Condizioni di ammissibilità del ricorso cumulativo
1. In materia di appalti per l’affidamento di commesse pubbliche, la possibilità di aggiudicare autonomamente i singoli lotti è incompatibile con la configurazione di una gara unitaria poiché le singole procedure di aggiudicazione sono dirette a tanti contratti di appalto quanti sono i lotti. Infatti, se ciascun lotto può essere aggiudicato a concorrenti diversi, non ci si trova di fronte ad un appalto unitario e se non vi è appalto unitario non vi può essere unicità della gara. Ciò sta a significare che il carattere non unitario della gara suddivisa in più lotti comporta che il bando di gara si configuri quale “atto ad oggetto plurimo”, nel senso che contiene le disposizioni per lo svolgimento non di un’unica gara finalizzata all’affidamento di un unico contratto, bensì quelle per l’indizione e la realizzazione di tante gare contestuali quanti sono i lotti cui sono connessi i contratti da aggiudicare e che gli atti di gara relativi al contenuto dei contratti da aggiudicare devono essere necessariamente differenziati per ciascun lotto e devono essere tanti quanti sono i contratti da aggiudicare.
2. L’ammissibilità del ricorso cumulativo avverso procedure selettive per l’affidamento di commesse pubbliche “a più lotti” è subordinata all’articolazione, nel gravame, di censure idonee adinficiare segmenti procedurali comuni (ad esempio il bando, il disciplinare di gara, la composizione della commissione giudicatrice, la determinazione di criteri di valutazione delle offerte tecniche ecc.) alle differenti e successive fasi di scelta delle imprese affidatarie dei diversi lotti e, quindi, a caducare le pertinenti aggiudicazioni; in questa situazione, infatti, si verifica una identità di causa petendi e una articolazione del petitum che, tuttavia, risulta giustificata dalla riferibilità delle diverse domande di annullamento alle medesime ragioni fondanti la pretesa demolitoria, che, a sua, volta ne legittima la trattazione congiunta.
A norma dell’art. 40 c.p.a., l’ampiezza ed il contenuto del petitum sono stati, in particolare, decifrati come circoscritti all’impugnazione di un solo provvedimento, restando, in via eccezionale, ammesso il gravame di più atti, con un solo ricorso, solo quando tra di essi sia ravvisabile una connessione procedimentale o funzionale (da accertarsi in modo rigoroso onde evitare la confusione di controversie con conseguente aggravio dei tempi del processo, ovvero l’abuso dello strumento processuale per eludere le disposizioni fiscali in materia di contributo unificato), tale da giustificare la proposizione di un ricorso cumulativo; in altri termini, la regola generale dell’impugnabilità con il ricorso di un solo provvedimento può essere derogata nelle sole ipotesi in cui la cognizione, nel medesimo giudizio, della legittimità di più provvedimenti sia imposta dall’esigenza di concentrare in un’unica delibazione l’apprezzamento della correttezza dell’azione amministrativa oggetto del gravame, quando questa viene censurata nella sua complessità funzionale e, soprattutto, per profili che ne inficiano in radice la regolarità e che interessano trasversalmente le diverse, ma connesse, sequenze di atti.
3. La proposizione rituale della domanda giudiziale, alla stregua della legittimazione al ricorso costituisce un presupposto processuale, in quanto è una delle condizione imprescindibili per la pronuncia della decisione di merito. L’espressione “presupposto processuale” potrebbe risultare fuorviante, in quanto è, comunque, il processo lo strumento con il quale e nel quale si accerta la carenza di tale condizione; e, quindi, l’impossibilità di arrivare alla decisione di merito. Oggi, quindi, sarebbe probabilmente più corretto parlare di “condizioni per la decisione di merito”. In ogni caso, quale che sia l’espressione utilizzata, è da sempre fortemente radicato nella nostra tradizione processuale – soprattutto amministrativa – il convincimento secondo cui i presupposti processuali, come le condizioni dell’azione, sono rilevabili, se non è diversamente previsto dalla legge, anche d’ufficio e in ogni stato e grado del processo. Il giudice, in ogni stato e grado, ha il potere e il dovere di verificare se ricorrono le condizioni cui l’ordinamento subordina la possibilità che egli emetta una decisione nel merito. Si tratta, infatti, di condizioni all’esercizio del potere giurisdizionale che l’ordinamento normalmente prevede per la tutela di interessi di ordine pubblico, sottratti alla disponibilità delle parti, la cui tutela, pertanto, non può essere rimessa alla loro tempestiva e rituale eccezione. In particolare, attraverso la condizione della legittimazione e dell’interesse al ricorso, l’ordinamento si propone di evitare lo svolgimento di attività processuali inutili, ovvero un inutile dispendio di risorse pubbliche, quali sarebbero quelle implicate dall’esercizio della giurisdizione in assenza di una posizione differenziata e qualificata, giuridicamente rilevante, che il ricorrente possa soddisfare attraverso l’eventuale accoglimento del suo ricorso. L’importanza e l’indisponibilità di tale condizione è ancor oggi più importante alla luce della consacrazione a livello costituzionale del principio della ragionevole durata del processo da parte del nuovo art. 111 Cost., in relazione al quale si impone di evitare, anche d’ufficio, ogni forma di diseconomia processuale.
