On the new needs for the protection of the truth of information:

Fake News and Aletica rights

di Salvatore Sansone 

Un nuovo sistema  di diritti definiti “aletici”, come proposto dalla filosofa prof.ssa Franca D’Agostini, è  occasione per  una approfondita riflessione sull’ insufficiente tutela apprestata dal nostro sistema penale  per difendere e garantire la verità nell’informazione. La necessaria battaglia contro le Fake  News che condizionano e inquinano la vita pubblica.     

A new system of rights defined as aletic, as proposed by the philosopher Prof. Franca D’Agostini, is an opportunity for a thorough reflection on the insufficient protection provided by our penal system to defend and guarantee the truth in information. The necessary battle against the Fake News that condition and pollute public life.

Uno dei temi che indirizza e influenza oggi il dibattito generale è certamente quello della “post- verità”, la  condizione secondo cui, nell’analisi di un tema, in una discussione relativa a un fatto, nella disamina di una notizia, la verità viene considerata una questione di secondaria importanza.

Nella post-verità  prevale  la dimensione emotiva e  l’informazione  viene percepita e accettata come vera dal pubblico  senza alcuna analisi concreta della effettiva veridicità dei fatti raccontati. Nel dibattito condizionato dalla  “post-verità”, l’opinione si fonda sull’emozione o sulla  convinzione personale senza che i fatti   oggettivi – chiaramente accertati -, abbiano alcuna influenza. 

Il termine nasce nella pubblicistica inglese ed è stato rilanciato a livello internazionale con la campagna elettorale di Donald Trump per raccontare l’influenza delle varie forme di populismo antisistema e il diffondersi delle “Fake News”  sul Web. 

Il tema è oggi di tale rilievo da aver assunto la dimensione di un vero fenomeno per il quale in molti casi la moderna ed esponenziale diffusione di informazioni distorte e non veritiere,  divenendo  fonte di danno,  produce conseguenti implicazioni di  rilievo penale.

L’analisi del fenomeno, noto anche come  “Fake news” o false notizie,  è complessa. La diffusione dell’informazione “distorta”  in molti casi  non può dirsi  voluta o derivante da  “mala fede”,  ma è il risultato della grande e multiforme quantità di informazioni senza controllo di cui oggi  disponiamo; della difficoltà di selezionarle e della conseguente crisi di credibilità e affidabilità delle istituzioni  che dovrebbero sovrintendere alla loro diffusione.  

Dall’altra parte però non possiamo non riconoscere che  viviamo una fase estremamente delicata in tema di uso strumentale dell’informazione e della circolazione delle notizie non più legate ai canali tradizionali di selezione e   filtro   come un tempo erano la   stampa,  l’ editoria, l’ università etc.. 

In questo contesto il fenomeno diventa di notevole interesse e rilievo penale.

La straordinaria evoluzione tecnica e di socializzazione dei mezzi personali di comunicazione nonchè di  diffusione della  propria opinione,  ha scardinato i vecchi e tradizionali sistemi di verifica e controllo di veridicità delle informazioni e delle notizie rendendo certamente inadeguato ogni strumento di tutela già previsto dal nostro codice.  

La semplice contravvenzione prevista all’  art. 656 c.p.,  pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose tali da turbare l’ordine pubblico,  risulta non più adeguata a contenere un fenomeno particolarmente invasivo ormai assurto a livelli di crisi internazionale.  

La norma che il nostro codice attualmente prevede  poteva avere un senso in un tempo in cui erano ancora operanti, come già anticipato,  i filtri tradizionali della stampa ufficiale, dell’editoria o del mondo accademico. La validazione delle notizie  passava allora  attraverso sostanziali  processi di selezione socio-culturale che garantivano un controllo sull’informazione circolante : questo sistema oggi è estinto. Sul punto  è significativamente rivelatrice la giurisprudenza,  ormai datata, attinente alle questioni connesse alla trattazione dell’art. 656 c.p..  Le sentenze sono tutte legate al problema di valutazione dell’attitudine delle condotte integranti il reato a turbare l’ordine pubblico.    

Questioni ormai obsolete e superate. 

L’informazione oggi è gestita in modo diretto e senza canali ufficiali selezionati,   riuscendo a raggiungere livelli di diffusione incontrollabili che se strumentalmente usati possono risultare  estremamente dannosi anche se non formalmente “atti a turbare l’ordine pubblico”. 

