Sull’equipollenza dei titoli di studio

1. Secondo una parte della giurisprudenza, “ove il bando ammetta come requisito di ammissione un determinato diploma di laurea, o titolo equipollente tout court, l’amministrazione potrà procedere ad una valutazione di equipollenza sostanziale; se invece il bando richiede un determinato titolo di studio o quelli ad esso equipollenti ex lege, siffatta determinazione deve essere intesa in senso tassativo, con riferimento alla valutazione di equipollenza formulata da un atto normativo e non può essere integrata da valutazioni di tipo sostanziale compiute ex post dall’amministrazione”. In altra pronuncia è stato evidenziato che “l’equipollenza dei titoli di studio ai fini della partecipazione a un concorso per la copertura di posti nel pubblico impiego può essere riconosciuta e determinata esclusivamente da una norma, dovendosi escludere che l’Amministrazione possa procedere per proprio conto allo scardinamento del sistema normativo del settore e quindi a una valutazione sostanziale dei titoli stessi, secondo un apprezzamento via via variabile ed incerto, che intenda, asseritamente, tener conto, caso per caso, dei contenuti e degli aspetti essenziali degli stessi, delle loro caratteristiche, del fatto che appartengono alla stessa classe od area didattica e che le materie principali dei corsi di studio siano fondamentalmente coincidenti”. Come autorevolmente sostenuto da altra decisione, “i due orientamenti, apparentemente antitetici, possono trovare composizione”: in proposito rilevandosi come “si contrappongano da una parte il principio del valore legale dei titoli di studio, in base al quale spetta allo Stato stabilire la valenza … delle diverse lauree, e dall’altra il principio di autonomia delle singole amministrazioni alle quali è evidentemente consentito determinare le professionalità di cui ha bisogno la struttura, identificandole con il titolo di studio necessario”. In particolare “deve essere condivisa l’affermazione secondo la quale laddove l’amministrazione che procede limita la partecipazione ad un procedimento di assunzione a chi sia in possesso di una determinata laurea la sua volontà è chiara e determinata per cui non può esserle imposta l’acquisizione di professionalità diverse sulla base di una valutazione di equipollenza che essa ha escluso”; “l’applicazione del principio di equipollenza è consentito solo se imposto dalla legge (in particolare l’art. 9 sesto comma della legge 19 novembre 1990, n. 341, e relativa normativa di attuazione)”.
2. Laddove l’Amministrazione indichi una professionalità definita da una determinata laurea o da quelle equipollenti, espressamente richiamate, si pone il problema dell’interpretazione della sua volontà: occorrendo, conseguentemente, stabilire se con tale espressione l’Amministrazione: abbia inteso richiamare, puramente e semplicemente, il sistema delle equipollenze quale definito dalla legge 19 novembre 1990, n. 341 ovvero, abbia inteso allargare la scelta ad ulteriori professionalità, equivocamente definite con l’aggettivo “equipollente” che, come si è visto, nel sistema normativo ha un significato ben definito. La scelta verso la prima delle sopra indicate conclusioni (con esclusione, quindi, di alcuna facoltà discrezionale di valutazione della corrispondenza di lauree diverse da quelle espressamente indicate, insieme a quelle dichiarate equipollenti dallo Stato), trova condivisibile fondamento, laddove si consideri che “a voler seguire l’opposto ragionamento le scelte dell’Amministrazione risulterebbero arbitrarie, atteso che, nel caso in cui quest’ultima avesse inteso aprire la partecipazione alla selezione a candidati in possesso di lauree non identificate “a priori”, allora avrebbe dovuto necessariamente predisporre una griglia di valutazione della conformità dei titoli diversi da quelli espressamente indicati con le sue esigenze”. Conclusivamente, laddove un’amministrazione con il bando di concorso abbia limitato la partecipazione a quanti siano in possesso di una determinata laurea, allora possono partecipare al procedimento solo coloro che siano in possesso della medesima, ovvero di lauree dichiarate equipollenti a norma di legge; mentre, nella diversa ipotesi in cui la partecipazione sia aperta ai candidati in possesso di talune lauree (espressamente ammettendosi anche i candidati in possesso di lauree equipollenti), occorre interpretare la sua volontà in modo da accertare se in tal modo si è voluto semplicemente richiamare il dettato legislativo ovvero si è inteso allargare la possibilità di scelta a lauree diverse da quelle indicate. In quest’ultimo caso, l’amministrazione deve esplicitare i criteri in base ai quali condurre la relativa valutazione, ed in mancanza di tali criteri la sua volontà deve essere ricostruita nel senso del semplice richiamo della normativa statale di riferimento.