Avv. Franca Iuliano
Pubblicato il 16/01/2017
N. 00708/2017 REG.PROV.COLL.
N. 06594/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6594 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
TELECOM ITALIA S.p.a., in proprio e quale mandataria nel costituendo raggruppamento di imprese con Fastweb S.p.a., in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Filippo Lattanzi e Francesco Saverio Cantella, elettivamente domiciliata presso lo Studio dei suindicati difensori in Roma, Via G.P. da Palestrina, n. 47;
contro
la BANCA D’ITALIA, in persona del governatore pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Adriana Pavesi, Giovina Dipace e Stefano Rosati, dell’Avvocatura dell’Istituto, presso la cui sede è elettivamente domiciliata in Roma, Via Nazionale, n. 91;
nei confronti di
BT ITALIA S.p.a., in proprio e quale mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con le mandanti Vodafone Italia S.p.a. e Vitrociset S.p.a., in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Angela Gemma, Fabio Cintioli, Giuseppe Lo Pinto e Romano Rotelli ed elettivamente domiciliata presso lo Studio dell’avv. Romano Rotelli in Roma, Via Sabotino, n. 22;
HEWLWTT-PACKARD ITALIANA S.r.l., in proprio e quale designata mandante del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con SMS Sistemi S.r.l. e Dinets S.r.l., in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Marco Napoli ed elettivamente domiciliata presso lo Studio dell’avv. Giulia Laddaga in Roma, Via del Mascherino, n. 72;
per l’annullamento (anche in virtù di motivi aggiunti)
– del provvedimento di aggiudicazione definitiva dei Lotti 1 e 2 della procedura aperta in modalità telematica per la realizzazione e l’esercizio della nuova rete geografica di collegamento delle dipendenze periferiche della Banca d’Italia, adottato con determina del Capo dipartimento su delega del Direttore generale del 29 aprile 2016 prot. n. 569942/16;
– di tutti i verbali della commissione di gara, ivi compresi quelli relativi ai procedimenti di verifica dell’anomalia dell’offerta di entrambe le offerte risultate aggiudicatarie;
– per quanto occorrer possa, del bando di gara, del disciplinare e dei chiarimenti resi da Banca d’Italia;
– della nota del 28 aprile 2016 prot. 567113/16 con la quale il RUP ha parzialmente negato a Telecom l’accesso all’offerta tecnica e alle giustificazioni e precisazioni del raggruppamento di imprese BT Italia S.p.a.;
– di ogni atto presupposto, connesso o consequenziale, anche se non conosciuto,
nonché per la declaratoria dell’inefficacia
dei contratti d’appalto, qualora nelle more stipulati tra Banca d’Italia e i due raggruppamenti temporanei di imprese aggiudicatari, ai quali la ricorrente, anche nella sua qualità di mandataria di un RTI costituendo, dichiara fin da ora di voler subentrare nell’esecuzione del servizio
e per l’accertamento, ex art. 116, comma 2, c.p.a.
del diritto di Telecom di accedere a tutta la documentazione richiesta con istanza di accesso del 17 marzo 2016.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata nonché di Hewlett-Packard e di BT Italia e i documenti prodotti;
Visto il ricorso incidentale spiegato da BT Italia con i documenti allegati;
Vista l’ordinanza cautelare della Sezione 19 luglio 2016 n. 2016;
Esaminate le ulteriori memorie depositate in giudizio;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2016 il dott. Stefano Toschei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Premette la Telecom Italia S.p.a. che, con bando pubblicato in Gazzetta ufficiale l’8 maggio 2015, la Banca d’Italia aveva indetto una procedura aperta in modalità telematica per la realizzazione e l’esercizio della nuova rete geografica di collegamento delle dipendenze periferiche della Banca d’Italia, prevedendo due lotti: a) il lotto 1, con importo a base d’asta di € 11.660.000,00 avente ad oggetto l’acquisizione di due servizi di rete IP VPN MPLS, forniti da distinti network provider, per ciascuna dipendenza periferica indicata nel capitolato tecnico e per i due centri elaborativi, nonché dei connessi servizi per l’avvio in produzione e per la fase di esercizio; b) il lotto 2, con importo a base d’asta di € 3.360.000,00, avente ad oggetto il noleggio, in locazione operativa, degli apparati per la rete overlay e per la “gestione fuori banda”, con la relativa manutenzione nonché l’acquisizione di servizi di systemintegration per la realizzazione e di assistenza specialistica per il presidio in house per l’esercizio.
Aggiunge la ricorrente che il criterio di aggiudicazione previsto era quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con l’attribuzione del punteggio massimo per il 50% alla componente tecnica e per il 50% alla offerta economica. Specifica inoltre, limitatamente a quel che può riguardare il presente giudizio, che, con riferimento al lotto 1, il paragrafo III.1.3 del bando vietava la partecipazione di tipo verticale; mentre per il lotto 2 il medesimo paragrafo del bando chiariva che la prestazione è costituita dal noleggio degli apparati per la rete overlay e per la gestione fuori banda e dai servizi di systemintegration per la realizzazione; le prestazioni secondarie consistono nella manutenzione degli apparati per la rete overlay e per la gestione fuori banda e nel servizio di assistenza specialistica in house. Identiche prescrizioni erano recate dal par. 3.1 del disciplinare di gara.
Riferisce la Telecom che alla procedura parteciparono 5 concorrenti e per quel che qui interessa nello specifico, oltre alla stessa ricorrente (in costituendo RTI con Fastweb S.p.a.) la Hewlett-Packard Italiana (in costituendo RTI con SMS Sistemi S.r.l. e con Dinets S.r.l.) e la BT Italia (in costituendo RTI con Vodafone S.p.a. e Vitrociset S.p.a.). In particolare, sottolinea la ricorrente:
– il RTI Telecom partecipava per entrambi i lotti;
– anche il RTI BT Italia partecipava per entrambi i lotti dichiarando, quale ripartizione delle prestazioni contrattuali per il lotto 1: BT Italia 45%, Vodafone 44,82% e Vitrociset 10,18%;
– il RTI Hewlett-Packard partecipava per il solo secondo lotto indicando la seguente distribuzione dei servizi all’interno del raggruppamento: Hewlett-Packard 34,68% (servizi di systemintegration per la realizzazione e manutenzione degli apparati delle reti overlay e per la gestione fuori banda. Parte dei servizi di assistenza specialistica del presidio in house per l’esercizio), SMS Sistemi 33,04% (Parte dei servizi di assistenza specialistica del presidio in house per l’esercizio) e Dinets 32,28% (Noleggio in locazione operativa degli apparati per la rete overlay e per la gestione fuori banda).
2. – Lamenta la ricorrente che, con riferimento alle procedure svolte per giungere all’aggiudicazione di entrambi i lotti, si evidenziano numerose illegittimità perpetrate a proprio danno dall’amministrazione procedente, tenuto conto che il RTI Telecom non è risultato aggiudicatario di nessuno dei due lotti, atteso che il lotto 1 è stato aggiudicato al RTI BT Italia ed il lotto 2 al RTI Hewlett-Packard.
