In tema di risarcimento del danno all’immagine
La pronuncia in esame trae origine dal ricorso di una onlus, che impugnava il provvedimento con il quale il Comune di Ferrara, sulla base delle prescrizioni dell’Azienda USL competente, a seguito dell’ispezione di una commissione all’uopo nominata e recependone il verbale, disponeva che la ricorrente, nell’esercizio dell’attività di residenza sanitaria assistenziale per disabili svolta, adottasse con efficacia immediata tali prescrizioni. Il Comune subordinava all’adempimento di quanto indicato la prosecuzione dell’attività.
Il provvedimento impugnato era stato pubblicato sul sito dell’Amministrazione.
Il TAR accoglie la domanda di annullamento del provvedimento sottolineando come il verbale contiene sì alcune indicazioni ma con la precisazione che la onlus mantiene i requisiti minimi necessari alla prosecuzione dell’attività, qualificando tali indicazioni come utili nell’ottica di un continuo miglioramento dei servizi. Risulta quindi la contraddittorietà del provvedimento adottato dal Comune, avente come presupposto un verbale dai contenuti come quelli appena riportati.
La pronuncia si sofferma sull’analisi della domanda risarcitoria.
La giurisprudenza unanime ha da tempo messo in luce che, ai fini dell’ammissibilità della domanda di risarcimento danni in capo alla P.A. non è sufficiente l’annullamento del provvedimento illegittimo ma è anche necessaria la prova del danno subito e la sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa.
Il provvedimento del Comune si configura come contra legem e, ai sensi dell’art. 30 comma 2 c.p.a., ciò “abilita” il danneggiato a chiedere il risarcimento del danno, salvo verificare che si siano concretizzati gli elementi tipici dell’illecito civile.
L’avvenuta pubblicazione di un provvedimento dalla cui lettura emerge che chi (la ricorrente in questo caso) ha ottenuto l’autorizzazione alla conduzione di una struttura residenziale per disabili non rispetta le condizioni alle quali l’attività è stata autorizzata, configura certamente, in applicazione di un criterio di comune esperienza ex art. 116 cod. proc. civ., una lesione dell’immagine e della reputazione professionale. Tale pubblicazione, e ancor prima l’adozione del provvedimento, sono riconducibili al Comune e si configurano, in applicazione del criterio di causalità adeguata, come antecedenti necessari nella catena causale che ha provocato il danno lamentato dalla ricorrente.
Il Collegio poi si sofferma sull’elemento soggettivo richiamando la storica sentenza n. 500/1999 nella parte in cui afferma che “l’ addebitabilità dell’illecito provvedimentale dell’Amministrazione” non si poteva fondare solo sull’illegittimità dell’atto ma “occorreva anche la dimostrazione di uno stato soggettivo colpevole della stessa, che doveva identificarsi nella violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione alle quali l’esercizio della funzione amministrativa deve ispirarsi”.
Come è stato messo in evidenza, la giurisprudenza amministrativa, ai fini della pronuncia risarcitoria, ha chiesto un quid pluris identificabile nella colpa grave della P.A. Il Collegio richiama gli orientamento giurisprudenziali sul punto, partendo da quella giurisprudenza che ha preso in esame il caso di una pratica amministrativa dalla particolare difficoltà tecnica, caso in cui si potrà ottenere il risarcimento del danno solo quando la P.A. violi le regole di diligenza minima, per poi richiamare i casi in cui si può configurare un errore scusabile da parte dell’Amministrazione ovvero i casi in cui sussista un contrasto giurisprudenziale nell’interpretazione della norma, una formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto o di illegittimità derivante da successiva declaratoria di incostituzionalità della norma applicata.
Il caso oggetto della pronuncia si configura palesemente come un caso di errore grave, di illecito provvedimentale idoneo a generare il risarcimento del danno. Poiché però la ricorrente non fornisce prova dell’esistenza di un danno sotto il profilo strettamente patrimoniale che possa essere valutato il Collegio dispone un risarcimento in forma specifica ex art. 90 c.p.a. mediante pubblicità della sentenza.