3. È costante insegnamento giurisprudenziale che i bandi di concorso, ove recanti clausole ex se lesive dell’interesse degli aspiranti concorrenti per la previsione di specifici requisiti di partecipazione, devono essere immediatamente ed autonomamente impugnati, con conseguente inammissibilità sia del ricorso proposto avverso il solo provvedimento di esclusione, atto meramente consequenziale e totalmente vincolato nel contenuto, sia del gravame interposto avverso il provvedimento di esclusione ed il bando, ove siano già decorsi i termini per l’impugnativa di quest’ultimo.

Avv. Giovanni Dato

N. 00939/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00007/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Sezione Staccata di Reggio Calabria
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 7 del 2012, proposto da Racinaro Luca, rappresentato e difeso dall’avv. Natale Carbone, presso il cui studio è elettivamente domiciliato, in Reggio Calabria, via Possidonea n. 46/B;
contro
– l’Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria, in persona del legale rappresentante;
– il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroforestali ed Ambientali (DI.S.T.AF.A.) – Facoltà di Agraria, in persona del legale rappresentante;
rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio eletto in Reggio Calabria, alla via del Plebiscito n. 15.;
nei confronti di
Biondo Nicola, non costituitosi in giudizio;
per l’annullamento
– del D.R. 189/2011, con il quale il Rettore dell’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria, nell’indire una selezione pubblica per titoli e colloquio, per il conferimento di n. 1 assegno di ricerca di durata biennale nel settore scientifico-disciplinare AGR/19 (codice selezione 12/2011) presso il Dipartimento di Scienze Agro-forestali ed Ambientali della predetta Università per l’espletamento del programma di ricerca “studio dei parametri attitudinali e produttivi del suino apulo-calabrese e miglioramento delle performance riproduttive in funzione dei diversi sistemi allevatori ali e del benessere animale”, non ha previsto l’equipollenza dei titoli di studio a quelli espressamente indicati in Scienze agrarie e Scienze e tecnologie alimentari, limitando di fatto la partecipazione alla procedura concorsuale de qua;
– del verbale n. 1, avente ad oggetto “valutazione dei titoli e delle pubblicazioni”, nel quale, in data 13 ottobre 2011 (pubblicato il successivo 25 ottobre), la Commissione giudicatrice della selezione pubblica sopra indicata, nel procedere alla valutazione dei titoli ed all’attribuzione del relativo punteggio in favore dell’odierno ricorrente e di altro candidato esaminato (dott. Biondo Nicola), ha dichiarato di non poter procedere all’apertura del plico trasmesso dal candidato odierno ricorrente sul presupposto che lo stesso fosse in possesso di Laurea in Medicina veterinaria “che non rientra tra quelli espressamente indicati nell’allegato 1 del bando”;
– nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenziale, in quanto diretto ad impedire la partecipazione alla procedura concorsuale de qua da parte dell’odierno ricorrente e la possibilità, attraverso una corretta valutazione del titolo di studio posseduto, da ritenersi equipollente a quelli espressamente e rigidamente richiesti, di poter superare la fase preliminare e giungere al completamento della prova concorsuale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 settembre 2015 il dott. Roberto Politi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Espone l’odierno ricorrente, dottore in Medicina veterinaria, di aver presentato domanda di partecipazione alla selezione pubblica per titoli e colloquio, indetta con D.R. del 6 luglio 2011 n. 189, per il conferimento di n. 2 assegni di ricerca di durata biennale nel settore scientifico-disciplinare AGR/19 (codici selezione 11/2011 e 12/2011), per l’espletamento di due programmi di ricerca.