Di conseguenza Telecom, con il ricorso in esame, propone numerose censure nei confronti della procedura di aggiudicazione svolta dalla Banca d’Italia e con riferimento ad entrambi i lotti chiedendo l’annullamento della determinazione dirigenziale 29 aprile 2016 prot. n. 569942/16 adottata dal Capo dipartimento su delega del Direttore generale della Banca d’Italia di aggiudicazione definitiva dei lotti 1 e 2 della procedura selettiva in questione. La società ricorrente ha accompagnato la domanda giudiziale di annullamento dell’aggiudicazione con la proposizione di una seconda domanda volta ad ottenere, nel caso di stipulazione dei contratti, la dichiarazione di inefficacia degli stessi con sostituzione in ciascun contratto in luogo del RTI aggiudicatario e subentro nell’esecuzione del servizio; ha poi proposto, sempre con il ricorso, una ulteriore domanda ex art. 116 c.p.a. volta ad ottenere l’accertamento in sede giudiziale del proprio diritto ad ottenere la completa documentazione relativa alla procedura di gara, ivi compresa quella parte della documentazione secretata dalla stazione appaltante e inerente all’offerta presentata da ciascuno degli RTI aggiudicatari, con relativa condanna della Banca d’Italia alla ostensione di tali documenti.
3. – Si è costituita in giudizio la Banca d’Italia eccependo in via preliminare la inammissibilità del ricorso perché con esso cumulativamente è stato proposto gravame nei confronti di due provvedimenti distinti, di aggiudicazione della selezione, riferiti a due procedimenti diversi, vale a dire due procedimenti di gara per l’affidamento di due distinti lotti relativi a diverse e distinte commesse pubbliche da affidarsi.
Ad ogni buon conto, nel merito, la Banca d’Italia ha contestato le avverse prospettazioni e ha chiesto la reiezione del ricorso.
4. – Si sono costituiti in giudizio entrambi i RTI aggiudicatari dei due lotti.
La BT Italia S.p.a, mandataria del RTI con Vodafone Italia S.p.a. e Vitrociset S.p.a. che si è aggiudicato il lotto 1, ha censurato la fondatezza dei motivi di impugnazione dedotti nell’atto introduttivo del presente giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso. Nel contempo la BT ha proposto ricorso incidentale nei confronti degli atti che compongono la lexspecialis di gara in parte qua e limitatamente all’ipotesi “in cui si ritenga che abbiano imposto, a pena d’esclusione, la partecipazione alla procedura di gara de qua, Lotto 1, esclusivamente per il tramite di un RTI orizzontale” (così, testualmente, a pag. 2 del ricorso incidentale proposto da BT).
Come in precedenza anticipato, anche la Hewlett-Packard Italiana S.p.a., mandataria del RTI con SMS Sistemi S.r.l. e Dinets S.r.l. che si è aggiudicato il Lotto 2, si è costituita in giudizio sostenendo la correttezza dell’operato posto in essere dalla stazione appaltante e chiedendo la reiezione del ricorso proposto.
5. – Con ordinanza 19 luglio 2016 n. 8340, la Sezione ha accolto la domanda di accesso documentale proposta dalla società ricorrente ai sensi dell’art. 116 c.p.a. disponendo che venisse resa possibile la ostensione dei documenti di gara richiesti, precisando che, nel contempo, analoga domanda proposta da BT Italia non poteva essere scrutinata perché irritualmente formulata, in quanto contenuta in un atto non ritualmente notificato alle controparti.
Successivamente alla pubblicazione della suindicata ordinanza, BT Italia avanzava richiesta di accesso documentale alla Banca d’Italia che veniva positivamente riscontrata di talché rinunciava, per sopravvenuto difetto di interesse, alla istanza ex art. 116 comma 2 c.p.a. formulata nella memoria depositata il 16.7.2016 in vista dell’udienza di camera di consiglio del 19.7.2016” (così, testualmente, a pag. 23 della memoria difensiva depositata ai sensi dell’art. 73, comma 1, c.p.a. dalla BT Italia).
6. – In data 22 agosto 2016, con atto prot. 1029905 a firma del Capo del dipartimento immobili ed appalti, Servizio appalti, la Banca d’Italia procedeva, all’esito di specifico procedimento al quale veniva invitata a partecipare, con apposita comunicazione di avvio, il RTI interessato, alla “revoca” dell’aggiudicazione a suo tempo disposta in favore del RTI composto da Hewlett-Packard Italiana S.p.a., quale mandataria, con SMS Sistemi S.r.l. e Dinets S.r.l. con riferimento al lotto 2, in quanto “(…) all’esito dell’interlocuzione intervenuta con il RTI, sia in sede di gara che nell’ambito del procedimento di revoca dell’aggiudicazione, non è possibile determinare in maniera chiara e definitiva la ripartizione delle attività oggetto della commessa tra gli operatori del raggruppamento in questione …(e quindi)… l’indeterminatezza delle quote di esecuzione incide (…) in modo sostanziale, sulla serietà, affidabilità, determinatezza e completezza dell’offerta” (così, testualmente, nella parte motiva del provvedimento di “revoca”).
Conseguentemente la società ricorrente, con atto del 23 settembre 2016, notificato alle controparti, dichiarava di rinunciare a tutte le censure nonché alle domande proposte nel ricorso riferite alla procedura per l’affidamento del lotto 2 ed al relativo provvedimento di aggiudicazione in favore del RTI avente come mandataria la Hewlett-Packard Italiana.
Telecom proponeva poi ricorso recante motivi aggiunti lamentando l’errata conferma da parte della commissione di gara del punteggio tecnico attribuito al RTI BT Italia relativamente ai requisiti migliorativi MPLS-RED.020, MPLS-RED-030 e MPLS-RED-040 del capitolato di gara.
7. – Tutte le parti hanno presentato memorie, anche di replica, con produzione documentale, confermando le già rassegnate conclusioni.
Alla udienza pubblica del 16 dicembre 2016 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
8. – Il Collegio deve farsi carico, in via preliminare di scrutinare l’eccezione, sollevata dalla Banca d’Italia e dal RTI BT Italia, in ordine alla prospettata inammissibilità del ricorso cumulativo proposto dal RTI Telecom.