Ecco allora la necessità di affrontare il tema di come oggi possa idearsi un sistema nuovo di  tutele e garanzie nei confronti di chi faccia uso strumentale di informazioni non rispondenti al vero e che procurino conseguenze di danno.

  In questa crisi di Verità, concentrando il tema di confronto sul piano dell’esperienza teorico – giuridica,  provocano  una interessante riflessione le proposte della Prof.ssa  Franca D’Agostini che insegna Filosofia della Scienza al Politecnico di Torino. 

La prof.ssa D’agostini,   introducendo   alcune argomentazioni  in tema di filosofia politica normativa,   incrocia temi di grande e attuale rilievo come il rapporto tra informazione e potere, l’impatto della conoscenza scientifica e delle innovazioni tecnologiche nella vita della società degli individui, il ruolo sociale e politico delle credenze religiose, le degenerazioni dei sistemi democratici per corruzione, accentramento o ingovernabilità. 

Così procedendo la Prof.ssa D’Agostini pone una interessantissima questione circa una nuova categoria di diritti che riguardano la verità : i “Diritti Aletici”,dal greco aletheia “verità”.  La sua è una visione che muovendo  dalla  tradizione del   realismo platonico e aristotelico,   esamina  il tema della verità ponendosi il problema di strutturare una categoria di diritti che possano garantirla e tutelarla in questi nostri tempi difficili  di rivoluzione digitale condizionati da eccesso di informazione, eccesso di  partecipazione sociale  con fortissimo pericolo di  distorsione della verità. 

L’articolazione che propone è di 6 diritti aletici afferenti a tre aree : 1) area dell’informazione, 2) area della scienza e 3) area della cultura.  

Diritti Aletici : 

1) diritto di essere informati in modo veritiero (a non essere ingannati); 

2) diritto di essere messi in grado di capire le informazioni ricevute e trasmetterle appropriatamente; 

3) diritto di essere riconosciuti come possibili fonti di verità; 

4) diritto di avere autorità e istituzioni aletiche affidabili; 

5) diritto di disporre di un ambiente culturale positivamente orientato a riconoscere e garantire i precedenti diritti; 

6) diritto di vivere in un ambiente culturale in cui esista una diffusa consapevolezza dell’importanza della verità … ossia diritto ad essere educati alla verità.

I primi due diritti apparterrebbero all’area dell’informazione;  il terzo e quarto all’ area della scienza;  gli ultimi due a quella della cultura. 

L’approccio che caratterizza la trattazione è prevalentemente filosofico,  ponendosi problemi che non sono certo quelli che “affliggono” i giuristi…  tuttavia resta  interessantissima la questione di fondo : può esistere un diritto della verità ? La verità è tutelabile con una norma ? E’ necessaria una norma siffatta ?

I diritti aletici possono rappresentare una categoria giuridica o sono unicamente una categoria di interesse filosofico ?

L’INSUFFICIENZA DEL NOSTRO SISTEMA DI TUTELA DELLA VERITA’

L’interessante trattazione dei diritti Aletici ci consente una riflessione sullo stato della tutela che il nostro sistema giuridico oggi appresta e prova a garantire,  sul fronte delicatissimo della verità nell’informazione nonchè  della circolazione delle notizie. 

Il sistema dei diritti Aletici, come teoricamente proposto, ci costringe a una presa d’ atto circa i   limiti del sistema normativo in vigore. 

Partendo dalle interessanti argomentazioni filosofiche della Prof.ssa D’Agostini, l’idea sarebbe quella di  poter articolare  una fattispecie normativa con la finalità di  disciplinare direttamente condotte che tutelino la verità e i suoi valori connessi. Concepire e scrivere una norma che tuteli la verità dei fatti e delle cose senza che il tutto venga  confinato in una augurale dimensione  protrettica,  risultando insufficiente quella attualmente prevista dal nostro codice (artt.  656 e ss. c.p.).

Una norma che tuteli dal pericolo delle Fake News !

La questione non è di facile approccio e al momento l’attuazione dei diritti aletici resta  affidata sostanzialmente a principi di ordine generali ovvero  ad aree di rilievo Costituzionale. 