Per entrambi i programmi, venivano richiesti il diploma di laurea magistrale in Scienze agrarie e in Scienze e Tecnologie alimentari, il dottorato di ricerca, nonché un’esperienza lavorativa presso laboratori universitari di ricerca e pubblicazioni inerenti il settore biotecnico.
In data 13 ottobre 2011, la Commissione preposta alla valutazione dei titoli dei candidati, ricusava di aprire il plico contenente la documentazione inviata dal ricorrente, in ragione del possesso, da parte di quest’ultimo, di un titolo di studio (laurea in Medicina veterinaria) non rientrante fra quelli espressamente indicati nell’allegato 1 del bando.
Deduce l’interessato, avverso gli atti come sopra impugnati, i seguenti motivi di ricorso:
1) Manifesta illegittimità dell’esclusione dalla procedura selettiva dell’odierno ricorrente sul presupposto che non fosse in possesso del titolo di studio richiesto dal bando. Manifesta illegittimità del bando di selezione e del relativo allegato 1 nella parte in cui non prevedono l’equipollenza di titoli di studio a quelli espressamente indicati relativamente al programma di ricerca stabilito. Violazione dell’art. 2 della Direttiva concernente gli adempimenti delle Amministrazioni Pubbliche di cui all’art. 35, coma 4, del D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 in materia di avvio delle procedure concorsuali, nonché dell’art. 1 del D.M. 4 ottobre 2000.
Contesta parte ricorrente, in primo luogo, l’omessa previsione, da parte del bando di selezione, di titoli equipollenti rispetto a quelli dalla lex specialis espressamente indicati ai fini dell’ammissione alla procedura concorsuale.
In ogni caso, anche l’indicazione di un solo titolo di studio in seno al bando, ben avrebbe potuto consentire alla procedente Amministrazione di effettuare un giudizio di “equipollenza sostanziale”, atteso che le norme riguardanti le equipollenze dei titoli di che trattasi, ai fini dell’accesso agli impieghi pubblici, hanno carattere imperativo e trovano applicazione anche in difetto di corrispondente previsione di lex specialis.
Nel caso di specie, l’Amministrazione non avrebbe tenuto in considerazione la vastità e la interdisciplinarietà del settore scientifico-disciplinare di riferimento (Area 7, Scienze agrarie e veterinarie, di cui all’All. A del D.M. 4 ottobre 2000), a cui appartiene anche la laurea in Medicina veterinaria dal ricorrente posseduta.
2) Manifesta illegittimità dell’adottato provvedimento di esclusione dalla procedura selettiva per violazione dei principi previsti nel Regolamento di Ateneo, nonché nello stesso bando di selezione, afferenti la composizione della Commissione di valutazione. Eccesso di potere per carenza dei presupposti di diritto.
La Commissione giudicatrice, inoltre, avrebbe dovuto essere composta da tre professori di ruolo, ovvero professori associati od ordinari, designati dalla struttura scientifica richiedente; mentre nel caso di specie l’organo de quo è risultato composto da un solo professore ordinario e da due ricercatori confermati con contratti a supplenza.
Soggiunge poi parte ricorrente che la stessa Commissione ha preso in esame i titoli del controinteressato dott. Biondo Nicola, ancorché quest’ultimo non fosse in possesso del prescritto titolo del dottorato di ricerca.