Nota di Barbara Bellettini
N. 01790/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00811/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 811 del 2016, proposto da:
ANFASS ONLUS di Massa Carrara, Associazione Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Giovanni Taddei Elmi C.F. TDDGNN80E22D612S, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via A. Lamarmora 14;
contro
il Comune di Carrara in persona del Sindaco in carica., rappresentato e difeso dagli avvocati Sonia Fantoni C.F. FNTSNO67A55B832F e Marina Vannucci C.F. VNNMRN70S60B832K, con domicilio eletto presso l’avv. Domenico Iaria in Firenze, via dei Rondinelli 2;
nei confronti di
l’Azienda USL Toscana Nord-Ovest in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio;
per l’annullamento
– della determinazione n. 94 del 30.3.2016 del Comune di Carrara, Settore Servizi Sociali/Servizi Abitativi, notificata all’Associazione ricorrente in data 6.4.2016, con cui il medesimo Comune di Carrara ha disposto “ai fini della prosecuzione delle attività esercitate ex art. 21 L.R.T. n. 41/2005 e smi, l’adempimento con efficacia immediata delle prescrizioni” indicate nel verbale della Commissione dell’Azienda USL Toscana Nord Ovest del 18.3.2016 e di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale tra cui, per quanto occorrer possa, il verbale della Commissione Vigilanza e Controllo Strutture – Zona Apuana dell’Azienda USL Toscana Nord Ovest del 18.3.2016, prot. 50096 del 18.03.2016, allegato a detta determinazione comunale, nonché per il risarcimento dei danni di natura patrimoniale e non patrimoniale subiti dall’Associazione ricorrente da quantificarsi in corso di giudizio anche in via equitativa.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Carrara;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 novembre 2016 il dott. Alessandro Cacciari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Comune di Carrara, con determinazione 30 marzo 2016 n. 94, recependo il verbale 18 marzo 2016 della Commissione vigilanza e controllo sulle strutture – Zona apuana dell’Azienda USL Toscana Nord ha disposto nei confronti dell’Associazione Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva o Relazionale (nel seguito: “ANFFAS”) l’adozione, con efficacia immediata, delle prescrizioni in essa indicate, subordinandovi la prosecuzione dell’attività di residenza sanitaria assistenziale per disabili da questa svolta in via Monteverde n. 51 bis, località Fossone a Carrara, autorizzata ai sensi dell’art. 21 della Legge della Regione Toscana 24 febbraio 2005, n. 41.
Il provvedimento è stato impugnato con il presente ricorso, notificato il 28 maggio 2016 e depositato il 9 giugno 2016, per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.
Si è costituito il Comune di Carrara chiedendo il rigetto del ricorso.
Con ordinanza 29 giugno 2016, n. 326, è stata accolta la domanda cautelare.
All’udienza del 3 novembre 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Con il presente ricorso è impugnato l’epigrafato provvedimento del Comune di Carrara con cui è stato ordinato alla ricorrente di adottare, nell’esercizio dell’attività di residenza sanitaria assistenziale per disabili da essa svolta, alcune prescrizioni disposte dall’Azienda USL Toscana Nord a seguito di una visita ispettiva effettuata dall’apposita Commissione.
1.1 La ricorrente, con primo motivo, lamenta che dette prescrizioni non sarebbero vincolanti e avrebbero il valore di suggerimenti per migliorare il servizio. Tanto emergerebbe sia dalla lettura del verbale assunto a presupposto del provvedimento impugnato, che dalla nota 29 aprile 2016 protocollo 76441 della stessa Commissione nella quale si precisa che la struttura mantiene i requisiti necessari per la prosecuzione dell’attività.
Con secondo motivo deduce di non essere stata messa in condizione di partecipare al procedimento come previsto sia dall’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, che dall’art. 20, comma 5, d.P.G.R. n. 15/R/2008 a norma del quale il parere della Commissione dell’Azienda USL redatto all’esito del sopralluogo, deve essere trasmesso al legale rappresentante della struttura che può presentare osservazioni entro quindici giorni.
