Domanda di concessione in sanatoria e inefficacia degli atti repressivi dell’abuso

1. La presentazione di una domanda di concessione in sanatoria ex art. 36 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, comporta in ogni caso la perdita di efficacia degli atti repressivi dell’abuso in precedenza adottati, salva la necessità di una loro rinnovata adozione nell’eventualità di un successivo rigetto dell’istanza di sanatoria; si è infatti più volte osservato che in tali fattispecie da un lato, è preclusa all’Amministrazione la possibilità di portare a esecuzione la sanzione demolitoria prima inflitta, ormai improduttiva di effetti giuridici, e, dall’altro, che sussiste la necessità, in caso di rigetto espresso o tacito dell’istanza di sanatoria, dell’emanazione di una nuova misura demolitoria. A tale conclusione si perviene in base alla considerazione che, in tali casi, o l’Amministrazione accoglie la domanda ex art. 36 D.P.R. n. 380/2001 e rilascia la concessione in sanatoria, con il superamento per questa via degli atti sanzionatori impugnati, oppure disattende l’istanza, e allora la medesima Amministrazione è tenuta a procedere al completo riesame della fattispecie alla luce del quid novi costituito definitivo diniego della sanatoria, assumendo se del caso nuovi, e questa volta conclusivi, provvedimenti sanzionatori che a loro volta troveranno esecuzione oppure saranno oggetto di autonoma impugnativa; da ciò consegue che l’interesse a ricorrere viene traslato sul futuro provvedimento che, eventualmente, abbia a respingere la domanda ex art. 36 D.P.R. n. 380/2001 presentata dopo l’adozione del primo provvedimento repressivo dell’abuso.

Avv. Giovanni Dato

 

Pubblicato il 09/08/2017

N. 01388/2017 REG.PROV.COLL.

N. 01626/2010 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce – Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1626 del 2010, proposto da:
Scupola Giuseppe Santo, rappresentato e difeso dall’avvocato Maria Cristina Caputo, con domicilio eletto presso lo studio Francesco La Gioia in Lecce, via Trinchese, 61/D;

contro

Comune di Matino, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Ermenegildo Renna, con domicilio eletto presso lo studio Francesco La Gioia in Lecce, via Trinchese, 61/D;

per l’annullamento

-dell’ordinanza di demolizione del Responsabile del Settore Urbanistica del Comune di Matino n. 25/2010 Reg. Gen. del 29/06/2010 (n. 7/2010 Reg. Sett.), recapitata al ricorrente in data 30/06/2010;

-di ogni atto presupposto, connesso, e/o consequenziale.

 

Visto il ricorso ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Matino;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 luglio 2017 la dott.ssa Antonella Lariccia e udito per l’Amministrazione Comunale resistente l’avv. A. Vantaggiato, in sostituzione dell’avv. A. E. Renna;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato in data 13.10.2010 il sig. Scupola Giuseppe Santo invoca l’annullamento del provvedimento in epigrafe indicato lamentando:

– Violazione dell’art. 3 e 7 Legge n. 241/1990 come s.m.i.. Mancanza assoluta di motivazione. Eccesso di potere;

– Violazione, falsa ed erronea applicazione di legge, arbitrarietà dell’azione amministrativa. Violazione delle normative regionali. Eccesso di potere. Falsa ed erronea presupposizione in fatto ed in diritto. Difetto di istruttoria;

– Inefficacia dei provvedimenti impugnati.

Espone, in particolare, il ricorrente di essere proprietario di un lotto in Matino alla via Monti, individuato in catasto al foglio 13 particelle 1730, 2249 e 2250 sul quale insiste da antichissima data un vecchio manufatto di circa 45 mq. ed una scala scoperta e che, con l’ordinanza n° 25 del 29.06.2010 oggetto del presente giudizio, l’Amministrazione Comunale intimata gli ha ingiunto la demolizione del manufatto in discorso, asseritamente realizzato in assenza del permesso di costruire, entro il termine 90 giorni dalla data di notifica del provvedimento; successivamente alla notifica dell’ordinanza di demolizione impugnata e dopo la notifica del ricorso, il predetto ricorrente ha presentato, in data 03.11.2010, istanza per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n° 380/2001.

