Permesso di costruire e istituto del silenzio assenso
1. In materia edilizia, il silenzio-assenso non è invocabile per effetto dell’art. 20 della legge n. 241 del 1990 perché il testo unico dell’edilizia disciplina in modo autonomo le procedure di silenzio-assenso applicabili ai procedimenti di rilascio del permesso di costruire. Tali specifiche procedure rimangono applicabili o non applicabili sulla base di quello che dispone il testo unico dell’edilizia perché la legge generale posteriore non deroga alla legge speciale anteriore e considerando che le specifiche finalità acceleratorie del silenzio-assenso sono state specificamente valutate e ammesse nel corpo del testo unico dell’edilizia. Sotto tale profilo l’art. 20 della legge n. 241 del 1990 non presenta una tipologia di accelerazione procedimentale la cui ratio sia idonea a sovvertire quanto già delineato dal testo unico dell’edilizia. Quanto sopra è confermato dall’art. 19 della legge n. 241 del 1990, secondo cui “nei casi di Scia in materia edilizia, il termine di sessanta giorni di cui al primo periodo del comma 3 è ridotto a trenta giorni. Fatta salva l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 4 e al comma 6, restano altresì ferme le disposizioni relative alla vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e dalle leggi regionali”. Dunque quando la legge n. 241 del 1990 ha voluto disciplinare gli istituti previsti dalla stessa legge n. 241 del 1990 in modo difforme da quanto specificamente disciplinato dalla legislazione speciale in materia edilizia, lo ha disciplinato in modo espresso. Tale modifica espressa non è avvenuta in materia di silenzio-assenso e dunque rimane fermo in materia edilizia la disciplina del silenzio-assenso prevista dal testo unico dell’edilizia.
2. L’art. 20 della legge n. 241 del 1990 stabilisce che il silenzio-assenso non si applica agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico. Ora pretendere l’applicazione del silenzio-assenso al procedimento di rilascio del permesso di costruire in deroga allo strumento urbanistico significa pretermettere la necessaria valutazione e tutela degli specifici interessi coinvolti nella pianificazione urbanistica comunale. Si tratta di interessi costituzionalmente rilevanti e per questo motivo tali interessi devono trovare una positiva definizione negli atti che comportano una loro ponderazione. Per gli stessi motivi una lettura costituzionalmente orientata delle norme esclude nel caso di specie l’applicabilità del silenzio-assenso.
Avv. Giovanni Dato
N. 00205/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01672/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1672 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Immobilcommer Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Alessandro Calegari, Edoardo Furlan, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Veneto in Venezia, Cannaregio 2277/2278;
contro
Comune di Asiago, rappresentato e difeso dagli avv. Vittorio Domenichelli, Francesco Maria Curato, con domicilio eletto presso Francesco M. Curato in Venezia, Piazzale Roma, 468/B;
per l’annullamento
del provvedimento in data 17 novembre 2015, prot. n. 17717, con cui il Responsabile del Settore Urbanistica del Comune di Asiago, previa deliberazione del Consiglio Comunale n. 53 del 27 ottobre 2015, ha rigettato la domanda di permesso di costruire presentata in data 20 febbraio 2015 dalla società Immobilcommer s.r.l., ai sensi dell’art. 5, cc. 9 ss, d.l. n. 70 del 2011, conv. in l. n. 106 del 2011;della deliberazione del Consiglio comunale n. 53 del 27 ottobre 2015, recante “l. 106/2011, art. 5 comma 9. verifica delle condizioni di ammissibilità della modifica della destinazione d’uso da residenza permanente/prima casa a residenza turistica per l’immobile di proprietà della soc. Immobilcommer s.r.l.”.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Asiago;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 febbraio 2016 il dott. Marco Morgantini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Parte ricorrente aveva presentato in data 20 Febbraio 2015 istanza di permesso di costruire per essere autorizzata in deroga allo strumento urbanistico comunale a mutare la destinazione d’uso da residenza stabile a residenza turistica di sette unità immobiliari di sua proprietà, situate all’interno di un edificio plurifamiliare eretto in località Zocchi del comune di Asiago.
Secondo parte ricorrente sarebbe applicabile alla fattispecie il silenzio assenso così come disciplinato dall’art. 20 del DPR n° 380 del 2001. Infatti il procedimento ordinario di rilascio del permesso di costruire sarebbe applicabile per effetto del quattordicesimo comma dell’art. 5 del d.l. n° 70 del 2011, secondo cui, decorso il termine di 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le disposizioni contenute nel comma 9, fatto salvo quanto previsto al comma 10, e al secondo periodo del comma 11, sono immediatamente applicabili alle Regioni a statuto ordinario che non hanno provveduto all’approvazione delle specifiche leggi regionali per incentivare le azioni previste dal comma 9 dell’art. 5 del d.l. n° 70 del 2011.
