Recinzione metallica e titolo abilitativo edilizio
1. La cognizione dell’accertamento, in via principale, della natura pubblica o privata di una strada, o della servitù pubblica di passaggio, spetta al giudice ordinario, investendo l’esistenza e l’estensione di diritti soggettivi dei privati ovvero del Comune medesimo. Tuttavia ove la natura, pubblica o privata, delle aree in questione costituisca un presupposto degli atti di rimozione impugnati è possibile indagare, incidenter tantum, il predetto profilo, non sussistendo alcuna pregiudiziale obbligatoria a favore del giudice ordinario.
2. Le sentenze di merito dei giudici ordinari e dei giudici amministrativi, le quali abbiano statuito sui profili sostanziali della controversia, una volta divenute irrevocabili sono suscettibili di acquisire autorità di giudicato esterno, con la conseguente incontestabilità (“efficacia panprocessuale”) negli altri giudizi tra le stesse parti, che abbiano ad oggetto questioni identiche rispetto a quelle già esaminate: così il giudicato esterno di merito, rilevabile pure d’ufficio, spiega la sua efficacia nella stessa causa intentata davanti a un altro giudice, di ordine diverso. Anche i principi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata impongono al giudice di rilevare – anche d’ufficio – l’esistenza di un eventuale giudicato esterno: è del tutto evidente che la reiterazione di analoghe vertenze urta contro i principi fondamentali predetti, tutelati dall’art. 111 della Costituzione. Nell’indagine volta ad accertare l’oggetto ed i limiti del giudicato esterno, l’organo giurisdizionale non può limitarsi a tener conto della formula conclusiva che riassume il contenuto precettivo della pronuncia divenuta immodificabile, ma deve individuarne l’essenza e l’effettiva portata, ricavabile dal dispositivo e dai motivi che la sorreggono.
3. La posa di una recinzione – manufatto essenzialmente destinato a delimitare una determinata proprietà allo scopo di separarla dalle altre, di custodirla e difenderla da intrusioni – è solo diretta a far valere lo ius excludendi alios che costituisce il contenuto tipico del diritto dominicale, e per pacifica giurisprudenza persino la presenza di un vincolo dello strumento pianificatorio non può incidere di per sé negativamente sulla potestà del dominus di chiudere in qualunque tempo il proprio fondo ai sensi dell’art. 841 del c.c.. E’ stato osservato che il titolo abilitativo edilizio non è necessario per modeste recinzioni di fondi rustici senza opere murarie (ad esempio con rete metallica), in quanto entro tali limiti il manufatto rientra tra le manifestazioni del diritto di proprietà. Solamente la recinzione che presenti un elevato impatto urbanistico deve essere preceduta da un titolo abilitativo del Comune, mentre tale atto non risulta necessario in presenza di trasformazioni che – per l’utilizzo di materiale di scarso impatto visivo e per le dimensioni dell’intervento – non comportino un’apprezzabile alterazione ambientale, estetica e funzionale: la distinzione tra esercizio dello jus aedificandi e dello jus excludendi alios va rintracciata quindi nella verifica concreta delle caratteristiche del manufatto.
Avv. Giovanni Dato
N. 00246/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00635/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 635 del 2010, proposto da:
I.F.L. Spa, rappresentata e difesa dall’avv.to Alessandro Pagano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.to Gianni Morabito in Brescia, Via Romanino n. 12;
contro
Comune di Gorle, rappresentato e difeso dall’avv.to Giuseppe Zonca, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.to Filippo Collia in Brescia, Piazza Vittoria n. 11;
nei confronti di
Figli di Pietro Rodeschini Spa, non costituitasi in giudizio;
per l’annullamento
DELLE NOTE COMUNALI IN DATA 14/4/2010, 26/4/2010, 3/5/2010, 1/6/2010, 3/6/2010 RECANTI L’INGIUNZIONE A RIMUOVERE I DISSUASORI DI SOSTA COLLOCATI IN VIA BUONARROTI.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Gorle;
Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 febbraio 2016 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
FATTO
La ricorrente – proprietaria di una porzione immobiliare e delle adiacenti aree pertinenziali in Via Buonarroti a Gorle – riferisce di aver sottoscritto, in data 22/12/1997, un atto notarile di impegno unilaterale nei confronti dell’amministrazione comunale, al fine di costituire una servitù di uso pubblico perpetuo (da cedere gratuitamente all’Ente locale a semplice richiesta) su tre aree: 5.548,27 m² destinati a parcheggio, 553,97 m² per la realizzazione dell’accesso e 927,93 m² per un reliquato.
