Abstract: Con il presente contributo si intende inquadrare la natura della circostanza aggravante dell’agevolazione mafiosa, di cui all’art. 416 bis-1 c.p., analizzando le meticolose argomentazioni della Corte Suprema a Sezioni Unite, espressasi su un risalente contrasto giurisprudenziale che esigeva risoluzione.
Linee guida di tale disquisizione appaiono gli artt. 59 e 118 del c.p., insieme alla novella legislativa n. 19 del 7 febbraio 1990, che li ha modificati.
Si pongono in luce, altresì, specifiche distinzioni di non poca rilevanza, quale quella tra la suddetta circostanza ed il concorso esterno, di cui al combinato disposto degli artt. 110 e 416 bis c.p.
Abstract eng: With this contribution we intend to frame the nature of the aggravating circumstance of the mafia facilitation, referred to in art. 416 bis-1 of the Criminal Code, analyzing the meticulous arguments of the Supreme Court in United Sections, expressed on a dating jurisprudential conflict that required resolution.
Guidelines for this disquisition appear Articles. 59 and 118 of the Italian Criminal Code, together with the legislative novel n. 19 of 7 February 1990, which modified them.
There are also specific distinctions of no small relevance, such as that between the aforementioned circumstance and the external competition, referred to in the combined provisions of Articles 110 and 416 bis of the Italian Criminal Code.
- Breve premessa sul fatto.
La vicenda trae origine da un ricorso, proposto avverso una sentenza della Corte d’Appello di Firenze1. Il difensore del ricorrente avanzava la richiesta di annullamento con rinvio del provvedimento impugnato. La Corte d’Appello aveva infatti confermato la sentenza del Tribunale di Firenze2, nella quale l’imputato veniva considerato responsabile per i reati di usura,
tentata estorsione ed abusiva attività finanziaria, aggravati dalla finalità di agevolazione mafiosa, attuata in favore di un Clan ben conosciuto. Lo stesso, infatti, secondo la confermata pronuncia, assumeva il ruolo di intermediario tra alcuni dei soggetti alla ricerca di finanziamenti ed i coimputati, i quali gestivano i prestiti, concedendoli a tassi usurari. L’imputato si occupava, altresì, di riscuotere il denaro dai debitori o di intimarli ad adempiere facendo ricorso a violenze e minacce.
Mediante il ricorso si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione e, nello specifico, per ciò che interessa analizzare maggiormente con il presente contributo, si contestavano le valutazioni antitetiche sulla natura dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa, di cui all’art. 416 bis-1 c.p.
Al di là della vicenda specifica, contrassegnata da dinamiche particolari, quali la presenza del dolo specifico di agevolare il Clan, da parte dell’imputato, in base a quanto si evince dalla sentenza di secondo grado, ciò che assume maggiore rilevanza è la deduzione del ricorrente del contrasto giurisprudenziale in merito alla natura oggettiva o soggettiva dell’aggravante e sulla sua estensibilità ai correi.
Il contrasto interpretativo veniva rimesso dalla Seconda Sezione Penale alle Sezioni Unite, in base all’art. 618 c.p.p.3.
- Distinzione tra le circostante oggettive e soggettive.
In base alle disposizioni del codice penale, le circostante che afferiscono al reato, sono distinte in oggettive e soggettive. L’art. 70 c.p. prevede la sussistenza di una circostanza oggettiva quando questa concerne «la natura, la specie, i mezzi, l’oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell’azione, la gravità del danno o del pericolo, ovvero le condizioni o le qualità personali dell’offeso». Al contrario, l’elemento viene valutato quale circostanza soggettiva, qualora esso riguardi «l’intensità del dolo o il grado della colpa, o le condizioni e le qualità personali del colpevole, o i rapporti fra il colpevole e l’offeso, ovvero […] la persona del colpevole».
- La novella legislativa 19/19904.
