di Andrea Lestini
Sommario: 1. Premessa – 2. Intorno alla meritevolezza dell’interesse – 3. La c.d. clausola “valore a nuovo” e il c.d. principio indennitario – 4. La c.d. clausola “valore a nuovo” e l’interesse meritevole di tutela – 5. Conclusioni
1. Premessa
La tematica della meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti coinvolge diversi profili della teoria del contratto, quali la facoltà di concludere contratti che non appartengano ai tipi previsti dal legislatore (1), la possibilità per il giudice di operare un controllo sul rapporto contrattuale (2), nonché la capacità del sistema di consentire ed attuare la circolarità del diritto (3).
Sotto il primo profilo, il dibattito, sempre attuale (4) e particolarmente eterogeneo quanto alle possibili soluzioni adottate intorno alla atipicità del contratto e all’interesse meritevole di tutela, offre lo spunto per svolgere talune riflessioni in merito ad una particolare clausola, la c.d. clausola “valore a nuovo”, assai di frequente inserita nella stipulazione dei contratti di assicurazione.
2. Intorno alla meritevolezza dell’interesse
Prima di affrontare la problematica indicata, pare necessario, dunque, un breve cenno alla meritevolezza dell’interesse; cenno, come tale, sicuramente non completo ed esaustivo bensì utile esclusivamente nella misura in cui permette di dare contezza, proprio a margine della clausola presa come aspetto paradigmatico di queste pagine, e di cui subito si dirà, delle diverse Dottrine e delle principali pronunce giurisprudenziali (5) che hanno affrontato, con insuperabile eleganza contenutistica, tale tematica.
È noto, infatti, come il concetto della meritevolezza dell’interesse non fosse previsto nel Codice Civile del 1865 (né nei modelli di riferimento, quali, il Code Napoléon e il BGB) e costituisca piuttosto una innovazione del vigente codice che suole farsi risalire alle teorizzazioni di Emilio Betti (6); ed è altrettanto evidente che, come pure è stato efficacemente detto, tale profilo rappresenti, ancora oggi, «il problema centrale dell’autonomia privata» (7).
Ebbene, la prima impostazione, anche a livello cronologico, sul punto riteneva che l’autonomia privata dovesse essere funzionalizzata al perseguimento di finalità di pubblico interesse e che, in particolare, non sarebbe stato sufficiente che il contratto non fosse illecito, richiedendosi altresì il perseguimento di una utilità sociale (8). La meritevolezza avrebbe quindi costituito un limite all’autonomia privata, tale da escludere la possibilità di concludere contratti leciti ma non meritevoli di tutela (9).
Pertanto, in tale ordine di idee, accanto ai tradizionali limiti negativi dell’autonomia privata la cui violazione determina l’invalidità del negozio, si sarebbe affiancata la nuova clausola di utilità sociale, intesa come limite positivo dell’autonomia privata, che richiede cioè la positiva rispondenza del contratto agli interessi generali della società (10).
Tale impostazione (11) probabilmente piacque (12), tanto è vero che venne espressamente recepita dal Codice Civile del 1942 e ribadita nella Relazione al codice stesso (13).
Altro orientamento – specie a seguito del tramonto del corporativismo – ha invece escluso che il giudizio di meritevolezza potesse distinguersi rispetto al giudizio di liceità (14). Soprattutto negli anni cinquanta e sessanta sembra prevalere, conseguentemente, una lettura sostanzialmente abrogativa della regola di cui all’art. 1322 c.c. comma 2, ridotta in pratica a un doppione della regola di cui all’art. 1343 c.c. (15).
Questo indirizzo ermeneutico, in particolare, sosteneva come «i criteri dei quali l’ordinamento si avvale, per la valutazione della meritevolezza dell’interesse sono quelli enunciati nell’art. 1343 c.c.» e che quindi di “non meritevolezza” si sarebbe potuto discorrere solo qualora l’interesse concreto perseguito con il contratto fosse stato contrario alle norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume (16). Nel medesimo senso non è mancato chi, poi, aveva rilevato come attribuire rilevanza ad un giudizio di meritevolezza distinto dalla liceità «si presterebbe a meraviglia a mettere i contraenti a discrezione del giudice, il quale potrebbe togliere valore ad ogni contratto valido, col pretesto che il suo fine non è socialmente apprezzabile» (17).