L’atto di impegno unilaterale era accessorio a una concessione edilizia e integrava una condizione per il suo rilascio, avvenuto il 29/12/1997 per il mutamento di destinazione d’uso da industriale a commerciale di un immobile di proprietà della ricorrente, anch’esso collocato in Via Buonarroti. Avendo ravvisato l’illegittimità della procedura intrapresa dall’amministrazione, I.F.L. impugnava il titolo abilitativo e gli atti presupposti (compreso l’atto di impegno unilaterale del 22/12/1997), e il giudizio instaurato presso questo T.A.R. veniva definito con sentenza di rigetto 8/4/2006 n. 389, da poco confermata dal Consiglio di Stato (sez. V – 27/1/2016 n. 263).
Espone I.F.L. di non aver mai sottoscritto l’atto notarile costitutivo della servitù di uso pubblico e di non avere neppure avviato le trattative per regolare le modalità di esercizio del diritto reale minore, per cui sostiene di vantare la piena proprietà sul parcheggio realizzato e sulle pertinenze.
Nel corso del 2010, la ricorrente riscontrava la presenza abusiva di estranei nell’area di cui si discorre, e provvedeva a posizionare dissuasori mobili (cd. new jersey) in prossimità del suo accesso. Con nota del 14/4/2010, il Responsabile del Settore Gestione del Territorio e sue Risorse, ritenendo l’area di uso pubblico per effetto dell’atto di impegno unilaterale, emetteva una diffida alla rimozione dei manufatti fissando il termine del 16/4/2010, con l’avvertenza che l’inerzia avrebbe legittimato l’amministrazione a provvedere direttamente, addebitando al privato le spese. I.F.L. replicava attraverso il proprio legale, rilevando l’illegittimità dell’ordine per essere l’area adibita a parcheggio di sua proprietà ed uso esclusivo, libera da diritti di uso pubblico. Il 26/4/2010 l’amministrazione trasmetteva ulteriore nota per informare che avrebbe provveduto ad arretrare i dissuasori verso il cancello carrale, per garantire la fluidità e la sicurezza del traffico. Il 29/4/2010 la ricorrente riceveva il verbale di accertamento della violazione del 14/4/2010, contenente l’intimazione alla rimozione ai sensi dell’art. 211 del Codice della Strada. Successivamente I.F.L. conveniva sulla necessità di arretrare i dissuasori, al solo scopo di scongiurare rischi per la circolazione stradale. In data 1/6/2010 il Responsabile competente trasmetteva un’ulteriore nota, nella quale si avvertiva che il personale comunale avrebbe provveduto ad asportare i manufatti e a depositarli nei magazzini comunali, mentre il legale di I.F.L. ribadiva l’illegittimità dei provvedimenti e minacciava una denuncia in sede penale. In data 3/6/2010 l’amministrazione provvedeva alla rimozione dei new jersey.
Con l’introdotto gravame, ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione, la ricorrente impugna gli atti sfavorevoli, lamentando in diritto la violazione dell’art. 97 della Costituzione, dell’art. 3 della L. 241/90, degli artt. 20 e 211 del D. Lgs. 285/92, degli artt. 832 e ss., 105, 1350 e 2643 del c.c., nonché l’eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza di istruttoria, insufficienza e inadeguatezza della motivazione, ingiustizia e irragionevolezza manifeste, in quanto:
a) dalla semplice lettura dell’atto di impegno unilaterale del 22/12/1997 (cfr. art. 2) traspare la previsione di una mera obbligazione contrattuale a costituire, con successivo atto notarile, un diritto di uso pubblico sul parcheggio e sull’area adiacente;
b) l’inequivoco tenore letterale dell’atto rende evidente che l’area è ancora di proprietà esclusiva della ricorrente, e libera da servitù pubbliche;
c) la controversia è stata correttamente incardinata presso il T.A.R., il quale può valutare in via incidentale la natura pubblica o privata dell’area, mero presupposto degli atti impugnati.
