di Andrea Lestini
Sommario: 1. Premessa – 2. Le tre diverse interpretazioni – 3. Le argomentazioni delle Sezioni Unite (sent. 19596/2020) – 3.1. Gli “argomenti letterali” – 3.2. Le “ragioni di ordine logico e sistematico” – 3.3. I “rilievi di natura costituzionale” – 3.4. I precedenti approdi della Cassazione: il tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dall’art. 1, legge n. 249 del 1997 – 4. Conclusioni
1. Premessa
La tematica riguardante la parte processuale onerata di instaurare, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il procedimento obbligatorio di mediazione, è questione discussa da tempo, sin dall’entrata in vigore del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 [1].
Invero, se i commi 1-bis e 2 dell’art. 5, d.lgs. 28/2010, a pena di improcedibilità della domanda, pongono a carico di “chi intende esercitare in giudizio un’azione” l’onere di attivare il procedimento di mediazione e, il 4° comma lett. a prevede che tali disposizioni “non si applicano nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione” (in linea con le esigenze di celerità che connotano il rito monitorio), la norma tuttavia non individua espressamente la parte che deve attivarsi in tal senso, a seguito delle ordinanze di cui agli artt. 648 e 649 c.p.c. emesse dal giudice dell’opposizione.
In tale contesto, come noto, si sono formati contrastanti orientamenti e, diverse prospettive, con valide argomentazioni, sono state proposte; ma, i maggiori sviluppi sembrerebbero essere stati raggiunti a partire dalla pronuncia delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione del 3 dicembre 2015, n. 24629 [2], senza che il dibattito potesse comunque considerarsi sopito, tanto in dottrina [3] che nella giurisprudenza: ad un lustro da quella pronuncia, infatti, le Sezioni Unite, con la sentenza del 18 settembre 2020, n. 19596 [4] si sono nuovamente pronunciate sul punto.
2. Le tre diverse interpretazioni
Secondo un primo orientamento, che rappresenta la visione espressa nel 2015 dalle Sezioni Unite, l’onere processuale dovrebbe ricadere in capo al debitore opponente – in quanto parte interessata all’instaurazione e alla prosecuzione del processo ordinario di cognizione – posto che, in mancanza di opposizione o in caso di estinzione del processo, il decreto acquista esecutorietà e passa in cosa giudicata. Pertanto, si sostiene come sia su tale parte che dovrebbero ricadere le conseguenze negative nel caso di mancato esperimento del procedimento di mediazione. È, del resto, l’opponente che ha la veste processuale di attore perché grava su di lui la scelta se provvedere o meno all’instaurazione di un giudizio che sottoponga al giudice il vaglio sulla fondatezza della domanda [5].
Tale tesi, seppure autorevolmente sostenuta, non raccoglieva però l’unanime consenso della giurisprudenza di merito [6] e della dottrina [7].
Emergeva, dunque, la diversa tesi secondo cui tale onere di iniziativa non poteva non essere posto a carico del creditore ingiungente. In particolare, si rileva come l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale e che nel caso dell’opposizione a decreto ingiuntivo, attore in senso sostanziale è il convenuto opposto. Dunque, se è vero che con la proposizione dell’opposizione il giudizio torna ad essere, in sede di cognizione piena, quello dell’accertamento dell’an e del quantum del credito allora, in virtù dell’art. 5 (che, come detto, onera dell’attivazione della condizione di procedibilità “chi intende esercitare in giudizio un’azione”), l’onere di cui si discute non può che gravare sul creditore ingiungente-convenuto opposto.
L’alternatività delle soluzioni proposte – le quali costituiscono, entrambe, la proiezione di principi costituzionali – comporta, come è ovvio, soluzioni concrete radicalmente contrarie; così, seguendo la prima impostazione, dall’inosservanza da parte del debitore, di instaurare il procedimento obbligatorio di mediazione, discenderebbe l’irrevocabilità del decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 647 c.p.c.; viceversa, nella seconda prospettiva (che individua nel creditore opposto il soggetto onerato), alla mancata attivazione del procedimento di mediazione seguirebbe la revoca del decreto ingiuntivo.