La teoria della funzionalizzazione degli interessi privati venne criticata anche da altra dottrina, la quale ebbe modo di specificare come garantire una qualche utilità sociale del contratto «significherebbe esporre il contratto ad un potere discrezionale del giudice che finirebbe per distruggere il contratto stesso nella sua essenziale funzione contro le esigenze di certezza e stabilità che ne sono alla base» (18).
Nello stesso senso, si è anche ritenuto che l’art. 1322 comma 2 c.c. svolgerebbe una funzione analoga a quella dell’art. 1344 c.c. (19), il quale sanziona con la nullità il contratto che costituisca il mezzo per eludere l’applicazione di una norma imperativa (20). In particolare, tale ricostruzione ebbe il merito di evidenziare come da un lato la legge protegga un interesse e come dall’altro il divieto fosse capace di prevenire la nascita di un rapporto giuridico immeritevole (21).
In questo panorama, particolarmente composito, si è aggiunta anche la posizione per cui la norma di cui all’art. 1322 comma 2 c.c. avrebbe dovuto intendersi come riferita al tipo e non alla causa, poiché diversamente opinando, si sarebbe ricaduti in un doppione dell’art. 1343 c.c. in punto di liceità ovvero si sarebbe dovuto aderire all’idea cara al produttivismo corporativo fascista (22).
Il giudizio di meritevolezza dell’interesse, in tale prospettiva, non potrebbe quindi che essere qualitativamente diverso da quello di liceità, avendo il primo ad oggetto la «valutazione dell’idoneità dello strumento elaborato dai privati ad assurgere a “modello giuridico” di regolamentazione degli interessi, vista l’assenza di una preventiva opera di tipizzazione legislativa, intesa come mera predisposizione di una certa serie (più o meno variabile) di schemi» (23), il che si risolverebbe nella conformità dell’atto a tutte quelle norme inderogabili di carattere «procedimentale e formale che attengono al riconoscimento dello strumento pattizio come strumento giuridico» (24).
Pertanto, in tale visione, il giudizio di liceità coinvolgerebbe sia i contratti tipici che atipici mentre il controllo di meritevolezza esclusivamente questi ultimi (25), pur potendosi affermare l’esistenza di un giudizio di immeritevolezza, che in realtà sarebbe un giudizio di illiceità in astratto e non in concreto, con una sorta di unificazione delle due distinte fasi (giudizio di meritevolezza in astratto e giudizio di liceità in concreto) (26).
Nell’interrogarsi su cosa consista la peculiarità del controllo di meritevolezza altri Autori hanno cercato di recuperare, specie alla fine degli anni sessanta (27), una impostazione socializzante, come dimostra la rivalutazione operata dai sostenitori della “funzionalizzazione” di posizioni giuridiche individuali quali la proprietà, l’impresa e l’autonomia privata (28), mentre altre dottrine hanno considerato immeritevoli quei negozi che ostacolano il pieno sviluppo della persona umana (29) ovvero, in diversa prospettiva, hanno fatto riferimento, richiamandoli, ai principi costituzionali (30).
In particolare, con specifico riferimento al contratto atipico (31), poi, il tema della valutazione dell’interesse meritevole è stato affrontato partendo dall’idea che tale contratto pone un problema di produzione normativa, il cui controllo deve essere effettuato superando l’alternativa tra giudizio di meritevolezza ex art. 1322 c.c. e giudizio di liceità ex art. 1343 c.c. Questa posizione (32), invero, si riferisce ad un controllo fondato su norme che si trovino in una posizione di superiorità rispetto a quella di cui all’art. 1322 c.c., e quindi si sostiene come a tal fine si dovesse far richiamo ai principi generali dell’ordinamento, come quelli dettati anche nella carta costituzionale.
Le conclusioni alle quali si è giunti, allora, sono nel senso che «i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato identificati con i principi costituzionali offrono una serie di parametri utilizzabili in sede di giudizio di meritevolezza e cioè di apprezzamento della giuridicità e della conseguente tutelabilità di un atto giuridico non disciplinato da norme positive» (33), poiché il giudizio di meritevolezza non tenderebbe a stabilire la congruità fra due regole, ma a valutare se ad un fatto o ad un atto possa essere dato l’attributo di giuridico.
Di recente, in senso critico verso la teoria che vede quale unico limite al requisito della meritevolezza degli interessi quello della liceità è stato altresì ritenuto – senza peraltro giungere ad una identificazione con l’utilità sociale – che l’art. 1322 comma 2 c.c. debba essere interpretato nel senso che «il contratto non dev’essere socialmente dannoso» (34). Si ritiene così che alla norma del codice sull’autonomia privata occorra «dare un’interpretazione orientata in conformità della norma costituzionale e ravvisare come immeritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico gli interessi che contrastano con l’utilità sociale» (35).