Per un inquadramento più esaustivo dell’applicazione concreta predisposta per le circostanze ed altresì, al fine di comprendere meglio l’articolato ragionamento elaborato dalle Sezioni Unite, è indispensabile richiamare la novella di cui alla legge 19 del 1990, la quale, pur non avendo operato un mutamento per quanto attiene alle peculiarità delle summenzionate circostanze, ne ha modificato il regime di estensibilità ai correi.
Prima della riforma, il combinato disposto di cui agli artt. 59 e 118 c.p., prevedeva che le circostanze oggettive fossero attribuite all’autore del reato anche se da lui non conosciute e che quelle soggettive fossero estese alla condotta di uno o più correi, nel caso in cui esse avessero assunto una sostanziale rilevanza per l’agevolazione della commissione del fatto. Con le modifiche apportate dalla novella, ad oggi si prevede l’applicazione delle aggravanti oggettive solo se conosciute dall’agente e la non estensibilità solo di talune – determinate – tra quelle soggettive. Il discrimen tra estensibilità e non estensibilità non è più incentrato, dunque, sulla diversa natura che caratterizza la circostanza di volta in volta presa in considerazione o, quantomeno, la suddetta distinzione non è da sola sufficiente a regolarne l’applicabilità a tutti i concorrenti.
Invero, le condizioni e le qualità personali del colpevole e i rapporti tra il colpevole e l’offeso, sono circostanze esplicitamente escluse, dall’art. 70, dalla valutazione esclusiva a carico della persona cui soggettivamente si riferiscono. Un elemento di fatto che riguardi, ad esempio, una particolare qualifica professionale del colpevole, come spiega la Suprema Corte, rappresenta, sì, una peculiarità soggettiva ma, altresì un dato evidente – di fatto, per l’appunto – che non può essere disconosciuto dal coimputato, quantomeno astrattamente.
La percezione ab externo degli elementi che arricchiscono e denotano una condotta, intesa in senso ampio, comporta la possibilità di riferire quegli stessi elementi ad un soggetto partecipe al reato, seppur i suddetti non si leghino in modo diretto allo stesso. Pertanto, gli elementi personali non rimangono confinati nella sfera del soggetto titolare, qualora possano essere ben conoscibili e/o appresi dai suoi complici.
- Il principio di offensività.
Operando un collegamento con l’art. 49 c.p., ovverosia col principio di offensività – pilastro fondamentale del sistema penalistico – si può sostenere come l’intenzione meramente personale dell’agente, la quale non assume valenza se non concretamente pericolosa o lesiva (c.d. concezione realistica del reato), lascia spazio alla punibilità della stessa, qualora sia effettivamente in grado di produrre un danno o la messa in pericolo di un bene tutelato dall’ordinamento. In egual modo, lo specifico motivo a delinquere diviene “oggettivo” quando ne venga riconosciuta la potenzialità lesiva dal concorrente, il quale non desista, comunque, dall’agire. Ciò che rileva è l’estensione in termini di pericolosità o lesività, che una determinata condotta o elemento aggravante detengano.
- Il discrimen spiegato dalla Corte.
La Corte – nella sentenza in commento – afferma che « là dove l’elemento interno proprio di uno degli autori sia stato conosciuto anche dal concorrente che non condivida tale fine, quest’ultimo viene a far parte della rappresentazione ed è quindi oggetto del suo dolo diretto ove il concorrente garantisce la sua collaborazione nella consapevolezza della condizione inerente il compartecipe». Il discrimen cruciale diviene quindi, l’estrinsecazione della circostanza, la quale, comunque, non risulta essere del tutto una novità nel nostro sistema, nè nelle applicazioni giurisprudenziali finora conosciute. A titolo di esempio, si fa menzione di una pronuncia della Corte5 secondo la quale l’aggravante della premeditazione viene estesa al concorrente qualora lo stesso, pur non avendo partecipato alla programmazione, sia stato, per qualsivoglia ragione, al corrente della stessa e abbia agito ugualmente.
- L’aggravante dell’agevolazione mafiosa.