3) Illegittimità della esclusione dalla procedura selettiva de qua sotto diverso ed autonomo profilo. Eccesso di potere sub specie di insussistenza di un interesse pubblico (preminente) a negare il diritto alla selezione a soggetti con più elevato grado di professionalità e preparazione culturale. Diritto ad ottenere un risarcimento del danno e/o indennizzo in ragione della illegittima esclusione.
La contestata esclusione avrebbe privato un soggetto in possesso di elevata qualificazione scientifica e professionale della possibilità di prendere parte alla procedura selettiva, impedendo così un riconoscimento della preparazione del ricorrente: il quale, assumendosi leso dalla gravata esclusione, sollecita – unitamente all’accoglimento del ricorso ed al riveniente annullamento degli atti con tale mezzo di tutela gravati – il riconoscimento del pregiudizio per l’effetto patito, con conseguente risarcimento del danno.
L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito l’infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell’impugnativa.
Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 23 settembre 2015.
DIRITTO
1. Sostiene parte ricorrente che abbia errato la procedente Amministrazione universitaria nel formare un bando di selezione nel quale venivano indicate – unicamente – le lauree in Scienze Agrarie e in Scienze e Tecnologie alimentari quali titoli per l’ammissione alla selezione; e sostiene che, anche in difetto di una espressa previsione (nel senso della equipollenza di altri titoli di studio magistrali rispetto a quelli come sopra enunciati), la stessa Amministrazione fosse onerata di una sorta di “eterointegrazione” della lex specialis, dal momento che le disposizioni normative in materia avrebbero – sempre secondo la prospettazione di parte – valenza imperativa.
Ciò in quanto – come illustrato in narrativa – il titolo di laurea dal medesimo posseduto (Medicina veterinaria) avrebbe equipollente valenza rispetto a quelli indicati nella lex specialis, con riveniente illegittimità dell’avversato provvedimento di esclusione dalla selezione di che trattasi.
1.1 La questione sottoposta al Collegio ha formato oggetto di diversificata interpretazione giurisprudenziale.
Per Cons. Stato, sez. V, 4 dicembre 2012 n. 6260, “ove il bando ammetta come requisito di ammissione un determinato diploma di laurea, o titolo equipollente tout court, l’amministrazione potrà procedere ad una valutazione di equipollenza sostanziale; se invece il bando richiede … un determinato titolo di studio o quelli ad esso equipollenti ex lege, siffatta determinazione deve essere intesa in senso tassativo, con riferimento alla valutazione di equipollenza formulata da un atto normativo e non può essere integrata da valutazioni di tipo sostanziale compiute ex post dall’amministrazione”.
Lo stesso Consiglio di Stato (sez. V, 24 luglio 2012 n. 243), ha affermato che “l’equipollenza dei titoli di studio ai fini della partecipazione a un concorso per la copertura di posti nel pubblico impiego può essere riconosciuta e determinata esclusivamente da una norma, dovendosi escludere che l’Amministrazione possa procedere per proprio conto allo scardinamento del sistema normativo del settore e quindi a una valutazione sostanziale dei titoli stessi, secondo un apprezzamento via via variabile ed incerto, che intenda, asseritamente, tener conto, caso per caso, dei contenuti e degli aspetti essenziali degli stessi, delle loro caratteristiche, del fatto che appartengono alla stessa classe od area didattica e che le materie principali dei corsi di studio siano fondamentalmente coincidenti”.
Come autorevolmente sostenuto da Cons. Stato, sez. V, 21 giugno 2013 n. 3430, “i due orientamenti, apparentemente antitetici, possono trovare composizione”: in proposito rilevandosi come “si contrappongano da una parte il principio del valore legale dei titoli di studio, in base al quale spetta allo Stato stabilire la valenza … delle diverse lauree, e dall’altra il principio di autonomia delle singole amministrazioni alle quali è evidentemente consentito determinare le professionalità di cui ha bisogno la struttura, identificandole con il titolo di studio necessario”.