A tal riguardo, si è detto che «la dannosità sociale è riscontrabile quando gli interessi perseguiti dalle parti contrastano con gli interessi generali della comunità e dei terzi maggiormente meritevoli di tutela» in quanto tale contrasto «rende per ciò stesso il contratto privo di una causa meritevole di tutela e ne importa la nullità pur in assenza della violazione di norme imperative, dell’ordine pubblico o del buon costume» (36).
3. La c.d. clausola “valore a nuovo” e il c.d. principio indennitario
Dopo questa breve digressione intorno all’interesse meritevole di tutela, il discorso può prendere le mosse dall’art. 1908 c.c. il quale – nel sancire che nell’accertare il danno non si può attribuire alle cose perite o danneggiate (o rubate, in caso di assicurazione contro il furto) un valore superiore a quello che avevano al tempo del sinistro – rappresenta una norma imperativa, specificazione di quella più generale contenuta nell’art. 1905 c.c., che sancisce il c.d. principio indennitario.
In tale contesto occorre, dunque, verificare la legittimità e la natura giuridica di quella particolare pattuizione (quale appunto la c.d. clausola “valore a nuovo”) in virtù della quale l’assicuratore è tenuto a pagare quanto necessario per riacquistare o per ricostruire il bene colpito da sinistro indipendentemente dal valore che esso aveva prima del sinistro stesso.
Ebbene, secondo un primo orientamento, tale clausola non potrebbe considerarsi compatibile con la funzione risarcitoria dell’assicurazione contro i danni, in ragione del vantaggio che essa arreca all’assicurato (37). La compagnia assicurativa, invero, in forza della clausola “valore a nuovo” si obbliga a tenere indenne l’assicurato stesso delle somme occorrenti per riparare, ricostruire o riacquistare la cosa assicurata e danneggiata da un sinistro, clausola che parrebbe derogare – in maniera del tutto illegittima – al principio fissato dall’art. 1908 c.c. (38). Tale norma è infatti ritenuta di ordine pubblico, in quanto preposta ad impedire speculazioni volte al conseguimento di indebiti vantaggi economici (39).
Altra interpretazione afferma, viceversa, la validità di questa clausola, considerando che in tal caso l’assicurazione copre anche il deperimento naturale della cosa (40) e che l’indennità viene spesso vincolata all’effettivo riacquisto o ripristino del bene perito o danneggiato.
In quest’ultima prospettiva si sostiene come, in realtà, con tale clausola non si pattuisce «un indennizzo superiore al valore della cosa deteriorata o distrutta, ma più semplicemente si pattuisce l’indennizzo sia del danno consistito nel deterioramento o nella distruzione della cosa, sia dell’ulteriore danno rappresentato dalla differenza tra il valore della cosa perduta ed il costo necessario per munirsi di un bene analogo» (41). Per tale motivo ben potrebbe ritenersi che la clausola in oggetto non deroghi al principio sancito all’art. 1908 c.c.
Orbene, con l’apposizione della clausola di indennizzo del “valore a nuovo”, l’assicuratore si obbliga, infatti, non solo a risarcire il danno costituito dal perimento o dal deperimento della cosa, ma anche a corrispondere all’assicurato, in aggiunta, un’ulteriore somma, pari a quanto sia necessario per il riacquisto o la ricostruzione del bene colpito dal sinistro. A tal riguardo, si ritiene che mediante la clausola de qua, vengano assicurati due rischi, da una parte quello relativo alla cosa (che comporta un indennizzo pari al valore del bene al momento del sinistro in conformità al disposto dell’art. 1908, comma 1, c.c.) e dall’altra parte il rischio relativo al patrimonio esposto al decremento, conseguente alla spesa della ricostruzione o del rimpiazzo e superiore al valore che la cosa aveva al momento del sinistro (42).
In particolare, come osservato da attenta dottrina, tale clausola mira a risarcire il maggior danno dall’esborso della differenza tra il nuovo ed il vecchio (43), obbligandosi l’assicuratore a risarcire, in aggiunta al valore della cosa al tempo del sinistro, la maggiore spesa necessaria per riacquistarla, vale a dire il “costo di rimpiazzo”, garantendo così il valore d’uso della cosa (44).