Con terzo motivo si duole del difetto motivazionale che vizierebbe il provvedimento impugnato poiché non si comprenderebbe quale norma abbia concretamente applicato l’Amministrazione, e inoltre lo contesta poiché laddove questa avesse constatato la perdita di requisiti per l’esercizio dell’attività, ai sensi dell’articolo 24 della L.R. n. 41/2005 avrebbe dovuto assegnare un termine al fine della regolarizzazione mentre il provvedimento impugnato dispone di adottare immediatamente le prescrizioni che, con quarto motivo, contesta comunque nel merito.
La ricorrente chiede inoltre il risarcimento del danno poiché l’adozione del provvedimento impugnato e la sua pubblicazione sul sito telematico dell’Amministrazione ne avrebbero danneggiato l’immagine e la reputazione, e quantifica la richiesta nella misura di € 30.000,00 ovvero in quella che sarà ritenuta a fini di giustizia, e chiede anche la condanna dell’Amministrazione stessa alla sanzione prevista dagli articoli 4 e 8 del decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7.
1.2 Il Comune di Carrara replica alle deduzioni della ricorrente evidenziando che rientrerebbe nelle sue competenze il potere di fornire indicazioni al gestore delle strutture assistenziali per il loro corretto funzionamento, potere che nel caso di specie è stato esercitato a causa delle carenze evidenziate nel verbale di sopralluogo. La mancata trasmissione di quest’ultimo al legale rappresentante della ricorrente non potrebbe poi essergli addebitato poiché era onere dell’Azienda USL, che ha condotto l’ispezione, effettuare l’adempimento e a tale proposito, nel replicare al quarto motivo con cui la ricorrente contesta le prescrizioni emanate, deduce che il provvedimento impugnato non avrebbe potuto avere contenuto diverso.
Contesta poi la richiesta risarcitoria deducendo che i danni lamentati in realtà non sussisterebbero e, comunque, sarebbero riconducibili alla pubblicazione sulla stampa locale di un articolo di commento al provvedimento impugnato; quest’ultimo sarebbe stato inserito sul sito telematico comunale in ottemperanza agli obblighi previsti dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33. Eccepisce inoltre l’inammissibilità della richiesta di condanna ai sensi del d.lgs. 7/2016, e comunque, contesta la sussistenza dei presupposti per fare applicazione della normativa citata.
2. Il ricorso, quanto alla domanda di annullamento del provvedimento impugnato, è fondato e merita accoglimento. Il Comune di Carrara ha infatti fatto proprie le prescrizioni indicate dalla Commissione nel verbale 18 marzo 2016 e ne ha disposto l’immediata adozione, subordinandovi la prosecuzione dell’attività della struttura residenziale, ma lo stesso verbale, all’ultima pagina, riassume le conclusioni della visita ispettiva affermando espressamente che la struttura mantiene i requisiti minimi necessari alla prosecuzione dell’attività e che le indicazioni sono fornite al fine di un continuo miglioramento dei servizi, nello spirito di una fattiva collaborazione. Sussiste quindi una palese contraddizione tra il provvedimento comunale ed il suo presupposto rappresentato dal verbale in questione, sulla cui base non avrebbe potuto essere legittimamente ordinata l’adozione di tali misure a pena del divieto di prosecuzione dell’attività per la quale, come espressamente affermato dalla Commissione continuavano a sussistere i requisiti minimi.
La domanda caducatoria del provvedimento impugnato deve quindi essere accolta sotto questo profilo che appare sufficiente per disporre l’annullamento dell’atto impugnato; a soli fini di completezza ed anche per una miglior trattazione della domanda risarcitoria si evidenzia che appaiono fondati anche i motivi secondo e terzo del gravame. L’art. 20, comma 5, d.P.G.R. n. 15/R/2008 prevede infatti che il parere della Commissione dell’Azienda USL redatto all’esito del sopralluogo deve essere trasmesso al legale rappresentante della struttura per consentirgli di presentare osservazioni entro quindici giorni. Poco importa che l’omissione sia addebitabile all’Azienda sanitaria poiché il Comune, in assenza di tale adempimento, non avrebbe dovuto adottare il provvedimento impugnato bensì attendere che il verbale venisse trasmesso all’interessato, eventualmente sollecitando l’Azienda stessa in tal senso.