Deve essere, infine, data menzione di un terzo orientamento (pure menzionato dall’ordinanza interlocutoria) secondo cui l’onere spetterebbe al debitore opponente o al creditore opposto a seconda che, rispettivamente, sia stata concessa la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo ex art. 648 c.p.c. oppure sia stata sospesa ex art. 649 c.p.c. Si tratta tuttavia di un indirizzo che, in quanto «disarticola l’onere processuale dalla domanda, ovvero dall’atto di opposizione, laddove invece l’esperimento della mediazione resta condizione di procedibilità della domanda» [8], viene decisamente escluso.
Un intervento chiarificatore era pertanto auspicabile e “quanto mai opportuno”, posto che «una simile frontale contrapposizione non giova al sistema»; contrapposizione da evitare poiché «l’effetto di prevedibilità delle decisioni giudiziarie si va affermando come un valore prezioso da preservare, anche in termini di analisi economica del diritto» [9].
3. Le argomentazioni delle Sezioni Unite (sent. 19596/2020)
La maggiore robustezza di carattere testuale, logico e sistematico delle argomentazioni utilizzate ha spinto le Sezioni Unite ad aderire al secondo degli orientamenti proposti: l’interpretazione che onera l’opposto del tentativo di mediazione deve ritenersi, quindi, “l’unica costituzionalmente orientata”.
Al riguardo, nella motivazione, si evidenzia come necessario punto di partenza debba necessariamente essere il dato normativo, gli argomenti letterali, in quanto da diverse disposizioni del decreto – che pur non affrontando direttamente il problema non potrebbero senz’altro considerarsi neutre – si evince una lettura nel senso della interpretazione prescelta (vale a dire quella per cui è il creditore opposto che deve attivarsi ai fini del procedimento di mediazione). Fanno seguito, poi, le ragioni di ordine logico e sistematico, a cui si aggiungono, a conclusione dell’iter argomentativo, i rilievi di natura costituzionale.
3.1 Gli “argomenti letterali”
Si tratta, quanto agli indici normativi, innanzitutto della disposizione di cui all’art. 4, comma 2 (che nel regolare l’accesso alla mediazione, stabilisce come debba essere proposta la relativa domanda ed il contenuto della stessa) dalla quale «appare almeno curioso (…) ipotizzare che l’opponente, cioè il debitore — ossia chi si è limitato a reagire all’iniziativa del creditore — sia costretto ad indicare l’oggetto e le ragioni di una pretesa che non è la sua» [10]. Infatti, se ai sensi della norma citata “l’istanza deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa”, allora il compito di predisporla non può che incombere sull’attore in senso sostanziale, unico depositario dell’oggetto e delle motivazioni delle pretese avanzate verso il convenuto.
Il riferimento è, in secondo luogo, all’art. 5, comma 1-bis, il quale pone l’obbligo di esperire il procedimento di mediazione a carico di chi “intende esercitare in giudizio un’azione”; ebbene, si nota come «non c’è alcun dubbio che tale posizione sia quella dell’attore, che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è il creditore opposto (c.d. attore in senso sostanziale)» [11]. È, infatti, il creditore opposto ad esercitare l’azione in giudizio, ai sensi dell’art. 5, comma 1 bis, e pertanto non può che spettare a lui, proprio in quanto attore in senso sostanziale, instaurare obbligatoriamente il procedimento di mediazione una volta emessi i provvedimenti di cui agli art. 648 e 649 c.p.c.
Da ultimo, si richiama l’art. 5, comma 6 (secondo cui la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale) e da cui «non appare logico che un effetto favorevole all’attore come l’interruzione della prescrizione si determini grazie ad un’iniziativa assunta dal debitore, posto che l’opponente nella fase di opposizione al monitorio è, appunto, il debitore (convenuto in senso sostanziale)» [12].
3.2 Le “ragioni di ordine logico e sistematico”
Seguono, nella motivazione, le ragioni di ordine logico e sistematico che portano a ritenere che l’onere di attivarsi per promuovere la mediazione debba essere posto a carico del creditore opposto.