La ricorrente propone domanda di annullamento dei provvedimenti in epigrafe e chiede altresì il risarcimento dei danni subiti, in misura da quantificare in corso di causa.
Si è costituita in giudizio l’amministrazione comunale, formulando in rito l’eccezione di difetto di giurisdizione e chiedendo nel merito la reiezione del gravame.
Il Comune puntualizza che:
• in data 18/12/2009 I.F.L. depositava istanza di autorizzazione edilizia per la posa di dissuasori di sosta e di una catena metallica in corrispondenza dell’ingresso del parcheggio;
• con provvedimento dell’8/1/2010, notificato il 15/1/2010, l’istanza veniva respinta, sul rilievo che le aree interessate erano assoggettate a servitù di uso pubblico;
• il provvedimento sfavorevole dell’8/1/2010 non era impugnato, e ciononostante I.F.L. istallava i dissuasori che impedivano l’accesso sia al parcheggio che al passo carrale del capannone ceduto dalla stessa ricorrente alla controinteressata Rodeschini S.p.a.;
• la posa in opera dei new jersey per un tratto di 23 metri ha integrato un abuso edilizio, trattandosi di opere realizzate in assenza di titolo abilitativo;
• l’art. 3 dell’atto notarile più volte evocato racchiude l’impegno alla cessione gratuita, dietro semplice istanza del Comune, delle “aree assoggettate a servitù d’uso perpetuo con il presente atto”, descritte all’art. 2 con il richiamo della tavola 6 (doc. 11 – che contempla la perimetrazione con i colori rosso, azzurro e verde);
• l’assoggettamento di un’area privata ad uso pubblico può avvenire anche a mezzo della cd. dicatio ad patriam (quando il proprietario mette spontaneamente e in modo univoco il bene a disposizione di una collettività indeterminata) oppure attraverso l’uso indifferenziato dei cittadini, protratto nel tempo necessario per la formazione dell’usucapione;
• le servitù pubbliche hanno natura diversa dalle servitù prediali di cui all’art. 1058 del c.c.
Nelle memorie conclusive e di replica le parti hanno ribadito le rispettive prospettazioni. La ricorrente ha riepilogato le ulteriori vicende giudiziarie, evidenziando che il Giudice di pace di Bergamo, con sentenza n. 731/2011 (in atti al doc. 15), ha accolto i ricorsi contro i verbali di accertamento della Polizia Locale di Gorle n. 416/2010 e n. 699/2010, dopo aver escluso l’attualità della servitù. L’appello promosso dal Comune è stato dichiarato inammissibile con sentenza n. 1504/2012 del Tribunale di Bergamo e parimenti inammissibile è stata dichiarata (con pronuncia del medesimo Tribunale n. 2353/2013) la domanda di revocazione della sentenza di secondo grado. Un’ulteriore ordinanza sindacale di rimozione del cancello di accesso al parcheggio è stata annullata da questo T.A.R. (cfr. sentenza sez. I – 5/6/2013 n. 531).
Alla pubblica udienza del 3/2/2016 il ricorso veniva chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.
DIRITTO
La ricorrente contesta i provvedimenti adottati dall’amministrazione comunale per rimuovere i dissuasori, collocati a protezione delle aree sulle quali la Società assume di poter vantare la piena proprietà privata, libera da pesi o diritti altrui.
