di Diego D’Amico

“Il mio pensiero è che l’arte è un valore essenziale ed attuale della personalità nazionale e quindi del patrimonio ideale che lo Stato amministra, organizzando e guidando il Popolo. Una politica che voglia essere veramente l’organizzazione della vita nazionale in ordine ai supremi fini dello Stato, deve curare il fatto arte in tutte le sue manifestazioni: spirituali e creative, educative sociali ed economiche… Noi vogliamo un nuovo modo di intendere la cura dell’arte antica e del museo, non come mero documento, spoglia esamine, ma come attuale valore della personalità storica nazionale”.

 

Da un articolo comparso il 15 luglio 1938 su “Critica Fascista”, oggi in G. Bottai, La politica delle arti. Scritti 1918-1943, a cura di A. Masi, Roma, 2009, p- 143

 

SOMMARIO: 1.       DALLA “TEORIA DELLA CRISTALLIZZAZIONE O PIETRIFICAZIONE” DEI BENI MERITEVOLI DI TUTELA ALLA CONCEZIONE “DINAMICA” DEL PAESAGGIO – 2. LA PRIMAUTÉ DEL VALORE ESTETICO-CULTURALE – 3. LA CONNESSIONE DELLA TUTELA PAESAGGISTICA CON QUELLA AMBIENTALE – 4. LA VALENZA PERCETTIVA (ESTETICO-IDENTITARIA) DEL PAESAGGIO

 

  1. Dalla “teoria della cristallizzazione o pietrificazione” dei beni meritevoli di tutela alla concezione “dinamica” del paesaggio

Sino agli anni ‘70, il Giudice delle leggi ha individuato i beni meritevoli di tutela, ai sensi dell’art. 9 Cost., con la teoria della “cristallizzazione” o della “pietrificazione”[1].

Tuttavia, già il legislatore pre-repubblicano aveva recepito quella concezione estetica del paesaggio; infatti, la legge sulla «Protezione delle bellezze naturali» – n. 1497/1939 – tutelava anche la «bellezza naturale» e la «non comune bellezza», in quanto di «notevole interesse pubblico» e apprezzava, inoltre, il «valore estetico», esprimendosi nei termini figurativi, e non giuridici, di «quadri naturali»[2]: un’idea di paesaggio improntata, dunque, ad una concezione estetizzante[3].

Simile rappresentazione del bello di natura, ancor prima, era stata accolta dal legislatore del 1922, con la legge n. 778[4], su cui, naturalmente, la Corte costituzionale non ha mai potuto esercitare il suo scrutinio.

Difatti, trattandosi di un tempo antecedente alla Costituzione del ‘48, non si sarebbe potuto intendere il bello di natura se non in senso puramente estetico ed il paesaggio stesso come sinonimo e col significato di panorama, vale a dire di veduta[5].

L’estetica non può che cogliere il bello – naturale – e, pertanto, ciò che è percepibile ai sensi, alla vista in particolare e la cui fruizione si traduce in un miglioramento della qualità della vita, che dev’essere accessibile a tutti ed è interesse di tutti.

Una dimensione, dunque, decisamente democratica del bello di natura che lo fa assurgere ad «interesse pubblico», per la prima volta qualificato tale.

Ciò nonostante, la dottrina successiva – soprattutto a partire dagli anni Ottanta – riscontra limiti alla concezione del bello, che, in quanto puramente estetica, rimane oziosa, appannaggio delle classi superiori e limitata a recepire la bellezza naturale senza spendersi per essa, né in termini di protezione né di evoluzione[6].

Anche nella giurisprudenza costituzionale, la sinonimia tra “paesaggio” e “bellezze naturali” segue la stessa sorte toccatale nella legislazione e in dottrina[7].

Vi si afferma e permane, dagli anni ‘60 e sino alla metà degli anni ‘80, con un’attenuazione graduale di nettezza sul finire di questo periodo, cui vi possiamo ascrivere la decisione n. 65 del 1959; la decisione n. 56 del 1968; la decisione n. 141 del 1982, ed anche la decisione n. 239 del 1982.

A rigore, la tutela del paesaggio, ex art. 9 Cost., per la prima delle quattro decisioni citate, rimane chiaramente compresa «nella più ampia “protezione delle bellezze naturali”»[8]; le successive pronunce, invece, confermano una concezione puramente estetizzante del paesaggio, ai sensi della stessa norma, fino, almeno, alla decisione n. 239, nella quale, alle “solite” «bellezze paesistiche», viene correlato un “nuovo” «valore estetico-culturale» da proteggere[9].

Con la decisione n. 94 del 1985, poi, la Corte costituzionale si avvia alla concezione “dinamica” del paesaggio e della sua tutela. Questa, osserva la Corte, «non può venire realisticamente concepita in termini statici, di assoluta immodificabilità dei valori paesaggistici registrati in un momento dato, ma deve, invece, attuarsi dinamicamente e cioè tenendo conto delle esigenze poste dallo sviluppo socio-economico del paese per quanto la soddisfazione di esse può incidere sul territorio e sull’ambiente».

La necessità di bilanciare interessi diversi e coordinare molteplici interventi viene affermata con la decisione n. 359 dello stesso anno, nella quale il «valore paesaggistico» viene letto dal Giudice delle leggi «come aspetto del valore estetico-culturale secondo scansioni diverse, perché legate a scelte di civiltà di più ampio respiro»[10].

La Consulta evidenzia, inoltre, che il paesaggio così inteso, «unitamente al patrimonio storico ed artistico della Nazione, costituisce un valore cui la Costituzione ha conferito straordinario rilievo, collocando la norma che fa carico alla Repubblica di tutelarlo tra i principii fondamentali dell’ordinamento (art. 9, secondo comma, Cost.)»[11].

È in tale contesto, poi, che la legge Galasso[12] si inserisce, creando una svolta alla quale aderisce anche la giurisprudenza della Corte (a partire dalla decisione n. 151/1986), proponendo, infatti, «una riconsiderazione assidua dell’intero territorio nazionale alla luce e in attuazione del valore estetico-culturale»[13].