Quest’ultima chiarisce, in particolare nella memoria difensiva depositata il 1° ottobre 2016, come l’eccezione si presti ad essere dichiarata infondata, atteso che:
– tra gli atti impugnati con il ricorso proposto sussiste quel rapporto di connessione procedimentale o funzionale, che ad avviso della costante interpretazione giurisprudenziale consente di ammettere la proposizione del ricorso cumulativo nel giudizio amministrativo;
– infatti, dall’esame dei capitolati tecnici dei due lotti in gara emerge l’inscindibile collegamento tra l’oggetto delle due commesse, tale da prevedere l’avvio dell’esecuzione di entrambi i contratti nel medesimo momento nonché il medesimo tempo di realizzazione e la medesima durata;
– inoltre il progetto posto a gara per entrambi i lotti è unico, trattandosi della “nuova rete geografica della Banca d’Italia, in cui è prevista una rete overlay di tunnel IPSec (lotto 2) sovrapposta a una rete di trasporto (lotto 1)” (così, testualmente, a pag. 3 della memoria di Telecom);
– sotto il profilo procedimentale, il disciplinare di gara obbligava i concorrenti, in caso di partecipazione per entrambi i lotti, a predisporre un’unica busta amministrativa e il procedimento si è concluso con un unico provvedimento di aggiudicazione nel quale non era data indicazione di dover proporre distinti ricorsi in caso di impugnazione dello stesso;
– ad ogni modo la Banca d’Italia ha adottato il provvedimento di “revoca” dell’aggiudicazione disposta per il lotto 2, di talché la conseguente rinuncia alla domanda proposta nei confronti del provvedimento impugnato nella parte in cui dispone l’aggiudicazione del lotto 2 elimina i presupposti che conducevano a sospettare di inammissibilità il ricorso proposto.
Il Collegio ritiene doveroso, anzitutto, osservare in via generale e sulla base della costante giurisprudenza amministrativa che:
– in materia di appalti per l’affidamento di commesse pubbliche, la possibilità dì aggiudicare autonomamente i singoli lotti è incompatibile con la configurazione di una gara unitaria poiché le singole procedure di aggiudicazione sono dirette a tanti contratti di appalto quanti sono i lotti;
– infatti, se ciascun lotto può essere aggiudicato a concorrenti diversi, non ci si trova di fronte ad un appalto unitario e se non vi è appalto unitario non vi può essere unicità della gara;
– ciò sta a significare che il carattere non unitario della gara suddivisa in più lotti comporta che il bando di gara si configuri quale “atto ad oggetto plurimo”, nel senso che contiene le disposizioni per lo svolgimento non di un’unica gara finalizzata all’affidamento di un unico contratto, bensì quelle per l’indizione e la realizzazione di tante gare contestuali quanti sono i lotti cui sono connessi i contratti da aggiudicare e che gli atti di gara relativi al contenuto dei contratti da aggiudicare devono essere necessariamente differenziati per ciascun lotto e devono essere tanti quanti sono i contratti da aggiudicare;
– tanto ciò è vero che, ad esempio, il divieto per il singolo concorrente di partecipazione a una gara d’appalto plurima deve essere riferito al singolo lotto e non può valere per l’intera procedura, con la conseguenza che ciascun partecipante ben può concorrere all’aggiudicazione di tutti i lotti banditi o di solo alcuni di questi;
– ne deriva che, la circostanza che la procedura sia unica o il provvedimento sia unico oppure ancora che vi sia una sola commissione aggiudicatrice a valutare le offerte non provoca una sovrapposizione tra le procedure di affidamento che restano, nell’ambito della filiera procedimentale complessa, disgiunte ed autonome, dal momento che la ratio delle disposizioni di legge che consentono di procedere ad affidamenti con accorpamento degli oggetti dei contratti da assegnare in più lotti, va ricondotta all’obiettivo, perseguito dal legislatore prima e dalla stazione appaltante che applica tale tipo di meccanismo poi, della riduzione dei costi che la stazione appaltante avrebbe dovuto sostenere se avesse proceduto all’affidamento di più contratti fra loro analoghi; ovverossia costituirebbe un comportamento da considerarsi emblematicamente illogico quello di una stazione appaltante che, per l’affidamento di contratti fra loro analoghi, moltiplicasse il numero di procedure oggettivamente simili (seppur non identiche), raddoppiando il numero degli addetti coinvolti nella procedura di scelta dell’affidatario nonché il numero delle commissioni giudicatrici, con inevitabile proliferazione delle spese necessarie al dispiegamento di tali attività (anche in termini di costo per ora di lavoro dei singoli dipendenti coinvolti e di compenso per i componenti delle commissioni, laddove esso sia previsto).
In sintesi, dunque, la diversità dei contratti che devono essere aggiudicati in ciascun lotto della gara determina la necessità di redigere tanti capitolati quanti sono i lotti di gara, così da assicurare, per ciascun contratto, le diversità di fabbisogno che lo caratterizza, ma ciò non toglie che la procedura di affidamento possa essere, nella sua unicità amministrativa, funzionalmente plurima della gara, esattamente come atto (generale) plurimo deve essere inteso il bando, seppure gli organi e tutti coloro che, per conto della stazione appaltante, svolgono o intervengono nella procedura complessa permangono nella loro dimensione fisica unica, non moltiplicandosi le persone ma il ruolo che ciascuno di costoro vede a sé attribuito, con la conseguenza che si avrà un unico dirigente che adotterà il provvedimento di aggiudicazione, un unico responsabile del procedimento, una unica commissione giudicatrice, ecc..
9. – Da tali considerazioni discendono conseguenze intuibili sotto il profilo processuale che condizionano le modalità di proposizione dei contenziosi aventi ad oggetto procedure selettive per l’affidamento di commesse pubbliche “a più lotti”.
Una volta considerato che la gara unitaria, nel caso in cui ha ad oggetto l’affidamento di diversi contratti, costituisce un modello organizzativo-procedimentale di semplificazione amministrativa ed utile a ridurre i costi per la stazione appaltante, ma non determina una confusione giuridica tra i singoli sub-procedimenti ricompresi nella medesima filiera procedimentale, rispetto ai quali permane l’autonomia di ciascun sub-procedimento testimoniata dalla distinzione tra gli affidamenti finali, seppur dichiarati in un unico provvedimento complesso di aggiudicazione nonché dalla stipulazione di distinti contratti, dovuta anche alla semplice ragione che diversi possono essere i candidati che si aggiudicano i singoli lotti, che discendono da distinti capitolati (idonei a definire l’architettura delle clausole contrattuali, che nel loro insieme costituiscono il tessuto normativo civilistico dell’esecuzione del singolo contratto), occorre chiedersi se, come è accaduto nel presente giudizio, sia possibile per un concorrente proporre la domanda di annullamento delle distinte aggiudicazioni (che, come si è già detto, mantengono la loro autonomia seppure le relative determinazioni sono fisicamente concentrate in un unico atto) presentando un unico ricorso cumulativo.