L’aggravante in questione si configura quando un soggetto agevoli, mediante una propria condotta il sodalizio mafioso. Diverge dall’utilizzo del metodo mafioso, il quale rappresenta indubbiamente una circostanza di tipo oggettivo relativa ai metodi utilizzati per porre in essere l’azione. L’appartenenza del soggetto all’associazione non risulta – a dispetto di un dibattuto contrasto sul tema6 – rilevante per la possibile sussistenza della circostanza. La Cassazione a
Sezioni Unite, nel 20017, affermava la configurabilità di determinati reati aggravati dalla circostanza in esame, anche laddove commessi da sodali, parte integrante del gruppo criminoso.
Invero, è fondamentale distinguere l’appartenenza al sodalizio e l’eventuale commissione di delitti specifici, c.d. reati-fine. la prima prescinde dal verificarsi dei secondi, i quali appaiono quale quid pluris non necessario per l’esistenza del gruppo, ma rilevante per il rafforzamento dello stesso.
Da ciò ne discende l’ipotesi concreta che un esterno ma altresì un sodale possano porre in essere fatti criminosi, col fine specifico di agevolare l’associazione di stampo mafioso.
- Differenze con il concorso esterno.
Qualora il sodale si ritrovi in una posizione strettamente funzionale al gruppo e dunque, compia atti – o anche un singolo atto – ritenuti imprescindibili, in un dato momento, dall’associazione, si dà luogo al c.d. concorso esterno, di cui all’art. 110 in combinato disposto con l’art. 416 bis c.p.. Esso si distingue dalla circostanza aggravante dell’agevolazione, pur avendo lo stesso fine, poichè si basa sull’imprescindibilità della condotta e sulla effettiva realizzazione della stessa in senso favorevole ai propositi criminosi dell’organizzazione. Non è detto, infatti, che l’agevolazione conduca ad un esito positivo; mentre ciò accade nell’ipotesi di concorso esterno. Corollario più che logico è che se l’associato può avvalersi della finalità agevolatrice, egli non può però essere considerato un concorrente esterno, a pena di cadere in una contraddizione linguistica, ancor prima che giuridica.
- Orientamenti sulla natura della circostanza.
Gli orientamenti formatisi sul quello che rappresenta il fulcro della sentenza in commento, possono essere raggruppati in tre ipotesi giuridiche, seppur amalgamate tra loro sotto più aspetti.
- Prima tesi.
Secondo la prima, la circostanza in esame è di tipo soggettivo, riconducibile pertanto all’art. 118 c.p.. Essa si incentra sulla volontà del soggetto agente, caratterizzata dal dolo specifico, nonchè
dall’intenzione di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa. Non è ben chiaro se in caso di concorso di persone, tale specifico intento debba sussistere in capo a ciascuno dei soggetti agenti e neppure se lo scopo debba essere unico o possa essere accompagnato da altri intenti. Sulle questioni la Giurisprudenza appare divisa in un senso o nell’altro8.
Inoltre, secondo tale primo approccio, l’aggravante necessita di un elemento oggettivo «costituito dalla direzione o dall’idoneità dell’azione ad agevolare l’associazione mafiosa».
- Seconda tesi.
Il secondo orientamento la riconduce al novero delle circostanze estensibili ai concorrenti, di cui all’art. 59 c.p., tra le circostanze oggettive afferenti alla modalità dell’azione. Ritiene comunque imprescindibile, ai fini dell’integrazione della stessa, non la mera ignoranza incolpevole bensì l’elemento soggettivo del dolo specifico, quantomeno in capo ad uno dei correi.
- Terza tesi.
Il terzo orientamento incentra la natura della circostanza sulla tipologia di reato cui essa accede, in base all’attitudine della finalità di oltrepassare la sola condotta del singolo e riguardare piuttosto la generale commissione del reato da parte di tutti i concorrenti, ai quali pertanto può essere estesa.
- Iter argomentativo della Suprema Corte.
Le tesi menzionate, come si può ben rilevare, constano di una propria identità mista ad elementi dell’una e dell’altra, non risultando rigide e immuni da condizionamenti.