Se, per la sentenza da ultimo citata:
– “deve essere condivisa l’affermazione secondo la quale laddove l’amministrazione che procede limita la partecipazione ad un procedimento di assunzione a chi sia in possesso di una determinata laurea la sua volontà è chiara e determinata per cui non può esserle imposta l’acquisizione di professionalità diverse sulla base di una valutazione di equipollenza che essa ha escluso”
– “l’applicazione del principio di equipollenza è consentito solo se imposto dalla legge (in particolare l’art. 9 sesto comma della legge 19 novembre 1990, n. 341, e relativa normativa di attuazione)”.
Peraltro, laddove l’Amministrazione, come nel caso di specie, indichi una professionalità definita da una determinata laurea o da quelle equipollenti, espressamente richiamate, si pone il problema dell’interpretazione della sua volontà: occorrendo, conseguentemente, stabilire se con tale espressione l’Amministrazione:
– abbia inteso richiamare, puramente e semplicemente, il sistema delle equipollenze quale definito dalla legge 19 novembre 1990, n. 341
– ovvero, abbia inteso allargare la scelta ad ulteriori professionalità, equivocamente definite con l’aggettivo “equipollente” che, come si è visto, nel sistema normativo ha un significato ben definito.
La scelta verso la prima delle sopra indicate conclusioni (con esclusione, quindi, di alcuna facoltà discrezionale di valutazione della corrispondenza di lauree diverse da quelle espressamente indicate, insieme a quelle dichiarate equipollenti dallo Stato), trova condivisibile fondamento (come sostenuto nella pronunzia in rassegna), laddove si consideri che “a voler seguire l’opposto ragionamento le scelte dell’Amministrazione risulterebbero arbitrarie, atteso che, nel caso in cui quest’ultima avesse inteso aprire la partecipazione alla selezione a candidati in possesso di lauree non identificate “a priori”, allora avrebbe dovuto necessariamente predisporre una griglia di valutazione della conformità dei titoli diversi da quelli espressamente indicati con le sue esigenze”.
1.2 Conclusivamente, laddove un’amministrazione con il bando di concorso abbia limitato la partecipazione a quanti siano in possesso di una determinata laurea, allora possono partecipare al procedimento solo coloro che siano in possesso della medesima, ovvero di lauree dichiarate equipollenti a norma di legge; mentre, nella diversa ipotesi in cui la partecipazione sia aperta ai candidati in possesso di talune lauree (espressamente ammettendosi anche i candidati in possesso di lauree equipollenti), occorre interpretare la sua volontà in modo da accertare se in tal modo si è voluto semplicemente richiamare il dettato legislativo ovvero si è inteso allargare la possibilità di scelta a lauree diverse da quelle indicate.
In quest’ultimo caso, l’amministrazione deve esplicitare i criteri in base ai quali condurre la relativa valutazione, ed in mancanza di tali criteri la sua volontà deve essere ricostruita nel senso del semplice richiamo della normativa statale di riferimento.
2. Quanto sopra posto – e ribadito, conseguentemente, che nel caso in cui (coma, appunto, nella fattispecie all’esame) il bando abbia limitato la partecipazione a quanti siano in possesso di determinati diplomi di laurea, possono partecipare al procedimento selettivo solo coloro che siano in possesso di essi, ovvero di lauree dichiarate equipollenti a norma di legge – va escluso che il presente gravame sia ammissibile.
È costante insegnamento giurisprudenziale che i bandi di concorso, ove recanti clausole ex se lesive dell’interesse degli aspiranti concorrenti per la previsione di specifici requisiti di partecipazione, devono essere immediatamente ed autonomamente impugnati, con conseguente inammissibilità sia del ricorso proposto avverso il solo provvedimento di esclusione, atto meramente consequenziale e totalmente vincolato nel contenuto, sia del gravame interposto avverso il provvedimento di esclusione ed il bando, ove siano già decorsi i termini per l’impugnativa di quest’ultimo (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. III, 28 ottobre 2014 n. 5332 e sez. V, 24 marzo 2011 n. 1785).