A tal riguardo, val bene rilevare che nel giudizio monitorio l’onere di attivazione della procedura di mediazione obbligatoria viene collocato, dall’art. 5 comma 4, in linea con le esigenze di celerità che connotano tale rito, in un momento successivo alla decisione delle istanze sulla provvisoria esecuzione e, dunque, in un momento in cui non solo è certa la pendenza del giudizio di opposizione, ma può anche dirsi che la causa si è incanalata lungo un giudizio ordinario a cognizione piena; ciò posto, è altresì evidente che «instaurata l’opposizione e sciolto il nodo della provvisoria esecuzione, non ha più rilievo che il contraddittorio sia differito; e dunque appare più conforme al sistema, letto nella sua globalità, che le parti riprendano ciascuna la propria posizione, per cui sarà il creditore a dover assumere l’iniziativa di promuovere la mediazione» [13].
Sotto diverso profilo si è infatti detto, in dottrina [14], che – per quanto sia innegabile che la proposizione dell’opposizione al decreto ingiuntivo corrisponda a una scelta del debitore ingiunto – da un lato il giudizio a cognizione piena rappresenta l’unica forma di reazione alla condanna monitoria prevista dall’ordinamento e, dall’altro, che è proprio il creditore ad effettuare la scelta di avvalersi del procedimento per ingiunzione per far valere il proprio diritto.
A ciò si aggiunga, sempre sul piano logico sistematico che porre l’onere del tentativo della mediazione a carico del creditore opposto ha il vantaggio di penalizzare la parte che ha omesso di esperire la mediazione, ma senza pregiudicarne definitivamente le ragioni; ciò che invece avverrebbe in danno del debitore onerato, poiché dal mancato esperimento della mediazione deriverebbe l’improcedibilità dell’opposizione e, dunque, la stabilizzazione del decreto [15].
Infatti, ponendo l’onere di iniziativa a carico dell’opponente, l’inerzia di quest’ultimo non potrebbe che comportare una pronuncia di improcedibilità cui farebbe seguito l’irrevocabilità del decreto ingiuntivo; viceversa, qualora tale onere fosse posto a carico dell’opposto (cioè del creditore, l’attore in senso sostanziale), la sua inerzia comporterebbe l’improcedibilità e la conseguente revoca del decreto ingiuntivo; il quale però ben potrà essere riproposto, senza quell’effetto preclusivo che consegue alla irrevocabilità del decreto. Pertanto, per riprendere le parole della Corte, si avrebbe nella prima ipotesi definitività del risultato mentre nella seconda, mero onere di riproposizione per il creditore, il quale non perde nulla.
3.3 I “rilievi di natura costituzionale”
L’ultima notazione della sentenza, strettamente connessa alla precedente, attiene infine ai rilievi di natura costituzionale.
Dopo aver richiamato l’orientamento della Corte costituzionale in materia di giurisdizione condizionata [16] le Sezioni Unite infatti ricordano che, dovendo scegliere tra due contrapposte interpretazioni, non potrebbe che preferirsi quella che appare in maggiore armonia con il dettato costituzionale.
Di qui il rilievo secondo cui porre l’onere di promuovere il procedimento di mediazione a carico dell’opponente si tradurrebbe, in caso di sua inerzia, nell’irrevocabilità del decreto ingiuntivo come conseguenza del mancato esperimento di un procedimento che non è giurisdizionale.
Del resto, pare utile ricordare come la finalità deflattiva propria del procedimento di mediazione, anch’essa coerente con i principi costituzionali, specie con quello della ragionevole durata del processo, non potrebbe prevalere rispetto alla garanzia del diritto di difesa.
3.4 I precedenti approdi della Cassazione: il tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dall’art. 1, legge n. 249 del 1997
L’approdo ermeneutico a cui sono giunte le Sezioni Unite è pienamente in armonia, si legge nella sentenza, con le conclusioni raggiunte nelle recenti sentenze del 28 aprile 2020, n. 8240 e n. 8241.
