a cura dell’Avv.to Luca Bevilacqua

Domanda di condono edilizio ex Legge 326/03 – Formazione  del Silenzio Assenso –  Impedita dall’assenza di completezza della domanda di sanatoria – Domanda di condono edilizio ex Legge 326/03 – Onere della prova – Incombe  sul privato – Domanda di condono edilizio ex Legge 326/03 – Dichiarazioni Sostitutive di Atto di Notorietà – Non aventi  valore probatorio ma solo indiziario

Con sentenza n. 1944 del 2019 il Tar Lombardia ha ribadito alcuni principi in materia di condono edilizio e, più specificamente, in ordine ai requisiti necessari per la formazione del silenzio assenso a fronte della presentazione della domanda nonché sull’onere della prova e sulla valenza probatoria delle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà prodotte dal richiedente.

La decisione del Tar Lombardia origina da una vicenda in cui proprietario ed usufruttuario di un immobile impugnavano un diniego di condono edilizio richiesto ai sensi della Legge 326/03 per cambio di destinazione d’uso da laboratorio a residenza, sostenendo, diversamente da quanto statuito nel provvedimento impugnato, che le opere fossero state eseguite prima del 31.03.2003, termine richiesto dalla Legge per la condonabilità delle stesse. 

In particolare, il ricorrente sosteneva che il condono edilizio dovesse essere considerato già perfezionatosi alla data in cui il Comune aveva rigettato l’istanza, in virtù della formazione del silenzio assenso e che, comunque, la documentazione prodotta provava che la modifica della destinazione d’uso  fosse avvenuta prima  del termine richiesto dalla Legge.

Con riferimento alla formazione del silenzio assenso in materia di domanda di condono edilizio, i giudici amministrativi, rifacendosi ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, affermano che non è sufficiente il mero decorso del tempo, ma è necessario che ricorrano i requisiti sia dell’avvenuto pagamento dell’oblazione dovuta e degli oneri di concessione che del’avvenuto deposito di tutta la documentazione prevista per l’istanza di condono; la domanda di condono incompleta, come quella presentata dai ricorrenti nel caso di specie, osta, pertanto, alla formazione del silenzio assenso.

Con riferimento alla prova da dare in ordine all’ultimazione dei lavori entro il termine previsto dalla Legge per accedere al condono edilizio, i giudici amministrativi sottolineano, in primo luogo, che l’onere della prova incombe sul privato e, poi, che le dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà non sono utilizzabili per dimostrare il momento di realizzazione dell’abuso, in quanto non rivestono alcun valore probatorio, potendo costituire solo indizi che, in mancanza di altri elementi nuovi precisi e concordanti, non risultano ex se idonei a scalfire l’attività istruttoria della PA.

Applicando detti principi al caso di specie e ritenendo che il Comune avesse correttamente non accolto l’istanza di condono in assenza di una prova sufficiente dell’avvenuto cambio di destinazione prima della data prevista dalla Legge di Condono, il Tar adito ha rigettato il ricorso proposto.

Normativa di riferimento

(i) Art. 32, comma 25, Legge  24 novembre 2003 n. 326 (Conversione in Legge del Decreto Legge 30 settembre 2003 n. 269. Disposizioni Urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici) e successive modificazioni ed integrazioni, che stabilisce:

“Le disposizioni di cui ai Capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e successive modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate dall’articolo 39 della legge 23 dicembre 1994 n. 724 e successive modificazioni e integrazioni, nonché dalla presente normativa, si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003 e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 metri cubi. Le suddette disposizioni trovano altresì applicazione alle opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove costruzioni residenziali non superiori a 750 metri cubi per singola richiesta di titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione che la nuova costruzione non superi complessivamente i 3.000 metri cubi. (dichiarato illegittimo da Corte Cost. n. 196 del 2004 nella parte in cui non prevede che la legge regionale di cui al comma 26 possa determinare limiti volumetrici inferiori a quelli indicati)