4. La c.d. clausola “valore a nuovo” e l’interesse meritevole di tutela
Ciò posto, così impostato il problema, val bene rilevare come, anche secondo una recente pronuncia di merito (45), tale clausola non rappresenti una (inammissibile) deroga al principio indennitario.
La medesima sentenza merita peraltro di essere segnalata in quanto, a ben riflettere, ha altresì il pregio di mettere in luce come in questi casi, ad esser stipulata sia una polizza non volta semplicemente a risarcire il danno rappresentato dalla perdita della cosa assicurata, ma diretta, per patto espresso, «a garantire possibilità di recupero ulteriore, con la creazione di uno schema contrattuale atipico realizzante interesse meritevole di tutela ex art. 1322 c.c. e non invece finalità contrastante con la norma imperativa ex art. 1418 c. 1 c.c.».
A tal fine preme comunque precisare come un modo per superare una (eventuale) obiezione circa l’interesse dell’assicurato al sinistro, in violazione del principio indennitario e derivante dalla apposizione di una clausola “valore a nuovo”, potrebbe essere proprio quello di subordinare, come anticipato, il pagamento dell’indennità all’effettivo riacquisto od all’effettiva ricostruzione del bene perduto (46).
5. Conclusioni
All’ampia casistica giurisprudenziale si aggiunge dunque, in ambito assicurativo, quale ipotesi di contratto atipico (47), il contratto di assicurazione con la c.d. clausola “valore a nuovo” in ragione del fatto che una tale pattuizione sarebbe diretta a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. Si tratta, evidentemente, di un aspetto particolarmente significativo sul quale occorre porre l’attenzione poiché, rispetto a tale clausola, che, come detto, appare con sempre maggiore frequenza nei contratti di assicurazione, se ne afferma ora non solo la meritevolezza in sé, ma anche la capacità di dar vita ad un nuovo contratto atipico ai sensi dell’art. 1322 comma 2 c.c.
Tale impostazione rappresenta, pertanto, un ulteriore e significativo esempio (48) di valorizzazione dell’interesse meritevole di tutela di cui all’art. 1322 comma 2 del codice civile, capace di consentire all’operazione economica (49) elaborata dai privati di assurgere, pur in assenza di un “tipo” predisposto dal legislatore (50), a modello giuridico di regolamentazione dei propri interessi.
(1) C. Scognamiglio, Problemi della causa e del tipo, in Trattato del contratto, in V. Roppo (a cura di), II, Milano 2006, pag. 120 ss.
(2) Per le diverse posizioni cfr. A. Morace Pinelli, Il contratto giusto, in Riv. dir. civ., 2020, III, pag. 663 ss.
(3) «Può dirsi che il giudizio (positivo) di meritevolezza sta ad indicare che il legislatore ben potrebbe disciplinare quello schema atipico, elevandolo al rango di contratto nominato»: G. Lener, La meritevolezza degli interessi nella recente elaborazione giurisprudenziale, in Riv. dir. civ., 2020, III, pag. 615.
(4) E. Minervini, La “meritevolezza” del contratto. Una lettura dell’art. 1322 comma 2 c.c., Torino, 2019.
(5) Sul punto cfr. G. Lener, La meritevolezza degli interessi nella recente elaborazione giurisprudenziale, cit., pag. 615.
(6) Cfr. E. Betti, Diritto romano, I, Parte generale, Padova, 1935, pag. 201 e 219; Id., Sui principi generali del nuovo ordine giuridico, Riv. dir. comm., I, 1940, pag. 222; Id., Teoria generale del negozio giuridico, in Tratt. Vassalli, Torino, 1943, pag. 247.
(7) G.B. Ferri, Meritevolezza dell’interesse e utilità sociale, in Riv. Dir. Comm., 1971, II, pag. 87.
(8) Come noto, tale dottrina già nel 1935 si riferiva al giudizio che l’ordine giuridico deve dare del negozio, al fine di valutarne «la funzione socialmente utile e degna di tutela», la «funzione meritevole per la sua utilità sociale» (E. Betti, Diritto romano, I, cit., pag. 201 e 219), per poi affermare che «l’autonomia privata non è tutelata se non in quanto persegua funzioni utili socialmente (…) non essendo più sufficiente, come in regime liberale, il limite puramente negativo che la causa del negozio non sia illecita» (E. Betti, Sui principi generali del nuovo ordine giuridico, cit., pag. 222); e, infine, per proporre un’interpretazione estensiva della regola di cui all’art. 1322 comma 2 c.c., e quindi volta a dilatare il controllo di meritevolezza dell’interesse e di rispondenza a funzioni sociali del contratto anche ai contratti tipici (E. Betti, Teoria generale del negozio giuridico, cit., pag. 247).