 

  1. La primauté del valore estetico-culturale

Con la legge n. 431/1985, inerente la tutela delle zone di particolare interesse ambientale[14], il vincolo di tutela viene esteso a tutto il territorio nazionale avente particolari caratteristiche naturali e viene previsto che le Regioni[15] sottopongano «a specifica normativa d’uso e di valorizzazione ambientale il relativo territorio mediante la redazione di piani paesistici o di piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali»[16].

L’aspetto più significativo, nella visione del legislatore degli anni Ottanta, è, però, l’emergere dell’ambiente, non nella sua «rilevanza estetica», bensì «nella sua complessità di “contenitore” di interessi differenti, ciascuno con una propria e peculiare configurazione»[17].

È questa stratificazione normativa che consente l’evoluzione dalla concezione estetica del paesaggio al riconoscimento di una più ampia valenza socio-culturale ed ambientale dei beni meritevoli di tutela.

La Corte costituzionale, sul punto, se ne avvede e da subito, in sede di vaglio di legittimità[18], ascrive a merito della nuova disciplina la corretta lettura della tutela del paesaggio, nel senso di conforme alla Costituzione; infatti, «La norma impugnata» – essa riconosce – «si discosta nettamente dalla disciplina delle bellezze naturali contenuta nella legislazione pre-costituzionale di settore», per preferirvi una concezione «aderente al precetto dell’art. 9 Cost., il quale, secondo una scelta operata al più alto livello dell’ordinamento, assume il detto valore come primario»[19]. Quella disposizione, infatti, «fa emergere della tutela del paesaggio il carattere non più conservativo e statico, ma gestionale e dinamico (l’intervento umano è valutato positivamente se controllato e mirato)»[20].

Con la successiva giurisprudenza[21], il paesaggio quasi trasfigura in ambiente.

La Corte, infatti, dà sempre maggior rilievo all’essere ed all’agire dell’uomo; cosicché il paesaggio, trasformato dalla presenza operosa di costui, perde fissità ed alterità per ammantarsi di valenze (ulteriori rispetto a quella estetica, che è intrinseca) acquisibili solo grazie all’interazione con l’esterno: la cifra culturale, quella urbanistica e quella sanitaria [22], in particolare, diventeranno caratteristiche ineludibili di una concezione ulteriormente rinnovata[23].

In una normazione di cifra repubblicana, d’altro canto, il paesaggio va a confluire naturalmente nell’ambiente, nel senso suggerito dall’etimo – ora, latino – di quest’ultimo termine. L’art. 9 della Costituzione rompe, infatti, la visione puramente estetica e statica del paesaggio, scuotendolo col valore dell’intervento umano, con la valenza delle componenti sociale e storica dello spazio e con la forza dell’interazione tra suolo, fauna e flora.

Il paesaggio non è più “altro” rispetto a ciò che lo circonda.

Nella giurisprudenza costituzionale va componendosi, così, un nuovo valore: quello «estetico-culturale», in ragione del quale la tutela del paesaggio dev’essere «improntata a integralità e globalità»[24]. Ad esso, fin dal suo delinearsi, viene riconosciuta la «primarietà»[25], perseguita – come, ad esempio, nella sent. n. 359 del 1985[26] – «secondo un modello inspirato al principio di leale cooperazione»[27].

Poiché si tratta di una tutela primaria, «nessun bilanciamento», infatti, «può dare un’utilità maggiore comprimendo l’interesse ambientale, poiché questo ha un valore assoluto»[28]. Da tale assunto in poi, la Corte, invero, sarebbe apparsa più preoccupata – in quanto investitane – del compito di tracciare il riparto di competenza tra Stato e Regioni nella materia, piuttosto che di definire la questione concettuale del significato di paesaggio[29].

D’altro canto, se il valore estetico-culturale viene riconosciuto come primario, s’impone – come nella decisione n. 196 del 2004 – la necessità di «conciliare una concezione assiologica del paesaggio con le esigenze di bilanciamento originate dal confliggere di diversi interessi»[30].

 

  1. La connessione della tutela paesaggistica con quella ambientale

Per quanto concerne la nostra Carta costituzionale, l’art. 117 Cost., come novellato nel 2001, non contempla il “paesaggio”; la lettera s) del secondo comma di tale articolo cita l’ambiente, l’ecosistema ed i beni culturali, giammai il paesaggio: questo per quanto attiene alla competenza statale esclusiva. Non lo indica, però, neppure il terzo comma dell’art. 117 – competenza concorrente -, che annovera, piuttosto, il governo del territorio, nonché la valorizzazione dei beni culturali e ambientali[31].

All’ambiente, invece, la riforma del 2001 conferisce lo status costituzionale manchevole nell’originario testo della Carta fondamentale, eppure già configurato nello sforzo costante della Corte[32], del legislatore ordinario e della dottrina. Esso viene affidato all’esclusiva competenza legislativa dello Stato, superando la precedente concezione “orizzontale”[33], che – alimentata dalla sua mancata menzione nel testo costituzionale del ‘48 -, lo connetteva in via strumentale alle varie materie, ora di competenza statale, ora di competenza regionale[34].

Quasi inevitabile, in tale contesto, che alla necessità di collocare il paesaggio nel Titolo V, rimediando alla sua mancata menzione, si provveda scambiando di posto “paesaggio” ed “ambiente”.

Prima della riforma, infatti, l’ambiente, pur non menzionato[35], aveva avuto accesso all’ambito costituzionale ed alla considerazione del Giudice della Consulta in quanto sussunto nel concetto di paesaggio, collocato tra i principii fondamentali della Repubblica (art. 9 Cost.).

Con la modifica del Titolo V, la situazione s’inverte: il paesaggio, obliterato dalla riforma, in virtù dell’opera interpretativa della Corte, viene connesso all’ambiente, contemplato, invece, dall’art. 117 Cost. novellato, come di competenza statale esclusiva[36].