Come è noto, nel sistema processuale amministrativo del nostro Paese, la proposizione del ricorso cumulativo (come anche la proposizione del ricorso collettivo) rappresenta una deroga al principio generale secondo il quale ogni domanda, fondata su un interesse meritevole di tutela, deve essere proposta dal singolo titolare con separata azione, con la conseguenza che la proposizione contestuale di un’impugnativa da parte di uno o più soggetti, sia essa rivolta contro uno stesso atto o contro più atti tra loro connessi, è sottoposta al rispetto di stringenti requisiti, sia di segno negativo che di segno positivo: i primi sono rappresentati dall’assenza di una situazione di conflittualità di interessi, anche solo potenziale, per effetto della quale l’accoglimento della domanda di una parte dei ricorrenti sarebbe logicamente incompatibile con quella degli altri; i secondi consistono, invece, nell’identità delle posizioni sostanziali e processuali dei ricorrenti, essendo necessario che le domande giurisdizionali siano identiche nell’oggetto, che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e che vengano censurati per gli stessi motivi (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 27 gennaio 2015 n. 363 e 29 dicembre 2011, n. 6990 e Sez. V, 24 agosto 2010 n. 5928 nonché T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 28 gennaio 2016 n. 507 e T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 15 gennaio 2016 n. 103).
Del resto, è stato autorevolmente sostenuto che nel processo amministrativo impugnatorio “la regola generale è che il ricorso abbia ad oggetto un solo provvedimento e che i vizi – motivi si correlino strettamente a quest’ultimo, salvo che tra gli atti impugnati esista una connessione procedimentale o funzionale (da accertarsi in modo rigoroso onde evitare la confusione di controversie con conseguente aggravio dei tempi del processo, ovvero l’abuso dello strumento processuale per eludere le disposizioni fiscali in materia di contributo unificato), tale da giustificare la proposizione di un ricorso cumulativo” (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 27 aprile 2015 n. 5, oltre a Sez. IV, 26 agosto 2014 n. 4277, Sez. V, 27 gennaio 2014 n. 398 e 14 dicembre 2011 n. 6537).
Giova in proposito aggiungere, per completezza (cfr, ex aliis, Cons. Stato, Sez. III, 7 marzo 2016 n. 921), che nel processo amministrativo impugnatorio – in assenza di una norma analoga all’art. 104 c.p.c. e quindi a differenza di quanto accade nel processo civile, in cui il cumulo delle domande può essere giustificato tanto da una connessione oggettiva quanto da una connessione soggettiva – vale la regola per cui il ricorso deve essere diretto contro un solo provvedimento, salvo che tra gli atti impugnati esista una connessione procedimentale o funzionale tale da giustificare un unico giudizio; tale divieto non opera cioè, ed il cumulo è ammesso, quando tra gli atti impugnati sussista una connessione procedimentale o funzionale tale da giustificare un unico giudizio.
Pertanto, ai fini dell’ammissibilità del ricorso cumulativo avverso distinti provvedimenti è necessario che gli stessi siano riferibili al medesimo procedimento amministrativo, seppur inteso nella sua più ampia latitudine semantica, e che con il gravame vengano dedotti vizi che colpiscano, nelle medesima misura, i diversi atti impugnati, di guisa che la cognizione delle censure dedotte a fondamento del ricorso interessi allo stesso modo il complesso dell’attività provvedimentale contestata dal ricorrente, e che non residui, quindi, alcun margine di differenza nell’apprezzamento della legittimità dei singoli provvedimenti congiuntamente gravati.
10. – Con particolare riferimento alla proponibilità del ricorso cumulativo con il quale si chiede l’annullamento, nello stesso processo, dell’esito della gara con la quale sono state affidate più commesse pubbliche distribuite in lotti distinti, seppur collegati al medesimo bando, la giurisprudenza, senza oscillazioni, ha avuto modo di affermare in epoca recente che (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 13 giugno 2016 n. 2543):
– nell’ipotesi in cui siano impugnate le diverse aggiudicazioni di distinti lotti di una procedura selettiva originata da un unico bando, l’ammissibilità del ricorso cumulativo resta subordinata all’articolazione, nel gravame, di censure idonee ad inficiare segmenti procedurali comuni (ad esempio il bando, il disciplinare di gara, la composizione della commissione giudicatrice, la determinazione di criteri di valutazione delle offerte tecniche ecc.) alle differenti e successive fasi di scelta delle imprese affidatarie dei diversi lotti e, quindi, a caducare le pertinenti aggiudicazioni; in questa situazione, infatti, si verifica una identità di causa petendi e una articolazione del petitum che, tuttavia, risulta giustificata dalla riferibilità delle diverse domande di annullamento alle medesime ragioni fondanti la pretesa demolitoria, che, a sua, volta ne legittima la trattazione congiunta;
– l’azione impugnatoria, infatti, per come viene definita ed è disciplinata dall’art. 40 c.p.a., esige la puntuale indicazione nel ricorso, oltre che della causa petendi (i motivi del gravame) anche del petitum e, cioè, la domanda di annullamento dell’atto impugnato (che dev’essere puntualmente identificato ai sensi dell’art. 40, comma 1, lett. b), c.p.a.);
– l’ampiezza ed il contenuto del petitum sono stati, in particolare, decifrati come circoscritti all’impugnazione di un solo provvedimento, restando, in via eccezionale, ammesso il gravame di più atti, con un solo ricorso, solo quando tra di essi sia ravvisabile “una connessione procedimentale o funzionale (da accertarsi in modo rigoroso onde evitare la confusione di controversie con conseguente aggravio dei tempi del processo, ovvero l’abuso dello strumento processuale per eludere le disposizioni fiscali in materia di contributo unificato), tale da giustificare la proposizione di un ricorso cumulativo”;
– in altri termini, la regola generale dell’impugnabilità con il ricorso di un solo provvedimento può essere derogata nelle sole ipotesi in cui la cognizione, nel medesimo giudizio, della legittimità di più provvedimenti sia imposta dall’esigenza di concentrare in un’unica delibazione l’apprezzamento della correttezza dell’azione amministrativa oggetto del gravame, quando questa viene censurata nella sua complessità funzionale e, soprattutto, per profili che ne inficiano in radice la regolarità e che interessano trasversalmente le diverse, ma connesse, sequenze di atti;
– è, perciò, necessario, ai fini dell’ammissibilità del ricorso cumulativo avverso distinti provvedimenti, che gli stessi siano riferibili al medesimo procedimento amministrativo, seppur inteso nella sua più ampia latitudine semantica, e che con il gravame vengano dedotti vizi che colpiscano, nelle medesima misura, i diversi atti impugnati, di guisa che la cognizione delle censure dedotte a fondamento del ricorso interessi allo stesso modo il complesso dell’attività provvedimentale contestata dal ricorrente, e che non residui, quindi, alcun margine di differenza nell’apprezzamento della legittimità dei singoli provvedimenti congiuntamente gravati.