In quella sede [17], pur affrontando problemi diversi, e tuttavia relativi a questioni lato sensu assimilabili a quella affrontata nella sentenza 19596/2020, si affermava che in tema di controversie tra gli organismi di telecomunicazione e gli utenti, il mancato previo esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione (previsto dall’art. 1 l. n. 249 del 1997 per poter introdurre la controversia in materia di telecomunicazioni) dà luogo alla improcedibilità e non alla improponibilità della domanda; ne consegue che, ove difetti tale adempimento, il giudizio debba essere sospeso con concessione di un termine per svolgere il tentativo di conciliazione e prosegua all’esito di esso, non potendosi definire, come nell’ipotesi dell’improponibilità, con una pronuncia in rito.
In particolare, la Suprema Corte, dopo aver distinto i concetti di improcedibilità e di improponibilità della domanda giudiziale, ha chiarito quale ruolo riveste la funzione di deflazione del contenzioso giudiziale nell’economia della mediazione e di tutte quelle figure conciliative che l’ordinamento promuove e talvolta rende obbligatorie. Si scorge, per tale via, il suggerimento – che va ben oltre il caso considerato – «ad interpretare la mediazione come strumento “a misura della parte”, conformemente al principio per cui tutti gli obblighi di conciliazione, quando si traducono in una condizione di procedibilità della domanda giudiziale, devono essere governati dai principi del giusto processo, senza tradursi in meri ostacoli all’esercizio del diritto di difesa» [18].
4. Conclusioni
La sentenza, particolarmente ricca di contenuti, deve essere apprezzata oltre che per la soluzione prospettata, soprattutto per la capacità di mettere in risalato il valore delle regole processuali, la prevedibilità delle decisioni giudiziarie e la garanzia del diritto di difesa.
L’impianto teorico su cui si fonda e le conclusioni cui giunge rappresentano, allo stato, il punto di arrivo [19] di un percorso lungo e complesso, fatto di un perdurante dissenso, sia giurisprudenziale che dottrinale, sul problema in questione.
In questo clima, a cinque anni dalla precedente sentenza delle Sezioni Unite (e dieci anni dalla pubblicazione del decreto 28/2010), si inserisce il provvedimento oggi commentato: “un lustro di contrapposizioni e l’esigenza di prevedibilità”, dunque, per riprendere il titolo del presente lavoro.
[1] Sulla mediazione e sulla condizione di procedibilità, si veda per tutti G. Balena, Mediazione obbligatoria e processo, in Giusto proc. civ., 2011, 333 ss.; R. Tiscini, La mediazione civile e commerciale. Composizione della lite e processo nel d.lgs. n. 28/2010 e nei D.M. nn. 180/2010 e 145/2011, Torino, 2011, spec. 111 ss.; B. Sassani-F. Santagada (a cura di), Mediazione e conciliazione nel nuovo processo civile, 2011.
[2] Cass. civ. sez. III, 3 dicembre 2015, n. 24629, poi sostanzialmente ribadita da: Cass. civ. sez. VI, ord. 16 settembre 2019, n. 23003. Sul punto E. Padovano, Opposizione a decreto ingiuntivo e mediazione: onerato è (ancora) l’opponente, in Giur. it., 2020, pag. 590 ss.
[3] G. Minelli, Permane il contrasto su chi sia onerato tra opponente ed opposto ad introdurre il tentativo obbligatorio di mediazione, in Le Società, 10/2016, pag. 1152 ss.
[4] Cass. civ., sez. un., 18 settembre 2020, n. 19596. La sentenza si legge per esteso in Foro it. 2020, parte I, col. 3424.
Tra i primi commentatori particolarmente significativi i contributi di: F. Valerini, in Diritto & Giustizia, fasc. 180, 2020, pag. 1; F. Esposito, Opposizione a decreto ingiuntivo: l’onere di avviare la mediazione grava sul creditore opposto, in GiustiziaCivile.com, 2021; M. Caputo, Onere della mediazione nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo, in Ilprocessocivile.it, 2020; M. Magliulo, Mediazione e opposizione a decreto ingiuntivo: l’atteso intervento delle Sezioni Unite, in Judicium, 2020; V. Amendolagine, Nell’opposizione a decreto ingiuntivo la mediazione grava sul creditore, in Giur. it., 2021, pag. 340.