La Consulta traduce, così, il silenzio del legislatore costituzionale in una ben precisa scelta tra le plurime ipotesi avanzate dalla dottrina fin dalla prima lettura della rinnovata norma di riparto legislativo[37]: nella sentenza n. 367 del 2007, essa, infatti, non solo delinea in negativo il nuovo significato di paesaggio, ma lo collega[38] anche chiaramente all’ambiente. Se è vero che «l’oggetto tutelato» dall’art. 9 Cost. (la «“tutela del paesaggio” senza alcun’altra specificazione») «non è il concetto astratto delle “bellezze naturali”», esso è, però, «l’insieme delle cose, beni materiali, o le loro composizioni, che presentano valore paesaggistico»; il bene contemplato dalla prima parte della Carta fondamentale è, dunque, «innanzitutto, la morfologia del territorio», ciò che «riguarda … l’ambiente nel suo aspetto visivo»[39].

Attraverso la caratteristica della visività, la Corte, dunque, rafforza il legame già in precedenza costituitosi tra paesaggio ed ambiente, seppure su altro registro (quello estetico-culturale); ancor più, essa rileva un’indissolubilità di elementi, da cui consegue un altrettanto inscindibile esigenza di «conservazione ambientale e paesaggistica» assieme. Cosicché, l’ambiente, in quanto «riconducibile senz’altro ad una “entità organica” quale … il paesaggio», perde «i contorni indefiniti di un valore che attraversa differenti ambiti materiali» per farsi «esso stesso materia»[40].

L’ambiente si fa materia – anche – attraverso il paesaggio. Questo, a sua volta, in quanto collegato all’ambiente, si conforma, in un certo senso, anch’esso come materia, ai sensi di quell’art. 117 Cost. nel quale il legislatore costituzionale del 2001 non aveva ritenuto d’indicarlo.

Simmetricamente, dunque, il paesaggio si fa materia attraverso l’ambiente.

La tutela necessaria, ai fini della conservazione ambientale e paesaggistica così individuata, sul piano legislativo, non può che essere di spettanza statale.

Una volta ricondotta quella “conservazione” all’ambiente – alla materia ambiente – è sufficiente, a tal fine, la piana lettura dell’art. 117, co. 2, lett. s), Cost. In effetti, la Corte, riconosciuto che «sul territorio gravano più interessi pubblici», non ha dubbi nello stabilire che la «cura» di «quelli concernenti la conservazione ambientale e paesaggistica» spetta «in via esclusiva allo Stato»[41]. Non solo: la Corte sviluppa ulteriormente quest’attribuzione, traendone conseguenze sul piano dei rapporti inter-competenziali. Precisamente, poiché il bene oggetto della tutela ambientale e paesaggistica è «complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto»[42], la relativa competenza normativa (statale esclusiva) «precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali»[43].

Il rapporto che la Corte individua tra paesaggio ed ambiente le consente, così, in una stessa pronuncia (la decisione n. 367 del 2007), di definire tre punti fondamentali, tra loro consequenziali: l’unitarietà della tutela ambientale e paesaggistica, la primazia della stessa sulle altre inerenti il territorio, la sua esclusiva spettanza statale[44].

Rispetto alla fissazione di questi tre cardini sulla tutela del paesaggio-ambiente, la giurisprudenza costituzionale precedente appare incrementalmente preparatoria[45], quella successiva, invece, rafforzativa[46].

  1. La valenza percettiva (estetico-identitaria) del paesaggio

Per quanto concerne il disegno di legge di riforma costituzionale attualmente all’esame del Parlamento, allo stato attuale, l’ambiente non entrerà tra i principî fondamentali della Repubblica[47]; viceversa, tutela e valorizzazione dei beni paesaggistici vengono menzionate tra le materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato[48].

D’altro canto, il movimento che, a più ondate, ha manifestato l’esigenza di costituzionalizzazione dell’ambiente[49] è rimasto sostanzialmente soddisfatto dalla collocazione di esso, con la riforma del 2001, in una norma-chiave della Costituzione, pur se posizionata nella Parte dedicata all’«Ordinamento della Repubblica» e non tra i «Principi fondamentali»[50].

Similmente, l’esigenza di una collocazione espressa del “paesaggio” nella norma di riparto competenziale è stata in buona parte già appagata da una recente, rinnovata attenzione per il paesaggio in senso percettivo. Ci si riferisce all’interesse manifestato a riguardo dai singoli cittadini, dalle associazioni di settore, dall’opinione pubblica, dai mass media, ma anche e soprattutto dal legislatore ordinario e dal giudice costituzionale. La Consulta, in effetti, si è molto spesa, con la propria attività giurisprudenziale, in favore di un riconoscimento di primarietà del valore paesaggistico. Ma anche il versante legislativo si è mosso nella stessa direzione. L’attuale disciplina dei piani paesaggistici ad opera del Codice dei beni culturali e del paesaggio, ad esempio, rispetto ai precedenti strumenti di tutela e di valorizzazione, ha rappresentato una rivalutazione del paesaggio quale parte visibile del territorio. In questo modo, infatti, la tutela del bene contemplata all’art. 9 Cost. viene presa in specifica considerazione e posta al vertice del sistema di pianificazione territoriale[51], in coerenza con una perspicua lettura della composizione del patrimonio culturale che il Codice propone[52].

Questo strumento normativo ha anche dato applicazione alle principali prescrizioni della Convenzione europea del Paesaggio[53], ad oggi, espressione documentale più avanzata di una diffusa esigenza europea di protezione del paesaggio percettivo[54].

La Convenzione stessa, anzi, è, di per sé, segno inequivocabile di un rinnovato interesse per il paesaggio in quanto tale e per gli strumenti della sua tutela.

Sotto la sua palpabile influenza è poi intervenuta, nel 2008, la modifica dell’art. 131 del Codice Urbani[55] ad accogliere un’idea di tutela «volta a riconoscere, salvaguardare e recuperare i valori culturali che il paesaggio esprime»[56]. Diversamente e più articolatamente detto, la novella si apre ad una «dimensione identitaria quale profilo determinante nel sancire la valenza paesaggistica di un territorio, in quanto riassuntiva … dei diversi processi di riconoscimento del valore simbolico, testimoniale od estetico» di esso[57].