11. – Nel caso di specie la società Telecom, con il gravame proposto, ha chiesto cumulativamente l’annullamento delle aggiudicazioni intervenute in favore del RTI del quale è mandataria la BT Italia S.p.a, con Vodafone Italia S.p.a. e Vitrociset S.p.a., che si è aggiudicato il lotto 1 e del RTI del quale è mandataria la Hewlett-Packard Italiana S.p.a., con SMS Sistemi S.r.l. e Dinets S.r.l., che si è aggiudicato il Lotto 2.
Pur essendo unici il bando e il disciplinare per l’intera gara, entrambi impugnati dalla ricorrente, i capitolati tecnici (ovviamente) si presentavano diversi per l’affidamento dei due lotti e per l’esecuzione dei due contratti.
Le contestazioni principali sono state indirizzate nei confronti dell’ammissione alla gara delle due aggiudicatarie e le considerazioni portate a conforto delle censure dedotte dalla società ricorrente, altrettanto ovviamente (potrebbe dirsi), si presentavano ben differenziate nell’indirizzarsi all’ammissione del RTI avente come mandataria la BT Italia ed all’ammissione del RTI avente come mandataria la Hewlett-Packard Italiana.
Le offerte delle due aggiudicatarie sono poi state censurate per altri motivi di asserita illegittimità (nella valutazione da parte della commissione giudicatrice) riferibili, in modo diverso e separato, a ciascuna delle offerte presentate per le due procedure volte all’aggiudicazione dei due lotti messi in gara. Analogamente l’appena riferita diversificazione di censure si presenta nella parte del ricorso con il quale sono contestate le due (distinte) procedure di verifica dell’anomalia dell’offerta svolte dalla stazione appaltante con riferimento alle offerte presentate da ciascuno dei due RTI che saranno poi proclamati aggiudicatari dei lotti.
Del resto, anche da punto di vista della tecnica di redazione dell’atto introduttivo del presente giudizio, si presenta evidente come la ricorrente abbia voluto diversificare le censure con riguardo a ciascuna delle procedure per l’aggiudicazione dei diversi lotti, tenuto conto che, nella parte in “diritto” del ricorso introduttivo, sono stati puntualmente rubricati in modo autonomo i paragrafi intitolati “§SULLA PROCEDURA DI GARA-LOTTO 1” e “§§) SULLA PROCEDURA DI GARA-LOTTO 2”, a testimonianza ulteriore che anche l’intendimento della società ricorrente era quello di proporre con un unico atto di impugnazione due distinte domande di annullamento di due aggiudicazioni relative ad una unica gara distinta in due lotti.
Pare evidente dunque che, nel caso in esame, si presentano sussistenti tutti gli indici rivelatori dei presupposti per dover dichiarare inammissibile il ricorso cumulativo proposto da Telecom, atteso che, al di fuori della (parziale) connessione soggettiva che deriva dalla circostanza che la parte resistente sia la stessa, quale stazione appaltante e che i controinteressati sono gli altri concorrenti che hanno partecipato alla medesima selezione alla quale ha partecipato la ricorrente: a) la gara era unica, ma suddivisa in lotti del tutto indipendenti e aggiudicabili separatamente; b) le censure proposte sano state dirette ad avversare l’attività del medesimo ente appaltante ma in relazione a diversi RTI concorrenti; c) i motivi introdotti sono del tutto diversi, ciò costituendo fattore certamente ostativo al cumulo, atteso che l’analogia dei motivi di gravame proposti integra da sempre la condizione per la proposizione del ricorso cumulativo ed anche per la riunione di distinti ricorsi
12. – Il Collegio sente la necessità di chiarire anche, in tal modo non condividendo la difesa della Telecom rappresentata nella parte delle memorie conclusive con la quale si opponeva alla eccezione di inammissibilità sollevata dalle controparti, la ragione in virtù della quale né il sopravvenuto difetto di interesse alla decisione giudiziale sulla parte del ricorso con la quale si era chiesto l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione inerente il lotto 2, provocata dall’adozione da parte della stazione appaltante Banca d’Italia, pendente iudicio, del provvedimento 22 agosto 2016 prot. n. 1029905/16 con il quale è stata “revocata” (rectius, annullata) in sede di autotutela l’aggiudicazione del lotto 2 con riguardo al RTI Hewlett-Packard Italiana né la pressoché contestuale rinuncia formale a detta parte del ricorso (con atto notificato alle altre parti in giudizio e depositato in data 27 settembre 2016), costituiscono eventi idonei a trasformare giuridicamente dal punto di vista processuale il proposto ricorso cumulativo in ricorso ordinario autonomo, per come indiscutibilmente dal punto di vista sostanziale è avvenuto, dovendo il Tribunale scrutinare e decidere il gravame riferito all’affidamento di uno solo dei due lotti posti a gara.
