato, Sez. IV 07 luglio 2008, n. 3378;, 28 agosto 2006, n. 5000) in presenza di valutazioni macroscopicamente così incoerenti o irragionevoli da essere sintomaticamente rivelatrici di un vizio della funzione (cfr. Consiglio Stato, Sez. IV, 24 dicembre 2009, n. 8758); ovvero  in presenza di un’incoerenza generale del metro valutativo adoperato, o di una manifesta incongruità del punteggio, avuto riguardo rispettivamente agli incarichi ricoperti, alle funzioni espletate ed alle positive valutazioni ottenute durante tutto l’arco della carriera degli scrutinandi”. 

Inoltre, proseguirà la verifica orientandosi con le citate norme del cod.ord.mil. e del t.u.r.o.m., considerando in particolare: “tutti i precedenti di carriera del militare da giudicare” ai sensi dell’art. 1032 C.O.M.; i giudizi più recenti “nel grado rivestito” ex art. 1058 C.O.M; i requisiti “eminenti” ex art. 1093 c.2 C.O.M. e premiali previsti ope legis, quali: 1) il posizionamento nelle graduatorie dei corsi formativi ex art. 707 del dpr 90/2010; 2) il “titolo” scuola forze di polizia ex art.1227 del cod.ord. mil.; 3) la “personalità intellettuale” desumibile dal numero e tipo di lauree, corsi frequentati, e pubblicazioni ex art. 707 del dpr 90/2010; 4) le ricompense ex art.704 comma 1, e 705 del dpr 90/2010; 5) la rilevanza degli incarichi di comando, interforze e internazionali ex artt. 705,706,708,709 del dpr 90/2010; 6) le attribuzioni in funzioni superiori ex art. 708 del dpr 90/2010; 7) la valutazione delle qualità fisiche ex art. 704 comma 2 del dpr 90/2010, etc..

Potrà avvalersi quindi della giurisprudenza che ha individuato i titoli preferenziali da considerare, quali ad esempio: a)la frequenza dei corsi basici dell’accademia militare (per ultimo v. Cons. Stato sez. iv, sent., 15-03-2012, n. 1450 e 29-08-2012, n. 4649, che riconoscono la prevalenza di tale tipo di formazione rispetto a quella degli ufficiali comunque provenienti dal “complemento”, ancorché “titolati Scuola di Guerra”, così in cit. 1450/2012) b) il migliore posizionamento nei corsi formativi (ex multis, Cons. St., sez. IV 16-4-2012 n. 2195), nei precedenti giudizi di avanzamento (sul punto TAR Lazio, Sez. I Bis, 30 genn.2013 n.1047), e nel Corso d’Istituto (Cons. Stato Sez. IV, Sent., 07-07-2011, n. 4078 e cit. sent.. 4649/2012); c)più lauree e la laurea in giurisprudenza in particolare (cit. Cons. Stato sez. IV, sent., 07-07-2011, n. 4078); d) gli incarichidi Comandante provinciale – e non già delle riconosciute “equipollenze” –  nei gradi di Tenente Colonnello e Colonnello (Cons. Stato sez. iv, sent., 11-2-2011, n.926);  e) l’ incarico di capo di stato maggiore/vice comandante di comando regione (cit. Cons. Stato sez. iv, sent., 11-2-2011, n.926); f) i “titoli” ope legis , quale la “Medaglia Mauriziana” e in particolare il “titolo ISSMI” relativo al corso dell’Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze per le Forze Armate [8], e il  “titolo SFP” relativo al corso di alta formazione presso la Scuola di Perfezionamento delle Forze di Polizia [9], riconosciuto preferenziale ai fini dell’avanzamento(per ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, Sent., 20-6-2012, n.3617); g) i  maggiori periodi di comando e le relative onorificenze  (Cons. Stato Sez. IV, Sent., ud. 12/04/2018 30-05-2018, n. 3233); h) gli incarichi interforze/internazionali, come previsto dall’art. 705 del T.U.R.O.M., etc..

  1. Conclusioni: l’effettività dell’accesso alla giustizia 

In conclusione, pur comprendendo la cautela con cui il giudicato amministrativo si approccia ad un momento topico dell’Alta amministrazione qual è quello dei giudizi di avanzamento della dirigenza militare, non possono condividersi eccessivi arretramenti del sindacato giurisdizionale, pur nel rispetto del principio della insindacabilità della discrezionalità tecnica. La questione di fondo sta nei prevalenti interessi generali da tutelare, in relazione all’affermazione dei criteri “meritocratici” e di stretta legalità che devono ispirare anche questo vissuto dell’agire amministrativo. 