Con questa rinnovata definizione di paesaggio, appare chiaro l’intento di orientare la tutela secondo la percezione delle persone, piuttosto che rivolgerla a «quelle aree che hanno determinate caratteristiche estetiche o esprimono particolari contenuti culturali ed identitari»[58]. Si ripropone, dunque, una valenza percettiva del paesaggio, ma non puramente estetico-visiva, bensì estetico-identitaria; ad intendere un’operazione di riconoscimento di sé che – attraverso i sensi e l’intelletto – l’individuo, la collettività ed il singolo nella collettività può realizzare nell’ambiente circostante. In questo modo, il paesaggio assume una sua autonoma valenza rispetto all’ambiente, pur rimanendone espressione visiva (valenza estetico-identitaria: «il concetto di paesaggio indica, innanzitutto, la morfologia del territorio»; esso «riguarda», pur sempre, «l’ambiente nel suo aspetto visivo»)[59].

Sono ormai maturi i tempi per il superamento di quella diffidenza, anche giuridica, in passato condensatasi attorno alla concezione estetica del paesaggio[60], soprattutto dalla metà degli anni Settanta; da quando, cioè, si è cominciato a concepire la tutela dell’ambiente (inteso come ecosistema) quale «priorità politica e sociale»[61], sì da doverlo sostituire al “paesaggio”, che veniva contestualmente ridotto a mero “panorama”[62].

È opportuno, ad oggi, recuperare del paesaggio l’aspetto estetico (non come «la bella veduta», oppure «il panorama», ma) come «identità estetica dei luoghi», vale a dire il loro proprio «carattere distintivo», ad essi solo appartenente[63]. Ed è opportuno perché l’estetica «è fonte di sollievo e di contemplazione consentendo riconciliazioni con il mondo esterno con il quale sovente siamo in tensione» e perché «queste sensazioni si vivono intensamente» proprio «nella estetica paesaggistica»[64]. È, d’altro canto, in ragione dell’importanza della percezione estetica (pur diversamente intesa) che la l. n. 1497/1939 configurò come pubblico interesse «il godimento delle bellezze individue e delle bellezze di insieme»[65]; una qualificazione che abbiamo, oramai, la sensibilità di proiettare anche sulle generazioni future, facendo in modo, col nostro comportamento attuale, che, domani, anch’esse «possano beneficiare delle stesse sensazioni»[66].

Se è vero, però, che «il rapporto che oggi intratteniamo con la natura è di tipo eminentemente estetico, ossia passa in primo luogo per una esperienza percettiva volta ad un sentimento di gratificazione»[67], è anche vero che il relativo grado di appagamento impatta direttamente e significativamente, oltre che sull’animo umano, anche sul diritto e sull’economia. Basti pensare all’emergenza rifiuti che inginocchia la Penisola, con particolare complessità soprattutto nel mezzogiorno d’Italia.

Tale circostanza è causa anche di un grave depauperamento estetico dei luoghi interessati – località ad alta valenza turistica, turismo straniero in particolar modo -, con conseguente, significativa contrazione della domanda dei vacanzieri provenienti sia dall’estero che dalle altre parti del Paese. La perdita economica è stata netta e le difficoltà gestionali e le responsabilità delle amministrazioni locali, nonché l’approssimazione e l’incompetenza degli operatori e dei funzionari, di tutta evidenza. Ragioni economiche, lavorative, formative[68], si aggiungono, dunque, al su descritto fenomeno di riconoscimento del sé (individuale e collettivo), nel dare corpo ad una valenza estetico-identitaria del bello di natura e dell’estasi estetica che deriva all’uomo dall’incontro con ciò che lo circonda e dalla sua esatta collocazione in esso[69]. Il paesaggio così inteso si posiziona, per sua natura, tra i beni comuni – pur nella difficoltà derivante dalla pluralità delle classificazioni elaboratene in dottrina[70] -, quale «porzione di spazio fisico (la sua morfologia e le sue qualità) in cui le collettività sono insediate e vivono»[71]. Lo stretto legame tra paesaggio e collettività territoriale è ravvisabile, invero, sia nel carattere collettivo della fruizione – e, prim’ancora, dell’appartenenza, sia nella stessa conformazione del paesaggio.

Secondo la concezione identitaria che se ne è accolta e che è parsa sottesa alla più recente normativa (interna ed internazionale), il paesaggio è, infatti, la risultanza dell’incontro, con reciproci condizionamenti, della natura con l’uomo e con comunità di uomini (conformazione). Corrispondentemente, esso è percepito dal singolo e dalle collettività come testimonianza del loro passaggio sulla terra (fruizione); anche quando il godimento è individuale, esso mantiene caratteri collettivi, poiché il singolo, pur in una relazione univoca con l’esterno, percepisce un bene segnato dalla comunità. Dalla qualificazione del paesaggio come bene comune deriva la possibilità di sottrarlo «alla logica dell’appropriazione e ai circuiti della circolazione propri del mercato concorrenziale»[72], nonché – almeno in prospettiva – di ampliare la legittimazione a ricorrere, a favore di ogni cittadino[73]. Ogni atto pregiudizievole del paesaggio costituisce, infatti, una deminutio della qualità della vita e della possibilità di espressione della personalità nei luoghi ed attraverso i luoghi circostanti, sia del singolo[74] che della collettività di riferimento.

 

 