Sotto un primo versante occorre ricordare che la verifica da parte del giudice, investito dell’esame della controversia con la proposizione del ricorso, sia in sede di deduzione d’ufficio che, ancor di più, in caso di specifica eccezione sollevata da una o più delle parti in controversia, circa la possibilità di scrutinare nel merito i motivi di ricorso proposti, atteso che le questioni preliminari che impedirebbero tale scrutinio non vi sono oppure sono superabili, costituisce nella temporalità della sequenza delle questioni processuali un prius rispetto ad ogni altro segmento del processo. Tale collocazione temporale della sussistenza delle questioni processuali preliminari non riguarda solo il giudice ma investe anche le parti che, fin dalla proposizione delle domande giudiziali (proponibili con il ricorso introduttivo, i motivi aggiunti ovvero con il ricorso incidentale), debbono trovarsi nella condizione di poterle correttamente avanzare secondo le regole dell’ordinamento processuale amministrativo, con la conseguenza che, in caso di difetto in radice della singola condizione o presupposto a proporre la domanda così come è stata avanzata dalla parte, è impedito a quest’ultima di correggerne il tiro nel corso del processo, tranne nell’ipotesi in cui ciò sia consentito dallo stesso ordinamento processuale (si pensi al caso della conversione del rito).
La proposizione rituale della domanda giudiziale, alla stregua della legittimazione al ricorso costituisce, secondo una terminologia ormai invalsa anche nel dibattito giurisprudenziale, un presupposto processuale, in quanto è una delle condizione imprescindibili per la pronuncia della decisione di merito.
Recentemente la giurisprudenza si è preoccupata di evidenziare come l’espressione “presupposto processuale” potrebbe risultare fuorviante, in quanto è, comunque, il processo lo strumento con il quale e nel quale si accerta la carenza di tale condizione; e, quindi, l’impossibilità di arrivare alla decisione di merito. (…) Oggi, quindi, come evidenzia la migliore dottrina processualistica, sarebbe probabilmente più corretto parlare di “condizioni per la decisione di merito”. In ogni caso, quale che sia l’espressione utilizzata, è da sempre fortemente radicato nella nostra tradizione processuale – soprattutto amministrativa – il convincimento secondo cui i presupposti processuali, come le condizioni dell’azione, sono rilevabili, se non è diversamente previsto dalla legge, anche d’ufficio e in ogni stato e grado del processo. Il giudice, in ogni stato e grado, ha il potere e il dovere di verificare se ricorrono le condizioni cui l’ordinamento subordina la possibilità che egli emetta una decisione nel merito. Si tratta, infatti, di condizioni all’esercizio del potere giurisdizionale che l’ordinamento normalmente prevede per la tutela di interessi di ordine pubblico, sottratti alla disponibilità delle parti, la cui tutela, pertanto, non può essere rimessa alla loro tempestiva e rituale eccezione. In particolare, attraverso la condizione della legittimazione e dell’interesse al ricorso, l’ordinamento si propone di evitare lo svolgimento di attività processuali inutili, ovvero un inutile dispendio di risorse pubbliche, quali sarebbero quelle implicate dall’esercizio della giurisdizione in assenza di una posizione differenziata e qualificata, giuridicamente rilevante, che il ricorrente possa soddisfare attraverso l’eventuale accoglimento del suo ricorso. L’importanza e l’indisponibilità di tale condizione è ancor oggi più importante alla luce della consacrazione a livello costituzionale del principio della ragionevole durata del processo da parte del nuovo art. 111 Cost., in relazione al quale si impone di evitare, anche d’ufficio, ogni forma di diseconomia processuale” (così, testualmente, Cons. Stato, Sez. VI 21 luglio 2016 n. 3303).
Ciò vuol dire che, una volta proposto un ricorso amministrativo cumulativo inammissibile, tale caratteristica patologica della proposizione del gravame non scema né viene meno se, successivamente all’introduzione del giudizio, si realizzano eventi esterni che, incidendo sulla posizione soggettiva vantata dal ricorrente e sull’interesse a ricorrere, tendono apparentemente ad immaginare possibile una riconduzione sostanziale della proposizione del ricorso nell’alveo dello schema indicato dall’ordinamento processuale (nell’art. 40 c.p.a.) e ciò, soprattutto (come è avvenuto nel caso in esame con l’intervento in autotutela da parte della stazione appaltante nei confronti dell’aggiudicazione del lotto 2 della gara), quando l’evento è provocato da terzi e non dal medesimo ricorrente.
In altri termini, una volta proposto un ricorso amministrativo cumulativo inammissibile, non è possibile che attraverso la rinuncia ad una parte della domanda, soprattutto quando tale rinuncia è provocata da eventi successivi all’introduzione del giudizio non attribuibili alla volontà del ricorrente, si sani la irrituale proposizione del ricorso, dovendo il giudice verificare la corretta introduzione del giudizio effettuando una delibazione ex ante della sussistenza dei presupposti di proponibilità dell’azione (per un caso in cui la rinuncia ad una parte del ricorso ha avuto l’effetto di sanare la irritualità della proposizione di un ricorso cumulativo si veda T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 18 maggio 2015 n. 2758, con la precisazione che in questo caso la parte aveva rinunciato spontaneamente e non era stata indotta a tale comportamento da eventi esterni ed indipendenti dalla propria volontà, come è avvenuto nel caso che qui ci occupa).
13. – Sotto un secondo versante occorre ricordare che, ad impedire la dichiarazione di inammissibilità del ricorso cumulativo nei confronti di procedimenti ed atti diversi e distinti non vale obiettare che il simultaneusprocessus potrebbe risultare giustificato dall’esistenza di vincoli di connessione (soggettiva ed oggettiva) che autorizzano la trattazione congiunta delle diverse azioni impugnatorie proposte con il medesimo atto introduttivo del giudizio.
Il codice del processo amministrativo, infatti, affida al giudice (art. 70) la valutazione di opportunità (nell’esercizio di una potestà il cui carattere discrezionale è rivelato dall’uso del verbo potere all’indicativo presente) della riunione di ricorsi connessi, ma non riserva in alcun modo al ricorrente la scelta originaria di imporre al giudice di conoscere congiuntamente diverse azioni impugnatorie.