0. Preliminarmente deve essere respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal Comune.
0.1 Il presente giudizio verte sulla legittimità degli atti assunti dall’Ente locale per ripristinare il libero transito del pubblico sul parcheggio e sull’area di accesso. La cognizione dell’accertamento, in via principale, della natura pubblica o privata di una strada, o della servitù pubblica di passaggio, spetta al giudice ordinario, investendo l’esistenza e l’estensione di diritti soggettivi dei privati ovvero del Comune medesimo. Tuttavia poiché la natura, pubblica o privata, delle aree in questione costituisce un presupposto degli atti di rimozione impugnati è possibile indagare, incidenter tantum, il predetto profilo, non sussistendo alcuna pregiudiziale obbligatoria a favore del giudice ordinario (cfr. T.A.R. Calabria Reggio Calabria – 8/4/2015 n. 348 e la giurisprudenza ivi richiamata, riformata nel merito dal Consiglio di Stato, sez. V – 14/7/2015 n. 3531 senza incidere sul punto della giurisdizione, non gravato da appello; T.A.R. Toscana, sez. III – 30/3/2015 n. 516, che risulta appellata e sospesa con ordinanza cautelare del Consiglio di Stato n. 4323/2015 sulla base di riflessioni afferenti al merito della vicenda; T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. I – 14/1/2015 n. 4; Consiglio di Stato, sez. VI – 21/10/2013 n. 5087).
Tutto ciò premesso, può essere esaminato il merito della vicenda controversa, dopo aver rilevato che esula dalla materia del contendere la questione della debenza degli oneri di urbanizzazione correlati al cambio di destinazione d’uso dell’immobile della ricorrente, definita con la sentenza del Consiglio di Stato n. 263/2016 già richiamata nell’esposizione in fatto.
Nel merito, il ricorso è fondato, per le ragioni di seguito precisate.
1. Come evidenziato dalla parte ricorrente nella propria memoria del 28/12/2015 (che ha fatto seguito alle produzioni documentali del 30/11/2011 e del 17/12/2015), il Giudice di pace di Bergamo, con la sentenza n. 731/2011 (passata in giudicato) ha accolto i ricorsi contro i verbali di accertamento della Polizia Locale di Gorle, dopo aver statuito l’inesistenza della servitù.
2. Le sentenze di merito dei giudici ordinari e dei giudici amministrativi, le quali abbiano statuito sui profili sostanziali della controversia, una volta divenute irrevocabili sono suscettibili di acquisire autorità di giudicato esterno, con la conseguente incontestabilità (“efficacia panprocessuale”) negli altri giudizi tra le stesse parti, che abbiano ad oggetto questioni identiche rispetto a quelle già esaminate: così il giudicato esterno di merito, rilevabile pure d’ufficio, spiega la sua efficacia nella stessa causa intentata davanti a un altro giudice, di ordine diverso (cfr. T.A.R. Lazio Latina, sez. I – 10/7/2015 n. 517).
2.1 Anche i principi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata impongono al giudice di rilevare – anche d’ufficio – l’esistenza di un eventuale giudicato esterno: è del tutto evidente che la reiterazione di analoghe vertenze urta contro i principi fondamentali predetti, tutelati dall’art. 111 della Costituzione (T.A.R. Piemonte, sez. II – 12/11/2015 n. 1559).
2.2 Nell’indagine volta ad accertare l’oggetto ed i limiti del giudicato esterno, l’organo giurisdizionale non può limitarsi a tener conto della formula conclusiva che riassume il contenuto precettivo della pronuncia divenuta immodificabile, ma deve individuarne l’essenza e l’effettiva portata, ricavabile dal dispositivo e dai motivi che la sorreggono (Corte di Cassazione, sez. II civile – 23/12/2015 n. 25966). In proposito, nella sentenza del Giudice di pace di Bergamo invocata, divenuta appunto irrevocabile, si afferma che dall’atto di impegno unilaterale del 22/12/1997 “non può desumersi … l’attualità della servitù” e che quest’ultima non può dirsi costituita dalla dicatio ad patriam, per la “precisa volontà di non considerare l’area in questione a disposizione della collettività e, in particolare, neppure a favore dell’attività commerciale “Rodeschini”. Le citate statuizioni, dunque, sono “coperte” dal giudicato e non possono essere riesaminate da questo T.A.R., osservandosi in aggiunta sul profilo residuale che il presupposto per il compimento dell’usucapione è l’inattività del titolare del diritto (certamente non riscontrabile nella fattispecie).