[1] Sulla «teoria della cristallizzazione o pietrificazione», in dottrina, G. VIVOLI, Prime riflessioni sulla tutela del paesaggio alla luce del nuovo Codice dei beni culturali e sul paesaggio (D.Lgs. n. 42/2004), in AmbienteDiritto.it, 2004, www.ambientediritto.it. Nei primi decenni della Repubblica ci si richiamò «al criterio esegetico della “pietrificazione”» per interpretare l’espressione «paesaggio», di cui all’art. 9 Cost., «limitandola alle bellezze naturali – a ciò che quindi è solo bello da vedere -, dovendosi ritenere tale l’intento dei costituenti». Si rinvia, inoltre, a A. PREDIERI, Significato della norma costituzionale sulla tutela del paesaggio, in Id., Urbanistica, tutela del paesaggio, espropriazione, Milano, 1969, 3; F. MERUSI, Commentario all’art. 9 Cost., in Commentario alla Costituzione, a cura di G. Branca, Bologna, 1975, in part., 434; A. CROSETTI, Paesaggio, in Dig. disc. pubbl., XV, Torino, 2008, 542; G. SEVERINI, Commento all’art. 9 della Costituzione, in Codice di edilizia e urbanistica, a cura di Battini – Casini – Vesperini – Vitale, Torino, 2013, p. 30; R. ROLLI, D. SICLARI, Codice dei beni culturali e del paesaggio, Roma, 2015; ID., (a cura di), Management e valorizzazione del patrimonio culturale locale. Dimensione assiologica, giuridica e relazionale, Milano 2012; L.R. PERFETTI, Premesse alle nozioni giuridiche di ambiente e paesaggio, in Diritto al paesaggio e diritto del paesaggio, a cura di W. Cortese, Napoli, 2008; G F. CARTEI, Il paesaggio, in Trattato di diritto amministrativo, a cura di S. Cassese, Parte speciale, tomo II, Milano, 2003, 2113; A. M. SANDULLI, La tutela del paesaggio nella Costituzione, in Riv. giur. edil., 1967, II, 69 ed in Id., Scritti giuridici, II, Napoli, 1990, in part., 292; M. IMMORDINO, Paesaggio (tutela del), in Dig. disc. pubbl., X, Torino, 1995, 572; C. BARBATI, Il paesaggio come realtà etico-culturale, in Diritto al paesaggio e diritto del paesaggio, cit., 31.

[2] Nello specifico, l’art. 1 della l. n. 1497/1939 così individuava il suo ambito di applicazione: «Sono soggette alla presente legge a causa del loro notevole interesse pubblico: 1. le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale o di singolarità geologica; 2. le ville, i giardini e i parchi che, non contemplati dalle leggi per la tutela delle cose d’interesse artistico o storico, si distinguono per la loro non comune bellezza; 3. i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale; 4. le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze».

[3] Sul punto, M.C. ZERBI, Paesaggio, un archivio culturale nell’approccio politico-legislativo, in M. RONZA e M. MAUTONE, Patrimonio culturale e paesaggio. Un approccio di filiera per la progettualità territoriale, Roma, 2010, p. 46; R. FATTIBENE, L’evoluzione del concetto di paesaggio tra norme e giurisprudenza costituzionale: dalla cristallizzazione all’identità, in www.federalismi.it, 2016.

[4] Cfr., anche a riguardo, M.C. ZERBI, ibidem.

[5] Sul punto, L. MORI, Laboratorio “Paesaggio, panorama e belvedere: Sardagna, una terrazza sulla città di Trento”, in www.academia.edu, p. 2; D. SICLARI, Il valore dei beni culturali nell’epoca glocale. Ovvero per una globalizzazione che non sommerga le culture locali, Reggio Calabria, 2013; S. AMOROSINO, Introduzione al diritto del paesaggio, Bari, 2010; P. MARZARO, L’amministrazione del paesaggio. Profili critici ricostruttivi di un sistema complesso, Torino, 2011; ID. Epistemologie del paesaggio: natura e limiti del potere di valutazione delle amministrazioni, in Dir. pubbl., 2014, p. 843; M. VITTA, Il paesaggio. Una storia fra natura e architettura, Torino, 2005; C. TOSCO, Il paesaggio come storia, Bologna, 2007; ID., I beni culturali. Storia, tutela e valorizzazione, Bologna, 2014.

[6] Sul punto, F. SPANTIGATI, Le categorie giuridiche necessarie per lo studio del diritto dell’ambiente, in Riv. giur. ambiente, n. 2/1999, p. 228, così si esprime riguardo all’art. 9 Cost.: «…il paesaggio è una concezione estetica dell’ambiente, conforme alla cultura borghese e fascista degli anni Trenta. Un valore lontano dalle esigenze qualitative di esistenza nella società pluralista».

[7] Per una sintesi su tale dibattito, soprattutto sulle tesi di Giannini e di Predieri, si rinvia a F. FRACCHIA, Sulla configurazione giuridica unitaria dell’ambiente: art. 2 Cost. e doveri di solidarietà ambientale, in Dir. econ., 2002, 218-220; G. ROSSI, La “materializzazione” dell’interesse all’ambiente, in ID. (a cura di), Diritto dell’ambiente, Torino, 2015, 11, 12, 15, 16; L. CASINI, «TODO ES PEREGRINO Y RARO…», in Riv. trim. dir. pubbl., n. 3/2015, 987 ss.

[8] Cfr., Corte cost. n. 65/1959. In dottrina, D. AMIRANTE, Profili di diritto costituzionale dell’ambiente, in P. DELL’ANNO, E. PICOZZA, Trattato di diritto dell’ambiente. Vol. I: Principi generali, Padova, 2012, p. 252; M. FEOLA, Ambiente e democrazia. Il ruolo dei cittadini nella governance ambientale, Torino, 2014, p. 57; R. FATTIBENE, L’evoluzione, op. cit.

[9] Cfr. Corte cost. n. 239/1982. In dottrina, C. DRIGO, Ambiente e paesaggio, in L. MEZZETTI (a cura di), Diritto costituzionale. Casebook, Rimini, 2013, 655, considera la sentenza n. 239 il «primo significativo superamento» della concezione estetica, per aver individuato, nella nozione del paesaggio, «un valore estetico-culturale che vive e si realizza nello stesso raccordo tra paesaggio e patrimonio storico culturale voluto e dichiarato dal costituente» e che sarà ribadito ed approfondito nella successiva sent. n. 94/1985.

[10] Cfr. Corte cost. n. 359/1985.

[11] Cfr. Corte cost. n. 94/1985.

[12] Sulla legge Galasso, cfr., ex multis, L. BERTOLINI, Dal decreto Galasso alla l. 8 agosto 1985 n. 431: una normativa organica di tutela delle bellezze naturali ad integrazione della legge n. 1497 del 1939, in Giur. merito, n. 6/1985, 1205 ss., M. LIBERTINI, Tendenze innovative in tema di tutela del paesaggio: le vicende del “decreto Galasso”, in Il Foro it., n. 7-8/1985, 209 ss., G. TORREGROSSA, La tutela del paesaggio nella l. 8 agosto 1985, n. 431 (c.d. legge Galasso), in Riv. giur. edil., n. 1/1986, 3 ss., F. NOVARESE, Dal decreto Galasso alla legge 8 agosto 1985 n. 431. Breve storia di un’importante svolta in materia ambientale, in Riv. giur. edil., n. 4-5/1986, 209 ss.