Al contrario, la previsione sopra richiamata postula logicamente proprio che siano stati correttamente proposti diversi ricorsi tra loro connessi, riservando al (solo) Collegio la scelta di disporne la trattazione congiunta (avuto riguardo allo stato dei medesimi ed alle effettive esigenze di economia processuale soddisfatte mediante il simultaneusprocessus), e non può in alcun modo intendersi come attributiva alla parte ricorrente, anziché al Giudice, della decisione di “riunire” diverse azioni impugnatorie in un medesimo ricorso (ciò che si risolverebbe in una inammissibile espropriazione della potestà che il codice processuale ha, invece, inteso riservare proprio al Collegio).
14. – Sotto un terzo versante deve darsi conto della ulteriore (e recente) circostanza che l’inammissibilità del cumulo soggettivo e l’opportunità di una individuazione rigorosa dei presupposti legittimanti il cumulo oggettivo, traggono nuova linfa dalla più disciplina in materia di contributo unificato che, fra l’altro, ne ha di molto incrementato l’importo (cfr. per il processo amministrativo l’art. 13, commi 6-bis e 6-bis.1., del d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dal d.l. n. 138 del 2011).
La quantificazione del contributo unificato, in misura forfetaria, per i ricorsi e non per le domande, implica che il contributo è unico nel caso di ricorso contenente una pluralità di domande diverse, in astratto soggette a diversi contributi unificati; tanto sia nel caso in cui vengano proposte domande ontologicamente diverse (ad. es. di accertamento del silenzio inadempimento e risarcimento del danno, o di ottemperanza al giudicato e risarcimento del danno), sia quando, come nel caso di specie, la domanda sia in astratto identica, perché sussumibile nel medesimo genus di quelle costitutive di annullamento, ma abbia ad oggetto una pluralità di provvedimenti amministrativi.
Né può giungersi a diversa conclusione sostenendo che comunque le domande proposte nei confronti di atti diversi ed introdotte con distinti giudizi tra loro connessi possono essere fatte oggetto di riunione, per essere decise in un unico contesto, dal Tribunale ai sensi dell’art. art. 70 c.p.a..
In questo caso il controllo postumo sulla corretta introduzione delle domande (separate) è svolto comunque ex ante e la valutazione di opportunità operata dal giudice ex post è ben lontana dalla scelta unilaterale compiuta dalla parte ricorrente (che con il ricorso cumulativo renderebbe più complicato e dispendioso l’operato del giudice) ed è legata all’intendimento di semplificazione e di economia nell’utilizzo delle risorse di giustizia.
Invero, quando è il giudice a disporre la riunione di più ricorsi pendenti: a) il contributo unificato è stato già versato (e non sarà restituito a valle del provvedimento di riunione);
b) il giudice ha valutato in concreto tutti gli aspetti della vicenda soppesando quelli positivi rispetto alle conseguenze negative discendenti da un aggravio della procedura ridondanti sul principio di ragionevole durata del processo e su quello di economia dei mezzi processuali.
Né tale lettura si pone in contrasto con il principio di eguaglianza, né limita il diritto alla proponibilità delle azioni a tutela della posizione vantata né, ancora, si pone d’ostacolo rispetto ai principi di effettività della tutela e di parità delle armi.
Anzi, all’opposto, ammettere la proponibilità del ricorso cumulativo di pone in chiara contrapposizione con il principio di eguaglianza tra i potenziali contraddittori giudiziali rispetto all’agire amministrativo, atteso che il costo della proposizione del ricorso, in termini di versamento del contributo unificato, sarebbe condizionato dalla scelta (del tutto discrezionale) dell’amministrazione di svolgere o meno procedimenti complessi e di adottare atti plurimi.
La Corte costituzionale, poi, è costante nell’affermare l’astratta legittimità degli oneri fiscali incombenti sul processo e, al contempo, l’inammissibilità di quelle imposizioni tributarie che mirino al soddisfacimento di interessi del tutto estranei alle finalità processuali precludendo o ostacolando grandemente l’esperimento della tutela giurisdizionale addirittura condizionando l’esercizio del diritto di azione al previo pagamento del tributo (cfr., fra le tante, Corte cost., 6 dicembre 2002 n. 522; 5 ottobre 2001, n. 333).
Se ciò è vero deve comunque scongiurarsi l’evenienza che, all’opposto, il pagamento del tributo sia condizionato dalle modalità di esercizio dell’azione; in altri termini si deve evitare l’eccedenza delle forme di tutela approntate dall’ordinamento rispetto allo scopo pratico avuto di mira dal ricorrente. Come ricordato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, l’esercizio dell’azione in forme eccedenti o devianti, rispetto alla tutela attribuita dall’ordinamento, configura abuso del processo e lede il principio del giusto processo, inteso come risposta alla domanda della parte; assodata la ratio del divieto di abuso del processo, ne discende che l’esegesi del dato normativo processuale, seppur doverosamente rispettosa della lettera delle singole norme scrutinate, deve privilegiare opzioni avversanti ogni inutile e perdurante appesantimento del giudizio al fine di approdare, attraverso la riduzione dei tempi della giustizia, ad un processo che risulti anche giusto (cfr. Cass. civ., Sez. un., 30 luglio 2008 n. 20604 e 15 novembre 2007 n. 23726).
D’altronde anche in epoca recente la Corte costituzionale ha avuto modo di dubitare significativamente sulla circostanza che possa avere rilievo la contestazione dell’obbligo di pagare il contributo unificato per ciascuna domanda proposta seppure avanzate con un unico ricorso cumulativo nei casi in cui esso sia ammissibile, “quasi che la possibilità di difendersi fosse legata alla prerogativa di scegliere le modalità cumulative anziché quelle individuali” (Corte cost., 7 aprile 2016 n. 78).
15. – In virtù delle suesposte osservazioni il ricorso cumulativo proposto deve essere dichiarato inammissibile. Vanno di conseguenza dichiarati inammissibili i ricorsi incidentali proposti dalle parti controinteressate.
La novità e la complessità delle questioni fatte oggetto di controversia inducono il Collegio a ritenere sussistenti i presupposti, di cui all’art. 92 c.p.a., come richiamato espressamente dall’art. 26, comma 1, c.p.a., per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater) pronunciando in via definitiva sul ricorso indicato in epigrafe, lo dichiara inammissibile.
Dichiara inammissibili i ricorsi incidentali proposti.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Leonardo Pasanisi, Presidente
Francesco Arzillo, Consigliere
Stefano Toschei, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Stefano Toschei
Leonardo Pasanisi
IL SEGRETARIO