Tale comma 9 stabilisce infatti che “al fine di incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente nonché di promuovere e agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti nonché di edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione ovvero da rilocalizzare, tenuto conto anche della necessità di favorire lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili, le Regioni approvano entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto specifiche leggi per incentivare tali azioni anche con interventi di demolizione e ricostruzione che prevedano:
a) il riconoscimento di una volumetria aggiuntiva rispetto a quella preesistente come misura premiale;
b) la delocalizzazione delle relative volumetrie in area o aree diverse;
c) l’ammissibilità delle modifiche di destinazione d’uso, purché si tratti di destinazioni tra loro compatibili o complementari;
d) le modifiche della sagoma necessarie per l’armonizzazione architettonica con gli organismi edilizi esistenti.
Ne consegue che secondo parte ricorrente i provvedimenti di diniego impugnati sarebbero tardivi ed illegittimi perché adottati dopo la formazione del silenzio assenso e considerando che non hanno avuto ad oggetto l’annullamento del titolo edilizio formatosi per silenzio assenso.
La censura è infondata.
Infatti nel caso di specie all’istanza di permesso di costruire presentata da parte ricorrente non è applicabile il silenzio assenso. Non corrisponde a verità che la regione Veneto non abbia provveduto all’approvazione della specifica legge regionale per incentivare le azioni previste dal comma 9 dell’art. 5 del d.l. n° 70 del 2011 perché la regione Veneto ha specificamente adottato la legge regionale n° 32 del 2013. Se poi la sopra richiamata legge regionale non consente la realizzazione di quanto proposto, non di meno la disciplina regionale di attuazione dell’art. 5 del D.L. n° 70 del 2011 è stata adottata. Sotto tale profilo deve essere anche considerato che i presupposti finalistici di cui al nono comma dell’art. 5 del d.l. n° 70 del 2011 implicano margini di discrezionalità nelle scelte del legislatore regionale. Ne consegue che, avendo la regione Veneto approvato la specifica legge regionale per incentivare le azioni previste dal comma 9 dell’art. 5 del d.l. n° 70 del 2011, non è applicabile l’invocato quattordicesimo comma dell’art. 9 del d.l. n° 70 del 2011.
Il citato comma 9 dell’art. 5 del d.l. n° 70 del 2011 prevede l’ammissibilità delle modifiche di destinazione d’uso, purché si tratti di destinazioni tra loro compatibili o complementari e dunque la norma fa riferimento alla modifica di una destinazione d’uso che caratterizzava l’opera prima dell’intervento, ma non autorizza di per sé la modifica della destinazione d’uso prescritta dal PRG.
Trattandosi di progetto in modifica della destinazione d’uso prescritta dal PRG e dunque di modifica della destinazione urbanistica, il procedimento applicabile è quello di cui all’art. 14 del DPR n° 380 del 2001 che riguarda il rilascio di permessi di costruire in deroga agli strumenti urbanistici. In particolare il comma 1-bis dell’art. 14 del DPR citato stabilisce che per gli interventi di ristrutturazione edilizia, attuati anche in aree industriali dismesse, è ammessa la richiesta di permesso di costruire anche in deroga alle destinazioni d’uso, previa deliberazione del Consiglio comunale che ne attesta l’interesse pubblico, a condizione che il mutamento di destinazione d’uso non comporti un aumento della superficie coperta prima dell’intervento di ristrutturazione, fermo restando, nel caso di insediamenti commerciali, quanto disposto dall’articolo 31, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201. Al contrario il procedimento ordinario di rilascio del permesso di costruire, previsto dall’art. 20 del DPR n° 380 del 2001, inclusivo del silenzio assenso, presuppone che il progetto sia conforme agli strumenti urbanistici.