[13] Cfr. Corte cost. n. 151/1986.

[14] Trattasi della legge di conversione del d.lgs. n. 312/1985, più noto come “Decreto Galasso”: «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, recante disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale. Integrazioni dell’articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616».

[15] Nel frattempo, nel ‘77, con il D.P.R. n. 616, era stata attribuita alle Regioni la delega alla tutela paesaggistica, con non poche, conseguenti difficoltà per quest’ultime, neoistituite.

[16] La pianificazione paesistica, come strumento attuativo della tutela sul territorio, era stata prevista, per la prima volta, dalla legge del ‘34.

[17] S. CARMIGNANI, Paesaggio, agricoltura e territorio. Profili pubblicistici, in S. CARMIGNANI, N. LUCIFERO, E. ROOK BASILE, Strutture agrarie e metamorfosi del paesaggio. Dalla natura delle cose alla natura delle cose, Milano, 2010, p. 3.

[18] Nei giudizi di legittimità costituzionale del d.l. 27 giugno 1985, n. 312, recante «Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale», convertito nella legge 8 agosto 1985, n. 431, promossi con ricorsi delle Regioni Veneto, Valle d’Aosta, delle Province autonome di Bolzano, di Trento e della Regione Friuli-Venezia Giulia, indi riuniti dalla Corte costituzionale.

[19] Cfr. Corte cost. n. 151/1986.

[20] Cfr. Corte cost. n. 151/1986. Sul recepimento, nella legge Galasso, della concezione del paesaggio come ambiente, a differenza dei suoi precedenti legislativi, si rinvia a C. AMICONI, Brevi note per una rivalutazione della concezione estetica del paesaggio, in Riv. amm., 1998, p. 1081.

[21] Cfr., in particolare, le decisioni Corte cost. n. 210/1987; n. 379/1994; n. 417/1995; n. 529/1995.

[22] Dal combinato disposto dell’art. 9 con l’art. 32 della Costituzione, la Corte, nel seguito della sua giurisprudenza, avrebbe configurato il diritto all’ambiente salubre.

[23] Con la decisione n. 367/2007, la Corte costituzionale precisa anche in negativo l’oggetto tutelato dall’art. 9 Cost., che «non è il concetto astratto delle “bellezze naturali”» (dal punto 7.1 del Considerato in diritto della sent. Corte cost. n. 367/2007). F. DANI, Paesaggio e pianificazione provinciale e locale, in Ist. Federalismo. Quaderni, n. 1/2010, 46, ricorda anche la sent. n. 378/2007, nella quale il paesaggio appare «non più bene immateriale, ma bene della vita, materiale e complesso, la cui disciplina comprende anche la tutela e la salvaguardia delle finalità e degli equilibri delle sue singole componenti».

[24] Cfr., Corte cost. n. 151/1986.

[25] È la stessa decisione della Corte cost. n. 151/1986 a dare avvio anche a questo sviluppo giurisprudenziale. Purtuttavia, G.F. CARTEI, Il Codice e la Convenzione europea del paesaggio. Codice dei beni culturali e del paesaggio e Convenzione europea: un raffronto, in Aedon, n. 3/2008, www.aedon.mulino.it, rileva, a riguardo, una certa disomogeneità della giurisprudenza costituzionale, in quanto «la primarietà del paesaggio», pur nettamente affermata, in particolare, nella sent. n. 367/2007, sembra essere «smentita» dalla stessa Consulta in varie pronunce successive.

[26] Cfr. decisione n. 359 del 1985, ove si legge che l’art. 9 Cost. «erige il valore estetico-culturale […] a valore primario dell’ordinamento, e correlativamente impegna tutte le pubbliche istituzioni, e particolarmente lo Stato e la Regione, a concorrere alla tutela e alla promozione del valore». È una necessità che, per la Corte, «trova immediato riscontro nel principio, sicuramente riguardante le competenze, di leale cooperazione reciproca nei rapporti fra i due enti».

[27] Come indicato nella decisione Corte cost. n. 151/1986.

[28] Così P. MADDALENA, La tutela dell’ambiente nella giurisprudenza costituzionale, in AA. (a cura di), Energie rinnovabili e compatibilità ambientale. Atti del Convegno nazionale, Gubbio, 10-11 ottobre 2008, Napoli, 2009, p. 39; R. FATTIBENE, L’evoluzione, op. cit.

[29] P. MADDALENA, La nuova giurisprudenza costituzionale in tema di tutela dell’ambiente, in Ambiente & Sviluppo, n. 1/2012, 5 ss. Cfr. anche Corte Costituzionale – Servizio Studi, La tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali nei giudizi di legittimità costituzionale in via principale (2002-2015), a cura di R. Nevola, aprile 2015, ed, in particolare, le sentt. Corte cost. nn. 182/2006, 367/2007, 232/2008, 226/2009, 272/2009 e 101/2010.

[30] Così C. DRIGO, Ambiente, op. cit., 656, con riferimento alla sentenza citata nel testo. All’A. si rinvia, oltre che per la sentenza in parola (ivi, 656, 657), per le analoghe pronunce della Corte, in particolare per le sentt. n. 437/2000 e n. 478/2002.

[31] P. CARPENTIERI, La nozione giuridica di paesaggio, in www.giusitzia-amministrativa.it.

[32] Finalizzato ad assicurare solida protezione al relativo diritto, anche attribuendone la tutela, proprio in quanto costituzionalmente fondato, a tutte le componenti della Repubblica, come mette in rilievo F. FRACCHIA, Sulla configurazione, op. cit., p. 220.

[33] M. IMMORDINO, La dimensione “forte” della esclusività della potestà legislativa statale sulla tutela del paesaggio nella sentenza della Corte costituzionale n. 367 del 2007, in Aedon, n. 1/2008, www.aedon.mulino.it.

