LE IMPUGNAZIONI: LEGITTIMAZIONE E INAMMISSIBILITA’ . LA LEGITTIMAZIONE ALLA IMPUGNAZIONE DELLA PARTE CIVILE A SEGUITO DELLA SENTENZA DELLA SUPREMA CORTE A SEZIONI UNITE 3 LUGLIO 2019 N. 28911 E DELLA CORTE COSTITUZIONALE 12 LUGLIO 2019 N. 176
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1-Tassatività dei mezzi e tassatività degli atti; 2- I provvedimenti abnormi; 3- Soggetti legittimati alla impugnazione: legittimazione alla impugnazione della archiviazione per particolare tenuità; 4- La legittimazione della parte civile nel caso di proscioglimento per intervenuta prescrizione ( cass. Sezioni Unite Penali 28 marzo-3 luglio 2019 n. 28911) e per le sole statuizioni civili ( Corte Costituzionale 12.7.2019 n. 176 )
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1 – TASSATIVITà DEI MEZZI E TASSATIVITA’ DEGLI ATTI
La impugnazione è una “forma di garanzia”: la possibilità che il legislatore ha riconosciuto alle parti di chiedere l’intervento di un altro giudice che possa valutare, rivedere o confermare il giudizio già espresso da altri.
È bene precisare che il principio del doppio grado di giudizio non ha copertura costituzionale nel nostro ordinamento ( ove unica forma di gravame prevista è quella di cui all’art. 111 cost. ossia il ricorso per Cassazione) ma sovranazionale trovando fondamento nell’art. 2 del VII Protocollo alla convenzione europea dei diritti dell’uomo e nell’ art. 14 c. 5 del Patto internazionale sui diritti civili e politici.
Si tratta comunque di un principio ritenuto fondamentale nel nostro sistema garantista. Purtuttavia, al fine di evitare che l’impugnazione sia utilizzata ai soli fini dilatori, il legislatore ha previsto alcuni “ limiti”.
Tra tali “limiti” vi è in primo luogo quello fissato dal principio della “TASSATIVITA’” da intendersi come: A) tassatività dei MEZZI DI IMPUGNAZIONE e B) tassatività DEGLI ATTI .
- Per il principio di TASSATIVITÀ DEI MEZZI DI IMPUGNAZIONE nessun atto può essere oggetto di impugnazione se non secondo le forme espressamente previste.
Unica deroga è quella prevista dall’art. 568, 5 comma, c.p.p. in virtù del quale nel caso di mezzo erroneamente utilizzato si provvede alla conversione in quello tipicamente previsto. In realtà non si tratta di una vera e propria deroga ma di uno strumento volto a salvaguardare la validità della impugnazione, qualora comunque possibile, quale espressione di volontà della parte mediante la automatica conversione del mezzo.
Nessuna deroga, diversamente, nel caso di impugnazione di provvedimento inoppugnabile: in tal caso non esistono mezzi correttivi.
Tale principio è stato affermato dalla Suprema Corte a Sezioni unite[1] che ha ribadito che la qualificazione del ricorso per Cassazione come Appello con la conseguente trasmissione degli atti al giudice competente non è impedita dalla successiva remissione della querela e della relativa accettazione. Ha anche affermato che dal raffronto tra l’art. 568 c. 1 e l’art. 591 c. 1 lett. B si ricava che la sanzione della inammissibilità è comminata per la sola violazione del principio di tassatività dei casi e non anche per la violazione del principio della tassatività dei mezzi di impugnazione.
- Per il principio di TASSATIVITÀ DEI CASI sono impugnabili solo i provvedimenti che la legge non considera inoppugnabili.
Coerentemente con la previsione di cui all’art. 111 Cost. sono ricorribili in Cassazione :
- I provvedimenti de libertate (anche decreto di accompagnamento coattivo);
- Le sentenze ( con la sola esclusione di quelle per la competenza ) e salvo che non siano previsti specifici mezzi di impugnazione
Va premesso che :
- Sono impugnabili solo i provvedimenti e non anche gli atti
( in merito va però ricordato che la Suprema Corte ha ritenuto impugnabile anche il silenzio del giudice in ordine ad una richiesta di misura cautelare in carcere avanzata dal p.m. alla quale ha riconosciuto valore di rigetto immotivato e come tale censurabile ex art. 606 c. 1 lett. E )[2]
-Sono impugnabili solo i provvedimenti del giudice e non del p.m.
