a cura dell’Avv. Daniela Sodo
Corte di Appello di Bari – Prima Sezione – Sentenza del 04.02.2021
La vicenda
La vicenda in esame trae origine dalla impugnativa, dinanzi al Giudice di appello, della sentenza di primo grado con la quale il Tribunale rigettava l’opposizione proposta da uno dei coniugi avverso il precetto con il quale era stato intimato il pagamento delle somme derivanti da due diversi provvedimenti giudiziali, entrambi titoli esecutivi, costituiti dal provvedimento di modifica delle condizioni della separazione e dal provvedimento presidenziale ex art. 4 L. n. 898 del 1970 emesso nell’ambito del giudizio di divorzio.
Il particolare l’opponente formulava, come motivo di censura, l’erroneo conteggio della sorte capitale del credito precettato poiché l’assegno di mantenimento per i figli era stato dimezzato con il secondo provvedimento, presidenziale, emesso in sede di divorzio ed a dire dello stesso la riduzione avrebbe dovuto conteggiarsi non dalla data della decisione bensì da quella della domanda, con conseguente notevole riduzione delle somme pretese dalla controparte.
La decisione
Con la sentenza in commento la Corte di Appello di Bari precisa anzitutto come nel giudizio di opposizione all’esecuzione il giudice non possa decidere in ordine alla decorrenza dell’obbligo di corrispondere l’importo dell’assegno, così come rideterminato nel procedimento camerale ma sia legittimato esclusivamente ad interpretare il titolo posto a fondamento dell’azione esecutiva per accertarne la decorrenza, dovendosi però attenere sempre alla decisione adottata dal giudice della cognizione anche se viziata da un’errata applicazione di norme di legge.
I Giudici di appello, pertanto, rilevato come l’ordinanza presidenziale, resa all’esito della comparizione dei coniugi ex art. 4 L. n. 898 del 1970 e costituente il titolo esecutivo precettato, nulla stabilisse in maniera espressa in ordine alla decorrenza del minor importo dell’assegno di mantenimento dei figli ivi statuito, rigettavano anche su questo specifico punto l’impugnativa proposta confermando in toto la sentenza di primo grado.
Le riflessioni conclusive
Con questa interessante pronuncia i Giudici di appello di Bari analizzano due importanti principi di diritto in materia di opposizione all’esecuzione avente ad oggetto somme da assegno divorzile.
Il primo aspetto meritevole di attenzione, sebbene non rilevante in questa nota di commento, è quello riguardante l’ambito decisionale rimesso al Giudice dell’esecuzione e, segnatamente, il potere di quest’ultimo di “ ….. interpretare il titolo posto a fondamento dell’azione esecutiva, ovverosia il provvedimento emesso all’esito del predetto procedimento, per accertare quale sia la decorrenza dallo stesso prevista”, senza possibilità alcuna di valutarne la legittimità sotto il profilo sostanziale funzionalmente rimessa, per competenza, al giudice della cognizione piena che ha emesso il relativo provvedimento, se definitivo, ovvero a quello di impugnativa.
La problematica che ci riguarda maggiormente, considerata anche l’intuibile incidenza economica che la stessa assume nei già difficili e delicati rapporti tra i coniugi, è piuttosto quella della individuazione della data di decorrenza degli effetti di modifica dell’assegno divorzile.
La normativa di riferimento, correttamente richiamata in applicazione anche dai Giudici baresi, è l’art. 4 comma 13 della Legge n. 898 del 1 dicembre 1970 ( Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio ) che testualmente recita che “ Quando vi sia stata la sentenza non definitiva, il tribunale, emettendo la sentenza che dispone l’obbligo della somministrazione dell’assegno, può disporre che tale obbligo produca effetti fin dal momento della domanda “ ed al successivo comma 14 precisa che “ Per la parte relativa ai provvedimenti di natura economica la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva “.
Si tratta, come è noto, di disposizione che si riferisce esplicitamente alla sentenza non definitiva con la quale il giudice istruttore dispone anzitutto la cessazione degli effetti civili del matrimonio ex art. 4 comma 12 e provvede altresì, perché richiestone, anche in ordine all’obbligo della somministrazione dell’assegno divorzile confermandone l’ammontare rispetto alla precedente fase della separazione ovvero modificandone l’importo sulla base della situazione dei coniugi risultante a questa data.
La pronuncia barese in realtà riprende e conferma un orientamento giurisprudenziale quanto mai consolidato ed univoco che nel tempo si è formato in materia e che da sempre ribadisce l’efficacia “ costitutiva “ che assumono ex lege le statuizioni in sede di divorzio perché fondate sul nuovo status delle parti e che, pertanto, legittima la non retrodatabilità di tali pronunce, differentemente da quanto invece è dato riscontrare per i provvedimenti resi in sede di separazione dei coniugi ( 1 ).