[34] «La scelta del legislatore costituente», osserva F. FONDERICO, La Corte costituzionale e il codice dell’ambiente. Commento a Corte costituzionale, sentenza 22 luglio 2009, n. 225, in Giorn. dir. amm., n. 4/2010, p. 374, ribalta «un processo di progressiva devoluzione dei poteri statali in periferia, acceleratasi da ultimo con il terzo decentramento (d.lgs. n. 112/1998), e propiziata peraltro da un favorevole indirizzo della Corte costituzionale».

[35] S. SANTANGELO, L’ambiente nella Costituzione: quando in Italia come in Europa?, in Silvae, n. 2/2005, www.silvae.it, pp. 34, 35.

[36] Cfr. A. SCIMIA, La “materia” ambientale tra Stato e regioni dopo la riforma del Titolo V, Parte II, della Costituzione: le prospettive della Corte costituzionale, in id. 2015.

[37] Vale a dire, che il paesaggio fosse di competenza statale esclusiva in quanto rientrante nell’«ambiente» o nei «beni culturali», oppure di competenza legislativa concorrente in quanto rientrante nel «governo del territorio» o riconducibile alla «valorizzazione dei beni ambientali», oppure, infine, di competenza legislativa regionale residuale, in quanto privo di ogni citazione. Così S. CIVITARESE MATTEUCCI, Ambiente e paesaggio nel nuovo Titolo V della Costituzione, in Aedon, n. 1/2002, www.aedon.mulino.it, e P. CARPENTIERI, La nozione, op. cit., pp. 1, 2.

[38] D. TRAINA, Il paesaggio come valore costituzionale assoluto, in Giur. cost., n. 6/2007, pp. 4112, 4113.

[39] Cfr. Corte cost. n. 367 del 2007.

[40] P. FALLETTA, La strumentale distinzione tra tutela e fruizione in merito al riparto della competenza legislativa ambientale, in Giur. cost., n. 1/2010, p. 20; S. CALZOLAIO, L’ambiente e la riforma del Titolo V (nota breve a due sentenze contrastanti), 11 giugno 2003, in Forum di Quaderni costituzionali, www.forumcostituzionale.it; M. CECCHETTI, Riforma del Titolo V della Costituzione e sistema delle fonti: problemi e prospettive nella materia “Tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”, in www.federalismi.it, p. 8; M. BETZU, L’ambiente nella sentenza della Corte costituzionale n. 62 del 2005: le pressioni del caso e le torsioni del diritto, in Forum di Quaderni costituzionali, www.forumcostituzionale.it; M. SCIARRA, La “trasversalità” della tutela dell’ambiente: un confine “mobile” delle competenze legislative tra Stato e Regioni, 11 aprile 2005, in www.associazionedeicostituzionalisti.it; M. GORLANI, La materia della caccia davanti alla Corte costituzionale dopo la riforma del Titolo V Cost.: ritorna l’interesse nazionale e il “primato” della legislazione statale di principio?, in Forum di Quaderni costituzionali, www.forumcostituzionale.it; Q. CAMERLENGO, Il nuovo assetto costituzionale delle funzioni legislative tra equilibri intangibili e legalità sostanziale, in Forum di Quaderni costituzionali, www.forumcostituzionale.it.

[41] Cfr. Corte cost. n. 367 del 2007.

[42] Ibidem. La Corte richiama, in proposito, precedenti pronunce – anche risalenti – del giudice costituzionale (sentt. Corte cost. n. 151/1986, n.182/2006, n. 183/2006 e n. 641/1987).

[43] Ibidem.

[44] In un passaggio della pronuncia ritroviamo compendiate le tre fondamentali asserzioni: «la tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto, e rientrando nella competenza esclusiva dello Stato, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali» (corsivi nostri). Cfr. pure le precedenti sentt. Corte cost. n. 232/2005 e n. 51/2006, nonché le successive n. 180/2008 e n. 235/2011.

[45] P. FALLETTA, La strumentale, op. cit., 20, nota che «principi e regole in un primo momento determinanti per la creazione di un sistema di riparto sostanzialmente concorrente tra Stato e Regioni e diretto, in primo luogo, all’attuazione del principio di maggior protezione ambientale, non ricorrono più con la stessa frequenza o, comunque, con la stessa centralità che gli veniva riservata nelle prime sentenze successive alla riforma del Titolo V».

[46] Ad esempio, della sent. Corte cost. n. 1 del 2010, P. FALLETTA, ibidem, ritiene che s’inserisca «nel solco di questa progressiva ricostruzione stato-centrica della tutela ambientale, introducendo elementi che restringono ulteriormente le maglie della legislazione statale e che la rendono difficilmente penetrabile da parte del legislatore regionale». Lo stesso può dirsi della successiva sent. Corte cost. n. 309 del 2011: come rileva M. GORLANI, Quando è la Corte ad indicare i principi fondamentali di una materia di potestà concorrente, in Giur. cost., n. 6/2011, 4327, la Corte, poiché «riconosce anche ad una legge dettata in materia di governo del territorio una diretta funzione di tutela del paesaggio», può attribuire alla competenza «del legislatore statale la regia unitaria degli interventi edilizi», offrendogli, così, «uno strumento rafforzativo della tutela del paesaggio».

[47] Il disegno di legge costituzionale recante «Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della Parte II della Costituzione» contempla, difatti, modifiche della sola Parte II della Costituzione.

[48] Precisamente, alla lett. s) dell’art. 117, co. 2, Cost. – dunque, rientrante nella competenza statale esclusiva, dovrebbe essere prevista la tutela e la valorizzazione dei beni paesaggistici, in una con tutela e valorizzazione dei beni culturali (soltanto quest’ultima – la valorizzazione dei beni culturali – è inclusa, allo stato, nell’elenco del terzo comma dello stesso articolo, indi di spettanza della legislazione concorrente).

[49] Sulle proposte di modifica dell’art. 9 Cost., nel senso d’includervi l’ambiente, F. DE LEONARDIS, L’ambiente tra i principi fondamentali della Costituzione, in www.federalismi.it, p. 1 ss., e P. MANTINI, Per una nozione costituzionalmente rilevante di ambiente, in Riv. giur. ambiente, n. 2/2006, 215-217; A. LUCARELLI, Art. 37. Tutela dell’ambiente, in L’Europa dei diritti, Bologna, 2001, p. 265; L. NANNIPIERI, Il ruolo della Corte nella definizione della materia ambientale, in www.gruppodipisa.it, p. 16.

