Richiesta di cancellazione di frasi sconvenienti o offensive e difetto di giurisdizione
1. Lo scrutinio della richiesta di cancellazione di frasi offensive, ai sensi degli artt. 89 c.p.c. e 39 c.p.a., è preliminare anche rispetto alla questione di giurisdizione, posto che trattasi di problematica che, da una parte, non costituisce domanda in senso tecnico, dall’altra, involge basilari esigenze di tutela della correttezza processuale e di salvaguardia della continenza espressiva, tal che il relativo esame si pone in un momento logicamente anteriore anche rispetto alla pregiudiziale di rito inerente la sussistenza della potestas judicandi in capo al Giudice adìto. Del resto, laddove il Giudice che declina la propria giurisdizione non avesse il potere di provvedere ai sensi dell’art. 89 c.p.c., potrebbe verificarsi il caso che, in difetto di prosecuzione del giudizio dinanzi al Giudice indicato e conseguente estinzione, le frasi sconvenienti rimarrebbero cristallizzate senza più possibilità di intervento ex post da parte del Giudice competente a provvedere.
2. La regola processualcivilistica della cancellazione di frasi offensive, applicabile al processo amministrativo, consiste nell’ordine da parte del giudice di eliminare le frasi sconvenienti e offensive contenute negli atti del processo o pronunciate innanzi al giudice e trova la sua ratio nella imprescindibile esigenza di correttezza che le parti devono osservare, nell’interesse superiore della giustizia. Affinché possa farsi ricorso al rimedio di cui all’art. 89 c.p.c. (applicabile al processo amministrativo in forza del rinvio operato dall’art. 39 c.p.a.), è necessario che le espressioni non abbiano altro fine che quello di rivolgersi alla controparte per recarle offesa, senza alcuna connessione con le necessità difensive ovvero travalichino la fisiologica veemenza argomentativa per sfociare in offese indimostrate e gratuite lesive della reputazione della controparte.
3. Le controversie comunque concernenti la fase di esecuzione del contratto sono devolute alla giurisdizione del G.O., dato che concernono i diritti e gli obblighi delle parti che attengono allo svolgimento del rapporto negoziale. Invero, deve ritenersi che le controversie aventi ad oggetto la revoca dell’aggiudicazione definitiva da parte della p.a. per l’inadempimento da parte dell’appaltatore delle obbligazioni contrattuali assunte mediante l’esecuzione anticipata rientra nella giurisdizione del G.O., poiché attiene, sostanzialmente, alla fase della esecuzione del contratto. Invero, l’accettazione dell’esecuzione anticipata da parte dell’aggiudicataria implica la conclusione di un vero e proprio accordo di matrice negoziale, il cui inadempimento attrae la controversia nella giurisdizione del giudice ordinario, in ragione del fatto che le reciproche posizioni delle parti assumono la consistenza del diritto soggettivo. La Corte Suprema di Cassazione, quale giudice regolatore della giurisdizione, ha statuito che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo solo le controversie derivanti dalle procedure di affidamento dell’appalto, mentre per quelle che traggono origine dall’esecuzione del contratto non v’è alcuna deroga alla giurisdizione del giudice ordinario; pertanto, ove l’impresa appaltatrice dia anticipatamente avvio alla prestazione nelle more della stipula del contratto, allorché si discuta dell’inadempimento di quest’ultima nell’esecuzione anticipata e della risoluzione del rapporto o di questioni risarcitorie connesse a inadempienze riguardanti l’esecuzione dei lavori, siffatta controversia – essendo estranea alla tematica dell’aggiudicazione, ovvero del procedimento attraverso il quale la pubblica amministrazione sceglie il proprio contraente – appartiene alla cognizione del G.O. riguardando l’esecuzione del rapporto.
Avv. Giovanni Dato
Pubblicato il 04/05/2017
N. 00425/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00102/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Sezione Staccata di Reggio Calabria
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 102 del 2017, proposto dalla società A e G S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Francesco Migliarotti, domiciliato ex art. 25 cpa presso la Segreteria T.A.R. in Reggio Calabria, viale Amendola, 8/B;
contro
Comune di Siderno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Crescenzio Santuori e Sergio Alvaro Trovato, con domicilio eletto presso la Segreteria del TAR in viale Amendola 8/B;
per l’annullamento, previa sospensione,
a) della determinazione del Comune di Siderno – Settore 6 Tributi n.1 del 20/01/2017 con la quale il Responsabile del Settore ha revocato in via di autotutela alla ricorrente il provvedimento di aggiudicazione definitiva della gara indetta dal comune per il servizio di supporto all’attività dell’ufficio Tributi;
b) del presupposto parere legale non conosciuto, citato nella determina gravata ed acquisito al protocollo dell’Ente n.7765 del 23/3/2016;
c) della nota prot.13572 del 13/5/2016 del collegio di Difesa dell’Ente; d) della delibera di Giunta Comunale n.150 del 27/6/2016;
d) di ogni altro atto presupposto e/o connesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Siderno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 aprile 2017 il dott. Filippo Maria Tropiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
1.La ricorrente è una società che opera sin dal 1987 nell’attività di supporto, accertamento e riscossione coattiva dei tributi.