Le decisioni della Suprema Corte in merito a specifici provvedimenti ritenuti “inoppugnabili” è molto vasta.
Sono stati considerati inoppugnabili:
– il provvedimento con cui il giudice delle indagini preliminari non autorizza la riapertura delle indagini dopo l’archiviazione [3] ( ora è possibile il reclamo contro l’archiviazione ma nulla è previsto nel caso di mancato accoglimento della richiesta di riapertura delle indagini);
– l’ ordinanza del gip che respinge la richiesta di archiviazione e dispone la formulazione dell’imputazione coatta da parte del p.m. senza fissare la camera di consiglio; [4]
– il provvedimento di inammissibilità dell’opposizione alla richiesta di archiviazione per omessa indicazione dell’investigazione suppletiva e dei relativi elementi di prova[5] .
– il provvedimento di rigetto della richiesta di intercettazioni non essendo previsto alcun tipo di gravame [6];
– il decreto di perquisizione del p.m. che rimetta agli organi di polizia giudiziaria la individuazione di cose da sottoporre a sequestro [7]
– i provvedimenti di riunione e separazione dei procedimenti [8];
– il decreto che dispone il giudizio che è un atto di impulso processuale diretto a fondare la competenza di un giudice del dibattimento [9]
– l’ordinanza di correzione di errore materiale [10] (è però sicuramente ricorribile per cassazione dal momento che la decisione viene presa ex art. 127 c.p.p.) [11]
- I PROVVEDIMENTI ABNORMI
Sono ricorribili per Cassazione i PROVVEDIMENTI ABNORMI. Il concetto di provvedimento abnorme viene formulato dalla giurisprudenza.
La Suprema Corte ha più volte affermato che “ è abnorme non solo il provvedimento che per la singolarità e stranezza del contenuto risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, ( ABNORMITA’ STRUTTURALE) ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste al di la’ di ogni ragionevole limite cosi da determinare una stasi del processo con impossibilità di proseguirlo (“ABNORMITA’ FUNZIONALE”)[12]
Tale categoria ha trovato il suo ingresso nel nostro ordinamento per porre rimedio a comportamenti procedimentali posti in essere dal Giudice da cui derivino atti non altrimenti impugnabili
Per essi, non essendo provvedimenti tipici, non può operare il principio di tassatività dei provvedimenti impugnabili e dei mezzi di impugnazione esperibili.
Consapevole di tale problematica e della impossibilità di “ catalogare” provvedimenti NON TIPICI, il legislatore già negli atti preparatori al codice aveva evidenziato che “è rimasta esclusa la previsione della impugnazione dei provvedimenti abnormi attesa la rilevante difficoltà di una possibile tipizzazione e la necessità di lasciare sempre alla giurisprudenza di rilevarne l’esistenza e di fissare le caratteristiche ai fini dell’impugnabilità”.
Per essi comunque va previsto un “ controllo”.
Così la Suprema Corte è giunta ad affermare “ Se per il principio di tassatività dovrebbe essere esclusa ogni impugnazione è pur vero che il generale rimedio del ricorso in cassazione consente comunque un gravame atto a rimuovere un provvedimento non inquadrabile nel sistema processuale o adottato a fini diversi da quelli previsti dall’ordinamento”.[13]
Come detto la nozione di provvedimento abnorme può riguardare solo un provvedimento del giudice e non del P.m. Le Sezioni Unite hanno specificato che i provvedimenti del P.m., in quanto atti di parte, non hanno natura giurisdizionale e come tali non possono qualificarsi come abnormi né impugnabili.