Nel caso di specie era evidente che il bando non contemplasse, né altrimenti presupponesse, alcuna equipollenza tra il titolo di studio conseguito dal ricorrente in prime cure (laurea in Medicina veterinaria) e quello richiesto (laurea in Scienze agrarie o in Scienze e tecnologie alimentari), sicché nessun dubbio poteva sorgere in capo al ricorrente stesso in ordine alla immediata lesività della clausola escludente e sul conseguente onere dell’altrettanto immediata impugnazione.
Nell’osservare come il bando de quo (di cui al decreto rettoriale n. 189 del 6 luglio 2011) sia stato senz’altro conosciuto dall’interessato (segnatamente, nella portata direttamente ed immediatamente pregiudizievole integrata dalla citata limitazione dei diplomi di laurea al possesso dei quali era subordinata l’ammissione alla procedura) in epoca ben anteriore alla proposizione del presente mezzo di tutela, non può esimersi il Collegio dal dare atto della inammissibilità del gravame.
3. Né, sotto altro profilo, può sostenersi che l’invocata equiparazione, in quanto stabilita dall’applicabile normativa, operasse ex se (etero)integrando il bando, sì da escludere qualsivoglia obbligatorietà dell’impugnazione della stessa lex specialis.
Stabilisce, infatti, il comma 6 dell’art. 9 della legge 19 novembre 1990 n. 341 che “Con decreto del Presidente della Repubblica, adottato su proposta del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, su conforme parere del CUN, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, sono dichiarate le equipollenze tra i diplomi universitari e quelle tra i diplomi di laurea al fine esclusivo dell’ammissione ai pubblici concorsi per l’accesso alle qualifiche funzionali del pubblico impiego per le quali ne è prescritto il possesso”.
Con D.M. 5 maggio 2004, rettificato dal D.M. 14 ottobre 2004, modificato dall’art. 1, D.M. 15 dicembre 2004, dall’art. 1, D.M. 23 novembre 2005, dall’art. 1, D.M. 14 novembre 2006, dall’art. 1 dei due D.M. 18 gennaio 2008 e dall’art. 1, D.M. 20 febbraio 2009 e sostituito dal D.M. 9 luglio 2009, con D.M. 9 luglio 2009 e con D.M. 28 giugno 2011, si è, quindi, provveduto alla dichiarazione delle equipollenze di cui alla predetta disposizione di legge.
Il diploma di laurea in Medicina veterinaria, invero, risulta equiparato, nel D.M. 5 maggio 2004, alle lauree specialistiche della classe CLS-47/S (disposizione confermata dal D.M. 9 luglio 2009); mentre dalla lettura dell’Allegato al D.M. 9 luglio 2009 emerge che le classi delle lauree di cui al D.M. 270/2004 “Scienze e tecnologie agrarie e forestali” (L25) e “Scienze e tecnologie agro-alimentari” (L26) sono, ora, equiparate a “Scienze e tecnologie agrarie, agroalimentari e forestali”.
Escluso, per l’effetto, che potesse nella fattispecie operare un criterio di “integrazione automatica” del bando per effetto della prevista equipollenza normativa tra titoli di laurea, va quindi ribadita l’indefettibile esigenza di impugnazione, in parte qua, del bando della selezione che ne occupa; in difetto della quale (rectius: della tempestiva sollecitazione del sindacato giurisdizionale avverso il bando, in quanto direttamente ed autonomamente lesivo per la posizione giuridica pretensiva della quale è portatore il ricorrente), non potendosi che ribadire la declaratoria di inammissibilità del mezzo di tutela all’esame.
4. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore dell’Amministrazione costituitasi in giudizio in ragione di € 1.500,00 (Euro mille e cinquecento/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 23 settembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Politi, Presidente, Estensore
Filippo Maria Tropiano, Referendario
Francesca Romano, Referendario

IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/09/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)