Espone di essersi aggiudicata nell’anno 2015 l’appalto indicato in atti per il supporto all’attività dell’ufficio tributi del Comune di Siderno.
Ricorda che nell’anno 2013 era stato dichiarato il dissesto del Comune di Siderno e che lo stesso è stato poi sciolto anche ai sensi dell’art.143 del D. Lgs. 267/2000.
Rammenta che tra i motivi che hanno condotto allo scioglimento degli organi comunali vi sono state proprio le criticità nel settore Tributi, come espressamente affermato nel provvedimento di scioglimento, in atti.
Lo svolgimento della gara aggiudicata in favore di essa ricorrente era stata dunque sollecitata proprio dai commissari prefettizi, al fine di riportare a normalità e regolarità la fondamentale funzione di riscossione.
Rammenta inoltre che, dopo l’aggiudicazione, sono incominciati i primi proficui contatti con l’Ente,
segnatamente con l’allora dirigente del settore, con cui fu immediatamente posta in essere un’attività preordinata all’avvio dell’appalto.
Contesta che, tuttavia, dopo la scadenza dell’incarico dei commissari straordinari e riprese le funzioni ordinarie intestate agli organi comunali, l’avvio del servizio aggiudicato avrebbe subito gravi ritardi ed impedimenti di varia natura.
In particolare, dopo l’avvicendamento della dirigenza seguito alla cessazione dello stato di commissariamento, sarebbero cominciate contestazioni di varia natura nei confronti dell’appaltatore, anche rispetto a tutte quelle attività che erano state svolte di concerto con il precedente dirigente.
Le contestazioni sono poi culminate nella determinazione comunale di non sottoscrivere il contratto di appalto e di procedere con la revoca dell’aggiudicazione definitiva, oggi gravata.
L’istante articola i motivi di gravame esposti in ricorso e chiede l’annullamento degli atti siccome illegittimi, previa concessione di tutela cautelare.
Si è costituito in giudizio il Comune di Siderno, il quale ha contestato il ricorso chiedendone la reiezione.
L’ente ha preliminarmente chiesto la cancellazione, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 39 cpa e 89 cpc delle frasi offensive asseritamente contenute nel ricorso, come indicate in atti; in rito, ha eccepito il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo, trattandosi di controversia relativa alla fase esecutiva del contratto e dunque rientrante nella potestas judicandi del G.O.
La causa, chiamata alla camera di consiglio del 20 aprile 2017 per la decisione sulla domanda cautelare, è stata trattenuta in decisione con espresso avvertimento alle parti della possibilità di definizione della lite con sentenza breve ex art. 60 cpa.
2. In via preliminare il Collegio deve esaminare la richiesta di cancellazione di frasi offensive, come avanzata nella memoria di costituzione dell’ente ai sensi degli artt. 89 cpc e 39 cpa.
Il Collegio ritiene che lo scrutinio di tale istanza sia preliminare anche rispetto alla successiva esaminanda questione di giurisdizione, posto che trattasi di problematica che, da una parte, non costituisce domanda in senso tecnico (CdS sez. V, n. 6291/2004), dall’altra, involge basilari esigenze di tutela della correttezza processuale e di salvaguardia della continenza espressiva, tal che il relativo esame si pone in un momento logicamente anteriore anche rispetto alla pregiudiziale di rito inerente la sussistenza della potestas judicandi in capo al Giudice adìto.
Del resto, osserva il Collegio, laddove il Giudice che declina la propria giurisdizione non avesse il potere di provvedere ai sensi dell’art. 89 cpc, potrebbe verificarsi il caso che, in difetto di prosecuzione del giudizio dinanzi al Giudice indicato e conseguente estinzione, le frasi sconvenienti rimarrebbero cristallizzate senza più possibilità di intervento ex post da parte del Giudice competente a provvedere.
Ciò premesso, entrando nel merito dell’istanza, deve rammentarsi che la regola processualcivilistica della cancellazione di frasi offensive, applicabile al processo amministrativo, consiste nell’ordine da parte del giudice di eliminare le frasi sconvenienti e offensive contenute negli atti del processo o pronunciate innanzi al giudice e trova la sua ratio nella imprescindibile esigenza di correttezza che le parti devono osservare, nell’interesse superiore della giustizia.
Affinché possa farsi ricorso al rimedio di cui all’art. 89 cpc (applicabile al processo amministrativo in forza del rinvio operato dall’art. 39 cpa), è necessario che le espressioni non abbiano altro fine che quello di rivolgersi alla controparte per recarle offesa, senza alcuna connessione con le necessità difensive ovvero travalichino la fisiologica veemenza argomentativa per sfociare in offese indimostrate e gratuite lesive della reputazione della controparte.