La lunga elaborazione giurisprudenziale delle Sezioni Unite[14] ha chiarito quali sono le caratteristiche della categoria della “abnormità”, precisando:
–che è affetto da tale vizio il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del suo contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, ovvero quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste al di là di ogni ragionevole limite;
–che l’abnormità dell’atto può riguardare sia il profilo strutturale, allorché l’atto si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, sia il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo, potendosene ravvisare un sintomo nel fenomeno della c.d. regressione anomala del procedimento ad una fase anteriore.
Come ben si può comprendere la impossibilità di individuare dei caratteri distintivi della categoria ha portato ad una progressiva estensione della stessa rispetto alle tradizionali invalidità dell’atto. La volontà della giurisprudenza di legittimità era di rimuovere, con il rimedio del ricorso immediato per Cassazione, situazioni processuali extra ordinem, altrimenti non eliminabili (per la preclusione derivante dalla tassatività dei mezzi di impugnazione e delle nullità), “che conseguono ad atti del giudice geneticamente o funzionalmente anomali, non inquadrabili nei tipici schemi normativi ovvero incompatibili con le linee fondanti del sistema “.
In merito assume rilievo la decisione della Suprema Corte che non ha ritenuto abnorme il provvedimento di inammissibilità del giudizio abbreviato emesso dal Gup perché avanzata dopo aver dato la parola al P.m [15] o la decisione della Corte che ha ritenuto abnorme il provvedimento di archiviazione adottato dal gip non sulla base della infondatezza della notizia di reato come richiesto dal p.m. ma sul presupposto dell’avvenuto incardinamento di altro procedimento che vedeva protagoniste le stesse parti sia pure con ruoli invertiti e dell’impossibilità di concepire l’esistenza di due processi in parallelo utilizzando per tale decisione non le risultanze di causa ma sue personali conoscenze dei fatti.
La giurisprudenza ha qualificato come abnormi:
1- il provvedimento del gip che d’ufficio abbia archiviato un procedimento nel caso in cui a seguito di richiesta di archiviazione a carico di un solo imputato il gip imponga la imputazione coatta in relazione all’altro indagato in merito al quale il p.m. non aveva formulato alcuna richiesta [16]. Ciò in quanto l’iniziativa in tema di archiviazione costituendo l’alternativa processuale all’atto di promozione dell’azione penale è un atto di parte di esclusiva competenza del p.m.
- il provvedimento del gip che su richiesta del p.m. di archiviazione trasmetta de plano gli atti al p.m. (nel caso in questione presso diverso organo giudiziario) perchè valuti la possibilità di esercitare l’azione penale in merito ad altra ipotesi di reato meno grave. Tale atto è abnorme perchè il gip non ha poteri di iniziativa e di indagine che sono riservati solo al p.m.
- il provvedimento del Gup che dichiari la nullità della richiesta di rinvio a giudizio per genericità della imputazione [17]
I provvedimenti abnormi sono ricorribili per Cassazione secondo termini e modalità previsti dal codice per tale procedura.
Le sezioni unite hanno affermato questo principio quindi valgono gli stessi termini per la proposizione dell’impugnazione con la sola eccezione delle ipotesi di gravame nei confronti di provvedimenti affetti da anomalia genetica così radicale da essere ritenuti inesistenti materialmente o giuridicamente quindi inidonei a passare in giudicato. [18].
Il termine per proporre ricorso per cassazione avverso il provvedimento abnorme decorre dal momento in cui l’interessato ne abbia avuto effettiva conoscenza e che, in difetto di prova contraria, va identificato in quello indicato dal ricorrente [19]
3-I SOGGETTI LEGITTIMATI ALLA IMPUGNAZIONE
Il principio generale fissato dal nostro codice all’art. 568 , 4 c. c.p.p. è che è legittimato ad impugnare colui che ha interesse.
Il p.m. ha interesse se ravvisa nel provvedimento una decisione in qualsiasi modo ingiusta quali che ne possano essere le conseguenze.
Il P.m. può impugnare per avere effetti favorevoli per l’imputato solo con ricorso in Cassazione ai sensi del comma 4 bis introdotto all’art- 568 dal d.leg. 6.2.2018.