[5] Nella giurisprudenza di merito si veda precedentemente alla sentenza delle Sezioni Unite del 2015: Trib Prato, 18 luglio 2011; Trib. Siena, 25 giugno 2012; Trib. Firenze, Sez. III, 30 gennaio 2014; Trib. Rimini, 5 agosto 2104; Trib. Firenze, 30 ottobre 2014; Trib. Bologna 20 gennaio 2015; Trib. Nola, 24 febbraio 2015; Trib. Firenze, Sez. III civ., 21 aprile 2015; Trib. Campobasso, 20 maggio 2015; Trib. Genova, 15 giugno 201.; Trib. Chieti, 8 settembre 2015; Trib. Pavia, 12 ottobre 2015.
Successivamente alla sentenza delle Sezioni Unite, si veda: Trib. Caltagirone 2 marzo 2020, n. 91; Trib. Monza sez. I, 23 gennaio 2020, n. 77; App. Ancona, sez. I, 20 novembre 2019, n. 1554; Trib. Bari sez. IV, 11 settembre 2018, n. 3748; Trib. Rovigo 9 settembre 2018; Trib. Bari sez. IV, 10 luglio 2018, n. 2955; Trib. Varese 30 maggio 2016; Trib. Napoli sez. IX, 21 marzo 2016, n. 3738; Trib. Trento 23 febbraio 2016, n. 177; Trib. Milano, Sez. XIII, 9 dicembre 2015; Trib. Reggio Emilia, Sez. II, 21 gennaio 2016; Trib. Nola, 3 marzo 2016, n. 691; Trib. Verbania, 22 marzo 2016; Trib. Vasto, 30 maggio 2016.
[6] Quanto ai provvedimenti di dissenso rispetto alla Sentenza delle Sezioni Unite del 2015 si veda: App. Palermo 17 maggio 2019; Trib. Firenze,16.02.2016; Trib. Firenze, sez. spec. impr., 16 febbraio 2016; Trib. Busto Arsizio, sez. III, 3 febbraio 2016, n. 199.
Tale orientamento era, peraltro, fatto proprio da: Trib. Ferrara 7 gennaio 2015; Trib. Firenze 24 settembre 2014; Trib. Varese sez. I, 18 maggio 2012; Trib. Lamezia Terme 19 aprile 2012.
[7] Per una critica a quell’orientamento, si veda, per esempio F. Valerini, Ancora dubbi sulla parte onerata della mediazione nell’opposizione a decreto ingiuntivo, in Diritto & Giustizia, 2016.
[8] Cass. civ., sez. un., 19596/2020, cit.
[9] Locuzioni di Cass. civ., sez. un., 19596/2020, cit.
[10] Cass. civ., sez. un., 19596/2020, cit.
[11] Cass. civ., sez. un., 19596/2020, cit.
[12] Cass. civ., sez. un., 19596/2020, cit.
[13] Cass. civ., sez. un., 19596/2020, cit.
[14] D. Dalfino, La (persuasiva) soluzione delle sezioni unite in tema di mediazione e opposizione a decreto ingiuntivo, Foro it., 2020, parte I, col. 3434.
[15] Così testualmente M. Magliulo, Mediazione e opposizione a decreto ingiuntivo: l’atteso intervento delle Sezioni Unite, cit.
[16] Il riferimento è a Corte Costituzionale, sent. n. 98/2014.
[17] G. Fanelli, Le Sezioni Unite fanno chiarezza sulle conseguenze del mancato esperimento del tentativo di conciliazione in materia di telecomunicazioni, in GiustiziaCivile.com, 2020.
[18] F. Esposito, Opposizione a decreto ingiuntivo: l’onere di avviare la mediazione grava sul creditore opposto, cit.
[19] Un problema di grande impatto pratico è, però, segnalato da M. Caputo, Onere della mediazione nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo, cit.