Inoltre a norma dell’articolo 24, comma 3, ultimo periodo della L.R. 41/2005, laddove l’Amministrazione comunale riscontri le irregolarità evidenziate nella disposizione ha obbligo di assegnare un termine congruo affinché l’interessato possa provvedere alla regolarizzazione, e anche tale adempimento è stato omesso poiché il provvedimento gravato dispone l’adozione delle misure indicate nel verbale della Commissione ispettiva senza fornire alcun termine. Non si comprende poi quali, tra i requisiti indicati nella suddetta disposizione, siano mancanti in capo alla ricorrente.
In conclusione, la domanda di annullamento del provvedimento impugnato deve essere accolta per questi motivi che appaiono integralmente satisfattivi per l’interesse della ricorrente, e pertanto le restanti censure vengono assorbite.
3. Si passa ora alla trattazione della domanda risarcitoria.
La ricorrente articola la domanda consequenziale alla pronuncia di illegittimità del provvedimento impugnato sotto un duplice profilo, da un lato con la richiesta di risarcimento dei danni asseritamente cagionati alla propria immagine a causa dell’adozione del provvedimento che vengono quantificati nella misura di € 30.000,00 o quella diversa che sarà ritenuta di giustizia, e dall’altro chiedendo la condanna dell’Amministrazione ai sensi degli artt. 4 e 8 del d.lgs. n. 7/2016.
3.1 Sotto il primo profilo, la trattazione della domanda risarcitoria presuppone una ricostruzione della fattispecie per verificare se la stessa configuri un’ipotesi di illecito provvedimentale. A tal fine occorre esaminare se nella stessa si siano concretizzati gli elementi tipici dell’illecito civile disegnati dall’articolo 2043 del codice civile, ovvero un’azione od omissione; un danno ingiusto; il nesso di causalità fra l’una e l’altro ed infine l’elemento soggettivo.
3.1.1. Quanto al primo elemento, indubbiamente il Comune di Carrara ha emanato un provvedimento contra legem e l’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa abilita il danneggiato, ai sensi dell’articolo 30, comma 2, del codice del processo amministrativo, a chiederne il risarcimento avanti al Giudice Amministrativo.
3.1.2 Quando al secondo elemento è da dire che l’immagine e la reputazione della ricorrente risultano certamente lese, secondo un criterio di comune esperienza (art. 116 c.p.c.), dalla lettura del provvedimento impugnato da cui si evince che essa non rispetterebbe le condizioni alle quali è stata autorizzata la conduzione della struttura residenziale per persone disabili di cui si tratta.
3.1.3 Quanto al nesso causale, è vero che la gran parte del danno è certamente riconducibile alla pubblicazione di un articolo su un quotidiano che trattava l’argomento, ma essa non sarebbe avvenuta senza l’adozione del provvedimento impugnato e la sua conseguente pubblicizzazione. Il sito Internet comunale è infatti accessibile a chiunque e, peraltro, la pubblicazione di un articolo fondato su un (illegittimo) provvedimento comunale ivi regolarmente pubblicato costituisce legittimo esercizio del diritto di cronaca. L’adozione e la pubblicizzazione del provvedimento in questione, operazioni tutte riconducibili al Comune intimato, rappresentano, secondo un criterio di causalità adeguata, un antecedente necessario nella catena causale che ha provocato il danno subito dalla ricorrente il quale va quindi ricondotto causalmente all’illegittimo esercizio del potere da parte del Comune intimato.
3.1.4 Sussiste inoltre l’elemento soggettivo.
Nella storica sentenza n. 500/99 la Corte di Cassazione si era resa conto che l’addebitabilità dell’illecito provvedimentale all’Amministrazione non poteva fondarsi solo sull’illegittimità dell’atto ma occorreva anche la dimostrazione di uno stato soggettivo colpevole della stessa, che doveva indentificarsi nella violazione delle regole “di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione alle quali l’esercizio della funzione amministrativa deve ispirarsi”, costituenti limiti esterni alla discrezionalità.