Per l’imputato l’interesse non può prescindere da motivi egoistici. La Suprema Corte ha affermato a sezioni unite, dopo aver analizzato l’excursus storico in merito all’interesse ad impugnare, che esso non è collegato alla soccombenza ma deve essere inteso in senso utilitaristico ossia finalizzato a rimuovere un pregiudizio di qualunque natura e ottenere una decisione più vantaggiosa [20].
L’interesse deve essere:
– attuale anche nel momento della decisione non potendosi configurare un interesse privo di concretezza e attualità [21]
– concreto ossia effettivo al conseguimento di un diritto o alla rimozione di conseguenze pregiudizievoli per la sfera di diritti della parte[22] perché l’impugnazione non è in concreto una pretesa all’esattezza giuridica della decisione ma un modo per costituire, attraverso la eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione più vantaggiosa.
– 3.1. – INTERESSE DELL’IMPUTATO. RILEVANZA DELL’INTERESSE AD IMPUGNARE L’ORDINANZA DI ARCHIVIAZIONE PER SPECIALE TENUITÀ
– sicuramente vi è l’interesse dell’imputato ad impugnare le sentenze di condanna;
– per le sentenze di assoluzione non vi è interesse ad impugnare le assoluzioni perché il fatto non sussiste o non lo ha commesso; può esservi un interesse ad impugnare sentenze di assoluzione perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato . In questo senso la Cassazione a sezioni unite ha affermato che è ammissibile il ricorso in Cassazione contro tali sentenze perché vi è l’interesse dell’imputato dal momento che anche la configurabilità dell’illecito amministrativo produce effetto pregiudizievole e vi è un vantaggio connesso alla rimozione del provvedimento stesso.[23]
Vi può essere un interesse ad impugnare sentenze di assoluzione per speciale tenuità del fatto che presuppongono la sussistenza del fatto e dell’elemento psicologico.
È possibile la impugnazione delle sentenze di proscioglimento in abbreviato se per difetto di imputabilità, derivante da vizio totale di mente [24]
In merito la Cassazione recentemente aveva escluso la possibilità di ricorrere in Cassazione avverso una ordinanza di archiviazione per tenuità del fatto.
Si trattava di una richiesta di archiviazione opposta. Il giudice aveva fissato la camera di consiglio al termine della quale aveva emesso ordinanza di archiviazione per speciale tenuità del fatto.
L’indagato aveva proposto ricorso in cassazione e la corte ne ha dichiarato la inammissibilità trattandosi di provvedimento non definitivo e in quanto tale non iscrivibile nel casellario. Quindi nessun pregiudizio avrebbe avuto l’indagato e nessun interesse ad impugnare. [25]
La Suprema Corte giunge a tale conclusione in virtù del significato da attribuire alla disciplina in tema di provvedimenti iscrivibili nel casellario giudiziale e soprattutto aderendo all’orientamento minoritario.
Il contrasto giurisprudenziale era sorto proprio perché la giurisprudenza maggioritaria riteneva che dal testo normativo come novellato dovessero essere iscritti nel casellario giudiziale non solo tutti i provvedimenti giudiziari definitivi dichiarativi della non punibilità per particolare tenuità del fatto, ma anche i decreti e le ordinanze di archiviazione (e le sentenze di non luogo a procedere), che pur non assumendo mai connotati di autentica definitività, rendono possibile la valutazione del giudice circa la sussistenza del requisito ostativo dell’abitualità del comportamento.
Diversamente l’orientamento minoritario riteneva che l’art. 3 lett. f) del d.p.r. n. 313 del 2012 lì dove richiama i provvedimenti … “che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale» vada letto congiuntamente all’incipit dell’elenco ossia “ i provvedimenti giudiziari definitivi” così da giungere a ritenere che solo le sentenze, i decreti penali passati in giudicato vadano iscritti. Conseguentemente la sentenza di non luogo a procedere non andrebbe iscritta in quanto suscettibile di revoca e comunque destinata, come il decreto di archiviazione, a non passare in giudicato.