Il silenzio assenso non è neanche invocabile per effetto dell’art. 20 della legge n° 241 del 1990 perché il testo unico dell’edilizia disciplina in modo autonomo le procedure di silenzio assenso applicabili ai procedimenti di rilascio del permesso di costruire. Tali specifiche procedure rimangono applicabili o non applicabili sulla base di quello che dispone il testo unico dell’edilizia perché la legge generale posteriore non deroga alla legge speciale anteriore e considerando che le specifiche finalità acceleratorie del silenzio assenso sono state specificamente valutate e ammesse nel corpo del testo unico dell’edilizia. Sotto tale profilo l’art. 20 della legge n° 241 del 1990 non presenta una tipologia di accelerazione procedimentale la cui ratio sia idonea a sovvertire quanto già delineato dal testo unico dell’edilizia.
Quanto sopra è confermato dall’art. 19 della legge n° 241 del 1990, secondo cui “nei casi di Scia in materia edilizia, il termine di sessanta giorni di cui al primo periodo del comma 3 è ridotto a trenta giorni. Fatta salva l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 4 e al comma 6, restano altresì ferme le disposizioni relative alla vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e dalle leggi regionali”.
Dunque quando la legge n° 241 del 1990 ha voluto disciplinare gli istituti previsti dalla stessa legge n° 241 del 1990 in modo difforme da quanto specificamente disciplinato dalla legislazione speciale in materia edilizia, lo ha disciplinato in modo espresso. Tale modifica espressa non è avvenuta in materia di silenzio assenso e dunque rimane fermo in materia edilizia la disciplina del silenzio assenso prevista dal testo unico dell’edilizia;
Inoltre lo stesso art. 20 della legge n° 241 del 1990 stabilisce che il silenzio assenso non si applica agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico. Ora pretendere l’applicazione del silenzio assenso al procedimento di rilascio del permesso di costruire in deroga allo strumento urbanistico significa pretermettere la necessaria valutazione e tutela degli specifici interessi sopra indicati che sono coinvolti nella pianificazione urbanistica comunale. Si tratta di interessi costituzionalmente rilevanti e per questo motivo tali interessi devono trovare una positiva definizione negli atti che comportano una loro ponderazione.
Per gli stessi motivi una lettura costituzionalmente orientata delle norme esclude nel caso di specie l’applicabilità del silenzio assenso.
2. Parte ricorrente lamenta violazione dell’art. 10-bis della legge n° 241 del 1990, eccesso di potere per difetto d’istruttoria, insufficienza e perplessità della motivazione e sviamento di potere.
La censura è infondata.
Il preavviso di diniego faceva riferimento alla non accoglibilità dell’istanza di permesso di costruire perché il progetto non è conforme al PRG. Il diniego definitivo si pone in continuità logica col preavviso di diniego e con le conseguenti osservazioni presentate da parte ricorrente nel procedimento, perché, sul presupposto che si tratta di progetto in deroga al PRG, è intervenuto il consiglio comunale per valutare, ai sensi dell’art. 14 del DPR n° 380 del 2001, se vi fossero interessi pubblici tali da giustificare la deroga al PRG, escludendoli.
In tale prospettiva l’amministrazione ha escluso la specifica sussistenza di quegli interessi, considerati dal comma 9 dell’art. 5 del D.L. n° 70 del 2011 al fine di favorire gli interventi edilizi ossia la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente, la riqualificazione di aree urbane degradate con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti nonché di edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione ovvero da rilocalizzare, tenuto conto anche della necessità di favorire lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili.
Infatti nel caso di specie l’amministrazione ha rilevato come nel caso di specie sia prevalente l’esigenza del privato di commercializzare gli alloggi e dunque ha escluso, con motivazione logica ed ancorata agli elementi fattuali, la sussistenza dei presupposti d’interesse pubblico per rilasciare un permesso di costruire in deroga alla pianificazione urbanistica.
Né tale decisione è viziata, come sostiene invece parte ricorrente, per essere la zona classificata come zona territoriale omogenea “B” di completamento e di recupero ai sensi della legge n° 457 del 1978. Infatti gli interventi di recupero sono gli interventi di miglior utilizzazione del patrimonio esistente, ma la circostanza che gli alloggi siano destinati ad essere venduti a non residenti è circostanza che modifica la destinazione urbanistica (nel PRG di Asiago) e dunque conferirebbe alla zona un carattere nuovo, difforme dall’esistente.
Quanto sopra precisato evidenzia altresì che non sussiste la lamentata violazione del comma 9 dell’art. 5 del D.L. n° 70 del 2011.
Il ricorso è pertanto infondato.
La peculiarità del caso impone di compensare le spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 17 febbraio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Stefano Mielli, Presidente FF
Marco Morgantini, Consigliere, Estensore
Nicola Fenicia, Referendario
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/02/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)