[50] A. FERRARA, La “materia ambiente” nel testo di riforma del Titolo V, 30 maggio 2001, in www.federalismi.it, p. 1.

[51] N. ASSINI-P. MANTINI, Manuale di diritto urbanistico, Milano, 2003, p. 419. Sui piani paesaggistici previsti dal Codice, v. anche P. CARPENTIERI, La nozione, op. cit., pp. 23 ss.

[52] Come osserva P. CARPENTIERI, ivi, p. 22, l’affermazione di cui all’art. 2, co. 1, del Codice (collocantesi nella Parte dedicata ai «Principi»), per la quale «il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici», dà «attuazione al fondamentale precetto dell’articolo 9 della Costituzione che lega tra loro in un nesso inscindibile beni culturali e paesaggio». Il Codice rafforza, così, l’«intrinseca ed ineliminabile culturalità che distingue il paesaggio dalle materie affini dell’urbanistica e dell’ambiente».

[53] La Convenzione, primo trattato internazionale dedicato alla promozione, alla valorizzazione ed alla gestione del paesaggio europeo nel suo complesso, è stata adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, a Strasburgo, il 19 luglio 2000, ed è stata aperta alla firma degli Stati membri dell’organizzazione, a Firenze, il 20 ottobre 2000. In quest’anno l’Italia l’ha sottoscritta, mentre l’ha ratificata nel 2006. In dottrina, C. DRIGO, Tutela e valorizzazione del paesaggio. Il panorama europeo, 12 novembre 2012, in www.giurcost.it; A. A. HERRERO DE LA FUENTE, La Convenzione europea sul paesaggio, in Riv. giur. amb., 2001, p. 893; G. SCIULLO, Il paesaggio fra Convenzione e Codice, in Riv. giur. urban., 2009, 44; L. CASINI, La valorizzazione del paesaggio, in Riv. trim. dir. pubbl., 2014, 385.

[54] Alla lett. a) del primo articolo della Convenzione, il «“paesaggio”» viene definito come «una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni» .

[55] Dedicato al «Paesaggio». È questa la definizione che, del paesaggio, leggiamo ai primi due commi dell’art. 131 del Codice, così come modificati dal d.lgs n. 63/2008: «Per paesaggio si intende il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni. Il presente Codice tutela il paesaggio relativamente a quegli aspetti e caratteri che costituiscono rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale, in quanto espressione di valori culturali».

[56] G. PAGLIARI, Piani urbanistici e piani paesaggistici: il progetto di paesaggio, in W. Cortese (a cura di), Conservazione, op. cit., p. 122.

[57] E. BOSCOLO, La nozione giuridica di paesaggio identitario ed il paesaggio “a strati”, in W. Cortese (a cura di), Conservazione, ivi, p. 75; ID. Le nozioni di paesaggio. La tutela giuridica di un bene comune (in appartenenza diffusa) tra valori culturali e identitari, in www.giustamm.it, 2016; P. CARPENTIERI, Il secondo ‘correttivo’ del codice dei beni culturali e del paesaggio, in Urb. app., 2008, p. 681.

[58] A. SIMONCINI, Aspetti, op. cit., p. 24.

[59] Cfr. decisione n. 367 del 2007.

[60] Così P. D’ANGELO, Ripensare, op. cit., p. 8.

[61] P. D’ANGELO, ivi, p. 12.

[62] Era il tempo della legge Galasso. Sul recepimento, in questa legge, della concezione del paesaggio come ambiente, a differenza dei suoi precedenti legislativi, C. AMICONI, Brevi, op. cit., p. 1081.

[63] P. D’ANGELO, Proposte per un’estetica del paesaggio, 20 luglio 2004, in http://www.saber.ula.ve.

[64] C. AMICONI, Brevi, op. cit., p. 1082.

[65] Ibidem.

[66] Ibidem.

[67] P. D’ANGELO, Ripensare, op. cit., pp. 18-20.

[68] P. D’ANGELO, Ripensare, op. cit., p. 20, si sofferma sulla valenza economica del valore estetico, invitando a pensare sia al fronte turistico, sia a quello della «“desiderabilità residenziale”».

[69] Per un approfondimento, si rinvia a P.B. HELZEL, Dalla “strana passione” della paura la “salvezza” dell’ambiente per le generazioni future, in Il sistema ambiente, tra etica, diritto ed economia, a cura di K. Aquilina e P. Iaquinta, Padova, 2013, pp. 35-59.

[70] Per un maggiore approfondimento, M. S. GIANNINI, I beni pubblici, Roma, 1963; V. CERULLI IRELLI, L. DE LUCIA, Beni comuni e diritti collettivi, in Pol. dir., n. 1/2014, p. 5; P. CHIRULLI, I beni comuni, tra diritti fondamentali, usi collettivi e doveri di solidarietà, in www.giustamm.it.

[71] Così Id., p. 10.

[72] A. IULIANI, Prime riflessioni in tema di beni comuni, in Europa e dir. priv., n. 2/2012, p. 617; R. FATTIBENE, L’evoluzione, op. cit.

[73] V. CERULLI IRELLI, L. DE LUCIA, Beni, op. cit., p. 32, ipotizzano che «tutti i cittadini italiani, a prescindere dal luogo di residenza e dalla sussistenza di un interesse concreto e attuale, potrebbero ricorrere contro ogni atto amministrativo (generale e puntuale) che arrechi un pregiudizio al paesaggio», seppur con qualche correttivo, onde evitare che la legittimazione sia «irragionevolmente estesa».

[74] In dottrina, A. PREDIERI, voce Paesaggio, in Enc. dir., XXXI, Milano, 1981, p. 520: «…la tutela del paesaggio è, con maggiore evidenza di altre, un’azione che va condotta per l’attuazione dei valori costituzionali di sviluppo e dispiegamento della persona nell’ambiente fisico, sociale, culturale in cui essa vive ed agisce…».