La Corte di Cassazione ha aderito all’orientamento minoritario, affermando che la disciplina va interpretata nel senso che possono essere iscritti nel casellario giudiziale solo i provvedimenti definitivi, ovvero non impugnati o altrimenti definitivi per rigetto dell’impugnazione. Conseguentemente, il provvedimento di archiviazione non deve essere iscritto nel casellario perché trattasi per sua natura di provvedimento sempre provvisorio, dal momento che i relativi effetti vengono meno con la riapertura delle indagini ai sensi dell’art. 414 c.p.p. sulla base della semplice “esigenza di nuove investigazioni”.
Invero di recente la questione è stata sottoposta alle Sezioni Unite .
Con ordinanza del 6 marzo 2019 n. 9836 la prima sezione penale della Corte di Cassazione, preso atto del contrasto giurisprudenziale sul punto, ha rimesso alle Sezioni Unite la seguente questione: «se il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto a norma dell’art. 131-bis cod. pen. sia soggetto all’iscrizione nel casellario giudiziale ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. f), d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313».
Il problema doveva essere risolto con il decreto legislativo attuativo della legge delega contenuta nella legge cd. Orlando ma in realtà nulla in merito è stato previsto.
Per cui ad oggi la questione risulta definita solo dall’intervento delle sezioni unite che secondo l’informazione provvisoria hanno stabilito all’udienza del 30 maggio 2019, che «il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen. deve essere iscritto nel casellario giudiziale, fermo restando che non ne deve essere fatta menzione nei certificati rilasciati a richiesta dell’interessato, del datore di lavoro e della pubblica amministrazione». (Cass., Sez. Un., c.c. 30 maggio 2019, Pres. Carcano, Rel. Pistorelli, ric. P.m. in proc. De Martino (informazione provvisoria) .
In definitiva, ritenuto iscrivibile nel casellario, si può giungere a ritenere lo stesso impugnabile in applicazione del principio dell’interesse da intendersi, come detto, nel senso di un qualunque vantaggio anche connesso ad effetti extrapenali del provvedimento quali un procedimento disciplinare o solo alla lesione della immagine dal momento che la tenuità presuppone l’accertamento della sussistenza del fatto e dell’elemento psicologico.
3 -2 – INTERESSE DEL P.M.
Il P.m. ha sicuramente interesse ad impugnare :
- Le sentenze di assoluzione ( anche in abbreviato)[26] ma non vi è interesse ad avere una diversa formula assolutoria[27]
- Sentenze di condanna ( anche in abbreviato) solo se modificano titolo reato o escludono un’aggravante ad effetto speciale o stabiliscono pena specie diversa.
- Una decisione al fine di avere la esatta applicazione della legge anche se a favore dell’imputato [28].
Anche l’interesse del P.m. deve essere concreto e attuale [29].
Il P.m. può anche impugnare una sentenza nell’interesse dell’imputato l’ art. 568, c. 4 bis c.p.p., introdotto dal d. lgt 6.2.2018 n. 11 prevede che il p.m. possa proporre impugnazione diretta a conseguire effetti favorevoli all’imputato solo con ricorso in cassazione.
Va ricordato anche in questa sede che dalla riforma Orlando è stata introdotto, in ottemperanza alle decisioni della Cedu e della Cassazione a Sezioni Unite, l’obbligo di rinnovazione della prova dichiarativa nel caso di impugnazione di una sentenza di assoluzione da parte del p.m. all’art. 603 art. 3 bis c.p.p.
3 -3- -INTERESSE DELLA PARTE CIVILE
La parte civile, la persona offesa non costituita o gli enti e associazioni che intervengono ex art. 93 e 94 c.p.p. possono chiedere al p.m. di proporre impugnazione a ogni effetto penale. La parte civile può impugnare i capi della sentenza di condanna che riguardano l’azione civile.
Ma può avere interesse la parte civile ad impugnare una sentenza di condanna per fatto diversamente qualificato qualora vi sia stata una condanna generica al risarcimento del danno?