Come si è visto, la normativa novellata dal legislatore nel 2010 e la consolidata giurisprudenza indicano la necessità di accertare che le “sfumate” analisi di merito nei giudizi di avanzamento siano effettuate attraverso un legittimo apprezzamento dei titoli e dei requisiti, secondo un processo logico ispirato a criteri uniformi e ai parametri indicati dalle norme. Se ciò non è dimostrabile, il richiamo al principio della “discrezionalità tecnica” non può essere fatto valere specie in riferimento alle verifiche del giudice sul lamentato eccesso di potere e all’ ormai affermato principio di diritto secondo cui “il principio della tendenziale insindacabilità della discrezionalità tecnica va applicato con grande cautela ai singoli casi, per evitare che quella discrezionalità si trasformi in abuso nell’esercizio del potere” (cit. Cons. Stato, IV, sul ric. 04877/2009 dep. il 25/6/2010). Il giudice ha precise norme e ampia giurisprudenza a disposizione per poter rispondere ad una istanza di giustizia tutelata costituzionalmente. E quanto in realtà possa estendersi il suo sindacato, affatto “angusto”, è rilevabile nello stesso Codice dell’ordinamento militare che all’ articolo 1090, comma 4 prevede che la sentenza del giudice amministrativo, se correttamente motivata, non solo porta all’annullamento dell’atto impugnato, ma può anche direttamente determinare la c.d. diretta iscrizione in quadro, e quindi la promozione del ricorrente avente titolo.

Al Giudice amministrativo incombe l’obbligo – diremmo anche morale oltre che giuridico – di verificare i presupposti di fatto che il quadro normativo di riferimento impone di accertare quando l’amministrazione sia sconfinata nella discrezionalità travalicando i limiti esterni, con un comportamento “sfuggente” che l’ordinamento giuridico fa obbligo di sindacare, sia pure nel rispetto del principio della divisione dei poteri, ai sensi dell’art. 113 della Costituzione e in relazione ai canoni statuiti dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, secondo cui l’accesso alla giustizia deve essere assicurato in termini effettivi e anche superando vuoti formalismi giuridici (per ultimo v. anche Sent. Cass. S.U. 22438/18).

Se così non fosse, come è stato autorevolmente rilevato dallo stesso Consiglio di Stato in altre occasioni “la tutela giurisdizionale amministrativa si ridurrebbe ad un mero, ed inutile, flatus vocis in palese violazione dei principi generali in materia di effettività della tutela giurisdizionale dell’ordinamento nazionale e internazionale, di cui agli artt. 24 comma 1, 103, comma 1, e 113 della Costituzione ed agli artt. 6 e 13 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo” [10].

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[1]  Per un apprezzamento generale sull’ordinamento militare, si richiama il più recente A. CONTI, S. SAVERIO, Lezioni di diritto militare, CEDAM, 2020. Sul tema della dirigenza militare: S. CASSESE, C. D’ORTA, Rapporto di ricerca sulla dirigenza militare, Rivista Militare, 1992; A. ZANETTA, La dirigenza militare: ipotesi di contrattualizzazione, in Informazione difesa, n.6/2009

[2] Sulla vasta bibliografia di riferimento si reputa opportuno richiamare: S. COGNETTI, Legge Amministrazione Giudice, v. Cap. V, Sindacato giurisdizionale fra discrezionalità amministrativa e indeterminatezza della norma, pg.98-150, Giappichelli, 2014; F. D’ANGELO, La giurisdizione di merito del giudice amministrativo, Giappichelli, 2013 

[3] M. SALERNO, Contributo allo studio sul principio costituzionale del merito, Giappichelli, 2020. Sul correlato tema più generale della amministrazione imparziale: F. MERLONI, Dirigenza pubblica e amministrazione imparziale. Il modello italiano in Europa, Il Mulino, 2006 

[4]  Sulle norme generali relative all’ “avanzamento” riferite alla progressione della carriera militare, si richiama: cit.A. CONTI, S. SAVERIO, Lezioni di diritto militare; F. BASSETTA, Lineamenti di diritto militare, Laurus Robuffo 2002; F. CASTIELLO, Diritto amministrativo militare, Laurus Robuffo 2011;  F. BASSETTAV. POLICommentario all’ordinamento militare. Personale militar,e vol.5.1 EPC 2012

[5] L’art. 1058 precisa poi che “Le somme dei punti assegnati per ciascun complesso di elementi di cui alle lettere a), b), c), d) sono divise per il numero dei votanti, e i relativi quozienti, calcolati al centesimo, sono sommati tra di loro. Il totale così ottenuto è quindi diviso per quattro, calcolando il quoziente, al centesimo. Detto quoziente costituisce il punto di merito attribuito all’ufficiale dalla commissione”.