Alla stregua di quanto sopra indicato, il Collegio reputa che la frase contenuta a pag. 4 del ricorso introduttivo laddove è scritto testualmente : “Il nuovo Dirigente, completamente appiattito con la posizione della giunta, che evidentemente in continuità con le precedenti amministrazioni disciolte ai sensi dell’art. 143 D.Lgs. 267/2000 non aveva un grande interesse a porre in essere le attività di riscossione”, esorbiti dai limiti di continenza ammissibili nella esplicazione dell’attività difensiva.
Non par dubbio al Collegio che, al di là del merito della vicenda e delle ulteriori valutazioni che potranno esse compiute in altra sede, l’affermazione citata (intesa secondo il suo senso grammaticale, sintattico e contestuale) assume senza mezzi termini una contiguità mafiosa che connoterebbe anche l’attuale gestione comunale, in linea con la gestione passata, già disciolta per mafia con provvedimento del 2013.
Quanto all’ulteriore frase della quale pure la difesa della convenuta ha richiesto la cancellazione (pag. 8 del ricorso “all’interno dell’amministrazione comunale vigevano (o meglio vigono) alcune prassi che si pongono al limite della legittimità e che si è voluto mantenere”.), non ritiene viceversa il Collegio sussistenti i presupposti per una favorevole statuizione, alla luce dei criteri sopra indicati.
Ne deriva che si deve provvedere alla cancellazione della prima frase contenuta a pag. 4 del ricorso, come sopra indicata; mentre deve essere respinta la richiesta di cancellazione avanzata nei riguardi della seconda espressione rinvenibile a pag. 8 dell’atto introduttivo.
Va aggiunto che non può essere riconosciuta alcuna somma a titolo di risarcimento del danno ( provvedimento applicabile anche d’ufficio), difettando il presupposto contemplato dall’ultima parte del secondo comma dell’art. 89 cpc.
3. Ciò doverosamente premesso, deve tuttavia essere dichiarato il difetto di giurisdizione del Giudice adito, per essere la controversia in esame devoluta alla giurisdizione del Giudice Ordinario.
Reputa il Collegio di aderire all’orientamento pacifico ( v. SS.UU, 18.10.2005, n. 20116; SS.UU, 6.5.2005, n. 9391; TAR Toscana, I, 27.6.2016, n. 1088, e n. 610/16), secondo cui le controversie comunque concernenti la fase di esecuzione del contratto sono devolute alla giurisdizione del G.O., dato che concernono i diritti e gli obblighi delle parti che attengono allo svolgimento del rapporto negoziale.
Invero, deve ritenersi che le controversie aventi ad oggetto la revoca dell’aggiudicazione definitiva da parte della p.a. per l’inadempimento da parte dell’appaltatore delle obbligazioni contrattuali assunte mediante l’esecuzione anticipata rientra nella giurisdizione del G.O., poiché attiene, sostanzialmente, alla fase della esecuzione del contratto.
Invero, l’accettazione dell’esecuzione anticipata da parte dell’aggiudicataria implica la conclusione di un vero e proprio accordo di matrice negoziale, il cui inadempimento attrae la controversia nella giurisdizione del giudice ordinario, in ragione del fatto che le reciproche posizioni delle parti assumono la consistenza del diritto soggettivo (Cass., S.U., n. 9391/2005).
La Corte Suprema di Cassazione, quale giudice regolatore della giurisdizione, ha statuito che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo solo le controversie derivanti dalle procedure di affidamento dell’appalto, mentre per quelle che traggono origine dall’esecuzione del contratto non v’è alcuna deroga alla giurisdizione del giudice ordinario; pertanto, ove l’impresa appaltatrice dia anticipatamente avvio alla prestazione nelle more della stipula del contratto, allorché si discuta dell’inadempimento di quest’ultima nell’esecuzione anticipata e della risoluzione del rapporto o di questioni risarcitorie connesse a inadempienze riguardanti l’esecuzione dei lavori, siffatta controversia – essendo estranea alla tematica dell’aggiudicazione, ovvero del procedimento attraverso il quale la pubblica amministrazione sceglie il proprio contraente – appartiene alla cognizione del Giudice Ordinario riguardando l’esecuzione del rapporto (sia pure anticipata rispetto alla stipula formale del negozio: SS.UU. 6.5.2005, n. 9391; T.A.R. Sicilia, Palermo, I, 13.6.2012, n. 1219; TAR Calabria, Catanzaro, II, 2.2.2016, n. 206).
4. Alla luce delle superiori considerazioni, deve dichiararsi l’inammissibilità del gravame per difetto di giurisdizione dell’adìto Giudice Amministrativo, con contestuale declinatoria in favore del Giudice Ordinario, dinanzi al quale il presente giudizio potrà essere riassunto ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 11 cpa.
Sussistono i presupposti di legge per compensare le spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile nei sensi di cui in motivazione.
Ordina la cancellazione della frase contenuta nel ricorso introduttivo, come specificata al punto 2) della parte motiva.
Spese compensate.
Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 20 aprile 2017 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Politi, Presidente
Filippo Maria Tropiano, Referendario, Estensore
Angela Fontana, Referendario
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Filippo Maria Tropiano
Roberto Politi
IL SEGRETARIO