La Cassazione si è espressa negativamente se la condanna è generica e quindi non vincola la determinazione da parte del giudice civile e se il fatto rimane lo stesso[30]”.
Il ragionamento, riportato in sintesi, è il seguente::” a) la condanna al risarcimento del danno e’ stata comminata dalla Corte di appello in assenza di accertamenti positivi sulla sussistenza del danno; b) il fatto, cosi’ come storicamente accertato, e’ sempre stato uguale a se stesso; c) la sua diversa qualificazione giuridica, per quanto errata, non e’ il frutto di una diversa ricostruzione del fatto, incontestato nella sua dimensione storica. Ne consegue che: a) la condanna generica e la diversa qualificazione giuridica data al fatto dal giudice penale non vincolano il giudice civile nell’accertamento della sussistenza e consistenza del cd. danno-conseguenza, liquidabile in base ai criteri stabiliti dal Decreto Legislativo n. 30 del 2005, articolo 125; b) la parte civile non e’ legittimata ad impugnare”.
3-4 –LA LEGITTIMAZIONE DELLA PARTE CIVILE NEL CASO DI PROSCIOGLIMENTO PER IMPROCEDIBILITA’ O PRESCRIZIONE ( CASS. SEZIONI UNITE PENALI 28 MARZO-3 LUGLIO 2019 N. 28911 E CORTE COSTITUZIONALE 12.7.2019 N. 176 )
L’ammissibilità della impugnazione della parte civile è stata ridefinita più volte dalla
Suprema Corte di Cassazione al fine di delimitare l’applicazione dell’art. 576 c.p.p.
In particolare la Suprema corte a sezioni unite ha ritenuto inammissibile, perché priva di interesse, la impugnazione della parte civile avverso la sentenza di proscioglimento dell’imputato per improcedibilità della azione penale dovuta a difetto di querela dal momento che l’accertamento della sussistenza o meno della condizione di procedibilità penale non influisce in alcun modo sulla sua posizione processuale di danneggiato nell’esercizio della azione per la responsabilità civile e risarcimento del danno [31]
E’ da ritenersi inammissibile sempre per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso in Cassazione proposto dalla parte civile ai soli effetti civili della sentenza di assoluzione per un reato abrogato o qualificato come illecito civile a seguito di intervenuta disposizione normativa. Ciò in quanto non si producono effetti pregiudizievoli nel giudizio civile per le restituzioni o risarcimento.
Rilevante è anche una recentissima decisione delle sezioni unite in merito alla legittimazione alla impugnazione della parte civile della sentenza di primo grado che dichiari l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione.[32]
La Corte è intervenuta per dirimere un contrasto interpretativo segnalato dalla quinta sezione in merito alla legittimazione della parte civile.
Secondo un primo orientamento la impugnazione doveva ritenersi ammissibile ai sensi dell’art. 576 c.p.p. atteso che ai soli fini civili, la parte ha interesse a che il Giudice della impugnazione riconosca l’erroneità della declaratoria di intervenuta prescrizione del reato ( cfr. Cass. 40069/2013).
Diversamente, con decisioni più recenti, altre sezioni della corte avevano ritenuto inammissibile la impugnazione atteso che il giudice solo quando pronuncia sentenza di condanna si esprime sulle statuizioni civili e in difetto mancherebbe ogni interesse alla impugnazione ( cfr. cass. N. 19540/2016 e n. 3789/2016) .
In merito appare rilevante segnalare una decisione che potrebbe definirsi intermedia. La Suprema Corte con sentenza n. 21533 del 2018 ha ritenuto sussistente l’interesse della parte civile nel solo caso in cui la pronuncia di prescrizione sia conseguenza di un accertamento di merito da parte del giudice ( come nel caso di riqualificazione).
Le Sezioni Unite hanno affermato il seguente principio “nei conforti delle sentenza di primo grado che dichiari l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione così come nei confronti della sentenza d’appello che tale decisione abbia confermato è ammessa l’impugnazione della parte civile che lamenti l’erronea applicazione della prescrizione”.