Piuttosto che propendere per una scelta netta tra la natura di tipo oggettivo e quella di tipo soggettivo, i punti focali in discussione, individuati dalle Sezioni Unite sembrano essere due.
Il primo verte sulla volizione, ovverosia sulla presenza del dolo specifico o della mera consapevolezza; il secondo, sull’individuazione del requisito necessario al fine dell’estensibilità ai concorrenti.
Quanto al primo punto, anche sulla scia della pronuncia delle Sezioni Unite del 20149, la Corte ritiene indispensabile la convinzione specifica – ancorchè non esclusiva – di apportare un concreto vantaggio alla compagine associativa. Devono sussistere dei presupposti effettivi che rendano la valutazione dell’agente non meramente astratta, in relazione all’obiettivo da raggiungere, sebbene poi nel concreto il fine possa non essere raggiunto, per le ragioni più disparate.
L’agevolazione non può infatti basarsi sulla mera condotta, in quanto si rischierebbe di punire – molto gravemente – un soggetto non del tutto consapevole valutando esclusivamente i suoi agiti.
La circostanza assume quindi connotati soggettivi.
Riguardo, invece, all’estensibilità della aggravante ai correi, in base alla novella legislativa di cui si è avuto modo di trattare10, l’applicabilità di una circostanza soggettiva ai concorrenti, dipende – ad oggi – dalla riconoscibilità della stessa da parte degli altri soggetti agenti.
Un motivo interno, una considerazione personale, una valutazione sul fine, proprie di uno di loro, possono interessare e coinvolgere anche gli altri, quando essi siano consapevoli e ciò non li faccia desistere dall’agire.
La convergenza verso il fine, anche qualora i “compiti” dei singoli sodali siano differenti, confluiscono in un’unica azione, composta da più segmenti, attribuibile a tutti in modo unitario. L’estensibilità non può basarsi sul mero sospetto o su un’ignoranza colposa, necessitando, al contrario, del dolo diretto anche nella forma del dolo eventuale. Si valuta la riconoscibilità all’esterno di quel determinato intento agevolatore e la conseguente condotta del compartecipe, che non venga dissuaso dal porre in essere il reato.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
M. Romano, Commentario sistematico del codice penale – I, Giuffrè, 2004.
G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale – parte generale, Zanichelli, 2019.
L. Simeone, I reati associativi, Maggioli, 2015.
R. Garofoli, Compendio di diritto penale – parte speciale, Nel Diritto, 2019/2020.
Concorso esterno in associazione mafiosa: una sintesi dei passaggi evolutivi, Diritto.it, 25 novembre 2019.
M. Donini, Il concorso esterno “alla vita dell’associazione” e il principio di tipicità penale, Diritto Penale Contemporaneo, 13 gennaio 2017.
F. MANTOVANI, Diritto penale, Cedam – Wolters Kluwer, 2017.
1 Corte App. Firenze, 27 novembre 2018.
2 Trib. Firenze, 14 marzo 2014.
3 Udienza del 19 dicembre 2019.
4 Legge 19 del 7 febbraio 1990, Modifiche in tema di circostanze, sospensione condizionale della pena e destituzione dei pubblici dipendenti.
5 Cass. pen. sez. VI, 56956 del 21 settembre 2017.
6 Ex multis, Cass. pen. sez. V, 8346 del 26 luglio 1997; Cass. pen. sez. I, 5839 del 24 novembre novembre 1998.
7 SS.UU. 10 del 28 marzo 2001 (Cinalli).
8 Ex multis, Cass. pen. sez. VI, 24883 del 15 maggio 2019; Cass. pen. sez. VI, 28212 del 12 ottobre 2017; Cass. pen. sez. III, 36364 del 20 maggio 2015.
9 SS.UU. 38343 del 24 aprile 2014.
L’AGGRAVANTE AGEVOLATRICE DELL’ATTIVITÀ MAFIOSA, NELL’ELABORAZIONE FORNITA DALLE SEZIONI UNITE, CON LA SENTENZA 8545 DEL 3 MARZO 2020.
