In tema di disciplina antiusura e interessi moratori (Sentenza Corte di Cassazione, S.U., 18 settembre 2020, n. 19597)
La Suprema Corte ha affermato un importante principio di diritto relativo all’applicabilità della disciplina antiusura agli interessi moratori.
In linea generale, nell’ambito delle obbligazioni pecuniarie di valuta, il legislatore individua due distinti meccanismi finalizzati a tenere indenne il creditore dalle conseguenze del ritardo nell’adempimento.
Il primo è quello di cui all’art. 1282 cod. civ. in virtù del quale i creditori monetari, liquidi ed esigibili, producono interessi di pieno diritto al tasso legale. La categoria è quella degli interessi corrispettivi che costituiscono il prezzo dell’utilità conseguita da chi ha usufruito del capitale.
Il secondo è quello individuato dall’art. 1224 cod. civ. il quale disciplina i cosiddetti interessi moratori che scattano dal momento in cui il debitore si trovi in stato di mora. Essi hanno una funzione essenzialmente risarcitoria.
Il tema dell’interesse moratorio usurario viene affrontato richiamando i divergenti orientamenti sul punto.
La prima tesi, quella che nega l’applicabilità della disciplina antiusura agli interessi moratori, si fonda sulla lettura di alcune norme e segnatamente: l’art. 1815 comma 2 cod. civ. che fa riferimento ai soli interessi corrispettivi, l’art. 644 comma 1 cod. pen, che incrimina chi si fa dare o promettere interessi usurari “in corrispettivo di una prestazione di denaro”, l’art. 1 comma 1 D.L. 394/2000 il quale stabilisce che “… si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento” e, infine, il D.L. 185/2008 il quale, nel fornire disposizioni sulla commissione di massimo scoperto, precisa che, ai fini delle norme civili e penali sull’usura, non rilevano gli interessi moratori.
L’attribuzione degli interessi corrispettivi e degli interessi moratori risponde a funzioni diverse: i primi si sostanziano nella remunerazione diretta di una somma di danaro considerata la normale produttività della moneta (ciò in base all’equilibrio contrattuale concordato con riferimento al tempo previsto per la fruizione di una somma di danaro) mentre i secondi vanno a compensare il creditore di una perdita di disponibilità del danaro a causa dell’inadempimento del debitore.
Viene sottolineato che, anche se le due categorie dal punto di vista economico si avvicinano, sono assai differenti sotto il profilo giuridico essendo assai diversa la causa giuridica dell’attribuzione.
La tutela del debitore la si rinviene nel potere riduttivo del Giudice ex art. 1384 cod. civ.
Il secondo orientamento che sostiene l’applicazione della disciplina antiusura agli interessi moratori, legge le norme in maniera differente e, in particolare, sottolinea che tutte le norme in precedenza indicate non si esprimono in maniera espressamente contraria a tale applicazione.
La Suprema Corte fonda la pronuncia sulla disciplina positiva antiusura e sulle sue finalità (di carattere privatistico e pubblicistico): tutelare il fruitore del finanziamento, reprimere la criminalità economica, dare una direzione al mercato creditizio e garantire stabilità al sistema bancario.
L’interesse corrispettivo misura il costo del denaro per il mancato rispetto della puntualità nei pagamenti mentre l’interesse moratorio si sostanzia nel danno che il creditore subisce per l’inadempimento del debitore nell’ambito delle obbligazioni pecuniarie. In entrambi i casi la disciplina antiusura deve trovare applicazione.
Occorre però venga ben definito il cosiddetto “tasso soglia” perché si possa parlare di usura moratoria.
Esso viene desunto dalla prassi amministrativa individuata nelle rilevazioni di Banca d’Italia e del MEF sulla base di specifici calcoli che peraltro la Suprema Corte riporta espressamente.
Nell’ipotesi di superamento del tasso soglia viene quindi in considerazione l’art. 1815 comma 2 cod. civ. non essendo dovuti gli interessi moratori pattuiti e trova applicazione l’art. 1224 comma 1 cod. civ. con la conseguente debenza degli interessi nella misura dei corrispettivi lecitamente dovuti (a cura della Dott.ssa Barbara Bellettini).
Normativa di interesse
Codice Civile
Art. 1224 Danni nelle obbligazioni pecuniarie
Nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di danaro, sono dovuti dl giorno della mora gli interessi legali, anche se non erano dovuti precedentemente e anche se il creditore non prova di aver sofferto alcun danno. Se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura.
Al creditore che dimostra di aver subito un danno maggiore spetta l’ulteriore risarcimento.
Questo non è dovuto se è stata convenuta la misura degli interessi moratori.
Art. 1282 Interessi nelle obbligazioni pecuniarie
I crediti liquidi ed esigibili di somme di danaro producono interessi di pieno diritto, salvo che la legge o il titolo stabiliscano diversamente.
Salvo patto contrario, i crediti per fitti e pigioni non producono effetti se non dalla costituzione in mora.
Se il credito ha per oggetto rimborso di spese fatte per cose da restituire non decorrono interessi per il periodo di tempo in cui chi ha fatto le spese abbia goduto della cosa senza corrispettivo e senza essere tenuto a rendere conto del godimento.
Art. 1815 Interessi
Salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante. Per la determinazione degli interessi si osservano le disposizioni dell’articolo 1284.
Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi.
Decreto-legge 29 dicembre 2000, n. 394 “Interpretazione autentica della legge 7 marzo 1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura”.
Art. 1.
1. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 644 del codice penale e dell’articolo 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento.
2. In considerazione dell’eccezionale caduta dei tassi di interesse avvenuta in Europa e in Italia nel biennio 1998-1999, avente natura strutturale, il tasso degli interessi pattuito nei finanziamenti non agevolati, stipulati nella forma di mutui a tasso fisso rientranti nella categoria dei mutui, individuata con il decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica previsto dall’articolo 2, comma 2, della legge 7 marzo 1996, n. 108, in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto, salvo diversa pattuizione piu’ favorevole per il debitore, e’ sostituito dai tassi indicati al comma 3, maggiorati di mezzo punto percentuale, qualora sia ad essi superiore. La maggiorazione non si applica alle persone fisiche che agiscono per scopi estranei all’attivita’ imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Tale sostituzione non ha efficacia novativa e si applica alle rate che scadono successivamente al 2 gennaio 2001.
3. Il tasso di sostituzione e’ stabilito, per le rate che scadono nel periodo 3 gennaio 2001 – 31 dicembre 2001, in misura non superiore al valore medio per il periodo gennaio 1976 – ottobre 2000 dei rendimenti lordi dei buoni del Tesoro poliennali con vita residua superiore ad un anno; per le rate che scadono nel periodo 1° gennaio 2002 – 31 dicembre 2002, al valore medio per il periodo gennaio 1977 – ottobre 2001 dei rendimenti lordi dei buoni del Tesoro poliennali con vita residua superiore ad un anno, e cosi’ di anno in anno di modo che l’ultimo mese, del periodo venticinquennale considerato per il calcolo del valore medio dei rendimenti lordi dei buoni del Tesoro poliennali con vita residua superiore ad un anno, sia sempre l’ottobre dell’anno antecedente al periodo, con decorrenza 1° gennaio, cui si riferisce il nuovo tasso di sostituzione.
4. Le disposizioni legislative in materia di limiti di tassi di interesse non si applicano ai finanziamenti ed ai prestiti, in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto, concessi o ricevuti in applicazione di leggi speciali in materia di debito pubblico di cui all’articolo 104 del trattato sull’Unione europea.