[6] In linea generale, la formazione delle Accademie Militari prevede un accesso per concorso per esami e il superamento di un ciclo formativo quadriennale/quinquennale che include il completamento del corso di laurea determinato oltre al superamento di attività addestrative e discipline tecnico-professionali. La formazione degli Ufficiali “provenienti dal complemento” prevedeva (vigeva nel sistema del servizio di leva), dopo un primo ciclo formativo trimestrale e un periodo di servizio annuale/biennale, un accesso per concorso per esami cui seguiva un corso formativo della durata di un anno. Gli aspetti generali della formazione militare sono richiamati nei siti istituzionali delle forze armate e al Libro I Titolo VI Istituti di Istruzione e Formazione, in particolare artt. 221-223 per le Accademie Militari, del cod. ord. mil., e al Libro IV Titolo III, Sez. II-III artt. 603-607 del t.u.r.o.m.    

[7] Cons. Stato, Sez. IV, N. 08486/2020 Reg.Prov.Coll.- N. 00192/2019 Reg.Ric.

[8] Il “titolo ISSMI” si consegue dopo un primo iter formativo di un anno (c.d. Corso di stato maggiore o Corso d’istituto) presso la forza armata di appartenenza – di norma svolto nel grado di maggiore/tenente colonnello ed equivalenti – a seguito di iter selettivo per titoli e il superamento di altro corso annuale presso l’Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze (ISSMI) per sviluppare la formazione professionale e la conoscenza culturale degli ufficiali destinati ad assumere incarichi di particolare rilievo negli stati maggiori, specie nei contesti interforze ed internazionali (artt. 616 e ss. del t.u.r.o.m.).

[9] Il “titolo SFP” per gli ufficiali delle forze di polizia ad ordinamento militare (ma è previsto anche per i dirigenti delle forze di polizia ad ordinamento civile) si consegue – anche questo di norma dopo un primo iter formativo di un anno (o Corso d’istituto) – in genere nei gradi di tenente colonnello a seguito di iter selettivo per titoli e il superamento di un Corso annuale di Alta Formazione presso la Scuola di Perfezionamento delle Forze di Polizia (Ministero dell’Interno). “Il corso di Alta formazione è volto a perfezionare la preparazione scientifico-professionale dei funzionari e degli ufficiali delle forze di polizia e ad affinarne le capacità decisionali attraverso l’acquisizione di metodologie e tecniche comuni nei settori dell’organizzazione, dello sviluppo e del coordinamento delle attività istituzionali. Al corso di Alta formazione, che ha la durata di un anno accademico, sono ammessi i funzionari e gli ufficiali di livello dirigenziale delle forze di polizia (per la Polizia di Stato con qualifica non inferiore a vice questore aggiunto; per l’Arma dei carabinieri e per il Corpo della Guardia di finanza con grado non inferiore a tenente colonnello; per la Polizia penitenziaria con qualifica di commissario coordinatore). Ai sensi della legge 121/1981, il superamento degli esami finali del corso costituisce titolo preferenziale per l’avanzamento in carriera” fonte: https://scuolainterforze.interno.gov.it/alta-formazione/. 

[10] http://www.gazzettaamministrativa.it/servizicu/bancadatigari/viewnews/07f0ea36-61c4-11e3-8ae2-5b005dcc639c (Cons. Stato Sez. IV****12/2013). Sul tema più generale del diritto al processo giusto nella giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si richiama V. PETRALIA,  Equo processo, giudicato nazionale e convenzione europea dei diritti dell’uomo,, Giappichelli, 2012; con riferimento al processo amministrativo M. MENGOZZI, Giusto processo e processo amministrativo. Profili costituzionali, Giuffrè, 2009; M. CORRADINO, S. STICCHI DAMIANI, Il processo amministrativo, Giappichelli, 2014

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 15 marzo 2010, n. 90 Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246.