Abstract: Con il presente contributo si intende inquadrare la natura della circostanza aggravante dell’agevolazione mafiosa, di cui all’art. 416 bis-1 c.p., analizzando le meticolose argomentazioni della Corte Suprema a Sezioni Unite, espressasi su un risalente contrasto giurisprudenziale che esigeva risoluzione.
Linee guida di tale disquisizione appaiono gli artt. 59 e 118 del c.p., insieme alla novella legislativa n. 19 del 7 febbraio 1990, che li ha modificati.
Si pongono in luce, altresì, specifiche distinzioni di non poca rilevanza, quale quella tra la suddetta circostanza ed il concorso esterno, di cui al combinato disposto degli artt. 110 e 416 bis c.p.
Abstract eng: With this contribution we intend to frame the nature of the aggravating circumstance of the mafia facilitation, referred to in art. 416 bis-1 of the Criminal Code, analyzing the meticulous arguments of the Supreme Court in United Sections, expressed on a dating jurisprudential conflict that required resolution.
Guidelines for this disquisition appear Articles. 59 and 118 of the Italian Criminal Code, together with the legislative novel n. 19 of 7 February 1990, which modified them.
There are also specific distinctions of no small relevance, such as that between the aforementioned circumstance and the external competition, referred to in the combined provisions of Articles 110 and 416 bis of the Italian Criminal Code.
- Breve premessa sul fatto.
La vicenda trae origine da un ricorso, proposto avverso una sentenza della Corte d’Appello di Firenze1. Il difensore del ricorrente avanzava la richiesta di annullamento con rinvio del provvedimento impugnato. La Corte d’Appello aveva infatti confermato la sentenza del Tribunale di Firenze2, nella quale l’imputato veniva considerato responsabile per i reati di usura,
tentata estorsione ed abusiva attività finanziaria, aggravati dalla finalità di agevolazione mafiosa, attuata in favore di un Clan ben conosciuto. Lo stesso, infatti, secondo la confermata pronuncia, assumeva il ruolo di intermediario tra alcuni dei soggetti alla ricerca di finanziamenti ed i coimputati, i quali gestivano i prestiti, concedendoli a tassi usurari. L’imputato si occupava, altresì, di riscuotere il denaro dai debitori o di intimarli ad adempiere facendo ricorso a violenze e minacce.
Mediante il ricorso si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione e, nello specifico, per ciò che interessa analizzare maggiormente con il presente contributo, si contestavano le valutazioni antitetiche sulla natura dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa, di cui all’art. 416 bis-1 c.p.
Al di là della vicenda specifica, contrassegnata da dinamiche particolari, quali la presenza del dolo specifico di agevolare il Clan, da parte dell’imputato, in base a quanto si evince dalla sentenza di secondo grado, ciò che assume maggiore rilevanza è la deduzione del ricorrente del contrasto giurisprudenziale in merito alla natura oggettiva o soggettiva dell’aggravante e sulla sua estensibilità ai correi.
Il contrasto interpretativo veniva rimesso dalla Seconda Sezione Penale alle Sezioni Unite, in base all’art. 618 c.p.p.3.
- Distinzione tra le circostante oggettive e soggettive.
In base alle disposizioni del codice penale, le circostante che afferiscono al reato, sono distinte in oggettive e soggettive. L’art. 70 c.p. prevede la sussistenza di una circostanza oggettiva quando questa concerne «la natura, la specie, i mezzi, l’oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell’azione, la gravità del danno o del pericolo, ovvero le condizioni o le qualità personali dell’offeso». Al contrario, l’elemento viene valutato quale circostanza soggettiva, qualora esso riguardi «l’intensità del dolo o il grado della colpa, o le condizioni e le qualità personali del colpevole, o i rapporti fra il colpevole e l’offeso, ovvero […] la persona del colpevole».
- La novella legislativa 19/19904.