La regola generale, infatti, prevede che l’efficacia dell’assegno divorzile “ decorre dal momento della formazione del titolo in forza del quale è dovuto, cioè dal passaggio in giudicato della sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ”, mentre quella dell’assegno di mantenimento riconosciuto in sede di separazione “ decorre dal momento della domanda “ ed è eccezionale la previsione del giudice di posticipare la sua decorrenza ad un momento successivo con sentenza o ordinanza ( 2 ).
La ragione di tale differenza risiede appunto nel fatto che in una situazione di separazione dei coniugi gli effetti di questa non sono giuridicamente consolidati e certi per cui il legislatore e la giurisprudenza giustamente intendono tutelare appieno la parte più debole del rapporto consentendole di beneficiare degli effetti economici della pronuncia sin dalla data della domanda in forza del principio secondo il quale un diritto non possa “ restare pregiudicato dal tempo necessario per farlo valere in giudizio ”.
Se, pertanto, sin qui la sentenza in commento sembrerebbe non aver innovato nulla rispetto al passato, l’aspetto fondamentale, e per certi versi rilevante, che la stessa ha il merito di affrontare è quello relativo all’applicazione analogica del principio specifico dettato dal citato art. 4 comma 13 in materia di “ sentenza non definitiva ….che dispone l’obbligo della somministrazione dell’assegno “, per intenderci quella emessa nella fase dibattimentale del relativo procedimento, anche all’ordinanza, prevista dal precedente comma 8 dello stesso art. 4, con la quale il Presidente “ …..dà, anche d’ufficio,….i provvedimenti temporanei ed urgenti che reputa opportuni nell’interesse dei coniugi e della prole…” oltre a nominare il giudice istruttore ed a fissare l’udienza di comparizione delle parti dinanzi a questi.
In effetti, se si analizza compiutamente la normativa speciale ci si rende agevolmente conto di come nulla di ciò sia legislativamente stabilito, per cui l’affermazione della Corte di Appello barese secondo la quale “….Non v’è ragione, quindi, per non estendere le considerazioni che precedono anche al provvedimento presidenziale che, in via anticipata e provvisoria, regola i rapporti economici tra i coniugi, nel corso della causa di scioglimento del matrimonio….” sostanzia, a tutti gli effetti, un legittimo, e condivisibile, esercizio del potere decisorio di regolamentazione in maniera analoga di fattispecie tra loro diverse.
La spiegazione resa dai Giudici, invero, poggia sul corollario che l’art. 4 comma 13 abbia una “…..portata generale, che lascia intendere in maniera inequivocabile come i provvedimenti, di natura economica, resi dal Giudice della causa di scioglimento del matrimonio, retroagiscono alla data della domanda solo in presenza di espressa e motivata statuizione in tal senso…..”, evidentemente a prescindere dalla composizione, monocratica o collegiale, dell’organo emittente e dalla fase, presidenziale o dibattimentale, del procedimento in questione.
Alla luce dei principi di diritto sopra esposti, dunque, questa interpretazione ci appare decisamente corretta e conforme alla volontà del legislatore, con particolare riguardo anche alla sottostante delicata situazione dei soggetti interessati le cui vicende personali hanno certamente un peso specifico rilevante per la soluzione di queste tematiche.
Ecco dunque perché l’orientamento assunto dalla Corte Suprema in tema di efficacia di un provvedimento di variazione dell’assegno divorzile emesso, però, in sede di procedimento di revisione ex art. 9 della citata Legge n. 898/1970 riprende in applicazione il criterio generale del “ non pregiudizio di un diritto per il tempo necessario a farlo valere in giudizio “ e quindi considera la data della domanda, e non quella della decisione disposta, per determinarne la decorrenza ( 3 ).
Non si tratta, infatti, di una primigenia quantificazione del contributo come nel caso dell’assegno divorzile, ma di un possibile effetto di variazione di questo che, pertanto, in quanto tale, deve rispondere sempre al criterio generale di efficacia a far data dalla proposizione della relativa domanda ( 4 ).
- Vedi Cassazione Civile – Sezione Prima – sentenza n. 1163 del 21.01.2014
- Vedi Cassazione Civile – ordinanza n. 22108/2018 e, conformi, Cassazione Civile – Sezione Sesta – sentenza n. 212 dell’11.01.2016; Cassazione Civile – Sezione Prima – sentenza n. 4424 del 21.02.2008; Cassazione Civile – sentenza n. 15611 del 12.07.2007 e Cassazione Civile – sentenza n. 3351 del 06.03.2003
- Vedi Cassazione Civile – ordinanza n. 22108/2018 e, conformi, Cassazione Civile – sentenza n. 4415/1986; Cassazione Civile – sentenza n. 3080/1985 e Cassazione Civile – sentenza n. 19057/2006
- Vedi Cassazione Civile – ordinanza n. 10787 del 03.05.2017