Non costituisce nuova prova ai sensi dell’art. 630, comma 1, lett. c) c.p.p. l’intervenuta modifica legislativa che renda l’azione penale procedibile a querela di parte.
Di Enrico Ajmar
1. Il tema al centro della pronuncia de qua è se sia possibile procedere alla revisione della sentenza di patteggiamento in caso di intervenuta modifica legislativa nel senso di rendere l’azione procedibile a querela; modifica intervenuta dopo il giudicato. Più specificamente, ci si chiede se l’intervento legislativo predetto possa essere considerato nuova prova ai sensi dell’art. 630, comma 1, lett. c) c.p.p.
2. Per quanto concerne il caso in commento, questo origina dalla presentazione di una richiesta di revisione alla Corte d’Appello di Brescia di una sentenza di applicazione pena su richiesta per i reati di cui agli artt. 110, 81 cpv. c.p. e 2, d.lgs. n. 74/2000 e 81 cpv., 112 n. 1, 646, 61 n. 11 c.p. Attesa la modifica in punto procedibilità per il reato di appropriazione indebita operata dal d.lgs. n. 36/2018[1], la difesa ritiene infatti che questa possa essere considerata nuova prova e che si possa procedere a revisione. Di diverso avviso è il giudice di prime cure, che dichiara la richiesta inammissibile[2]. Avverso tale pronuncia propone ricorso per Cassazione la difesa.
3. Ebbene, la Corte dichiara non fondato il ricorso, adducendo plurimi argomenti[3]. In particolare, la seconda sezione evidenzia come le ipotesi di revisione siano tassative e il caso in esame non rientri in alcuna delle fattispecie previste. Il rilievo per cui la sopravvenuta procedibilità a querela non costituisca nuova prova non è peraltro smentito dai precedenti di legittimità. In primo luogo, si è infatti affermato che è ammissibile la domanda di revisione nel caso di sopravvenuta remissione di querela cronologicamente collocata dopo la condanna ma prima del suo passaggio in giudicato[4], con ciò limitando la proponibilità della revisione ad una eventualità affatto diversa da quella in esame. In secondo luogo, la Suprema Corte ha avuto modo di precisare che «in tema di revisione, rientra nella nozione di “prova nuova” la rilevazione della mancanza della condizione di procedibilità del reato per cui è stata emessa sentenza di condanna»[5] concernendo però tale caso alla relazione tra presentazione della querela ed età della vittima, con ciò riguardando l’accertamento probatorio non tanto la sussistenza della querela quanto l’accertamento dell’età con «conseguenti effetti sulla condizione di procedibilità dell’azione penale».
In ultimo, la ritenuta natura mista della procedibilità a querela[6] e la sua partecipazione alla determinazione dall’an e del quomodo di applicazione del precetto[7] impongono la ricaduta nel regime di cui all’art. 2, comma 4 c.p., con ciò avendosi sì applicazione retroattiva dei mutamenti favorevoli, ma non potendosi ritenere cedevole il giudicato.
4. I principi di diritto enucleati in questa pronuncia richiamano e precisano i confini di lidi interpretativi già noti. Nel complesso, la motivazione pare lineare e le conclusioni condivisibili. Più che mai si registrano negli ultimi anni tendenze nel senso di scardinare l’intangibilità del giudicato; tendenze che, se da un lato hanno lo scopo di tutelare le situazioni dei singoli casi, dall’altro ledono l’interesse generale alla certezza del diritto e delle situazioni giuridiche. È bene quindi prendere le distanze da proposte ermeneutiche peregrine, quali quelle avanzate dalla difesa nel caso in esame, che rischierebbero altresì di ampliare il campo di applicazione delle norme processuali al di fuori della sede loro propria.
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1[] Si è abrogato il comma 3 dell’art. 646 c.p., che prevedeva la procedibilità d’ufficio nel caso di integrazione di alcune circostanze aggravanti, tra cui quelle indicate al n. 11 dell’art. 61 c.p.; aggravante contestata al condannato richiedente revisione.
2[] Per «carenza di prova documentale circa il fatto che (non) sia stata presentata querela nel separato processo contro altri imputati che si sta svolgendo nelle forme del rito ordinario» e perché la fattispecie non rientra tra quelle previste dall’art. 630 c.p.p.
3[] La Corte, richiamando un proprio precedente, precisa altresì che il caso in esame non può devolversi al giudice dell’esecuzione «non vertendosi in ipotesi di abolizione del reato o di dichiarazione di incostituzionalità della norma incriminatrice» (cfr. Cass., Sez. Un., n. 40150/2018, Rv. 273552).
4[] Cfr., Cass., Sez. V, n. 3764/1995, Rv. 201059.
5[] Cfr., Cass., Sez. IV, n. 17170/2017, Rv. 269826.
6[] Sostanziale e processuale: cfr., ex plurimis, Cass., Sez. II, n. 225/2018 (dep. 2019), Rv. 274734.
7[] Cfr., ancora, Cass., Sez. Un., n. 40150/2018, Rv. 273552.