3. L’amministrazione, nelle proprie difese, ha sottolineato che, anche qualora l’area a parcheggio non risultasse adibita all’uso pubblico, la tutela del diritto di proprietà non poteva essere associata al provvedimento impugnato, poiché con questo il Comune di Gorle aveva in realtà sanzionato un abuso edilizio, negando la concessione richiesta (con provvedimento non ritualmente contestato).
3.1 La tesi non persuade, in quanto gli atti amministrativi censurati in questa sede hanno elevato a presupposto l’esigenza di salvaguardare l’esercizio di una servitù di uso pubblico. Sotto altro punto vista, in via generale, la posa di una recinzione – manufatto essenzialmente destinato a delimitare una determinata proprietà allo scopo di separarla dalle altre, di custodirla e difenderla da intrusioni – è solo diretta a far valere lo ius excludendi alios che costituisce il contenuto tipico del diritto dominicale, e per pacifica giurisprudenza persino la presenza di un vincolo dello strumento pianificatorio non può incidere di per sé negativamente sulla potestà del dominus di chiudere in qualunque tempo il proprio fondo ai sensi dell’art. 841 del c.c. (T.A.R. Campania Napoli, sez. II – 4/2/2005 n. 803; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II – 11/2/2005 n. 367).
3.2 E’ stato osservato che il titolo abilitativo edilizio non è necessario per modeste recinzioni di fondi rustici senza opere murarie (ad esempio con rete metallica), in quanto entro tali limiti il manufatto rientra tra le manifestazioni del diritto di proprietà (C.G.A. Sicilia, sez. consultive – 18/12/2013 n. 1548; T.A.R. Campania Salerno, sez. II – 11/9/2015 n. 1902). Solamente la recinzione che presenti un elevato impatto urbanistico deve essere preceduta da un titolo abilitativo del Comune, mentre tale atto non risulta necessario in presenza di trasformazioni che – per l’utilizzo di materiale di scarso impatto visivo e per le dimensioni dell’intervento – non comportino un’apprezzabile alterazione ambientale, estetica e funzionale: la distinzione tra esercizio dello jus aedificandi e dello jus excludendi alios va rintracciata quindi nella verifica concreta delle caratteristiche del manufatto (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. III – 6/2/2015 n. 938, che risulta appellata e che richiama Consiglio di Stato, sez. V – 9/4/2013 n. 922). Nella fattispecie esaminata, i new jersey, in plastica e di modeste dimensioni, sono stati collocati per pochi metri, per cui non rivelano un’incidenza sensibile sul territorio.
In conclusione il ricorso impugnatorio è fondato e merita accoglimento.
4. Deve essere viceversa rigettata la domanda risarcitoria. Nella memoria finale, I.F.L. ha chiesto la condanna del Comune a corrispondere l’importo di 1.650 € (maggiorato di interessi) per il riacquisto dei dissuasori in plastica rimossi su ordine dell’Ente e mai restituiti alla Società proprietaria. In realtà, risulta dagli atti (cfr. nota comunale 1/6/2010 – doc. 4 ricorrente) che l’amministrazione aveva informato la ricorrente dell’intenzione di rimuovere i new jersey, i quali sarebbero stati collocati nei magazzini comunali, rimanendo a disposizione per il ritiro della legittima proprietaria. La predetta circostanza è stata riportata nello stesso ricorso introduttivo (cfr. pagina 6 punto 9). In assenza di ulteriori elementi di prova, deve ritenersi che non sussistano i presupposti per la riparazione di un pregiudizio che poteva essere evitato con il semplice ritiro dei manufatti presso il luogo di deposito.
Le spese di giudizio possono essere compensate, per la parziale soccombenza reciproca.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe:
– accoglie la domanda impugnatoria, e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.
– respinge l’istanza di risarcimento del danno.
Spese compensate.
La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Alessandra Farina, Presidente
Stefano Tenca, Consigliere, Estensore
Francesco Gambato Spisani, Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/02/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)