La Corte giunge a tale soluzione proprio per il tenore dell’art. 576, 1 comma, c.p.p, secondo cui alla parte civile è consentito impugnare i capi della sentenza che riguardano l’azione civile anche se si tratta di sentenza di proscioglimento. Tale disposizione non limita solo ad alcune formule di proscioglimento la possibilità di impugnare e pertanto in esse deve rientrare anche quella dichiarativa della prescrizione.
Importante è anche una precisazione contenuta nella decisione: le sezioni unite hanno ribadito che l’interesse della parte civile sussiste relativamente alle statuizioni civili in virtù della previsione legislativa che ha riconosciuto al danneggiato la possibilità di azionare la pretesa civile anche nel giudizio penale. Se la legge concede alla parte civile la possibilità di scegliere se far valere le sue ragioni in sede penale o civile il giudice non può condizionare la decisione della stessa.
La parte civile, secondo la Corte, non solo è legittimata ad impugnare la sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione in virtù dell’art. 576 c.p.p. ma sarebbe anche portatrice di un concreto interesse all’impugnazione ex art,. 568 c.p.p. “ attesa la finalità perseguita attraverso la censura di un’erronea declaratoria di prescrizione, e indipendentemente dalla fondatezza di questa, ad ottenere il ribaltamento della prima pronuncia e l’affermazione, sia pure valorizzabile ai soli fini civili, di responsabilità dell’imputato.
In merito alla legittimazione della parte civile a proporre impugnazione ai soli fini civili davanti al giudice penale è intervenuta anche la Corte Costituzionale.
La Corte di Appello di Venezia ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 576 c.p.p. “ nella parte in cui prevede che la parte civile possa proporre al giudice penale anziché al giudice civile impugnazione ai soli effetti della responsabilità civile contro la sentenza di proscioglimento pronunciata in giudizio.”
La corte, in particolare dubitava della legittimità della norma perché in contrasto con l’art. 3 Cost. in quanto risulterebbe alterato in modo irrazionale la naturale funzione del giudice penale della impugnazione in merito alla pretesa punitiva pubblica e perché in contrasto con l’art. 111 Cost. e con i principi costituzionali di efficienza e efficacia della giurisdizione.
La Corte ha rigettato la questione e ha confermato la legittimità della norma in virtù delle seguenti considerazioni. Nel processo penale l’azione civile assume carattere accessorio e subordinato rispetto all’azione penale. Inoltre i due tipi di giudizio appaiono assolutamente separati come emerge dall’art. 652 c. 1 c.p.p. che esclude l’efficacia della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile. Solo infatti quando il giudice penale pronuncia sentenza di condanna decide anche sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno. Ma ciò rileva solo per ancor più evidenziare il carattere accessorio delle pretese civili.
Infatti alla regola generale dell’art,. 538 c.p.p., l’art. 578 c.p.p. introduce una deroga consentendo al Giudice della impugnazione che perviene ad una sentenza dichiarativa di estinzione del reato per amnistia e per prescrizione di decidere comunque sull’impugnazione limitatamente ai capi della sentenza che riguardano le statuizioni civili.
In tale contesto si deve inserire l’art. 576 c.p.p. che prevede la impugnazione della parte civile delle sentenze di proscioglimento purchè però, per la Corte, vi abbia un interesse ossia miri a conseguire un risultato utile o ad evitare un pregiudizio che altrimenti deriverebbe dalla pronuncia.