Per un inquadramento più esaustivo dell’applicazione concreta predisposta per le circostanze ed altresì, al fine di comprendere meglio l’articolato ragionamento elaborato dalle Sezioni Unite, è indispensabile richiamare la novella di cui alla legge 19 del 1990, la quale, pur non avendo operato un mutamento per quanto attiene alle peculiarità delle summenzionate circostanze, ne ha modificato il regime di estensibilità ai correi.
Prima della riforma, il combinato disposto di cui agli artt. 59 e 118 c.p., prevedeva che le circostanze oggettive fossero attribuite all’autore del reato anche se da lui non conosciute e che quelle soggettive fossero estese alla condotta di uno o più correi, nel caso in cui esse avessero assunto una sostanziale rilevanza per l’agevolazione della commissione del fatto. Con le modifiche apportate dalla novella, ad oggi si prevede l’applicazione delle aggravanti oggettive solo se conosciute dall’agente e la non estensibilità solo di talune – determinate – tra quelle soggettive. Il discrimen tra estensibilità e non estensibilità non è più incentrato, dunque, sulla diversa natura che caratterizza la circostanza di volta in volta presa in considerazione o, quantomeno, la suddetta distinzione non è da sola sufficiente a regolarne l’applicabilità a tutti i concorrenti.
Invero, le condizioni e le qualità personali del colpevole e i rapporti tra il colpevole e l’offeso, sono circostanze esplicitamente escluse, dall’art. 70, dalla valutazione esclusiva a carico della persona cui soggettivamente si riferiscono. Un elemento di fatto che riguardi, ad esempio, una particolare qualifica professionale del colpevole, come spiega la Suprema Corte, rappresenta, sì, una peculiarità soggettiva ma, altresì un dato evidente – di fatto, per l’appunto – che non può essere disconosciuto dal coimputato, quantomeno astrattamente.
La percezione ab externo degli elementi che arricchiscono e denotano una condotta, intesa in senso ampio, comporta la possibilità di riferire quegli stessi elementi ad un soggetto partecipe al reato, seppur i suddetti non si leghino in modo diretto allo stesso. Pertanto, gli elementi personali non rimangono confinati nella sfera del soggetto titolare, qualora possano essere ben conoscibili e/o appresi dai suoi complici.
- Il principio di offensività.
Operando un collegamento con l’art. 49 c.p., ovverosia col principio di offensività – pilastro fondamentale del sistema penalistico – si può sostenere come l’intenzione meramente personale dell’agente, la quale non assume valenza se non concretamente pericolosa o lesiva (c.d. concezione realistica del reato), lascia spazio alla punibilità della stessa, qualora sia effettivamente in grado di produrre un danno o la messa in pericolo di un bene tutelato dall’ordinamento. In egual modo, lo specifico motivo a delinquere diviene “oggettivo” quando ne venga riconosciuta la potenzialità lesiva dal concorrente, il quale non desista, comunque, dall’agire. Ciò che rileva è l’estensione in termini di pericolosità o lesività, che una determinata condotta o elemento aggravante detengano.
- Il discrimen spiegato dalla Corte.
La Corte – nella sentenza in commento – afferma che « là dove l’elemento interno proprio di uno degli autori sia stato conosciuto anche dal concorrente che non condivida tale fine, quest’ultimo viene a far parte della rappresentazione ed è quindi oggetto del suo dolo diretto ove il concorrente garantisce la sua collaborazione nella consapevolezza della condizione inerente il compartecipe». Il discrimen cruciale diviene quindi, l’estrinsecazione della circostanza, la quale, comunque, non risulta essere del tutto una novità nel nostro sistema, nè nelle applicazioni giurisprudenziali finora conosciute. A titolo di esempio, si fa menzione di una pronuncia della Corte5 secondo la quale l’aggravante della premeditazione viene estesa al concorrente qualora lo stesso, pur non avendo partecipato alla programmazione, sia stato, per qualsivoglia ragione, al corrente della stessa e abbia agito ugualmente.
- L’aggravante dell’agevolazione mafiosa.