E infatti :  

circa i primi due diritti aletici : 1) diritto di essere informati in modo veritiero (a non essere ingannati); 2)diritto di essere messi in grado di capire le informazioni ricevute e trasmetterle appropriatamente; 

essi hanno una generica dimensione di tutela indiretta  ed esistono già, nel nostro ordinamento, forme diffuse e articolate di attuazione e difesa.  

I temi classici sono quelli dei diritti dell’area costituzionale della  libera manifestazione del pensiero con le graduazioni e modulazioni connesse al diritto di cronaca (art. 21 Cost.),  del diritto all’istruzione ( artt.  9, 30, 33 e 34 Cost.) e anche del  diritto al voto (art. 48 Cost.)

Per quest’area esistono anche forme più specifiche di tutela ad essere informati e nel dettaglio.  

– la Legge  241/1990 sul diritto di accesso agli atti, con la quale i cittadini possono accedere agli atti della P.A. purché ne abbiano un interesse diretto;  

– la Legge  n.150 del 7 giugno 2000  che rende obbligatoria per le amministrazioni pubbliche la comunicazione. 

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L’ analisi  dei due diritti esaminati ci consente di dedurre che la forma di tutela attualmente approntata e funzionante sia solo  quella che garantisce la libertà di informazione e il diritto di difendersi dagli eccessi del suo esercizio : 

Non c’è nulla che tuteli la verità dei fatti…. 

Non esiste in concreto un diritto  che sia concepito per assicurare  la verità dei contenuti dell’informazione ovvero un diritto di verità obiettiva….., la difesa della verità è un risultato indiretto e probabile.

Sul punto i risultati sono alquanto deludenti  

Tutto resta  affidato al possibile,  o meglio,  probabile compiersi di libere combinazioni tra buona fede del giornalista,  sua competenza… sua indipendenza.  

Il bilancio che  conseguentemente registriamo è quello di tante vicende che restano sostanzialmente “irrisolte”  e delle quali non si giunge a comprende l’esito finale. 

Esemplificativa sul punto la  vicenda di ampio risalto mediatico  dell’ottobre 2018,  riguardante l’applicazione di misure cautelari al Sindaco di Riace, in Calabria. Riace è un piccolo centro della locride dove l’amministrazione allora in carica   mise in moto un sistema di accoglienza che mirava a favorire, secondo l’accusa in violazione delle formalità prescritte dalla legge,  la permanenza e l’integrazione degli immigrati.  A leggere i giornali,  schierati su fronti contrapposti,  ed a seguire il caso sui “social”,  sembrava che il sistema giudiziario si fosse ingiustamente messo in movimento  contro il Sindaco in carica che a fin di bene aveva operato,  seppure in formale violazione della legge (ingiusta),  per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.  L’informazione   era divisa tra quanti ritenevano legittimo e umanitario il metodo approntato e quanti erano sostanzialmente contro…. La vicenda oggi ancora giudiziariamente pendente , al di là degli schieramenti, diviene una metafora interessante per quello che rappresenta  un caso di informazione sbilanciata, non obiettiva anche un pò militante che  travisa la verità dei fatti. 

Nella trattazione di questa vicenda ciò che si afferma come messaggio è solo la contrapposizione,  la verità non interessa. 

Ad oggi non è facile comprendere se il comportamento dell’ allora sindaco di Riace fosse legittimo o meno.  

A CHI INTERESSA LA VERITA’ ?

Sentire come un problema la mancanza di una norma che tuteli la verità dei fatti, richiede la consapevole sensibilità dell’esistenza di un problema di verità.

La sensazione è che oggi non si  avverta, per indifferenza,  la necessità di distinguere tra  verità e  menzogna. 

L’affermazione della verità  non interessa più. Il suo senso è come evaporato, come accade alle parole che definiscono la menzogna. Questa dovrebbe essere una anomalia – una trasgressione alle regole – ma accade sempre più spesso che  l’anomalia si trasformi nella norma,  nella consuetudine. Se tutti mentono  senza sentirsi in colpa e senza temerne le conseguenze, svanisce  il concetto stesso di menzogna per trasformarsi in un modo (distorto) di  esercizio della propria libertà di parola (!?) La facilità e la rapidità con la quale una qualsiasi voce o fandonia si diffonde su internet e in tutti i siti del social networking, oppure venga distorta attraverso improprie amplificazioni mediatiche (si pensi al degenerato costume dei processi televisivi),  rende pressoché impossibile il compito di bloccare le notizie false e di mettere fine alla disinformazione…, alla menzogna. 