Si è costituito in giudizio il Comune di Matino, eccependo l’infondatezza nel merito dello spiegato ricorso e, all’udienza pubblica dell’11.07.2017, la causa è stata trattenuta per la decisione.

Tanto premesso, osserva il Collegio che lo spiegato ricorso va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse a ricorrere.

Ed invero, codesto Tribunale ritiene che il riesame dell’abusività delle opere edilizie colpite dall’ingiunzione di demolizione impugnata nel presente giudizio (vano garage-deposito, poi trasformato in mini alloggio di tre vani e bagno, con scala scoperta e vano tecnico sottostante), provocato dalla presentazione dell’istanza di sanatoria da parte dell’odierno ricorrente (ex art. 36 D.P.R. 6 Giugno 2001 n° 380) in data 03 novembre 2010, valga comunque a rendere inefficace l’ordinanza di demolizione precedentemente adottata, determinando il venir meno dell’interesse all’annullamento dell’atto sanzionatorio in relazione al quale tale domanda è stata presentata.

Costituisce, infatti, orientamento giurisprudenziale di codesta Sezione quello secondo cui la presentazione di una domanda di concessione in sanatoria ex art. 36 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, comporta (in ogni caso) la perdita di efficacia degli atti repressivi dell’abuso in precedenza adottati, salva la necessità di una loro rinnovata adozione nell’eventualità di un successivo rigetto dell’istanza di sanatoria; si è infatti più volte osservato che in tali fattispecie “da un lato, è preclusa all’Amministrazione la possibilità di portare a esecuzione la sanzione demolitoria prima inflitta, ormai improduttiva di effetti giuridici, e, dall’altro, che sussiste la necessità, in caso di rigetto espresso o tacito dell’istanza di sanatoria, dell’emanazione di una nuova misura demolitoria” (ex multis: T.A.R. Puglia, Lecce, III, 19 giugno 2013, n. 1454).

A tale conclusione si perviene in base alla considerazione che, in tali casi, o l’Amministrazione accoglie la domanda ex art. 36 D.P.R. n° 380/2001 e rilascia la concessione in sanatoria, con il superamento per questa via degli atti sanzionatori impugnati, oppure disattende l’istanza, e allora la medesima Amministrazione è tenuta a procedere al completo riesame della fattispecie alla luce del quid novi costituito definitivo diniego della sanatoria, assumendo se del caso nuovi, e questa volta conclusivi, provvedimenti sanzionatori che a loro volta troveranno esecuzione oppure saranno oggetto di autonoma impugnativa; da ciò consegue che l’interesse a ricorrere viene traslato sul futuro provvedimento che, eventualmente, abbia a respingere la domanda ex art. 36 D.P.R. n° 380/2001 presentata dopo l’adozione del primo provvedimento repressivo dell’abuso (cfr, Consiglio di Stato, Sez. V. 28 giugno 2012, n. 3821; Consiglio di Stato, Sez V. 26 giugno 2007, n. 3659 ; Consiglio di Stato Sez. V, 19 febbraio 1997, n. 165; Consiglio di Stato, Sez. IV, 16 aprile 2012, n. 2185; Consiglio di Stato, Sez. VI, 26 marzo 2010, n. 1750 ; Consiglio di Stato, 7 maggio 2009, n. 2833; Consiglio di Stato, 12 novembre 2008, n. 5646).

Pertanto, il presente ricorso va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, posto che l’atto sanzionatorio impugnato, in quanto divenuto inefficace a seguito della presentazione dell’istanza ex art. 36 D.P.R. 6 Giugno 2001 n° 380, non è più idoneo a ledere l’interesse del ricorrente.

Sussistono i presupposti di legge, anche in considerazione del comportamento processuale tenuto dalle parti, per dichiarare integralmente compensate le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Enrico d’Arpe, Presidente

Antonella Lariccia, Referendario, Estensore

Maria Luisa Rotondano, Referendario

L’ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE
Antonella Lariccia

 

Enrico d’Arpe
IL SEGRETARIO