L’aggravante in questione si configura quando un soggetto agevoli, mediante una propria condotta il sodalizio mafioso. Diverge dall’utilizzo del metodo mafioso, il quale rappresenta indubbiamente una circostanza di tipo oggettivo relativa ai metodi utilizzati per porre in essere l’azione. L’appartenenza del soggetto all’associazione non risulta – a dispetto di un dibattuto contrasto sul tema6 – rilevante per la possibile sussistenza della circostanza. La Cassazione a
Sezioni Unite, nel 20017, affermava la configurabilità di determinati reati aggravati dalla circostanza in esame, anche laddove commessi da sodali, parte integrante del gruppo criminoso.
Invero, è fondamentale distinguere l’appartenenza al sodalizio e l’eventuale commissione di delitti specifici, c.d. reati-fine. la prima prescinde dal verificarsi dei secondi, i quali appaiono quale quid pluris non necessario per l’esistenza del gruppo, ma rilevante per il rafforzamento dello stesso.
Da ciò ne discende l’ipotesi concreta che un esterno ma altresì un sodale possano porre in essere fatti criminosi, col fine specifico di agevolare l’associazione di stampo mafioso.
- Differenze con il concorso esterno.
Qualora il sodale si ritrovi in una posizione strettamente funzionale al gruppo e dunque, compia atti – o anche un singolo atto – ritenuti imprescindibili, in un dato momento, dall’associazione, si dà luogo al c.d. concorso esterno, di cui all’art. 110 in combinato disposto con l’art. 416 bis c.p.. Esso si distingue dalla circostanza aggravante dell’agevolazione, pur avendo lo stesso fine, poichè si basa sull’imprescindibilità della condotta e sulla effettiva realizzazione della stessa in senso favorevole ai propositi criminosi dell’organizzazione. Non è detto, infatti, che l’agevolazione conduca ad un esito positivo; mentre ciò accade nell’ipotesi di concorso esterno. Corollario più che logico è che se l’associato può avvalersi della finalità agevolatrice, egli non può però essere considerato un concorrente esterno, a pena di cadere in una contraddizione linguistica, ancor prima che giuridica.
- Orientamenti sulla natura della circostanza.
Gli orientamenti formatisi sul quello che rappresenta il fulcro della sentenza in commento, possono essere raggruppati in tre ipotesi giuridiche, seppur amalgamate tra loro sotto più aspetti.
- Prima tesi.
Secondo la prima, la circostanza in esame è di tipo soggettivo, riconducibile pertanto all’art. 118 c.p.. Essa si incentra sulla volontà del soggetto agente, caratterizzata dal dolo specifico, nonchè
dall’intenzione di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa. Non è ben chiaro se in caso di concorso di persone, tale specifico intento debba sussistere in capo a ciascuno dei soggetti agenti e neppure se lo scopo debba essere unico o possa essere accompagnato da altri intenti. Sulle questioni la Giurisprudenza appare divisa in un senso o nell’altro8.
Inoltre, secondo tale primo approccio, l’aggravante necessita di un elemento oggettivo «costituito dalla direzione o dall’idoneità dell’azione ad agevolare l’associazione mafiosa».
- Seconda tesi.
Il secondo orientamento la riconduce al novero delle circostanze estensibili ai concorrenti, di cui all’art. 59 c.p., tra le circostanze oggettive afferenti alla modalità dell’azione. Ritiene comunque imprescindibile, ai fini dell’integrazione della stessa, non la mera ignoranza incolpevole bensì l’elemento soggettivo del dolo specifico, quantomeno in capo ad uno dei correi.
- Terza tesi.
Il terzo orientamento incentra la natura della circostanza sulla tipologia di reato cui essa accede, in base all’attitudine della finalità di oltrepassare la sola condotta del singolo e riguardare piuttosto la generale commissione del reato da parte di tutti i concorrenti, ai quali pertanto può essere estesa.
- Iter argomentativo della Suprema Corte.