(9) G. Sicchiero, La distinzione tra meritevolezza e liceità del contratto atipico, in Contr. Impr., 2004, pag. 552.
(10) A. Guarnieri, Meritevolezza dell’interesse, in Dig. disc. priv., Sez. Civ., XI, Torino, 1994.
(11) Scrive, al riguardo, Emilio Betti (E. Betti, Teoria generale del negozio giuridico, cit., pag., 247): «Bisogna ricordare che è tendenza costante della nuova legislazione quella di ispirare a finalità sociali tutta la funzione normativa del diritto (…). L’esperienza di ogni giorno ci fa imbattere in casi di negozi non illeciti in sé, ma frivoli, volti unicamente a soddisfare la vanità o l’avidità di chi vi ricorre».
(12) P. Gallo, Il contratto, in P. Gallo, Trattato di diritto civile, Torino, 2017, pag. 139.
(13) «L’autonomia privata non è limitata ai tipi di contratto regolati dal codice, ma può spaziare in una più vasta orbita, se il risultato pratico che i soggetti si propongono di perseguire sia ammesso dalla coscienza civile e politica, dall’economia nazionale, dal buon costume e dall’ordine pubblico (art. 152, 2° co.). Ciò vuol dire che l’ordine giuridico non appresta protezione al mero capriccio individuale, ma a funzioni utili che abbiano una rilevanza sociale, e, come tali, meritino di essere tutelate dal diritto; il che rappresenta ancora un vincolo alla volontà privata»: Così la Relazione al Re-Imperatore del Ministro Guardasigilli al Libro del Codice Civile «Delle obbligazioni», Torino, 1941, n. 8, VI-VII.
(14) G. Stolfi, Luci ed ombre nell’interpretazione della legge, in Jus, 1975, pag. 145 e ss.; G. Gorla, Il contratto, I, Milano, 1954, pag. 199; F. Messineo, Dottrina generale del contratto, 2 ed., Milano, 1946, pag. 13.
(15) A. Guarnieri, Meritevolezza dell’interesse, cit.
(16) G.B. Ferri, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1966, pag. 406.
(17) Cfr. G. Stolfi, Teoria del negozio giuridico, Padova, 1961, ristampa, pag. 29 e 210, nt. 1; Id., Luci ed ombre nell’interpretazione della legge, cit., pag. 145.
(18) Cfr. G. Gorla, Il contratto, cit., pagg. 199-227.
(19) R. Sacco, Interesse meritevole di tutela, in Dig. disc. priv., Sez. civ., Agg., Torino, 2009.
(20) Secondo Rodolfo Sacco «l’art. 1322 comma 2 c.c. sarebbe norma inutile, non solo perché introduce un ulteriore controllo, mentre «chi conclude un contratto atipico mediamente non è più stordito di chi conclude una compravendita», ma anche perché la meritevolezza sarebbe assicurata dal divieto di contratti in frode alla legge ex art. 1344 c.c.»: così F. Gazzoni, Atipicità del contratto, giuridicità del vincolo e funzionalizzazione degli interessi, Introduzione, 2017, pag. XII.
(21) Ebbene, «poiché i divieti legali, rivolti a chi conclude un contratto tipico, colpiscono l’immeritevolezza di un rapporto, l’art. 1322 avverte che non sfugge alla nullità colui che, senza costituire il rapporto vietato, conclude un contratto che vuol proteggere quello stesso interesse con un rapporto diverso da quello che corrisponde al contratto tipico»: R. Sacco, Interesse meritevole di tutela, cit.
(22) Così F. Gazzoni, Atipicità del contratto, giuridicità del vincolo e funzionalizzazione degli interessi, in Riv. Dir. Civ., 1978, I, pag. 72.
(23) F. Gazzoni, Atipicità del contratto, giuridicità del vincolo e funzionalizzazione degli interessi, cit., pag. 62.
(24) F. Gazzoni, Atipicità del contratto, giuridicità del vincolo e funzionalizzazione degli interessi, cit., 62.
(25) U. Breccia, Morte e resurrezione della causa: la tutela, in S. Mazzamuto (a cura di), Il contratto e le tutele. Prospettive di diritto europeo, Torino 2002, pag. 258.
(26) F. Gazzoni, Atipicità del contratto, giuridicità del vincolo e funzionalizzazione degli interessi, cit.