 Oggi la verità quindi non esiste….., oppure non interessa a nessuno! 

In un’era in cui i media sono talmente diversificati e pertanto capacissimi di controllare e stabilire la verità, la distinzione tra vero e falso appare ogni giorno più offuscata, smarrita. Conoscere o dire la verità diventa sempre più irrilevante. Dopo tutto se la verità e la menzogna vengono poste sullo stesso piano e la verità non conta più niente, diventiamo indifferenti alla verità. 

Una diffusa  e assurda disponibilità a relativizzare tutto;  a concedere spazi e repliche, a proporre tesi tra le più insostenibili…,  toglie forza ed importanza alla verità che assume una endemica precarietà che  svuota  ogni cosa di significato.  

Prendiamo, per tutti e a valor di metafora,  il tema giudiziario dei processi. 

C’era un tempo in cui  dai processi, celebrati solo nelle aule di giustizia, il fatto da giudicare anche se  in qualche modo spettacolarizzato dalle attenzioni e dalle emozioni pubbliche,  usciva comunque  con un risultato  definitivo che ne segnava la conclusione :  era quello un modo per conquistare una  verità! Non mancavano di certo le contrapposizioni. Le opinioni si scontravano ma tutto aveva una sua finale composizione. 

Oggi  non è più così.  Niente si conclude,  tutto rimane precariamente appeso ad una polemica infinita nella quale ognuno mette tutto e il suo contrario. Sempre in tema processuale assistiamo ad un fenomeno degenerato che evoca teoremi, cavillismi e capziosità irrisolte e irrisolvibili, ricostruzioni impossibili (Cogne, Garlasco, Riace etc.)  che non consentono  mai punti di arrivo definitivi.   

Nilla  è più certo!  Tutto è discutibile e contestabile e ….. nel confronto strumentale, ciò che rimane è  il conflitto : la verità non interessa nessuno. Non ci sono cose giuste e cose sbagliate; bene e male; morale e immorale; solo una grande confusione nella quale paradossalmente nell’indifferenza totale,  trovano dignità le tesi e i comportamenti più deprecabili . Chi subisce l’ingiustizia finisce per essere meno apprezzato di chi la infligge, anzi quest’ultimo arriva a fare della sua condizione immorale e deprecabile il proprio punto di forza (!).  Sicchè il valore da tutelare non è più quello della verità…. che non interessa nessuno, ma quello dello scontro polemico… null’altro. 

In questo contesto è difficile avvertire come un problema non avere una norma che tuteli la verità oggettiva dei fatti. 

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I DIRITTI ALETICI  DELL’AREA SCIENTIFICA

Venuta meno la centralità delle  tradizionali forme di controllo e di filtro originariamente previsti  per la verifica della veridicità nonchè per garantire l’autorevolezza dell’informazione, comprendiamo quanto sia grande e difficilmente colmabile il “gap” venutosi a creare sul piano scientifico per esercitare un controllo sulla verità. 

A confermarcelo sono gli altri due diritti che per quest’aria la Prof.ssa D’Agostini prevede:

 3) diritto di essere riconosciuti come possibili fonti di verità; 

4) diritto di avere autorità e istituzioni aletiche affidabili; 

 Si tratta dei diritti che attengono al nostro sistema di formazione diretto a garantire la preparazione  culturale e il controllo istituzionale dei produttori di verità. 

Si pensi alle prescritte dinamiche di verifica  e soprintendenza  dello Stato per l’organizzazione degli Studi e la disciplina delle professioni a mezzo degli artt. 33 e 34 della Costituzione. 

Sotto la supervisione e il controllo diretto e indiretto delle istituzioni statali accademiche, scolastiche,  professionali,  dovrebbe assicurarsi la tutela e la verifica delle fonti di formazione e informazione. Si pensi ai vari organismi dell’accademia universitaria o della scuola. E ancora, agli Ordini professionali che curano e promuovono la formazione dei propri iscritti.  

Ma anche qui c’è motivo di insoddisfazione se non di delusione. 

Siamo  lontani da una norma che tuteli la verità. 

L’aspirazione di avere autorità se non istituzioni che possano restare punto indiscutibile di riferimento per l’attuazione di un piano aletico è, oggi, certamente in crisi.

Gli esempi sono innumerevoli. 