Le tesi menzionate, come si può ben rilevare, constano di una propria identità mista ad elementi dell’una e dell’altra, non risultando rigide e immuni da condizionamenti.
Piuttosto che propendere per una scelta netta tra la natura di tipo oggettivo e quella di tipo soggettivo, i punti focali in discussione, individuati dalle Sezioni Unite sembrano essere due.
Il primo verte sulla volizione, ovverosia sulla presenza del dolo specifico o della mera consapevolezza; il secondo, sull’individuazione del requisito necessario al fine dell’estensibilità ai concorrenti.
Quanto al primo punto, anche sulla scia della pronuncia delle Sezioni Unite del 20149, la Corte ritiene indispensabile la convinzione specifica – ancorchè non esclusiva – di apportare un concreto vantaggio alla compagine associativa. Devono sussistere dei presupposti effettivi che rendano la valutazione dell’agente non meramente astratta, in relazione all’obiettivo da raggiungere, sebbene poi nel concreto il fine possa non essere raggiunto, per le ragioni più disparate.
L’agevolazione non può infatti basarsi sulla mera condotta, in quanto si rischierebbe di punire – molto gravemente – un soggetto non del tutto consapevole valutando esclusivamente i suoi agiti.
La circostanza assume quindi connotati soggettivi.
Riguardo, invece, all’estensibilità della aggravante ai correi, in base alla novella legislativa di cui si è avuto modo di trattare10, l’applicabilità di una circostanza soggettiva ai concorrenti, dipende – ad oggi – dalla riconoscibilità della stessa da parte degli altri soggetti agenti.
Un motivo interno, una considerazione personale, una valutazione sul fine, proprie di uno di loro, possono interessare e coinvolgere anche gli altri, quando essi siano consapevoli e ciò non li faccia desistere dall’agire.
La convergenza verso il fine, anche qualora i “compiti” dei singoli sodali siano differenti, confluiscono in un’unica azione, composta da più segmenti, attribuibile a tutti in modo unitario. L’estensibilità non può basarsi sul mero sospetto o su un’ignoranza colposa, necessitando, al contrario, del dolo diretto anche nella forma del dolo eventuale. Si valuta la riconoscibilità all’esterno di quel determinato intento agevolatore e la conseguente condotta del compartecipe, che non venga dissuaso dal porre in essere il reato.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
M. Romano, Commentario sistematico del codice penale – I, Giuffrè, 2004.
G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale – parte generale, Zanichelli, 2019.
L. Simeone, I reati associativi, Maggioli, 2015.
R. Garofoli, Compendio di diritto penale – parte speciale, Nel Diritto, 2019/2020.
Concorso esterno in associazione mafiosa: una sintesi dei passaggi evolutivi, Diritto.it, 25 novembre 2019.
M. Donini, Il concorso esterno “alla vita dell’associazione” e il principio di tipicità penale, Diritto Penale Contemporaneo, 13 gennaio 2017.
F. MANTOVANI, Diritto penale, Cedam – Wolters Kluwer, 2017.
1 Corte App. Firenze, 27 novembre 2018.
2 Trib. Firenze, 14 marzo 2014.
3 Udienza del 19 dicembre 2019.
4 Legge 19 del 7 febbraio 1990, Modifiche in tema di circostanze, sospensione condizionale della pena e destituzione dei pubblici dipendenti.
5 Cass. pen. sez. VI, 56956 del 21 settembre 2017.
6 Ex multis, Cass. pen. sez. V, 8346 del 26 luglio 1997; Cass. pen. sez. I, 5839 del 24 novembre novembre 1998.
7 SS.UU. 10 del 28 marzo 2001 (Cinalli).
8 Ex multis, Cass. pen. sez. VI, 24883 del 15 maggio 2019; Cass. pen. sez. VI, 28212 del 12 ottobre 2017; Cass. pen. sez. III, 36364 del 20 maggio 2015.
9 SS.UU. 38343 del 24 aprile 2014.
10 si v. par. 2.1.
10 si v. par. 2.1.