207 – Sezione giurisdizionale Regione Emilia-Romagna; sentenza 11 giugno 2021; Pres. Maiello, Est. Giordano, P.M. Lorenzini; Proc. Reg. Emilia-Romagna c. L. A. + 1

Con la sentenza n. 207 del 2021, la Sezione si è soffermata sulla valutazione della gravità della colpa nella responsabilità amministrativo-contabile. Come ha ricordato il Collegio, se è vero che, ai sensi dell’art. 1 l. n. 20/1994, la colpa è, tanto quanto il dolo, criterio di imputazione della responsabilità amministrativo-contabile, perché la prima raggiunga una soglia di rilevanza tale da giustificare l’azione erariale deve risultare connotata da gravità (punto di equilibrio, quest’ultima, tra principio di responsabilità ex art. 28 Cost. e necessità di prevenire rallentamenti e inerzie nell’agere dell’Amministrazione pubblica). Tale gravità: postula, anzitutto, l’esistenza di una regola a contenuto cautelare atta a esprimere la misura della condotta – diligente, perita e prudente – sulla quale il legislatore ha riposto l’affidamento per prevenire ed evitare il rischio di esternalità negative; richiede, quindi, la verifica della conoscenza o conoscibilità (prevedibilità) da parte dell’agente e le condizioni di operatività (prevenibilità, evitabilità) nelle quali sono state poste in essere le condotte. All’esito di siffatto primo stadio di valutazioni, è necessario accertare, ex ante e in concreto, il grado di esigibilità della condotta comandata, in ragione delle condizioni concrete dell’agire. Tale seconda indagine presuppone, a propria volta, la verifica che: l’agente abbia correttamente individuato la situazione materiale che richiede l’adempimento degli obblighi di servizio a contenuto cautelare (prudenza, diligenza e perizia); sussistano le condizioni operative per il loro adempimento; non vi siano circostanze anomale che ne impediscano l’osservanza o falsino la percezione dell’agente (si vedano, ex multis, Sez. II App., nn. 662/2014, 619/2015 e 637/2015; Sez. III App., nn. 155/2019 e 7/2021). Alla violazione della regola cautelare deve, in definitiva, aggiungersi l’assenza di quel minimo di diligenza, prudenza o perizia richiesto dalla specifica attività svolta dal dipendente e dal peculiare settore dell’Amministrazione al quale lo stesso è preposto.

Con la medesima pronuncia, la Sezione ha applicato i richiamati principi generali alla peculiare materia della formazione e informazione in materia di rischio da amianto, ai sensi e per gli effetti del d.lgs. n. 81 del 2008. In particolare, secondo il Collegio, la scelta del legislatore di differenziare la figura del “dirigente” da quella del “datore di lavoro”, di affiancare alle medesime figure ulteriori e distinte – il “preposto” e il “responsabile del servizio di prevenzione e protezione” – e di delineare precisi obblighi in capo agli stessi lavoratori, tenuti ad attivamente cooperare con le figure anzidette (v., oltre agli artt. 1175 e 1227 c.c., l’art. 20 d.lgs. n. 81/2008), non può non avere ricadute sul regime di responsabilità erariale. Non può, infatti, non considerarsi, nella prospettiva delle regole di condotta rilevanti ai fini della valutazione della gravità della colpa, che l’articolato sistema di presidi disegnato dal d.lgs. n. 81/2008 contempla una pluralità di soggetti chiamati a garantire, con agire coordinato e sinergico, il valore dell’integrità dei lavoratori, promuovendo la sicurezza sul posto di lavoro. Allo stesso modo, non può non considerarsi che spetta al datore di lavoro definire il fabbisogno formativo; che il dirigente ha, lui stesso, diritto a essere informato e formato da parte del datore di lavoro; che il medesimo dirigente deve poter costantemente beneficiare dell’apporto collaborativo degli altri soggetti rientranti nell’organigramma e, non da ultimi, degli stessi lavoratori.