(27) Così A. Guarnieri, Meritevolezza dell’interesse, cit.
(28) Sul punto si vedano le considerazioni svolte da A. Guarnieri, Meritevolezza dell’interesse, cit.; cfr., altresì, S. Pugliatti, La proprietà e le proprietà, in La proprietà nel nuovo diritto, Milano, 1954, pag. 274-275; U. Natoli, Limiti costituzionali dell’autonomia privata nel rapporto di lavoro, Milano, 1955, pag. 85 ss.; Id, «Funzione sociale» e «funzionalizzazione» della proprietà e dell’impresa tra negazione e demistificazione, in Riv. giur. lav, 1973, I, pag. 139 ss.; S. Rodotà, Note critiche in tema di proprietà, in Riv. trim. dir. proc. civ, 1960, pag. 1268 ss.; Id., Le fonti di integrazione del contratto, Milano, 1969, pag. 175-176; R. Nicolò, “Diritto civile”, in Enc. dir., XII, Milano, 1964, pag. 912-913; C. Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, II, Padova, 1969, pag. 1013 ss.
(29) A. Lener, Ecologia, persone, solidarietà: un nuovo ruolo del diritto civile, in N. Lipari (a cura di), Tecniche giuridiche e sviluppo della persona, Bari, 1974, pagg. 339-340 e 342-345.
(30) Cfr. M. Nuzzo, Utilità sociale e autonomia privata, Milano, 1975, pag. 98.
(31) M. Costanza, Il contratto atipico, Milano, 1981.
(32) M. Costanza, Il contratto atipico, cit., pag. 25.
(33) M. Costanza, Il contratto atipico, cit., pag. 25.
(34) C.M. Bianca, Causa concreta del contratto e diritto effettivo, in Riv. Dir. Civ., 2014, I, pag. 253.
(35) C.M. Bianca, Causa concreta del contratto e diritto effettivo, pag. 253.
(36) C.M. Bianca, Causa concreta del contratto e diritto effettivo, pag. 253.
(37) A. La Torre, Funzione e limiti di efficacia della «polizza stimata», in Ass., 1957, II, pagg. 3 ss. (ora in Scritti di diritto assicurativo, Milano 1979, 1 ss.); Id, Riflessioni sulla «polizza stimata», in Ass., 1975, I, pagg. 379 ss. (ora in Scritti di diritto assicurativo, cit., pagg. 27 ss.)
(38) A.P. Zumaglia, Assicurazione contro i danni: la regolamentazione civilistica, in Dig. Disc. Priv., 2014.
(39) V. Salandra, Dell’assicurazione, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 1861-1932, Bologna-Roma, 1966.
(40) V. Salandra, Dell’assicurazione, cit.
(41) M. Rossetti, Il diritto delle assicurazioni, II, Le assicurazioni contro i danni, Padova, 2012, pag. 3.
(42) Così E. Bottiglieri, Dell’assicurazione contro i danni, Milano, 2010, pag. 126.
(43) A. Gambino, Le assicurazioni del profitto sperato o della perdita del beneficio: valore a nuovo, valore forfettario e il principio indennitario, in Ass., 1966, I, pag. 74.
(44) A. La Torre, Le assicurazioni, Milano, 2019, pag. 23.
(45) Trib. Roma, Sez. XIII, 26 febbraio 2020.
(46) Trib. Nocera Inferiore, sent., 10 aprile 2002: «È valida, nel contratto di assicurazione (…), la clausola “valore a nuovo” che copre la differenza di valore tra il vecchio e il nuovo, giacché tale clausola, pur arrecando all’assicurato un vantaggio eccedente il principio indennitario di cui all’art. 1908 c.c. (c.d. “costo di rimpiazzo”), va intesa nel senso che l’assicurazione copre anche il deperimento naturale del bene assicurato e comunque l’indennizzo è condizionato all’effettivo riacquisto del bene perduto».
(47) E. Gabrielli, La nozione di contratto (Appunti su contratto, negozio giuridico e autonomia privata), in Contr. impr., 2018.
(48) A. Lestini, Il contratto di “banqueting” nella giurisprudenza, in questa Rivista, 2021.
(49) E. Gabrielli, L’operazione economica nella teoria del contratto, in Riv. Trim. dir. Proc. Civ., 2009, pagg. 905 ss.
(50) E. Gabrielli, Tipo contrattuale, in Studi sui contratti, Torino, 2000, pag. 737.