(…)

Art. 704 Qualità morali, di carattere e fisiche

1. Le qualità morali e di carattere, risultanti dalla documentazione personale ed evidenziate specialmente nel grado rivestito, sono da considerare in relazione a un modello ideale della figura dell’ufficiale, quale risulta dai valori indicati nel regolamento di disciplina militare e rapportato sempre alla realtà sociale dello specifico periodo storico. Sono altresì considerate le punizioni, gli elogi e gli encomi ricevuti, avuto particolare riguardo alle relative motivazioni. 

2. Nel giudizio di valutazione deve essere riconosciuta alle qualità fisiche, rispetto a quelle morali e di carattere, una rilevanza rapportata alla specifica fascia di età correlata ai vari gradi e alla fisionomia del ruolo e del corpo di appartenenza, mentre non muta nel tempo la rilevanza da attribuire al decoro della persona. 

Art. 705 Qualità professionali

1.La valutazione delle qualità professionali, dimostrate durante la carriera e specialmente nel grado rivestito, deve essere condotta attraverso l’analisi di tutti gli elementi desumibili dalla documentazione personale, tra cui in particolare: benemerenze di guerra e di pace; incarichi di comando o attribuzioni specifiche o servizi prestati presso i reparti o in imbarco; incarichi di particolare responsabilità ivi compresi quelli a carattere interforze e internazionali; incarico attuale; specifiche attitudini e versatilità dimostrate in relazione al ruolo di appartenenza e alle differenti situazioni d’impiego; encomi, elogi o punizioni, con particolare riguardo alle relative motivazioni. 

2. Adeguata considerazione deve essere riconosciuta alla motivazione al lavoro che, completando le qualità professionali, è l’espressione dell’interesse diretto agli obiettivi organizzativi e della conseguente partecipazione con senso del dovere, della responsabilità, della disciplina, nonché con spirito di abnegazione e di sacrificio. 

Art. 706 Rilevanza degli incarichi

1. Ferma restando la preminenza degli incarichi validi ai fini dei periodi di comando e delle attribuzioni specifiche, costituisce oggetto di valutazione l’assolvimento di altri incarichi eventualmente conferiti.

2. Nella valutazione degli ufficiali superiori e generali e gradi corrispondenti particolare rilevanza deve essere attribuita agli incarichi che richiedono spiccate capacità professionali e che comportano gradi di autonomia e responsabilità elevati. 

3. La rilevanza degli incarichi non è comunque di per sé attributiva di capacità e di attitudini, le quali vanno sempre accertate in concreto

Art. 707 Qualità intellettuali e di cultura

1.La personalità intellettuale e culturale dell’ufficiale deve essere valutata prevalentemente in relazione alla fisionomia istituzionale del ruolo cui egli appartiene e all’affidamento che può derivarne in termini di efficienza per l’Amministrazione. Conseguentemente, il possesso di titoli non attinenti ai predetti fini, non costituisce necessariamente elemento di particolare considerazione. 

2. Sulla base di tali presupposti, costituiscono elementi essenziali da valutare quelli desumibili dalla documentazione personale, tra cui in particolare: l’iter formativo; i risultati dei corsi e degli esami previsti ai fini dell’avanzamento e per l’aggiornamento e il perfezionamento della formazione professionale; gli altri corsi in Italia e all’estero; i titoli culturali; la conoscenza di lingue straniere debitamente accertata; le pubblicazioni. 

Art. 708 Attitudine ad assumere incarichi nel grado superiore

1. La valutazione dell’attitudine ad assumere incarichi nel grado superiore, con specifico riferimento ai settori di impiego di particolare interesse per l’Amministrazione, deve essere condotta attraverso l’analisi di tutti gli elementi desumibili dalla documentazione matricolare e caratteristica, tra cui in particolare: gli incarichi espletati durante la carriera e specialmente nel grado rivestito, ponendo in rilievo l’esperienza acquisita e i risultati conseguiti; specifiche attitudini e versatilità evidenziate in relazione alle differenti situazioni di impiego. 

Art. 709 Tendenza di carriera

1. Le qualità, le capacità e le attitudini risultanti dalle graduatorie definitive dei concorsi per il reclutamento e dei corsi devono essere confrontate con quelle effettivamente dimostrate dall’ufficiale durante il successivo impiego. 

2. Fermo restando il principio dell’autonomia dei giudizi di avanzamento, di cui all’articolo 1060 del codice, costituisce elemento da tenere presente l’andamento complessivo della progressione di carriera.

(…)