Dott.ssa Elisabetta Tizzani
[1] Cass. Sezioni unite 26 giungo 2002 n. 30326/02,
[2] cfr. Cass. Sez. VI 11 novembre 1991 n. 3638 e Cass. Sez II 28 luglio 1994 N. 3582)
[3] Cfr. Cass. 2 gennai 2012 n. 14991
[4] cfr. Cass. sez. 1 12. maggio 2010 n. 21060;
[5] cfr. Cass. sez. II 26 maggio 2009 n. 24549
[6] cfr. Cass. sez. VI 12 novembre 2008 n. 44877
[7] cfr. Cass. sez. I 21 aprile 2004 n. 23101;
[8] cfr. Cass. sez I 18 settembre 2008 n. 42990;
[9] cfr. Cass. sez VI 28 gennaio 2005 n. 10097;
[10] cfr. Cass. sez. v 15 ottobre 2009 n. 43989;
[11] Cfr. Cass. sez. unite 6 novembre 1992 n. 17 e cass. sez. I 24 giugno 2009 n. 29871;
[12] Cfr. Cass. sez. II 5 giugno 2003 n. 277716 ; Cass. Sezioni Unite n. 25957 del 26.3.2009;
[13] cfr. Cass Sez. Unite 9 luglio 1997 n. 11.
[14] Cass., Sez. Un., 26/4/1989, Goria; Sez. Un., 9/7/1997, P.M. in proc. Quarantelli; Sez. Un., 10/12/1997, Di Battista; Sez. Un., 24/11/1999, Magnani; Sez. Un., 22/11/2000, P.M. in proc. Boniotti; Sez. Un., 22/11/2000, P.M. in proc. Istituto Buonarroti; Sez. Un., 31/1/2001, P.M. in proc. Romano; Sez. Un., 31/5/2005 n. 22909, P.M. in proc. Minervini)
[15] Cfr. Cass. 18.12.2013 N.4119
[16] cass. Sez. VI 12 gennaio 2012 n. 3891
[17] Sezioni Unite Sentenza n.5307del2008
[18] Sezioni Unite del 9.7.1997 Quarantarelli
[19] cfr. Cass penale, sez. un,, 7 luglio 2001, n.34536, Chirico
[20] cfr. Cass. Sez. Unite 27 ottobre 2011 n. 6624
[21] cfr. Cass. Sez. unite 9 ottobre 1996 n. 20 che ha ritenuto venuto meno l’interesse del ricorrente alla decisione de libertate perchè nelle more era divenuta esecutiva la condanna con pena detentiva afflittiva.
[22] Cass. Sez. unite 11 maggio 1993 n. 6203
[23] cfr. Cass. Sez Unite 29 marzo 2012 n. 25457 ;
[24] cfr. C. Cost. sent. n. 274 del 2009 che ha dichiarato la illegittimità dell’art. 443, comma 1, del codice di procedura penale nella parte in cui esclude che l’imputato possa proporre appello contro le sentenze di assoluzione in tali casi .
[25] cfr. CASSAZIONE PENALE, SEZIONE TERZA, 20 giugno 2017, (ud. 26 gennaio 2017) – CAVALLO, Presidente – SOCCI, Relatore – SALZANO, P.G. (diff.) – Vanzo, ricorrente.“Il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto non è ricorribile per cassazione, ad esclusione delle ipotesi previste nell’art. 409, co. 6, c.p.p., in quanto il provvedimento di archiviazione non risulta iscrivibile nel casellario giudiziale, trattandosi di provvedimento non definitivo, e pertanto viene a mancare l’interesse ad impugnare, non risultando il provvedimento lesivo di alcun interesse dell’indagato”.
[26] Cfr. C. Cost. sent. n. 320 del 2007
[27] cass. sez. I 10.1.2007 n. 9174
[28] cfr. Cass. sezioni unite 11.5.1993 Amato … come da corte costituzionale 26 marzo 1993 n. 111 secondo cui il p.m. agisce esclusivamente nell’interesse della legge
[29] Cass sez. unite 25 giugno 2009 n. 29529
[30] cfr. Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 27 marzo 2017, n. 14812 “ “la parte civile non e’ legittimata ad impugnare la condanna generica al risarcimento del danno quando non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile circa l’entita’ del danno risarcibile”; “la sentenza di condanna che dia al fatto una diversa qualificazione giuridica puo’ essere impugnata dalla parte civile solo quando ad essa corrisponda una diversa ricostruzione del fatto storico
[31] Cass. Sezioni unite penali 21.6.2012 n. 35599
[32]Cass. Sezioni unite penali 28 marzo-3 luglio 2019 n. 28911