Revoca della patente di guida e riparto di giurisdizione
1. Il provvedimento prefettizio di revoca della patente emesso in ragione dell’inflizione di una condanna per reati in materia di stupefacenti non si sostanzia in alcun esercizio di discrezionalità amministrativa, trattandosi di un atto dovuto che non determina la degradazione ad interesse legittimo della posizione di diritto soggettivo della persona abilitata alla guida. La giurisprudenza ha espresso una posizione chiara e difficilmente controvertibile sulla qualificazione della situazione giuridica soggettiva riconoscibile in capo al destinatario del provvedimento di revoca della patente di guida per originaria o sopravvenuta mancanza dei requisiti morali previsti dall’art. 120 del codice della strada. Pertanto, il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo e la cognizione della controversia va, quindi, riservata al Giudice ordinario.
Avv. Giovanni Dato
N. 01282/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00095/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 95 del 2016, proposto da:
—OMISSIS—, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanna Scalambrieri, con domicilio eletto presso l’avv. Gaetano Alessandro Ansaldi in Catania, Via Vincenzo De Simone 3;
contro
Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Ragusa, Ministero dell’Interno, rappresentati e difesi dall’Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Catania, Via Vecchia Ognina, 149;
per l’annullamento
– del provvedimento adottato dalla Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Ragusa recante il Decreto n. 22199/2015/Circ. E Traff. del 6 ottobre 2015 di revoca della patente di guida;
– di ogni altro atto o provvedimento, antecedente o successivo, comunque connesso, presupposto e/o consequenziale, ivi compreso il rigetto del ricorso gerarchico proposto dal ricorrente in data 6 novembre 2015.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Ragusa e del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 marzo 2016 il dott. Pancrazio Maria Savasta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I. Il ricorrente ha conseguito la patente di guida cat. B in data 28 luglio 2015.
Successivamente, la Prefettura di Ragusa con Decreto n. 22199/2015/Circ. E Traff. del 6 ottobre 2015 “esaminati il certificato del casellario giudiziale dell’interessato dal quale risultano condanne per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990 n. 309” e “considerato che in assenza di provvedimenti riabilitativi tali precedenti penali sono ostativi al conseguimento della patente di guida a norma dell’articolo 120 comma 1 del codice della strada”, ha revocato la patente di guida al ricorrente.
Dopo aver inutilmente presentato ricorso gerarchico il 6 novembre 2015, il ricorrente, con ricorso passato della notifica 22/12/2015 e depositato il 21.1.2016, ha impugnato siffatto provvedimento affidandosi a varie censure.
Alla camera di consiglio del 10.3.2016, il Collegio ha avvisato le parti presenti che con sentenza in forma semplificata avrebbe esaminato la questione relativa alla giurisdizione del giudice amministrativo sul ricorso in epigrafe, indi la causa è stata trattenuta in decisione.
II. Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice adito.
Ritiene il Collegio di dover condividere la Giurisprudenza (cfr. TAR Milano, I, 7.10.2015, n. 2122) secondo la quale <<il provvedimento prefettizio di revoca della patente emesso in ragione dell’inflizione di una condanna per reati in materia di stupefacenti (come nel caso di specie) non si sostanzierebbe in alcun esercizio di discrezionalità amministrativa, trattandosi di un atto dovuto che non determinerebbe la degradazione ad interesse legittimo della posizione di diritto soggettivo della persona abilitata alla guida.
<<Il giudizio di pericolosità sociale, in altri termini, sarebbe implicito nella previsione legislativa sulla scorta della quale è stata emessa la misura sopra citata.
<<La fattispecie decisa dalle Sezioni Unite nel 2006 ha riguardato un decreto del Prefetto di Taranto con cui era stata disposta, ai sensi dell’art. 120 del codice della strada, la revoca della patente di guida a un soggetto che era stato sottoposto a misura di prevenzione della sorveglianza speciale per la durata di anni quattro.
<<Comparata con l’odierna controversia, la fattispecie definita dalla Suprema Corte, pur attenendo a una diversa causa di revoca secondo la disciplina prevista dal comma 1 dell’art. 120 del D.lgs. 285/1992, è nondimeno suscettibile di estensione analogica sul piano della vincolata decisione dell’Autorità prefettizia.
<<Ulteriori conferme alla sussistenza della giurisdizione ordinaria sono, in seguito, provenute sempre dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione, le quali:
<<a) nella sentenza n. 22491 del 4 novembre 2010 (con cui si è definito un regolamento di competenza relativo a una controversia avente a oggetto l’emissione di un provvedimento di revoca della patente di guida, disposta dal Prefetto di Bari, in conseguenza dell’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, per la durata di due anni con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza) hanno statuito, per quanto d’interesse, che “il decreto con il quale il Prefetto dispone la revoca della patente di guida per effetto della sottoposizione del titolare alla misura di prevenzione non costituisce conseguenza accessoria della violazione di una disposizione in tema di circolazione stradale, costituendo piuttosto la constatazione della inesistenza originaria o sopravvenuta dei requisiti morali prescritti per il conseguimento dei titoli abilitativi alla guida”;
<<b) nella sentenza n. 10406 del 14 maggio 2014 (relativa all’impugnazione, innanzi alla Suprema Corte, di un decreto del Giudice di Pace di Macomer, il quale aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso l’ordinanza con la quale il Prefetto di Nuoro aveva revocato al ricorrente la patente di guida sul presupposto che questi era stato sottoposto alla misura della sorveglianza speciale) hanno richiamato alla lettera la motivazione della sentenza n. 2446/2006, soggiungendo che la competenza in tali controversie appartiene al Tribunale ordinario e non al Giudice di Pace.
<<Piena condivisione di tali indirizzi ermeneutici si registra, inoltre, in recenti pronunce del Giudice amministrativo (cfr. TAR Puglia – Lecce, 10 febbraio 2014, n. 365), nonché, per un caso identico a quello oggetto del presente giudizio, dal TAR Puglia – Bari, che, nella sentenza del 10 luglio 2015, n. 1058, ha deciso una controversia relativa alla revoca della patente disposta in conseguenza della condanna del ricorrente per il reato di cui all’art. 73, comma 5, del DPR 309/1990 (una fattispecie di reato addirittura meno grave, sul piano sanzionatorio, rispetto a quella imputata alla sig.ra . . . ), dichiarando l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione.
<<La giurisprudenza ha, dunque, espresso una posizione chiara e difficilmente controvertibile sulla qualificazione della situazione giuridica soggettiva riconoscibile in capo al destinatario del provvedimento di revoca della patente di guida per originaria o sopravvenuta mancanza dei requisiti morali previsti dall’art. 120 del codice della strada>>.
Pertanto, il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo e la cognizione della controversia va, quindi, riservata al Giudice ordinario, innanzi al quale la causa dovrà essere riassunta ai sensi dell’art. 11, comma 2 del codice del processo amministrativo.
La sussistenza di diversi orientamenti giurisprudenziali giustifica, ad avviso del Collegio, l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia – Sezione staccata di Catania (Sezione Quarta) – definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione di questo Tribunale, con rimessione delle parti dinanzi al Giudice ordinario competente per territorio ai sensi dell’art. 11 c.p.a..
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 10 marzo 2016 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Pennetti, Presidente
Pancrazio Maria Savasta, Consigliere, Estensore
Gustavo Giovanni Rosario Cumin, Referendario
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/05/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)