La giurisprudenza amministrativa richiede anch’essa un quid pluris ai fini della pronuncia risarcitoria, identificabile nella colpa grave dell’Amministrazione sulla base all’art. 2236 c.c., il quale limita la responsabilità del prestatore d’opera intellettuale ai casi di dolo o colpa grave laddove la prestazione implichi la soluzione di problemi tecnici particolarmente difficili. Pertanto se la trattazione della pratica amministrativa comporta una particolare difficoltà tecnica, si potrà ottenere il risarcimento dei danni solo quando l’ente abbia violato le regole di diligenza minima (C.d.S. VI, 31 marzo 2011 n. 1983). Altra giurisprudenza amministrativa afferma che il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l’illegittimità del provvedimento impugnato quale indice presuntivo della colpa dell’Amministrazione, dovendo quest’ultima fornire la prova che si è trattato di un errore scusabile che può configurarsi in caso di contrasto giurisprudenziale sull’interpretazione della norma, oppure di una formulazione incerta di norme recentemente entrate in vigore o, ancora, di rilevante complessità del fatto o di influenza determinante dei comportamenti di altri soggetti o, infine, di illegittimità derivante da una successiva declaratoria di incostituzionalità della norma applicata (C.d.S. III, 5 giugno 2014 n. 2867). Non è però necessario, ai fini della soluzione della controversia, analizzare compiutamente gli orientamenti giurisprudenziali in materia di colpa dell’Amministrazione nell’illecito provvedimentale poiché, nel caso di specie, il Comune di Carrara ha errato gravemente, anzitutto sotto il profilo della contraddittorietà palese tra il verbale della Commissione che ha effettuato le visita ispettiva e il provvedimento successivamente adottato e, inoltre, per non avere rispettato norme sia di legge che regolamentari le quali non presentano alcuna difficoltà interpretativa. Appare quindi evidente la gravità della colpa in capo all’Amministrazione la quale, peraltro, non fornisce alcuna prova contraria.
In conclusione, sussistono tutti gli elementi dell’illecito provvedimentale per disporre il risarcimento del danno subìto dalla ricorrente alla propria immagine e alla propria reputazione. Questa tuttavia non fornisce prova dell’esistenza di un danno patrimonialmente valutabile e, pertanto, il Collegio ritiene di disporre un risarcimento non monetario ma in forma specifica mediante la pubblicità della presente sentenza (art. 90 c.p.a.). A tal fine il Comune di Carrara, a proprie spese, entro trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, notificazione della presente sentenza, dovrà provvedere ad inserirne un estratto sia nel sito telematico del Comune, con la stessa evidenza e durata di pubblicazione del provvedimento annullato, che sul quotidiano “La Nazione” con espressa richiesta che esso venga pubblicato nella stessa pagina e con la stessa evidenza dell’articolo pubblicato il 2 aprile 2016.
3.2 La domanda di condanna ex d.lgs. n. 7/2016 è inammissibile perché formulata in memoria non notificata con violazione del principio del contraddittorio e, comunque, è anche infondata perché presuppone una responsabilità per ingiuria (reato depenalizzato dal suddetto decreto) e trattasi di ipotesi a struttura dolosa, come prevede l’articolo 3 del suddetto d.lgs. 7/2016, la quale può quindi essere riferibile alla persona fisica del funzionario che ha adottato l’atto e non all’ente.
4. In conclusione il ricorso deve essere accolto nei sensi e limiti suddetti, con annullamento del provvedimento impugnato e condanna del Comune di Carrara al risarcimento in forma specifica dei danni subiti dalla ricorrente, secondo le modalità specificate in motivazione.
Le spese processuali, liquidate nella misura di € 3.000,00 (tremila/00) cui devono essere aggiunti gli accessori di legge, vengono poste a carico del solo Comune di Carrara poiché a questo è riferibile il provvedimento annullato, e vengono compensate per l’Azienda USL Toscana Nord Ovest.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla la determinazione 30 marzo 2016 n. 94 del Comune di Carrara e lo condanna al risarcimento dei danni con le modalità di cui in motivazione.
Condanna il Comune di Carrara al pagamento delle spese processuali nella misura di € 3.000,00 (tremila/00) oltre accessori di legge, spese compensate nei confronti dell’Azienda USL Toscana Nord Ovest.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Saverio Romano, Presidente
Luigi Viola, Consigliere
Alessandro Cacciari, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Alessandro Cacciari
Saverio Romano
IL SEGRETARIO