Quelle che dovrebbero essere istituzioni pubbliche o private di verifica,  NON riescono ad assolvere al loro compito rimanendo imbrigliate nel “maelstrom” del confronto polemico con minoranze rumorose che le priva di ogni autorevolezza e incisività.

Si pensi alla difficoltà di fare rispettare l’obbligo dei vaccini per l’accesso alla frequenza scolastica. Si pensi alla crisi di competitività ed efficienza  del nostro sistema di formazione scolastico e universitario. Lo stesso per il sistema di accesso alle professioni : esempio l’esame di abilitazione per l’ esercizio della professione forense…. ovvero  quello per l’ingresso alla professione di giornalista.  

Tutti esempi che confermano l’assenza di un contesto che favorisca una base naturale che dovrebbe supportare una  norma ideata e scritta a difesa della verità. 

I DIRITTI ALETICI DELL’AREA CULTURALE

All’esito di tale disamina, il bilancio che possiamo tracciare è certamente insoddisfacente. 

 E’ difficilissimo produrre norme che tutelino puramente e direttamente  la verità nell’informazione e garantire un controllo della sua circolazione. 

L’idea dei diritti aletici è certamente di stimolo ma resta confinata nell’area della proposta, … del progetto,  non riuscendo a tipizzare  un contesto di condotte che, pur producendo un danno, non  si riesce a chiudere in una norma sanzionatrice  diretta a tutelare quello che resta un bene inafferrabile…. : la verità…!!  

Molto può essere riequilibrato, ma NON  diretto e regolato come invece sarebbe auspicabile,   attraverso il valore propositivo di una predisposizione nuova ad affrontare questi temi. 

In questo esercitano  un influenza di riferimento, ancora una volta,  gli ultimi  due diritti aletici: 

5) il diritto di disporre di un ambiente culturale positivamente orientato a riconoscere e garantire i precedenti diritti; 

6) il diritto di vivere in un ambiente culturale in cui esista una diffusa consapevolezza dell’importanza della verità … ossia diritto ad essere educati alla verità.

Sono diritti che per essere  attuati   necessitano di una nuova impostazione culturale generale della società :  una nuova cultura della verità. 

L’aspirazione ad attuare e praticare un contesto culturalmente orientato registra qualche segnale di impegno ma restano tante le perplessità sul metodo e l’efficacia. 

Ciò che delude è che parlare di nuova mentalità o predisposizione esclude, almeno  al momento, una previsione normativa dotata della  forza e del valore deterrente che sono  propri del diritto penale. 

Seppure teoricamente ispirati restiamo ancora fiaccamente soggetti all’insufficiente tutela apprestata dall’attuale previsione codicistica dell’art. 656 c.p., inadeguato a fronteggiare le molteplici insidie che le nuove forme di comunicazione propongono 

Le  recenti  proposte  di istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sulla «diffusione seriale e massiva di contenuti illeciti e di informazioni false attraverso la rete internet, le reti sociali telematiche e le altre piattaforme digitali»,  rivelano  le maturate  consapevolezze sul  problema ma anche  la sostanziale inerzia di iniziativa concreta. 

“…. la pubblicazione e la diffusione di fake news è diventata in questi anni «un fenomeno dilagante», capace di «condizionare la politica e gli esiti di un’elezione, di distruggere la reputazione di figure pubbliche ma anche di privati cittadini». Il peso sempre più rilevante dei social network nella vita dei cittadini, impone al Parlamento di dotare al più presto l’ordinamento giuridico di una specifica disciplina per contrastare la commissione di delitti (contro la persona) attraverso le piattaforme sociali sulla rete internet…”

L’obiettivo è di spingere i fornitori di social network a prevedere «sistemi, procedure e organismi di autoregolamentazione e di controllo dei contenuti veicolati dalle proprie piattaforme , capaci di contrastare la pubblicazione di contenuti illeciti» e di gestire «i reclami provenienti dagli utenti”.

Più concreta ma meno istituzionale l’iniziativa della Rai (Radio Televisione Italiana) che invece ha costituito una task force contro le fake news  coordinata dal direttore di Rai news e consistente in un osservatorio permanente in grado di raccontare a tutti cosa è una fake news e di intervenire per le smentite del caso. 

 La conclusione di questa breve analisi produce un  bilancio dei diritti aletici che resta in una dimensione di interessante programma, una buona  base per l’ispirazione dei principi …  il problema resta  quello dell’attuazione.